InvecchiatIGP: Antoniotti – Bramaterra Doc 2011


Ho conosciuto Odilio e Mattia Antoniotti ormai oltre dieci anni fa quando, con una macchina a noleggio sgangherata, feci un tour dell’Alto Piemonte innamorandomi perdutamente dei vini di questo territorio troppo spesso sottovalutato dai c.d. “esperti di settore”. Ricordo che per arrivare presso la loro cantina, situata in quel luogo incantato che prende il nome di Casa del Bosco, un paesino di poche anime, ho dovuto percorrere una stradina sperduta circondata da boschi all’interno dei quali, quasi soffocati, si intravedevano ettari di vigneti ormai abbandonati perché da queste parti, come scriveva Soldati, il vino viene formidabile, potente e gustoso ma, aggiungo io, se si preferisce la fabbrica e la città ai campi agricoli, questo è il risultato.


Con notevoli sforzi Odilio e suo figlio Mattia, settima generazione vitivinicola della famiglia, portano avanti i loro cinque ettari di vigneti, piantati su terreni vulcanici ricchi di porfido, suddivisi in varie parcelle dove si producono due delle DOC più rappresentative del loro territorio ovvero Coste della Sesia e, soprattutto, Bramaterra. Quest’ultimo vino, prodotto all’interno di sette comuni della zona collinare limitrofa al parco naturale delle Baragge, ha ricevuto la denominazione di origine controllata nel 1979 e la base ampelografica prevede l’utilizzo del nebbiolo, localmente definito spanna, dal 50 all’80%, con saldo finale di croatina (max 30%) e\o uva rara e vespolina, da sole o congiuntamente, per un massimo del 20%.

Mattia Antoniotti

Odilio Antoniotti

Il Bramaterra 2011 di questo InvecchiatIGP lo presi dagli Antoniotti il giorno della mia visita, mi innamorai subito di quell’annata tanto da volerla dimenticare in cantina per capire, con gli anni, come potesse evolvere. L’ho stappato qualche settimana fa, a cena con amici, e il suo colore rosso rubino, lievemente granato, tradiva solo parzialmente i suoi tredici anni. Al naso, confesso, che la partenza non è stata esaltante perchè, nei primi dieci minuti, aveva un olfatto contratto, poco pulito, Antonello Venditti direbbe “chiuso come le chiese quando ti vuoi confessare….”.

Il colore del Bramaterra 2011

Prima di battezzarlo come nobile decaduto abbiamo aspettato, carichi di speranza, così dopo mezz’ora abbiamo riprovato a odorarlo di nuovo e…...cavolo, le cose sono cambiate ed in meglio. Ora il vino si è fatto via via più definito, dettagliato aromaticamente, aromaticamente ha ricordi di cenere, viola passita, spezie scure e tabacco da pipa.


Se l’olfattiva di questo Bramaterra non è proprio all’apice della sua espressività, discorso diverso dobbiamo fare con la gustativa perché il vino, in questa fase, ha proprio un’altra marcia: è ancora dinamico, succoso, ha una cifra alta di freschezza e sapidità ed un gusto di rara raffinatezza. 

Caro Odilio e caro Mattia, chapeau, ci avete fatto emozionare!

Il Granchio Nero – Marche Riesling IGT 2023


Massimiliano Latini nel 2022 ha deciso di piantare Verdicchio e, soprattutto, Riesling Renano sulle colline di Rosora (An) solcate dai terreni del “fosso del Granchio Nero, affluente dell’Esino, che un tempo costituivano i fondali dell’Adriatico. 


Il vino sorprende per temperamento e sapidità. Bella scoperta!

Alla scoperta della meravigliosa carta dei vini e dei cocktail di Ineo, il ristorante fine dining al centro di Roma


Di Andrea Petrini e Stefania De Carlo

Il Ristorante Ineo, situato all'interno dell'elegante Anantara Palazzo Naiadi Roma, lussuoso hotel cinque stelle situato in Piazza della Repubblica è una delle perle gastronomiche più raffinate, e per certi versi nascoste, della Capitale. Immerso in un contesto storico unico, fra il Rione Monti, Castro Pretorio e l’Esquilino, il ristorante è guidato in cucina dal bravissimo chef Heros De Agostinis che, dopo aver affinato il proprio talento attraverso anni di formazione e lavoro nei più rinomati ristoranti europei, ha deciso di tornare a Roma, nella sua città, nel quartiere in cui è cresciuto, per ripartire con una nuova avventura (Ineo vuol dire, in latino, “inizio”) basata su uno stile di cucina che possiamo definire “meticcia” perché accosta, senza sovrastrutture o eccessi, sapori e preparazioni che prendono spunto dal suo vissuto personale e professionale.

Federico Spagnolo

Della bravura dello chef e di come si sta bene da Ineo ne ha parlato Luciano Pignataro qualche tempo fa per cui non ci dilungheremo molto sull’aspetto gastronomico (da provare questo autunno i tre tre menu degustazione – “In giro per il mondo”, “Roma e dintorni” e “Verde”) perché vorremo accendere il faro dell’attenzione sulla bellissima gestione e composizione della carta dei vini del locale che, per fortuna, abbiamo trovato decisamente interessante e poco ingessata.

Heros De Agostinis

Il merito va all’Hotel Wine Manager Federico Spagnolo, con un passato tra la Pergola di Roma e il St. George di Taormina, che a seguito di incontri, viaggi ed amicizie ha selezionato quasi 900 etichette, locali ed internazionali, andando ad inserire in carta, cosa abbastanza rara, sia cantine famose e blasonate sia etichette di artigiani di nicchia (ad esempio I Chicchi di Ardea) cercando di fornire al cliente un mix equilibrato di vini convenzionali e vini naturali. “Ci piace valorizzare le cantine di piccole dimensioni, lavorando in assegnazione sulle microvinificazioni. L’importante per noi è che offrano un prodotto interessante e che abbiano una storia da raccontare”, spiega il sommelier. “Fermo restando che in un ristorante d’eccellenza non possono mancare le grandi maison internazionali, con un focus in parti-colare sui vini francesi, provenienti dalle zone più rinomate, come Borgogna, Bordeaux e Champagne”.


Spagnolo ammette di avere un occhio di riguardo per il cliente che, negli ultimi anni, si è spostato verso una maggiore qualità e soddisfarne le aspettative proponendo vini costosi al bicchiere. “Il mio è un lavoro fatto di costanza, pazienza e programmazione. Sono una persona molto riservata e precisa, mi piace lavorare e pianificare da casa e poi condividere al ristorante con i colleghi con cui mi confronto. La carta che abbiamo costruito in questi 18 mesi è fatta da uno zoccolo duro con grandi nomi e a cui abbiamo aggiunto tante piccole realtà nel corso del tempo. È una professione che si costruisce nel tempo, fatta di scelte ponderate e con un’attenzione costante ai budget” conclude.


Spagnolo sceglie vini del territorio per accompagnare i tre menù degustazione nei percorsi di wine pairing che accompagnano i viaggi gastronomici dello chef Heros (6 calici, uno per ogni portata, 85 €). Una carta che è cresciuta e che ha tanta Italia e tanto Lazio “perché siamo a Roma e vogliamo valorizzare il luogo in cui siamo per sponsorizzare il nostro territorio che, negli ultimi anni, è ripartito molto bene con bellissime realtà dove c’è tantissima ricerca e studio. Grazie a tutto questo emergono cantine sempre più valide e interessanti da andare a scoprire. Per me è l’occasione per raccontare questa evoluzione della viticoltura laziale e mi piace farlo soprattutto con i clienti esteri, che accompagno in un percorso intorno a Roma. Questa è una delle parti più belle del mio lavoro, la ricerca e la gestione delle piccolissime quantità, il rapporto quasi morboso con il produttore che devo corteggiare per farmi vendere le sue bottiglie! Con il pairing riusciamo a proporre un prodotto unico che devo, talvolta, centellinare perché ne ho una quantità limitata” racconta con entusiasmo il sommelier.


Ineo non è solo vino. Mirco Bove, barman, offre una selezione esclusiva di cocktail realizzati grazie all’ampia scelta di prestigiosi spirits e una selezione di oltre 70 etichette ed una carta che si ispira ai sei continenti (coerente con l’idea dello chef De Agostinis che dedica un intero menu alle sue esperienze nel mondo), con personali interpretazioni dei grandi classici utilizzando ingredienti di ogni parte di mondo a cui è dedicato il drink. Così, per esempio, l’Ishiban è un Martini Cocktail di ispirazione orientale con una base Gin con Vermouth alle foglie di Sakura e, in abbinamento, un fungo enoki che ha sapore di nocciola, oppure la Banana roasted room è un twist old fashion con Rhum aromatizzato alle banane arrostite.


Insomma, in centro a Roma, per chi vuole mangiare e bere bene, c’è un indirizzo Garantito IGP da non perdere: INEO

INEO
Piazza della Repubblica 46, Roma
Telefono: 06 4893 8061

InvecchiatIGP: Lepore - Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Doc Riserva Luigi Lepore 1998


di Lorenzo Colombo

Quando sono state vendemmiate le uve per la produzione del vino che andiamo ad assaggiare mancavano ancora cinque anni al riconoscimento della Docg che arriverà solamente nel 2003 e che stabilirà uno specifico disciplinare di produzione ai vini che sin’allora - a partire dal 1995 - riportavano in etichetta “Colline Teramane” come sottozona della Doc Montepulciano d’Abruzzo, disciplinare che, rivisto nel 2016, ne va a cambiare il nome che ora è Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg. La zona di produzione s’estende su una trentina di comuni della provincia di Teramo e comprende le colline della fascia costiera che da Martinsicuro, al confine con le Marche, s’estende a Sud sino a Silvi ed occupa ad Est la fascia collinare che si spinge sino a Teramo e Montorio al Vomano ai piedi del Gran Sasso. Unico vitigno ammesso oltre al Montepulciano -che dev’essere presente per almeno il 90%- è il Sangiovese.


Fondata nel 1992, l’azienda Lepore, situata a Colonnella, dispone attualmente di 14 ettari di vigneti per una produzione annuale di 250.000 bottiglie.

Il vino

Vino di punta dell’azienda ormai da molti anni viene prodotto con uve Montepulciano in purezza, fermenta in vasche d’acciaio e matura in botte per due anni ai quali segue un lungo periodo di sosta in bottiglia. Il colore è granato profondo con unghia che inizia a tendere leggermente all’aranciato.
 

Di media intensità olfattiva, ampio, balsamico, confettura di prugne, legno dolce, liquirizia, caffè solubile, note speziate, sentori terziari che rimandano alle foglie umide del sottobosco. Mediamente strutturato, tannino ancora vivo, buona la vena acida, radici di liquirizia, prugna secca, vaniglia, accenni piccanti e pepati uniti ad una leggerissima pungenza, lunga la sua persistenza. Un vino ancora in piena forma a 26 anni dalla vendemmia.

Il Roccolo - Riviera del Garda Classico Groppello 2022


di Lorenzo Colombo

Vitigno autoctono della Valtènesi, il Groppello, se utilizzato in purezza, dona vini freschi e succosi, con sentori di piccoli frutti rossi e di ciliegia e con leggere note speziate, mai troppo alcolici, e dal piacevole fin di bocca amaricante.


Questo sono le caratteristiche che ritroviamo nel vino appena degustato.

Agricola Vallecamonica - Valcamonica Bianco Igt “Bianco dell’Annunciata” 2021


di Lorenzo Colombo

La Valle Camonica è conosciuta in tutto il mondo per le Incisioni Rupestri dichiarate Patrimonio Mondiale dell’Unesco, meno conosciuta, perlomeno presso il grande pubblico, è la sua vocazionalità per la viticoltura praticata da circa 500 viticoltori che si occupano, generalmente nel tempo libero, di gestire i circa 140 ettari di vigneti dell’Igt Valcamonica. La viticoltura in queste zone è attestata sin dall’epoca romana, si è poi sviluppata nel basso Medioevo, periodo nel quale esistono molti documenti che attestano la presenza della vite e, con alti e bassi, si giunge al periodo delle grandi malattie, fillossera anzitutto, che arriva in zona nel 1887 riducendo drasticamente la superficie vitata. Il parziale recupero inizia nel primo Novecento per poi vedere nuovamente crollare la viticoltura negli anni Settanta a causa dell’abbandono dei vigneti a favore di un più redditizio e meno oneroso lavoro in fabbrica. Negli ultimi trent’anni si assiste ad un rinnovo dell’interesse per la viticoltura, con un progressivo recupero dei vecchi vigneti e con la richiesta, seppur limitata, di reimpianti.


L’IGT Valcamonica creata nel 2003 s’estende sul territorio di 25 comuni situati nella valle che dal Lago d’Iseo s’inerpica sino a Edolo ed è, dal punto di vista viticolo, suddivisa in tre macroaree che partono da Piancamuno – a pochi chilometri dal Lago d’Iseo- e in una quarantina di chilometri si spingono sino a Berzo Demo nella parte più a Nord della valle. Il disciplinare prevede la produzione di cinque tipologie di vino: Bianco, Bianco passito, Rosso e con l’indicazione dei vitigni Merlot e Marzemino mentre le uve più diffuse, oltre ai già citati Merlot e Marzemino, sono il Riesling renano, l’Incrocio Manzoni 6.0.13 ed il Müller Thurgau.


L’Agricola Vallecamonica di Alex Belingeri dispone di quattro ettari di vigna collocati su terrazzamenti su entrambi i versanti della bassa valle, i vitigni presenti sono Marzemino, Riesling renano, Incrocio Manzoni 6.0.13 oltre a vitigni PIWI, ovvero Bronner, Johanniter e Souvignier gris e vitigni antichi prettamente locali dai nomi dialettali: Ciass Negher, Baldamina, Valcamonec, Gratù e Hibebo. La produzione annuale è di circa 20.000 bottiglie suddivise su nove etichette.

Il vino in degustazione

Primo vino prodotto dall’azienda, prende il nome dal Convento della Santissima Annunciata nei pressi del quale, tra i 600 e gli 800 metri d’altitudine si trovano i vigneti di Incrocio Manzoni 6.0.13, il sistema d’allevamento è a Guyot basso con densità di 7.000 ceppi/ha e con resa di 60 ettolitri/ha, mentre il suolo è composto da sabbie con infiltrazioni d’argilla su un sottosuolo roccioso con presenza di fossili marini. Fermentazione e affinamento si svolgono in vasche d’acciaio dove il vino sosta sui lieviti per sette mesi. Le bottiglie prodotte sono 4.000.


Il colore è giallo-oro luminoso. Discretamente intenso al naso dove cogliamo note floreali e di frutta a polpa gialla, accenni di pera e mandorle uniti a leggeri sentori idrocarburici. Fresco, intenso e decisamente sapido, dotato di buona struttura e di bella verticalità, presenta accenni piccanti di zenzero, note fruttate dove emergono la mela e gli agrumi, buona la sua vena acida e lunga la persistenza.

Nota: L’azienda è conosciuta soprattutto per il VSQ Metodo Classico Nautilus Crustorico prodotto con l’utilizzo di oltre dieci vitigni a bacca rossa molti dei quali prettamente locali come i giù citati Ciass Negher, Baldamina, Valcamonec, Gratù e Hibebo, il vino s’affina per 48 mesi nelle acque del Lago d’Iseo.

InvecchiatIGP: Podere Marcampo - Toscana Rosso IGT "Giusto alle Balze" 2013


di Stefano Tesi

Di vite da romanzo (scusate l’enogioco di parole, non ho resistito) il mondo del vino è pieno. Si tratta poi di vedere quali siano il frutto di un abile storytelling e quali basate su fatti veri e non purgati ad hoc in favore di marketing. Quando si tratta di assaggi, la questione non cambia molto: contano quello che c’è nel bicchiere e magari le comparazioni con gli assaggi precedenti, mentre le chiacchiere stanno a zero.


Nel 2021 avevo già assaggiato il Giusto alle Balze 2013, un Igt Toscana al 100% Merlot, quando al Podere Marcampo c’era ancora Genuino Del Duca, fondatore e protagonista del romanzo in parola (a pensarci bene, un destino avventuroso già dal nome): carabiniere abruzzese stanziatosi in Toscana, andato in pensione, diventato ristoratore di successo e poi vignaiolo a Volterra, zona dove, secondo la vulgata, “il vino non ci viene”. L’ho riassaggiato qualche settimana fa, quando alla guida dell’azienda ho trovato la figlia Claudia, ma a far la guardia alle vigne è rimasto Genuino, immortalato nel bassorilievo di terracotta che oggi ospita le sue ceneri, murato sul muro della cantina ovviamente orientato sugli amati filari.


La storia dell’azienda in sé, nata un po’ per ostinata scommessa e un po’ per esigenze burocratiche - serviva la vigna per giustificare la creazione di un agriturismo dal rudere acquistato nel 2003 con vista sulle balze volterrane, su terreni di origine sedimentaria, con depositi marini e marne argillose - è e rimane familiare: gli ettari vitati sono cinque, certificati Bio dal 2021 e affidati dall’anno successivo all’enologo Luca Rettondini. Oltre al Merlot si coltivano Vermentino, Sangiovese, Pugnitello e un Ciliegiolo che, in purezza, ci anticipa Claudia, sarà il protagonista del nuovo vino del Podere Marcampo.


Ero però molto curioso di risentire il Giusto alle Balze 2013, l’ultima annata affinata in barrique (oggi si usano i tonneaux). Curioso sia per la mia nota, scarsa simpatia per il Merlot in generale e sia perché, viceversa, quell’assaggio mi aveva incuriosito parecchio per le sue (rileggo gli appunti) “note balsamiche e di erbe selvatiche o officinali, con un punto di rabarbaro e, in bocca, una certa acidità, tannino ben definito e una piacevole nouance amaricante”. In pratica, mi era piaciuto.


E mi piace ancora oggi, con undici anni sulle spalle e, quindi, un’età che può anche essere critica per vini di questo tipo. Alla vista il colore è scurissimo, quasi impenetrabile. Al naso il vino è maturo ma non evoluto, con note complesse e varietali, che poi virano in sentori di liquirizia. La parte migliore è però in bocca: il sorso è integro, vivo, profondo e quasi pungente, con una bella ampiezza e un nerbo al palato perfino inaspettato per vigore e agilità. In poche parole: una gradita conferma.