Terre di Vite: seicento vini artigianali da assaggiare


Oltre centrotrenta produttori di vino artigianale, degustazioni, laboratori, food truck, musica, performance artistiche e un contesto affascinante. Sono i seducenti ingredienti della tredicesima edizione di Terre di Vite, in programma sabato 26 e domenica 27 ottobre a Bomporto via Gorghetto n. 92/100, in provincia di Modena, all’interno della storica Villa Cavazza – Corte dalla Quadra.


La manifestazione offre la rara opportunità di assaporare un migliaio di varietà di vini prodotti con metodi artigianali. Barolo, Traminer Aromatico, Vernaccia, Cesanese, Aglianico, Cirò, Ribolla Gialla, Chardonnay, Albana, Barbera, Dolcetto, Merlot, Pinot Bianco, Pinot Nero, Nebbiolo, Aleatico, Moscato, Botticino, Vermentino, Schiava, Sauvignon, Bonarda, sono solo alcuni dei vini tra cui scegliere.

Protagonista assoluta della manifestazione sarà una nutrita e qualificata rappresentanza di vignaioli che alla qualità del prodotto uniscono il rispetto delle tradizioni contadine e dei ritmi della natura, applicando metodi di coltivazione tradizionali e sostenibili, rifiutando l’impiego di prodotti chimici di sintesi come pesticidi o diserbanti, e valorizzando i vitigni autoctoni e le antiche pratiche agronomiche.

Filo conduttore della tredicesima edizione è la creatività come espressione naturale del territorio di provenienza dei vini, del paesaggio che si racconta con i suoi contorni e colori: un trait d’union che accomunerà i seminari, le degustazioni guidate, le mostre e le performance artistiche che animeranno le due giornate. I vignaioli presenti arrivano da tutta Italia, in rappresentanza di diciotto regioni, con alcuni sconfinamenti in Francia e Germania, e proporranno i loro vini artigianali in assaggio libero.

“Sin dalla prima edizione, in stretta collaborazione con Roberto Giuliani, direttore della rivista online Lavinium www.lavinium.it, abbiamo selezionato produttori che hanno scelto di privilegiare il prodotto artigianale e, anche quest’anno, abbiamo sviluppato questo percorso. Si tratta di un evento che valorizza scelte produttive basate sulla tradizione e sul rispetto di tutto ciò che ci circonda. Non a caso tra gli ospiti più prestigiosi abbiamo il giornalista Sandro Sangiorgi, il maggior esperto italiano di vini naturali. Nostro obiettivo è anche creare un clima di festa, relax e condivisione, col piacere di andare alla scoperta di sapori nuovi” sottolinea Barbara Brandoli, organizzatrice dell’evento.

L’offerta è arricchita dalla presenza di una trentina di spazi espositivi collocati sotto i portici di Villa Cavazza, dedicati prevalentemente al buon cibo, con la presenza di alcuni artisti che realizzano gioielli a mano e candele artigianali. I più golosi potranno completare la propria esperienza culinaria approfittando dei truck presenti che, oltre a proporre gelato artigianale, prepareranno piatti tipici emiliani.

UN RICCO PROGRAMMA

Accanto alle degustazioni, durante la due giorni, a partire dal primo pomeriggio, saranno proposti otto Laboratori del Gusto, opportunità da non perdere per assaporare prodotti tutti da scoprire, sotto la guida di esperti e comodamente seduti all’interno di splendidi spazi.

Sabato 26, alle 13, si inizia con “Finger Food and Wine” dedicato all’abbinamento tra cibo e vino per un aperitivo perfetto, si prosegue alle 14.30, parlando di “Cucina Vegetale e vino”, per poi passare, alle 16, a un incontro ravvicinato con una delle eccellenze modenesi, il salame di San Felice. La chiusura della prima giornata è dedicata all’Oro Nero di Modena: in collaborazione con il Consorzio Produttori Antiche Acetaie, guidati dall’Associazione Esperti Degustatori Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P. i partecipanti potranno conoscere la storia e il gusto del prezioso condimento in abbinamento con diverse marmellate.

Il giorno successivo, domenica 27, sempre alle 13, il primo protagonista sarà il lievito madre ingrediente del pane da assaggiare con olio extra vergine di oliva e un ottimo bicchiere di vino; si prosegue alle 14.30 con l’arte dell’abbinamento tra dolci e vino, mentre alle 16, con “Modena e gli altri”, si esploreranno percorsi meno frequentati e si parlerà di pairing tra piatti tipici della tradizione modenese e vini di altre regioni. Decisamente fuori dagli schemi, infine, l’ultimo laboratorio durante il quale, a partire dalle 17.30, si terrà una masterclass dedicata alle possibili contaminazioni nell’ambito della mixology contemporanea tra il gin, peraltro di produzione modenese, il Ghirlangina, il vino e la pasticceria.

Cinque laboratori sono organizzati in collaborazione con Modena con Gusto e a guidare i partecipanti durante la degustazione dei vini selezionati saranno i sommelier Alessandra Caroni e Alessandro Ticci. La partecipazione a due Laboratori del Gusto, fino ad esaurimento posti, è compresa nel biglietto d’ingresso: 20 euro in prevendita sul sito www.terredivite.it fino al 25 ottobre, 25 euro durante i giorni della manifestazione con acquisto diretto al botteghino.

A loro si aggiungono due speciali seminari con degustazione tenuti da Sandro Sangiorgi, giornalista esperto di cultura del cibo e di vino, fondatore della rivista indipendente Porthos, convinto sostenitore dell’idea che parte integrante della cultura del vino siano la sua storia e la custodia del territorio e del benessere. Sabato 26, alle 13, il noto divulgatore condurrà una degustazione di sei vini diversi nell’ambito dell’incontro “La piccola poesia: il vino e la delicatezza impalpabile che può lasciare un ricordo indelebile.” Domenica 27, alla stessa ora, Sangiorgi si soffermerà, invece, su “Vino e mediterraneo: la generosità e il vigore, la partecipazione e il sapore” dando anche in questo caso l’opportunità di apprezzare sei vini differenti serviti a bottiglie coperte. In questo caso la partecipazione, previa prenotazione via mail info@terredivite.it, ha un costo di 50 euro e comprende anche il biglietto d’ingresso.

Alla riuscita della manifestazione contribuiranno anche le scuole alberghiere Nazareno di Carpi e I.A.L. di Serramazzoni. Diversi studenti che frequentano i due istituti saranno impegnati a garantire un servizio accurato, mettendo in atto quanto stanno imparando nell’arte dell’accoglienza.

Per info: www.terredivite.it, mail info@terredivite.it, cellulare 338 5474185

InvecchiatIGP: Angiolino Maule - Garganega IGT Veneto "Sassaia" 2017


di Luciano Pignataro

Vulcanico è il suolo, vulcanico è Angiolino Maule, personaggio mitico della viticultura italiana, fondatore di Vinnatur. Siamo andati a trovarlo questa estate, era luglio, a la Biancara, nata nel 1988 a Gambellara in provincia di Vincenza, quando lui e la moglie Biancamaria decisero di comprare sei ettari e costruire la cantina. Come sempre accade quando visiti aziende familiari interamente dedite alla viticultura, sei di fronte ad un personaggio che ha tanto da raccontare, si parla più che degustare il vino. La sua filosofia è molto semplice: niente chimica in vigna e in cantina, la buona frutta nasce dalla composizione del suolo e dalla sua tutela anche nel modo di lavorarlo, evitando di essere invasivi anche con i trattori, falciando poco e rispettando tutti i micro organismi che aiutano la pianta, per esempio nei periodi di siccità e di caldo eccessivo come quest’anno.


Oggi l’azienda ha 18 ettari complessivi (15 di proprietà, 3 in fitto) coltivati essenzialmente a Garganega e a Tai Rosso (a Sossano nei Colli Berici).
Per Maule la pianta ha tutte le risposte necessarie ai problemi che possono nascere nel corso di una annata fino alla vendemmia, comprese le difficoltà che derivano dal cambiamento climatico. Non a caso ha caso lui e Biancamaria hanno puntato sulle uve che stanno in questo territorio da almeno un millennio. La biodiversità è la ricchezza, dice, ed è una grossa opportunità commerciale nel mondo del vino ormai troppo omologato e uguale a se stesso.

Angiolino Maule

Sassaia, da uve garganega con un saldo di trebbiano, è stata la prima etichetta della coppia. E noi lo beviamo a pranzo sulle pizze di Simone Padoan, fratello di Biancamaria, un grande pizzaiolo che nel piccolo paesino veronese San Bonifacio ha rivoluzionato il concetto di pizza italiana creando uno stile un po’, come abbiamo avuto modo di scrivere in altra sede, come Marchesi ha inciso sulla nostra cucina. Una magnum del 2017.


Il bianco di Angiolino si avvia con una fermentazione di lieviti indigeni in botti di rovere. Non viene né filtrato e né chiarificato. E’ tenuto però lontano dalle macerazioni esasperate oggi tanto di modo e il risultato è di una gustosa eleganza coinvolgente e allegra. Le prime sensazioni olfattive a distanza di sette anni ci parlano di polpa di frutta bianca ben evoluta, sbuffo fumé, nota balsamica, in parte anche agrume (tra cedro e arancia, non so distinguere. Meglio, varia. Si, come tutti i grandi vini una volta aperto è cangiante. 


Lo proviamo nella giusta temperatura, ossia non freddo ma fresco di cantina tra una meraviglia di Simone e l’altra e ne godiamo tantissimo. Al palato in fatti si ritrovano con assoluta coerenza le sensazioni che ho tentato di descrivere, il sorso è polposo, corretto da una magnifica sapidità e da una assoluta verve acida che gli da un tono quasi giovanile. Mai alla cieca avrei detto che si tratta di un bianco di sette anni.
Un vino di equilibrio, senza eccessi, assolutamente bevibile. Favoloso. Rientra fra le bevute che si ricordano, merito del vino, della compagnia e delle pizze di Simone: anche la degustazione deve avere il suo giusto ecosistema!

Santa Barbara - Castelli di Jesi Classico Riserva "Tardivo ma non tardo" 2019


di Luciano Pignataro

Il Verdicchio di Stefano Antonucci mi appassiona sempre. Tardivo ma non Tardo, col disegno di Catia Uliassi in etichetta è fresco, coinvolgente, autorevole sul cibo e confortante al palato. 


Il 2019 era un bambino, non abbiamo avuto pazienza di aspettare: troppo buono, ed è andata anche la seconda bottiglia sulla frittura di mare.

Luigi Tecce e i vini culturali


di Luciano Pignataro

I personaggi che legano la propria esistenza alla produzione di vino sono sempre particolari, coinvolgenti, a volte forse spiazzanti. Almeno quelli della prima ondata post metanolo. Luigi Tecce è sicuramente un produttore di carattere, con le idee ben chiare, andare a trovarlo ti consente anche di far un aggiornamento e capire in che direzione va chi ha qualcosa da dire nel mondo del vino. Ecco perché con lui ci prendiamo sempre tempo, meglio il primo pomeriggio, e iniziamo a rilassarci sin dalle curve che salgono a Paternopoli che insieme a Castelfranci costituisce la parte più alta dell’areale della DOCG Taurasi. Che adesso per noi diventa un riferimento puramente geografico visto che il Nostro ha deciso di mandare a quel paese il disciplinare e di uscire con i propri vini senza marchio europeo. “Vedi, l’ultima bottiglia che a breve va in commercio, Io Vino? Mai avrei potuto mettere questo termine ed associarlo a me, alle mie idee. Uscire dalle regole me lo consente ed ecco a voi Io Vino”. Un grande aglianico che costerà, in uscita dalla cantina, sui cento euro per poco più di 2500 bottiglie.


Luigi è sostanzialmente una persona libera che ama raccontare la resilienza contadina alle banalità del mondo moderno. La metafora anarcoide degli irpini di montagna, avulsi dall’algoritmo come i loro nonni hanno sempre fatto a meno dell’orologio. I sei ettari di vigneto da cui escono circa 22mila bottiglie sono posizionati sul versante di una collina battuta di continuo da venti freschi, le uve vengono comunque selezionate con grande attenzione: ogni grappolo arrivato in cantina deve essere perfetto. Infatti i tempi di vendemmia sono piuttosto lunghi ed un sapiente uso dei legni, carato, barrique e tonneaux, danno il tocco finale: ogni annata stabilisce il giusto impiego delle varie botti le cui tostature sono sempre ben digerite dal corpo del vino e mai dominanti. Il risultato di tanta attenzione si materializza sempre in un vino straordinario. Luigi racconta che nei giorni precedenti la vendemmia assaggia di continuo i vinaccioli e solo quando sono maturi e quindi hanno perso l’asprezza ostinata, si decide a vendemmiare. Senza ombra di dubbio anche il territorio fa la sua giusta parte, siamo nella zona tra i 500 ed i 600 metri, con una esposizione a sud che consente una buona maturazione dell’uva in una zona dove il freddo è stato sempre piuttosto pungente. 


Luigi Tecce ha senza dubbio il dono di saper assecondare e valorizzare al massimo l’esuberanza a tratti spigolosa ed a tratti avvolgente dell’aglianico. Gli è bastato seguire l’insegnamento dei nonni a loro volta viticoltori, i quali, seguendo semplici principi dettati dalla lunga esperienza tramandata di generazione in generazione, puntavano principalmente ad ottenere un’uva sana ed a raggiungere la giusta maturazione. l segreto di questi vini, non è retorica scriverlo, è proprio nel rapporto maniacale con la frutta che è poi il filo conduttore di tutte le annate, con diverse sfumature ma certo.


Come spesso diciamo, non saranno i vini migliori del mondo, ma sono unici. E l’unicità, oltre al tempo, sono i due valori più importanti nella epoca della velocità e della omologazione. Un piccolo artigiano questo deve fare, non rincorrere perché la modernità in questo caso è andare lento pede. Si potrebbe pensare che siamo di fronte a un leader dei vini naturali….niente affatto!
La retorica commerciale su questo tema lo vede insofferente quanto le certezze della viticoltura convenzionale. Ecco perché nella sua cantina ha usato una vite centenaria prefillosssera alla quale ha appeso le sue bottiglie, quasi una composizione artistica che lui chiama ironicamente “l’albero del vino naturale”.
Il vino è la sintesi dell’uomo e della natura, il primo deve capire la seconda e assecondarla, ma anche intervenire quando è necessario. “Lo sapevano bene i nostri nonni che hanno sempre sudato vicino alla vigna”. “Il vino – aggiunge – è un progetto, non conta quello che sta nel bicchiere, ma il paesaggio in cui è compreso anche l’uomo, non solo la natura”. Insomma, una sorta di terza via nello scontro fra vini naturali e convenzionali o meglio, una visione pasoliniana della viticoltura che si aggancia alle al modo di vedere che Mario Soldati ci ha lasciato nei suoi documentari del 1957 e nel mitico “Vino al Vino”: è il momento del “vino culturale


Il vino come occasione di incontro, di essere comunità, essere conviviali. Dunque le bottiglie le proviamo fra formaggi. Salsicce, soppressate, uova sode, pane con burro e alici: una merenda pomeridiana, anche se Luigi Tecce è un ottimo cuciniere e ama ricevere e le persone in questo modo. Inizia così, fra le chiacchiere che in qualche modo vi ho anticipato e un boccone di pecorino di Bagnoli Irpino, una bella cavalcata della sua attività di viticoltore, iniziata con la vendemmia 2003 che, se ricordata, fu la prima veramente calda da quando è la moderna viticoltura italiana.

Mamam 2020

Partiamo con il bianco, un blend di fiano, greco e coda di volpe. La capacità di trasmettere la sensazione di frutta al palato è incredibile, viene voglia di masticare non perché il sorso sia denso, ma proprio perché ha la percezione di aver e frutta in bocca. Fresco, dai toni finali amari, bevibile, meraviglioso.

Calipso 2022

Cerco ancora un produttore italiano che abbia la capacità di farmi provare l’emozione dei rosati di Lopez de Heredia e stavolta con questo ci siamo andati molto vicino. Rispetto agli spagnoli citata manca un po’ di finezza, ma ha la complessità, la freschezza, il sorso lungo che avvolge e fa sognare.

Io Vino 2021

Coniamo un termine più complesso per questa etichetta, il «vino culturale», come espressione completa della sinergia fra natura e uomo. Aglianico straordinario, assolutamente bevibile, ricco di energia, lavorato fra legni grandi e piccoli e con una parte in acciaio, sicuramente ricco ma al tempo stesso agile e scattante, più a la page rispetto alle tendenze moderne. Un vino da stappare anche subito se si vuole godere del frutto, da conservare chi ama pazientare in attesa delle evoluzioni che inevitabilmente ci saranno.

Diavolo Pazzo

Questa edizione in meno di 700 bottiglie vede la collaborazione di Gianluca Cestone di un vino dedicato alla convivialità, in cui l’aglianico monumentale di Paternopoli incontra la Volpe Rossa, uva dai contorni non ancora studiati con decisione ma che contribuisce a rendere, grazie ai tannini delicati simili a quelli del Piedirosso, l’Aglianico più delicato e bevibile. Quello che però mi piace di questo rosso è che la semplicità non vuol dire banalità, anzi, il naso è complesso e affascinante, il sorso comunque pieno e lungo.

Poliphemo 2016 Taurasi docg

Andiamo allora all’ultimo suo Taurasi ufficiale, quello con la fascetta. Le 1250 bottiglie sono uscite centellinate dalla cantina, l’annata pine e solare esplode in tutta la sua potenza. Mi viene in mente un paragone che ho fatto spesso con i rossi di Luigi, che ricordano al tempo stesso la potenza e l’agilità di Cassius Clay. Note di camino. Immortale.

Purosangue 2014 Taurasi Riserva docg

Interrompiamo il sequel dei Poliphemo con l’intrusione di quello è da più parti è stato considerato il vino più buono ed emozionante mai fatto da Luigi Tecce. Figlio di una annata considerata minore, questa circostanza ha incrociato bene la sensibilità manuale sulla frutta che il nostro viticultore ha letteralmente nel sangue e l’uva è arrivata semplicemente perfetta. Il vino ha sostato un anno in più del necessario e si presenta al naso ancora con frutta croccante, note ematiche, di sottobosco, funghi, fumé, cenere, scorza di arancio. Al palato a dieci anni dalla vendemmia è agile e scattante. Imperdibile.

Poliphemo 2011 Taurasi DOCG

Scendiamo verso un’altra annata calda, che nelle zone fredde come l’Irpinia ha dato non poche soddisfazioni. Ogni annata ha la sua storia, ed eccoci allora con 6500 bottiglie, un rosso in splendida forma, esuberante, composto, capace di fondere benissimo il frutto e il legno, sempre usato in maniera magistrale, come le pinne per un nuotatore. Magico

Poliphemo. 2010 Taurasi DOCG

Scaliamo di un anno e la differenza di annata di sente, siamo all’opposto del precedente, le bottiglie prodotte sono 4800 più cento magnum. Il sorso è più veloce, molto fresco, la frutta si fonde a sentori di tabacco, spezie, humus, ha davvero ancora tanto da spendere nei prossimi anni.

Poliphemo 2006 Taurasi DOCG

Tecce si ricorda perfettamente dei miei gusti, sa bene che quest’annata generò enorme entusiasmo da parte mia e devo dire, modestia a parte, che non mi sbagliavo. A distanza di anni questo capolavoro si mantiene intatto, sfida il tempo come un dolmen in una posizione di assoluto equilibro fra legno e frutto, alcool e tannini, il tutto sostenuto da una straordinaria energia e una conclusione praticamente infinita.

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Ci alziamo, sono trascorse quattro ore e il buio silente inizia ad avvolgere le operose colline di questa Irpinia affascinante, laboriosa, discreta. L’ultimo sorso è una bottiglia di Poliphemo 2003, di quelle rimaste in cantina senza etichetta, la sua prima vendemmia commercializzata. Inutile dire in perfetta forma. Sono questi incontri di verità che mi appagano e che mi evitano la noia. 

Vini unici firmati da un personaggio unico.

Champagne Experience: la VII edizione si svolgerà a Modena il 20 e 21 ottobre


Mancano ormai pochi giorni all’apertura della VII° edizione di Champagne Experience, manifestazione di riferimento in Italia dedicata allo champagne e che si svolgerà negli spazi di ModenaFiere domenica 20 e lunedì 21 ottobre 2024. L’evento è organizzato da Excellence - Società Italiana Distributori e Importatori Srl, realtà che riunisce ventuno tra i maggiori importatori e distributori italiani di vini e distillati d’eccellenza.


Anche questa edizione offrirà agli operatori professionali e agli appassionati un’occasione unica per approfondire la conoscenza del mondo dello champagne grazie alla presenza di più di 900 etichette in degustazione in rappresentanza di 167 realtà suddivise tra storiche Maison e piccoli vigneron.

La suddivisione espositiva dei vini, in base alla loro appartenenza geografica, corrispondente alle diverse zone di produzione della Champagne – Montagne de Reims, Vallée de la Marne, Côte des Blancs, Côte des Bar – oltre alle “maison classiche” riunite in una specifica area, è confermata anche quest’anno all’interno dei cinquemila metri quadrati dei Padiglioni di ModenaFiere.

“La macchina organizzativa di Champagne Experience è pronta per accogliere tutti i professionisti, gli operatori e gli amanti dello champagne che si sono già accreditati” afferma Luca Cuzziol, presidente della Società Italiana Distributori e Importatori. “Sono ormai quasi esauriti anche i posti a disposizione per le master class che, come ogni anno, rappresentano un fiore all’occhiello della manifestazione e consentono di approfondire temi specifici grazie alla presenza di ospiti esclusivi e relatori di grande professionalità”.

Saranno 6 le master class, suddivise nei due giorni di manifestazione. Si parte domenica 20 ottobre, alle 12.30 con la master class dal titolo “DA CHOUILLY A MESNIL-SUR-OGER”, condotta da uno dei giornalisti e divulgatori più esperti di champagne in Italia come Alberto Lupetti: non sarà un generico confronto sui Blanc de Blancs, ma un vero e proprio viaggio sensoriale che permetterà ai partecipanti di comprendere le piccole, ma decisive differenze, di due terroir molti vicini tra loro.

Allo stesso orario il sommelier Luca Boccoli condurrà il coinvolgente incontro “IL BUIO OLTRE IL PERLAGE”, una master class dove i partecipanti assaggeranno 6 cuvée bendati, guidati da un grande degustatore non vedente.

Champagne Experience non può non avere un relatore d’oltralpe e quest’anno sarà presente Geoffrey Orban, direttore di Educavin, consulente e formatore che da oltre 20 anni si impegna e lavora per la divulgazione e la conoscenza della Champagne: unisce studi parcellari a degustazioni geo sensoriali dei terreni, per far comprendere le interazioni tra suolo, vite e frutto. Saranno due gli incontri che lo vedranno protagonista e conduttore, sempre domenica 20 ottobre: il primo, dal titolo: “AUBE, RICEYS E MONTGUEUX” alle ore 14.00, il secondo, “QUALITÀ TRA PICCOLE E GRANDI MAISON” alle 15.30.

Lunedì 21 ottobre altre due master class vedranno come relatore sempre Alberto Lupetti: si parte alle 12.30 con “DA BOUZY AD AY” e si conclude alle 15.30 con “COTEAUX CHAMPENOIS”. Quest’anno si rinnova la collaborazione tra Modena Champagne Experience e Champagne de Vignerons, associazione creata nel 2001 dal Syndicat Général des Vignerons de la Champagne con l’obiettivo di diffondere il lavoro svolto dai piccoli vignerons.

Il calendario degli appuntamenti, infine, contiene una serie di Sponsor Class, organizzate dai partner di Champagne Experience, dedicate non solo allo champagne, ma anche a prodotti d’eccellenza del territorio emiliano. A questo proposito anche quest’anno saranno presenti come partner della manifestazione il Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano e il Consorzio Tutela Lambrusco.

Tutti i servizi di ristorazione durante la manifestazione saranno curati dal Consorzio Modena a Tavola, mentre quello dei vini, da ONAV (Organizzazione Nazionale degli Assaggiatori di Vino), storico partner di Champagne Experience.

Champagne Experience si svolge con il patrocinio del Comune di Modena e il sostegno della Camera di Commercio di Modena: il loro contributo e la loro presenza al fianco della manifestazione sono fondamentali per l’organizzazione di questa importante manifestazione.

Tutte le informazioni sulla manifestazione e sulle master class sul sito di Modena Champagne Experience: www.champagneexperience.it

InvecchiatIGP: Querciabella - Chianti Classico 1994


di Carlo Macchi

Le annate dal 1991 al 1995 in Chianti Classico (e non solo) sono state veramente difficili. A parte la catastrofica 1992, dove le uve dovevano avere maschera e pinne per arrivare in cantina, le altre annate sono state fredde e più o meno abbastanza piovose. Non per niente definisco questo periodo “la piccola glaciazione chiantigiana”. I vini di quelle annate sul momento erano nella migliore delle ipotesi scorbutici, con acidità pronunciate e tannini rustici, non certo facile da bere. Però negli ultimi 5-6 anni mi è capitato di assaggiare diverse bottiglie di quelle annate e sono sempre rimasto positivamente sorpreso dalla longevità e dall’eleganza di quei vini, dotati di pH più bassi e acidità più alte rispetto ad oggi. Se ci pensate bene in 20 anni si è rovesciato il clima e questo ci dovrebbe far capire quanto sia difficile fare il vignaiolo.


L’annata 1994 non è stata certo la peggiore del quinquennio ma nemmeno la migliore, parlando con qualche produttore mi hanno confermato che fare dei buoni vini era “quasi un miracolo”, ma il Chianti Classico 1994 di Querciabella, assaggiato a Greve in Chianti durante una degustazione di vecchie annate, è la dimostrazione lampante che i miracoli esistono!


Vorrei sottolineare che si parla di Chianti Classico annata, di vino fatto per essere bevuto da giovane, non certo per invecchiare 20 anni. Qui si innesta una mia certezza, che per valutare un’azienda chiantigiana (ma non solo) bisogna prendere in considerazione il vino base, quello più prodotto, e non i “figliol prodigo” a cui si prestano mille attenzioni e mille riguardi. L’uvaggio dichiarato è sangiovese al 95% con un 5% di cabernet sauvignon e merlot.


Il colore è sempre rubino e il naso, permettetemi la licenza poetica, è semplicemente il primo passo sulla scala che porta in paradiso: note balsamiche, di menta, di macchia mediterranea a cui si fondono sentori fruttati. Il legno, se una volta si sentiva, oggi è solo un remoto e piacevole ricordo. In bocca la freschezza che si immagina nel naso si conferma subito, accompagnata da una sensazione setosa data da tannini morbidi ma ancora ben presenti. L’equilibrio, assieme ad un elegante pienezza è tangibile e tutto questo non sparisce in un attimo ma ha una lunghezza notevole e una chiusura magistrale.
Un vino che oltre ad essere buonissimo, rappresenta perfettamente quel periodo di storia chiantigiana e devo dire grazie a Querciabella per avermi (anzi averci) permesso di “toccarla con bocca”.

Poderi Boscarelli - Toscana IGT "Il Bianco" 2022


di Carlo Macchi

Poderi Boscarelli è famoso per i rossi ma questo bianco, specie se bevuto non freddo, è “tanta, ma tanta roba!”. 


Viognier, petit manseng con spiccioli di vermentino (le uve arrivano dalla Maremma e da Cortona) vinificati in acciaio per un vino profumato, rotondo, equilibrato, piacevolissimo.