Benvenuto Brunello eccomi!!! Montalcino arrivo!!
La Renaissance des A.O.C. a Roma: scopriamo Podere Còncori
Attualmente l'azienda è composta da tre ettari di vigneto, esposto perfettamente a sud e situato su cinque colletti a circa 250 metri di altitudine, dove vengono coltivati sangiovese, merlot, syrah e altre varietà autoctone.
Romanée Conti: il Domaine si ingrandisce!
"Dopo che il principe e la principessa de Mérode morirono sei mesi fa, fummo contattati dai loro figli che ci offrirono la possibilità di prendere in locazione questi tre grandi cru situati a Corton" ha spiegato Aubert de Villaine, condirettore del Domaine, durante la conferenza stampa di presentazione. "Questi vigneti sono situati nel cuore storico della denominazione e sono costituiti da una buona percentuale di vecchi vitigni, due fattori che ci fanno ben sperare nella futura produzione di grandissimi vini".
Antonio Galloni e la sua Toscana 2006
E i voti? Eccoli!!
Masseto 2006 99/100
Annibale, il Nero di Troia firmato I Colossi
Perle di Borgogna alla Mucca Golosa di Anguillara
André Beaufort Ambonnay Grand Cru Brut 1989, Domaine Bonneau du Martray Corton Charlemagne 1996, Rossignol-Trapet Chambertin 2005, Domaine de la Romanee Conti La Tâche grand cru 2004, Barattieri Vin Santo di Albarola 1996 sono state le perle enologiche che hanno deliziato i nostri palati e che sono stati esaltati dall’ottima cucina del ristorante che, proprio per questa cena, ha studiato un menù ad hoc.
Pronti, via, e iniziamo con lo Champagne di Beaufort ottimamente abbinato al micro panino di trippa centopelli con fonduta di Raschera e polpettine di trippa fritte. Sarà stata l’alta temperatura di servizio che lo ha penalizzato, ma di certo questo Champagne è stato forse il “peggior” vino della serata o, meglio, è quello che ho meno apprezzato. Di un colore giallo dorato, quasi ambrato, al naso esprime note di cotognata, datteri, miele, nocciola e caramella mou. Nonostante l’età, al palato è ancora abbastanza fresco ed equilibrato anche se manca di potenza, caratteristica che ti fa gridare al miracolo quando magari bevi Krug di pari annata. Che abbia già scollinato?
Il Bonneau du Martray 1996, grande Chardonnay di Borgogna, ce lo servono mentre arriva un golosissimo risotto con Bettelmat e salame Strolghino. C’e chi sostiene che sia leggermente ossidato ma, per me il vino, nonostante gli apparenti “difetti” di gioventù, sembra godere di buona salute già dal colore, un bellissimo giallo dorato carico. Interessante l’olfattiva dove si gioca su toni di miele d’acacia, caramello, frutta matura e tanto tanto minerale (pietra bianca su tutti). Se cercate uno chardonnay dove la frutta tropicale la faccia da padrone, allora questo vino non fa per voi, qua parliamo di classe allo stato puro dove alcol, acidità e toni minerali convivono in perfetta armonia. Ottima persistenza.
E arriviamo al primo pinot nero della serata, un pinot di razza sopraffina questo Chambertin 2005 abbinato ad un buonissimo Cochinillo iberico de pata negra, vera chicca gastronomica della serata. Da un grande millesimo, questo vino, nonostante sia ancora un bimbo in fasce, è già godibilissimo ora con un naso tutto fiori rossi, frutta di rovo, goudron e rabarbaro. In bocca si sente la grande materia di questo pinot di Borgogna, fine e concentrata, piacevolissima la carezza del tannino, fervida l’acidità, in un gioco dove equilibrio e persistenza gustativa sono da vero fuoriclasse.
Il La Tâche 2004 è sicuramente il vino della serata e ci viene servito col suo ideale accompagnamento, un piatto di piccione selvatico farcito con i suoi fegatelli. Passato l'attimo di timore reverenziale, metto il naso nel bicchiere e capisco, comprendo per la prima volta la differenza tra un grandissimo vino (come poteva essere lo Chambertin precedente) e un vino mito. Naso ipnotico, multidimensionale e multiemozionale dove si rincorrono note di viola, cassis, fragolina di bosco, mora di rovo, spezie esotiche, sottobosco, incenso, cannella ed eucalipto. Può bastare? Alla gustativa il vino è come te lo aspetti, ampio, setoso, di grande equilibrio e caratterizzato da un finale interminabile giocato su ritorni di spezie e frutta. Vino indimenticabile nonostante il 2004 non sia il suo miglior millesimo.
Terminiamo la serata con una bavarese di ricotta di bufala con gelatina di miele di cardo abbinata al Vin Santo ‘96 Barattieri, un vino pressoché virtuale con le sue poche centinaia di bottiglie all’anno. Ambrato, denso (il vino non è filtrato), al naso esprime senza sorprese le caratteristiche della Malvasia Aromatica di Candia: mallo di noce, albicocca disidratata, fico secco, miele di castagno, zabaione. Bocca di grande personalità per un vino dalla grande beva grazie alla sferzante acidità che equilibra ottimamente il notevole residuo zuccherino. La persistenza? Vi dico solo che son tornato a casa e lo sentivo ancora.
Ringrazio tutti della bellissima serata, unica e indimenticabile come la Borgogna e il suo Pinot Noir. Alla prossima.
Piccola sosta al Domaine Josmeyer - Alsazia
UNA NUOVA VITA PER L'EST!EST!!EST!!! ? AL VIA LA REVISIONE DEL DISCIPLINARE
Vini del supermercato: Nero d'Avola Barone di Bernaj
La mia scelta a questo punto non poteva non cadere su questo Nero d'Avola Barone di Bernaj venduto alla modica cifra di 1.90 euro e pubblicizzato con mega poster in tutto l'esercizio. commerciale.
Arrivato a casa non faccio altro che stappare e versare nel mio fidato calice questo vino siciliano. Risultato? Bene, direi che alla vista questo nero d'avola si presenta con un colore rosso rubino con riflessi violacei, mentre al naso come unico aggettivo mi viene solo vinoso. Caspita, dico tra me e me, sembra chiuso, possibile? E che cavolo, nemmeno fosse un Monfortino del 1947! Aspetto un altro pò, faccio girare e rigirare il vino nel calice ma...nulla, il vino rimane col suo odore vinoso, forse una leggera marasca ma nulla di più. Vabbè, penso io, magari sarà meglio in bocca. Disastro!! Alla gustativa posso paragonare questo nero d'avola ad un bicchiere di acqua addizionato di alcol e un goccio di succo di uva rossa. Deglutisco e via, sembra di aver non bevuto il nulla, persistenza pari a zero così come complessità ed eleganza che al confronto un Tavernello sembra un barbaresco di Gaja.
Paolo Carlo Ghislandi e la sua Cascina I Carpini
Paolo è uno dei pochi produttori on line, spesso lo si incontra in siti o forum enogastronomici dove raramente chi produce vino ci mette la faccia, ma lui no, è lì a spiegare a tutti, dal neofita al primo dei sommelier, come produce il vino, la sua filosofia, addirittura dà vita a filmati dove possiamo vedere i suoi esperimenti in cantina (mitico quello in cui ci fa capire la differenza tra vino fatto con lieviti indigeni o selezionati).
Da buon curioso non posso non contattarlo e iniziare così un “corteggiamento” virtuale che si concretizza lo scorso dicembre quando lo incontrati finalmente di persona ad Eat-Alia, bella manifestazione enogastronomica promossa da Cosimo Errede.
Saluti e abbracci ed inizia la parte più ostica per me: degustare i suoi vini, dando un giudizio libero da condizionamenti, con la paura che tutto ciò che mi aveva decantato riguardo la sua produzione non trovasse una adeguata risposta al palato.
I vini di Cascina I Carpini sono, come li definisce Paolo, vini d’arte, simili a sinfonie o quadri di autore dove tutte le sfumature del vino che si beve devono creare emozione, la stessa che si prova quando siamo di fronte ad un capolavoro artistico.
Rigore, rispetto delle tradizioni e del territorio, vitigni che sono veri e propri Cru aziendali da coccolare anno dopo anno, questa è la filosofia aziendale di Cascina I Carpini che produce i suoi vini utilizzando prettamente Barbera, vitigno di antichissime tradizioni all’interno della DOC Colli Tortonesi, che viene vendemmiato manualmente e portato subito in cantina dove viene vinificato con tecniche rigorose mantenendo intatta la qualità dell’uva.
Paolo mi fa iniziare il percorso degustativo partendo dal suo unico (per ora visto che tra un po’ uscirà il suo Timorasso) bianco, il Rugiada del Mattino 2007. Da uve Favorita, Cortese e Barbera Bianca, è un vino che esprime al naso belle e nette sensazioni di susina gialla, fiori di pesco, a cui fa da sfondo una gradevole scia minerale. Bocca caratterizzata da buona acidità e persistenza. Ottimo vino base in attesa del momento del Timorasso.
La scommessa inizia ora, davanti al Barbera, vitigno sì tipico della zona tortonese ma che ho sempre pensato desse vita ad un vino abbastanza rustico e dalla facile beva. Mi devo subito ricredere davanti al Sette Zolle 2007. Da uva Barbera con lieve aggiunta di Cabernet Sauvignon e Croatina, il Sette Zolle è il mio vino base, il vino di tutti i giorni che vorrei sulla mia tavola. Vino non complesso ma comunque dalla sfumature aromatiche nette di piccoli frutti rossi, rosa appassita e un leggero speziato. Al palato è fresco, equilibrato, di buona persistenza. Da bere a litri in compagnia degli amici preferiti.
Il Falò di Ottobre 2005 rappresenta il punto di ritorno. Da uve Barbera, Freisa e Cabernet Sauvignon, è un vino, per dirla come Paolo, dotato di charme femminile, anzi è il vino Femmina di Cascina I Carpini in quanto dotato di suadenti profumi di mora di bosco e marasca, seguiti da toni vegetali classici del Cabernet a cui si aggiungono piccole sfumature di spezie dolci e viola appassita. Palato vellutato, fine, con una acidità ben equilibrata dall’alcol. Chiude lungo su note di frutta di rovo. Chapeau!
L’ultimo vino, il Bruma d’Autunno 2004, rappresenta la scommessa vinta da Paolo, vinificare in purezza un grande barbera. Circa 2500 bottiglie per un vino di grande complessità aromatica, frutta rossa quasi in confettura, viola, spezie, cacao, sottobosco, sono tutte note che si rincorrono creando una unica sinfonia, un vero Vino d’Arte la cui eleganza si fa sentire soprattutto in bocca con un tannino quanto mai vellutato ed elegante. Fresco e di buona persistenza è un vino che, con tutti i distinguo del caso, sta al barbera come il nebbiolo sta al Barolo. Paragone esagerato?
Febbraio, tempo di anteprime: Vernaccia di San Gimignano, Chianto Classico, Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino
Altra anteprima importantissima è quella del Chianti Classico, in programma il 17 e 18 febbraio prossimi nella suggestiva cornice della Stazione Leopolda di Firenze dove i produttori presenteranno il Chianti Classico 2007, la Riserva 2006 e le anteprime da botte 2008. Il vino non sarà l’unico protagonista della manifestazione: come di consueto uno spazio della Leopolda sarà interamente dedicato all’olio DOP Chianti Classico, con un banco di degustazione dedicato al Gallo Nero in versione verde.
Pochi giorni dopo e sarà tempo di degustare il Vino Nobile di Montepulciano. L'Anteprima 2009 scatterà giovedì 19 febbraio con la giornata riservata alla stampa. Sarà invece la volta degli operatori commerciali del settore vinicolo domenica 22 e lunedì 23 febbraio. Si potranno degustare le ultime annate di Vino Nobile DOCG e di Rosso DOC che saranno prossimamente immesse sul mercato. Si tratta, in particolare, della vendemmia 2006 e Riserva 2005 per la denominazione che richiede più lungo invecchiamento e dell'annata 2008 per il più "giovane" Rosso DOC. I banchi d'assaggio saranno sistemati nella tensostruttura montata in Piazza Grande, attrezzata per quest'evento e perfettamente climatizzata.
Il culmine della settimana delle Anteprime riguarderà il Brunello di Montalcino. Dal 20 al 23 Febbraio, nella suggestiva Fortezza di Montalcino, si rinnoverà il consueto appuntamento annuale per la presentazione della nuova annata del Brunello. Organizzato dal Consorzio omonimo, "Benvenuto Brunello" sarà un occasione di grande richiamo per professionisti ed appassionati del prezioso toscano. I prodotti in proposti in degustazione saranno il Rosso di Montalcino 2007, il Brunello di Montalcino 2004 e l'Olio extra vergine d'oliva IGP 2008.
E Percorsi Di Vino sarà là!
Alla scoperta della Maison Trimbach
Anne Trimbach ci aspetta puntuale davanti alla porta del bellissimo Domaine, ed è la prima produttrice che ci fa fare un giro della cantina di vinificazione: vasche di acciaio e grandi botti di affinamento, tra cui una datata 1700, sono sparse un po’ dappertutto all’interno di un vasto locale sotterraneo dove, a discapito delle milioni di bottiglie prodotte, sembra tutto un po’ artigianale.
Nonostante sia una delle aziende più grandi e importanti di Alsazia (e forse della Francia), Maison Trimbach mantiene ancora un carattere familiare la cui tradizione parte dal 1626 quando Jean Trimbach cominciò a produrre vino da vigne, e che vigne, di sua proprietà. La fama internazionale giunge nel 1898 quando Frédéric Emilie Trimbach presentò alla fiera internazionale di Bruxelles i suoi vini riscuotendo un enorme successo. Da quel momento in poi il nome Trimbach è diventato famoso in tutto il mondo.
Anne ci fa accomodare nella bella sala degustazioni e ci porta il primo vino, un Pinot Blanc 2006, una base dai bei toni fruttati e di fiori bianchi con un pizzico di minerale. Buona la corrispondenza al naso, media la persistenza gustativa e una chiusura leggermente ammandorlata. Ottimo come aperitivo. Col prossimo vino Anne ci introduce al mondo dei Riesling targati Trimbach: il 2007 base è un vino dai delicati profumi di frutta gialla e fiori e ha nella grande vena acida il suo carattere qualitativo principale. Bella la persistenza finale.
Con il Riesling "Cuvée Frédéric Emile" 2004 entriamo in una dimensione qualitativa diversa, qua siamo di fronte ad un gran vino da vigne di oltre 40 anni di età ancorate su un suolo marno-calcareo.
Al naso le eleganti nuance minerali con cui si apre il vino sono pure espressioni di terroir, poi toni di bergamotto e fiori freschi chiudono il quadro aromatico. Bocca di grande consistenza ed equilibrio per un vino dalla grande persistenza gustativa. Da aspettare per anni prima che si esprima al massimo.
Arriva il primo Pinot Gris della giornata, un 2005 “Reserve” che ci inebria con i suoi intensi profumi di miele di acacia e macedonia di frutta esotica. Vino di grande struttura perfettamente bilanciato da una acidità vibrante. Anne ci confida che il 2005 per il Pinot Grigio è stata la migliore annata del secolo.
Passiamo ad un altro Vin De “Riserve Personelle” con il Gewurtraminer 2001 “Cuvée des Seigneurs de Ribeaupierre”, un vino prodotto solo quando la famiglia Trimbach pensa che l’annata abbia prodotto grandi uve da vinificare. La qualità, infatti, si nota subito al naso che viene accarezzato da intense ed eleganti note di sottobosco, fungo porcino, frutta secca, miele di castagno con un leggero fumè finale. In bocca l’attacco è subito dolce, fresco, ma subito l’acidità e la grande struttura del vino riequilibrano il tutto e permettono al vino di espandersi completamente al palato. Grande persistenza e finale su ritorni di frutta secca e miele.
E l’ora dei vini da vendemmia tardiva e Anne ci porta il Riesling 2002 VT: splendido il bouquet aromatico fatto di uva passa, frutta secca, zucchero caramellato e croccante alle mandorle. Profumi sì dolci ma non stucchevoli. In bocca è denso, avvolgente, di corpo ma al contempo ben equilibrato. Da godere immensamente ora o lasciarlo invecchiare (e migliorare) per altri 20 anni.
Il vino successivo è un Pinot Gris 1997 VT, caratterizzato da un olfatto predominato da intensissime note di miele, frutta secca e agrumi canditi. Davvero un’emozione mettere il naso nel bicchiere. Alla gustativa è cremoso, intenso e persistente e chiude lunghissimo con un ottima rispondenza al naso.
Terminiamo la nostra degustazione con un Gewurtraminer 2001 Selection De Grains Nobles: colore dorato intenso per un vino dalla grande complessità olfattiva: albicocca disidratata, fico secco, mallo di noce, miele di castagno, frutta candita e una leggera nota di iodio tipica dei vini “botrizzati” fanno da quadro aromatico ad un vino che è velluto al palato, una eleganza che si esprime anche grazie ad una intensità ed a una persistenza da fuori classe. Da tenere stretto in cantina e donare ai nostri nipoti.
Ringrazio Anne Trimbach per la sua gentilezza e disponibilità, non era facile ospitarci in un giorno dove tutto era innevato ed arrivare a destinazione era un’impresa. A presto!
E in tema di rapporto qualità prezzo arriva la lite tra Marco Caprai e la rivista "Il Mio Vino"
La risposta del direttore:
Caro Caprai, la sua lettera che pubblico come richiesto mi costringe ad una serie di importanti precisazioni. La nostra rubrica Davide e Golia è nata nell’aprile del 2005 e quindi non può essere, per definizione, frutto di alcun contagio preso dalla attuale crisi bancario-borsistica. La nostra rubrica nasce dal desiderio di proteggere il danaro che i nostri lettori si guadagnano sudando non meno di quanto fa lei nel produrre i suoi vini. È danaro guadagnato con grande fatica e quindi meritevole di grandissimo rispetto, quel rispetto che secondo noi non viene prestato da chi chiede per i propri prodotti prezzi assolutamente fuori da ogni logica. Non è solo per arrivare a fine mese che si deve preferire un vino da 18 euro ad uno che ne costa 66. Se il vino da 18 euro è migliore di quello da 66 lo si deve comunque preferire per il sacro rispetto che ognuno di noi deve avere nei confronti del danaro guadagnato onestamente. Nel caso che lei cita, tanto per parlare in termini concreti, il Sagrantino che Novelli si fa pagare 18 euro ha preso un punteggio di 81 centesimi mentre il suo, che costa 66 euro, ha preso 72. I punteggi sono stati assegnati durante una degustazione rigorosamente cieca. Qui non è questione di crisi economica, contrazione dei consumi o di portafogli più o meno pieni. Se il mercato mi offre un vino migliore a un prezzo inferiore la scelta è di una semplicità assoluta. La cruda realtà è che nella degustazione cieca il suo Sagrantino “25 Anni” ha preso un punteggio nettamente inferiore a tutti gli altri. I suoi colleghi concorrenti faticano e sudano quanto lei per fare ottimi vini. Loro però si preoccupano anche di venderli in un rapporto qualità prezzo decisamente più conveniente. Finchè le cose saranno in questo modo la nostra opinione non potrà cambiare. È per questo che se volessimo bere un suo Sagrantino preferiremmo mille volte comprare il Collepiano che costa in enoteca 33 euro. Non è regalato ma costa la metà del “25 Anni”, non essendo certamente meno tipico e meno buono. In genere io preferisco sempre mangiare in una buona trattoria sotto casa invece che spendere una fortuna dallo “chef” rinomato. Non ne parliamo poi se lo “chef” rinomato, oltre a farmi spendere una fortuna, mi fa anche mangiare peggio.
Legge Anti babà: l'onorevole Sarubbi ci salverà?
I Capitelli 2006 - Grande vino dolce di Roberto Anselmi
Bibenda Day 2009 - Luci ed ombre
Vallée d’Aoste Chardonnay Frissonnière Cuvée Bois 2002 – Les Crêtes
- fortunatamente all'AIS hanno capito che fare un pre-evento il giorno prima facendo cantare Mimmo Locasciulli e Büne Huber, leader e vocalist dei Patent Ochsner, famosissima (??) rockband bernese, equivale ad un karakiri al quale nemmeno il Barbaresco 2004 ha potuto rimediare;
- aumenta sempre di più il costo dell'evento e le bottiglie diventano sempre di meno. L'altr'anno si pagavano 150 euro per 25 etichette (sempre divise tra bottiglie di grande qualità e rarità ad altre meno blasonate), oggi se ne devon pagare 180 per 24. E sapete nel 2005 quanto si pagava? Ben 100 euro (!!!) per 31 etichette. Capisco l'inflazione galoppante ma in tempi come questi sarebbe meglio non esagerare. Qualcuno mi dirà che la qualità dei vini è diversa, sta migliorando col tempo, ma dobbiamo tener presente che se si vuole fare cultura del vino non bisogna creare eventi più "popolari" e meno elitari;
- bella la lista dei vini rossi, con la chicca del Beaune 1959 di Leroy di grande interesse. Peccato per i vini dolci la cui lista e importanza col passare del tempo sta perdendo di qualità. Belli i tempi in cui trovavamo l'Yquem!
Alsazia - Visita al Domaine Burn: il giro dei sensi in 14 vini
Francis Burn, figlio di Ernest, ci aspetta puntuale il quattro gennaio alle 14, prima domenica del 2009, un giorno altamente festivo da queste parti visto che nel paesino non si vede anima viva.
La storia di del Domaine inizia nel 1934 quando Ernest Burn, i cui antenati avevano prodotto vino per oltre 300 anni, recuperò la storica vigna del “Clos St Imer” (santo patrono di Gueberschwihr) ormai devastata dalle guerre e dalla fillossera. Non curante delle risa dei suoi colleghi, Monsier Burn acquistò col tempo parcella dopo parcella e, con l’aiuto della sua famiglia, risollevò le mura di cinta, ricostruì le strade di accesso e reimpiantò tutti i vigneti.
In generale Domaine Burn possiede circa dieci ettari di vigneto all’interno del territorio di Gueberschwihr. Dei sette ettari che fanno parte del celebre Grand Cru Goldert, cinque sono posseduti dall’azienda all’interno del “Clos St Imer” la cui pendenza sfiora anche il 60% e il cui sottosuolo è in gran parte formato da calcare. Molto suggestiva, in tale ambito, è la piccola cappella che la famiglia Burn ha costruito in cima al clos il cui nome, “La Chappelle”, è ben impresso sui migliori vini del Domaine che sono costituiti da uve Gewurztraminer, i Musca d’Alsace, Pinot Grigio e Riesling.
La nostra degustazione in cantina è durata quasi un’ora e mezza visto che il gentilissimo Francis Burn ci ha fatto bere la bellezza di ben quattordici vini. Iniziamo la carrellata con un più che discreto Sylvaner 2004 AOC Alsace, un vino dai bei profumi floreali e fruttati che alla gustativa non tradisce con una ottima corrispondenza al naso. Uno dei Vini “base” dell’azienda che comprerei a bancali visto l’ottimo prezzo (circa 6.50 euro). Si prosegue con il Riesling 2005 AOC Alsace, caratterizzato da un naso di frutta tropicale e di albicocca e che alla gustativa stupisce per una ottima persistenza finale su ricordi di macedonia. Il terzo vino “base” che ci offre Francis è rappresentato dal Pinot Blanc 2004 AOC Alsace, dalla bella complessità aromatica dove si rincorrono le note di fiori bianchi e un sottile minerale. Bella l’acidità di questo vino che forse manca un po’ in lunghezza. Si va avanti con il Pinot Gris 2004 AOC Alsace al quale una leggera surmaturazione delle uve dona profumi di frutta esotica, mela cotogna e miele. Vino estremamente bilanciato in bocca e di media lunghezza.
Arriva il momento del Pinot Gris Vieille Vignes 2005 AOC Alsace. Da vigne di più di cinquanta anni di età, questo vino si presenta con un bel colore giallo dorato intenso ed un naso che esprime bellissime sensazioni di spezie orientali, frutta esotica, fiori gialli ed un accenno di mineraltà. Da brivido.
Passiamo ora ai Grand Cru del Domaine Burn andando a degustare il Riesling "La Chapelle" 2004 Grand Cru Goldert, un vino dalla forte nota minerale (idrocarburo) e fruttata. In bocca è ampio, equilibrato, fresco. Grande persistenza finale.
Il Muscat "La Chapelle" 2005 Grand Cru Goldert è una bella novità per me non avendo bevuto moscati non italiani. Grande è stata la sorpresa di trovarmi davanti ad un ottimo vino, dall’ottima aromaticità e dalla splendida complessità caratterizzata da fiori bianchi (biancospino), pesca gialla, agrumi e una leggera mineralità. In bocca lo zucchero residuo è decisamente bilanciato dalla grande vena acida del moscato. Ottimo sul loro panettone.
Il Pinot Gris "La Chapelle" 2004 Grand Cru Goldert ha profumi intensi che ricordano la frutta gialla caramellata, l'albicocca, la scorza di arancia e il miele di acacia. Bocca densa ed avvolgente per un vino estremamente equilibrato e persistente.
Non poteva mancare il Pinot Gris VT "La Chapelle" 2002 Grand Cru Goldert: rispetto al precedente vino cambia compledamento il quadro aromatico: fungo porcino, sottobosco, tartufo, zafferano, miele e frutta secca sono le sensazioni che avvolgono i nostri recettori olfattivi. Stesso equilibrio e freschezza del precedente Gewurztraminer. Ottimo.
Domaine Weinbach: tutta l'eleganza nel bicchere
Colette Faller è una signora molto distinta ed elegante e ci fa accomodare per la degustazione in una delle salette della sua splendida casa (foto a dx) all’interno della quale si possono ammirare così tante foto e dipinti, che si comincia subito a respirare tutta la storia del Domaine che inizia nel lontano 1612 quando un gruppo di fratti cappuccini fonda l’attuale tenuta Weinbach.
Madame Faller inizia a parlare della storia del Domaine, della filosofia produttiva, dedita alla ricerca del massimo rispetto della natura attraverso l’adozione di metodi biologici e biodinamici, e della composizione del terreno da dove nascono i loro magnifici vini.
In particolare il Domaine può contare su quattro Grand Cru:
- Schlossberg: è il regno del Riesling. I vigneti, esposti a sud, sono terrazzati e possono contare su un suolo sabbioso e ricco di minerali che fornisce al Riesling estrema finizza, eleganza e bellissime sensazioni fruttate. Schlossberg è stato il primo terroir alsaziano ad essere stato classificato Grand Cru nel 1975;
- Furstentum: è il regno del Gewürztraminer. Il suolo, ricco di calcare, conferisce al vino sia potenza (grazie alla presenza di carbonato di calcio) sia eleganza e complessità (grazie alla presenza di arenaria);
- Mambourg: un altro grande suolo per il Gewürztraminer. E’ la collina gemella del Furstentum, dove i vigneti, esposti a sud, possono contare su un suolo principalmente marno-calcareo;
- Altenbourg: situato a circa 250 metri di altezza, su un dolce pendio ai limiti del Furstentum, è il regno del Pinot Grigio e del Gewürztraminer, vitigni che possono contare su un suolo marno-calcareo-gessoso. In questo può essere comparato al Furstentum anche se presenta proporzionalmente più terreno sabbioso. L’Altenbourg grazie al suo terroir e alla sua esposizione garantisce maturità più precoci. Dai vitigni di questo Grand Cru nascono due vini importanti: il Gewürztraminer Cuvée Laurence e il Tokay Pinot Gris Cuvée Laurence.
Iniziamo il percorso sensoriale con il Riesling Grand Cru Schlossberg Cuvée Sainte Catherine 2007. Proveniente dai vigneti più vecchi dello Schlossberg, il vino presenta al naso un bel mix di sensazioni fruttate e minerali. Grande acidità che equilibra i quattordici gradi alcoli del vino che sembrano non esistere. Finale fresco e fruttato, di media lunghezza. Come inizio niente male!
Secondo vino e secondo Riesling: Grand Cru Schlossberg Cuvée Sainte Catherine "L'Inédit!" 2006. Prodotto solo quando l’uva raggiunge una perfetta maturità, il vino, rispetto al precedente, ha decisamente una marcia in più. Naso caleidoscopico di frutta (mango, frutto della passione, litchi, albicocca), poi esce il minerale e una consistente nota di tiglio. Grande equilibrio, finezza ed eleganza per un vino che dovrebbe essere lasciato riposare altri dieci anni per tirare fuori il meglio di se.
Passiamo poi a degustare il Tokay Pinot Gris Cuvée Sainte Catherine 2007: da vecchi vigneti posti all’interno del Clos de Capucins (5 ettari di vigna circondata dal muro del vecchio convento dei frati cappuccini), questo pinot mi ha meravigliato per i deliziosi profumi di sottobosco e fungo porcino. Grande potenza ben bilanciata dall’acidità per un vino che non faticherei ad abbinare ad un risotto al tartufo.
E’ l’ora del mio primo Gewurztraminer alsaziano, l’Altenbourg Cuvée Laurence 2006: di un bel colore dorato, presenta un olfatto meraviglioso in quanto sembra di mettere il naso all’interno di un cesto di frutta esotica posto all’interno di un campi di fiori gialli. Ricco ma al tempo stesso elegante, chiude fresco e con grandissima persistenza.
Partiamo ora con la batteria dei vini VT (Vendanges Tardives). Il primo vino che ci viene proposto è il Riesling Grand Cru Schlossberg VT 2002: giallo dorato intenso per un vino che esprime al naso intensi profumi di miele, uva passa, fichi, mela cotogna e spezie. In bocca è cremoso, intenso, ampio, di buona acidità e grande persistenza. Ottimo con formaggi stagionati.
La seconda bottiglia di vendemmia tardiva riguarda uno splendido Gewurztraminer Grand Cru Furstentum VT 2005: naso molto “dolce” di frutta esotica candita, mandorla, mallo di noce e lievi accenni minerali. In bocca il vino entra inizialmente grasso, forse un po’ stucchevole, ma la grande acidità pulisce tutto in un attimo per un finale di grande equilibrio ed eleganza. Ottimo col foie gras.
Madame Colette ci porta l’ultima bottiglia in degustazione, una vera delizia questo Gewurztraminer Mambourg SGN (Sélections de Grains Nobles) 2005: vino che è una vera gioia per l’olfatto e per il palato con i suoi sentori di fiori gialli appassiti, miele, caramello e frutti tropicali in macedonia. Vino dalla persistenza immensa che può sostenere senza problemi almeno 30 anni. Una conclusione degustativa da applausi a scena aperta.
Uscendo dal Domaine non ho potuto che pensare a questo: i vini spesso sono lo specchio di chi li produce e, nel caso di Colette Faller, devo dire che nulla è più vero di questo. Domaine Weinbach, l’eleganza al prima di tutto.