Odilio e Mattia Antoniotti: umiltà, sudore e grande Bramaterra

Odilio Antoniotti  e suo figlio Mattia li avevo conosciuti pochi mesi fa a Roma durante la premiazione dei Tre Bicchieri del Gambero Rosso. Odilio era dietro al banchetto col suo Bramaterra e, mentre il resto dei produttori era indaffarato nelle pubbliche relazioni, lui smaniava per poter tornare al più presto in cantina perchè, mi diceva, doveva fare i rimontaggi ed era in ansia per quel vino che stava nascendo così bene dopo le fatiche della vendemmia 2014. 

Come fai a non essere conquistato da un uomo così?

Il mio #AltoPiemonteWineTour, infatti, non poteva prescindere da una visita a lui e Mattia che mi aspettano in un luogo incantato che prende il nome di Casa del Bosco, un paesino di poche anime che, come dice bene il nome, sbuca dopo aver percorso qualche chilometro di strada all'interno di splendidi ed isolati boschi che una volta, purtroppo, lasciavano il posto a molti ettari di vigneti ormai abbandonati.

Dopo i classici e calorosi saluti di rito e con l'apprensione, visto il contesto, che prima o poi sbuchi da qualche parte uno gnomo, saliamo sul fuoristrada (utilissimo visto le strade che affronteremo) e andiamo a visitare i vigneti di proprietà che, in totale, si attesta sui cinque ettari divisi in vari fazzoletti di terra localizzate nelle DOC Bramaterra e Coste della Sesia.

Attraversando viuzze sterrate, dove il porfido emerge da ogni lato della strada, arriviamo al primo vigneto di proprietà che prende il nome di Pramartel. Le vite, tutte giovani essendo state reimpiantate circa due anni fa, sono divise in base all'uvaggio tipico del Bramaterra: nebbiolo 80%, croatina 10%, vespolina 7% ed infin 3% di uva rara. Il vigneto, con esposizione sud - sud/ovest è a circa 400 metri di altezza. Girare per questa terra ti fa comprendere come la Natura da queste parti regni incontaminata ed incontrastata.

Odilio in vigna Pramartel

La vigna
I colori del porfido
Cambiamo zona e arriviamo nel vigneto più importante e storico della famiglia Antoniotti. Siamo in località Martinazzi dove Odilio e Mattia gestiscono 3 ettari di vigneto, età media 40 anni circa, coltivato sempre a nebbiolo (70%), croatina (20%), vespolina (7%) e uva rara (3%). Da questo splendido versante nasce il loro premiato Bramaterra la cui produzione futura, probabilmente, verrà ampliata in quanto, appena al di sopra, in zona Cincignone, è stata acquistato poco più di un ettaro di terreno che è talmente vocata che Mattia sta pensando di farci un vero e proprio Cru. Non l'ho scritto in precedenza ma gli Antoniotti in vigna seguono un approccio molto naturale prediligendo solamente trattamenti con rame e zolfo.

Vigneto Martinazzi
 
quello che diventerà il nuovo vigneto..
Scendendo verso valle per andare in cantina passiamo vicino l'altro vigneto (circa un ettaro) da dove, assieme al Pramartel, Antoniotti produce il suo Coste delle Sesia. 

Siamo tornati a Casa del Bosco, al punto di partenza, e di gnomi ancora nessuna traccia. Di reale, invece, c'è vecchia cantina di vinificazione degli Antoniotti che, mi confessa Odilio, hanno una storia centenaria che parte dal 1700 quando un suo avo comincia a seguire le terre del parroco della zona. Prima di scendere giù, Mattia mi fa vedere l'ultima botte dismessa costruita interamente con legno locale.


Pochi scalini e ci ritroviamo in un luogo dove ogni centimetro trasuda storia e territorio. Questa vecchia cantina per me è diventata una sorta di luogo di culto e spero che le foto rendano giustizia. Pochi metri quadri dove, da un lato, troviamo due vasche di cemento costruite interamente nella roccia e rivestite di sola vernice epossidica alimentare mentre, dall'altro, sono situate tre vecchie e grandi botti da 14,5 HL da 10 HL dove affina il Bramaterra per almeno 30 mesi.

notare scritta 1901



Qualche metro più sopra, invece, accanto alla sala degustazione, la nuova cantina dove, oltre botti di piccola e media capacità, troviamo qualche fermentatore in acciaio.




Come al solito ho fatto tardi e abbiamo poco tempo per degustare i vini di Odilio e Mattia Antoniotti che mi fanno degustare le loro ultime uscite: il Pramartel e il Bramaterra 2011.

Il primo, il Pramartel, è un blend di nebbiolo (70%), croatina (205), vespolina (7%) e uva rara (3%) e possiamo tranquillamente chiamarlo un piccolo Bramaterra vi sto che l'uvaggio è proprio quello ma le uve, come detto in precedenza, provengono dalle vigne più giovani. E' un vino succoso, nervoso, vibrante, a tratti dotato di elegante rusticità che conquista il palato con la sua anima fruttata e floreale. E' un vino da tavola, in tutti i sensi, non solo legislativi, e grazie al suo fantastico rapporto q/p (siamo a meno di 10 euro) non dovrebbe mancare nella cantina di ogni appassionato che si sta avvicinando all'Alto Piemonte.


Il Bramaterra 2011, stesso uvaggio e stesse percentuali del precedente vino, è un vino di una complessità davvero emozionante con un profumo ampio e fitto di viola, lampone, mora, sottobosco, spezie orientali e, soprattutto, una fervida nota minerale che ricorda tanto i sassi di porfido visti nelle vigne. Bocca piena, equilibrata da vivace freschezza e vellutati tannini. Finale lungo e, soprattutto, sapidissimo. Bottiglia finita in un amen. Grande vino a un costo piccolo piccolo: 15 euro in cantina. Che altro volere di più?



Lascio Casa del Bosco e la famiglia Antoniotti con molto rammarico, la mattinata è stata davvero intensa di emozioni e sensazioni che difficilmente usciranno dalla mia mente che ha già in programma di portarli a Roma per il prossimo premio che spero prenderanno. Chissà se lo gnomo, stavolta, apparirà e verrà con loro....

Il VINerdì di Garantito IGP: Vallée d’Aoste Pinot Noir 2013 – Ottin

di Roberto Giuliani


Perché nasce in Valle d’Aosta, regione di viticoltura eroica.
Perché in questa regione il pinot nero trova una delle sue migliori espressioni.
Perché i cloni arrivano dalla Borgogna e hanno superato i 25 anni di età media.
Perché Elio Ottin è un eccellente viticoltore, uno dei riferimenti, provate il suo Torrette.
Perché profuma di fiori, gelso bianco, fragolina di bosco e ha un gusto puro, fresco, godibilissimo.
Perché costa poco più di dieci euro e li vale tutti, ma sono solo 8.000 bottiglie, affrettatevi…


OTTIN
Frazione Porossant Neyves, 209 – 11100 Aosta (AO)
+39 347 4071331



Verticale completa del Ghemme di Tiziano Mazzoni: 2001-2011. Garantito IGP!

I mezzi cono cui si dipinge non possono mai essere abbastanza semplici. Mi sono sempre sforzato di diventare più semplice. Ma la massima semplicità coincide con la massima pienezza. Il mezzo più semplice libera al massimo della chiarezza lo sguardo della visione. E alla lunga. Solo il mezzo più semplice è convincente.
Ma da sempre c’è voluto coraggio per essere semplici. Credo che non ci sia al mondo niente di più difficile. Chi lavora con mezzi semplici non deve aver paura di diventare apparentemente banale”
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Henry Matisse.


Ho una particolare affezione per l’Alto Piemonte, questo è merito anche delle persone splendide che ho conosciuto, alcune davvero straordinarie come il mitico Alfonso Rinaldi di Suno (NO), che alleva la sua vigna Costa di Sera dei Tabacchei come fosse suo figlio, e da cui nasce quello stupendo bianco da erbaluce che ho più volte recensito. O come le sorelle ElenaPaola ed Anna Conti, donne immerse fra vino e arte in quel di Maggiora, con le quali ho vissuto la mia prima esperienza enoica nelle terre del Boca, insieme a personaggi fondamentali come lo svizzero Christoph Künzli (Le Piane), o Sergio e Silvia Barbaglia (Antico Borgo dei Cavalli) nel vicino comune di Cavallirio. E a Gattinara quella donna di grande carattere che è Lorella Zoppis Antoniolo con il fratello Alberto e i loro mitici Osso S.Grato e San Francesco.

Tiziano Mazzoni
Persone e vini che hanno qualcosa di unico da raccontare, come il bravo Tiziano Mazzoni di Cavaglio d’Agogna, persona modesta, semplice, e allo stesso tempo meticolosa nel suo lavoro di vitivinicoltore, che nel suo Ghemme è riuscito a concentrare tutto il meglio che il nebbiolo può dare in queste terre: eleganza, profondità, longevità, bevibilità. Da tempo sentivo l’esigenza di fare un resoconto dell’evoluzione di questo vino, l’occasione è arrivata a gennaio, quando Tiziano Mazzoni e Alfonso Rinaldi mi hanno proposto di festeggiare il mio sessantesimo compleanno con loro. A sorpresa Tiziano ha preparato una parziale verticale del suo Ghemme, ne sono rimasto talmente entusiasta che ho voluto riunire tutte le annate esistenti per farne una completa e raccontarvela. Unica mancante la 2000, di cui neanche Tiziano ha più una sola bottiglia.


Ghemme dei Mazzoni 2001
13%
E’ la seconda annata prodotta da Tiziano e la prima da me degustata nove anni fa, in occasione di un evento espressamente dedicato al Ghemme nella cittadina omonima. Ne rimasi subito impressionato, nonostante la presenza della maggior parte dei produttori di Ghemme, quello di Mazzoni spiccava per eleganza, finezza, purezza espressiva. Non volli assegnargli la quinta chiocciola solo perché era il primo vino che assaggiavo di questa azienda, preferii attendere le annate successive per poter inquadrare bene le sue potenzialità e non lasciare nulla al caso fortuito di una grande annata come la 2001.
Oggi posso dire in tutta sicurezza che è uno dei migliori mai usciti da questa piccola cantina, tutt’ora in forma perfetta, granato luminoso con un bouquet complesso e articolato, da vino di alto rango. Ed è straordinario notare come, dopo quasi dieci anni dalla sua uscita, sia ancora vivissimo, con le sensazioni terziarie appena accennate, segno di un’evoluzione molto lenta, addirittura si percepiscono venature agrumate, tanta mineralità, liquirizia.
Il sorso esprime tutta l’essenzialità del Ghemme, un corpo snello, vibrante, con un tannino ormai perfettamente integrato, è sempre l’eleganza il filo conduttore, davvero un gran bel vino.
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Ghemme dei Mazzoni 2003
14%
I grandi vini si vedono da come affrontano le annate difficili, la 2003 è stata indubbiamente dura per il caldo torrido che ha abbracciato senza pietà tutta l’estate, ma decisamente migliore della 2002, per la quale Tiziano ha pensato bene di non produrre il Ghemme.
Il limite di questo millesimo è dato da un’alcolicità più elevata, un grado in più rispetto al 2001, e da toni indubbiamente più maturi, meno eleganti. Eppure, nonostante questo, il vino fa una gran bella figura, mostrando un granato compatto e un corredo di profumi per nulla appesantito: qui svettano la prugna e la ciliegia sotto spirito, la liquirizia, le note eteree sono molto contenute e si coglie ancora qualche spunto floreale, poi sottobosco, humus, ginepro, sandalo e una non trascurabile vena balsamica.
Al palato rivela una buona freschezza e un corpo affatto stanco, c’è sapidità e il frutto non è minimamente cotto, anzi, stupisce per l’ottimo equilibrio espressivo, solo l’alcol sottrae qualcosa all’eleganza e alla piacevolezza di beva, ma è davvero un piccolo neo per un’annata come questa.
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Ghemme dei Mazzoni 2004
14%
Con questo millesimo torniamo ai livelli del 2001, con la sola differenza che la 2004 è più corposa, più “piena”, quindi leggermente diversa nello stile. Lo si capisce già dalla diversa tavolozza di profumi, improntati più sulle spezie e su toni già di goudron, cuoio e tabacco, segno comunque di un’evoluzione diversa, che sulla distanza potrebbe rivelare qualche limite di tenuta rispetto alla 2001. Del resto i vini che nascono più pronti ed equilibrati, non sempre hanno nel dna le caratteristiche per una lunga vecchiaia, anche se per ora non c’è alcun segno di cedimento.
Al gusto è assolutamente riconoscibile nella rotondità e nella corposità della materia, morbida, con tannino vellutato, piacevolissima. Insomma buonissimo ma forse un po’ meno elegante, di carattere.
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Ghemme dei Mazzoni 2005
13,5%
Annata da molti sottovalutata in Langa, schiacciata fra le più sontuose 2004 e 2006, in realtà per me è un perfetto esempio di nebbiolo d’antan, austero, con meno ciccia, ma con una squisita energia che ti conquista poco a poco. Per certi aspetti un po’ altalenanti mi ricorda la ’96, ma qui c’è maggiore equilibrio, meno sobbalzi fra un anno e l’altro (anzi, con la ’96 si potrebbe dire fra un mese e l’altro) e forse anche un tannino migliore.
Certo, qui non siamo in Langa, ma questo Ghemme non si esime dal mostrare un profilo analogo, e lo trovo ogni anno più convincente, fra l’altro con un tannino misurato e una freschezza che lo sostiene magnificamente. Non mi stupirei se continuasse a crescere per un bel po’ di anni.
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Ghemme dei Mazzoni 2006
13,5%
Basta accostarlo al naso per rendersi subito conto che è un grande vino, quando senti la viola che si fonde con la ciliegia, la liquirizia e la mineralità stai in grazia di Dio. E’ impressionante come le sensazioni olfattive arrivino in perfetta fusione, non c’è nulla fuori posto, l’alcol perfettamente nascosto, davvero una trama affascinante, dove poi echeggiano versi speziati di china e cardamomo.
Ecco, al palato si percepisce l’annata importante, c’è succo, materia, tannino ricco ma finissimo, tanta freschezza e una pulizia espressiva da manuale; devo riconoscere di non aver mai sentito nei vini di Tiziano Mazzoni una sbavatura, un’imprecisione. Questo è un magnifico esemplare, non gli manca nulla, da non perdere.
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Ghemme dei Mazzoni 2007
13,5%
Annata calda, certo, ma non come la 2003 e con il senno di poi forse migliore anche della ’97, molto pompata e rivelatasi poi ben al di sotto delle attese. Sicuramente per Tiziano è stata molto buona, tanto che ha scelto di fare anche la “riserva” Ai Livelli, recensita quattro anni fa, davvero ottima. Accostato al naso questo 2007 sprigiona sentori boschivi, un frutto delicato e moderatamente maturo, ancora l’immancabile liquirizia e sfumature di ginepro. Al palato se la cava molto bene, mostrando il consueto tannino misurato, appena meno fine e vellutato del 2006, una buona freschezza e una bella risposta fruttata, contornata sempre da quella vena di liquirizia che sembra caratterizzarlo in modo particolare.
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Ghemme dei Mazzoni 2008
13%
Non è trascurabile il fatto che i Ghemme di Tiziano si mantengano sempre su una gradazione mai esagerata, il cui limite massimo è testimoniato dalla caldissima 2003 dove l’asticella ha raggiunto, e forse di poco superato i 14 gradi. Nella 2008, invece, ci attestiamo sui 13, gradazione che ormai in Langa possono solo sognare, neanche i Barbaresco annata ce l’hanno più. E non è cosa di poco conto, soprattutto quando il vino è buono e si ha voglia di berne. Questo poi ti invoglia molto, già dal profumo originale e variegato, con note di viola, rosa, finocchietto selvatico, lamponi e menta, poi felce, anice e nuovamente una sottile mineralità.
Anche all’assaggio regala emozioni, grazie ad un tessuto fresco e ben bilanciato, con un ritorno di frutto vivo e carnoso, accompagnato da quella speziatura fine che solo in parte arriva dal legno. Vino dalle ottime prospettive evolutive.
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Ghemme dei Mazzoni 2009
13,5%
Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un bell’esemplare di Ghemme, raffinato e di buona complessità, con un apporto floreale che richiama la rosa canina, l’iris, seguito da bei rintocchi di prugna, tabacco, noce moscata, china e l’immancabile liquirizia, ma non basta, completano il già notevole bagaglio di profumi piacevoli sfumature agrumate. In bocca evidenzia come questa tipologia di vino riesca a farsi apprezzare anche in gioventù, grazie al tannino sempre misurato e poco aggressivo e a un corredo aromatico elegante e persistente che lascia una sensazione piacevole e complessa, con finale delicatamente amarognolo.
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Ghemme dei Mazzoni 2010
13,5%
Del Ghemme di Tiziano adoro anche il colore, che ha una tonalità granata calda davvero affascinante, questo 2010 la evidenzia benissimo, scalda il cuore questo colore, che solo i grandi nebbiolo sanno dare. Il bouquet è finissimo, con note di rosa e viola, agrumi, ciliegine di bosco, leggere prugna e menta, chiodo di garofano. Al palato è appena agli inizi di un percorso entusiasmante, ha trama setosa, finissima, esemplare per pulizia e raffinatezza di frutto e spezie, uno dei più affascinanti mai usciti da questa cantina, è fortissima la spinta a chiudere gli occhi e concentrarsi solo sui sensi, per percepire tutto il meglio che questo nebbiolo sa dare, davvero emozionante.
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Ghemme dei Mazzoni 2011
14%
Ed eccoci all’ultima annata prodotta, caratterizzata da un manto odoroso che richiama la viola, la ciliegia sotto spirito, nuovamente la liquirizia, quelle sfumature agrumate e minerali che spesso affiorano in questo Ghemme, poi ginepro e leggero chiodo di garofano. Ha bocca fresca che non nasconde, però, un 2011 calorico, rivelando un cuore caldo con una presenza alcolica importante che non disturba, anche se di poco sottrae qualcosa alla sua consueta eleganza. Molto particolare la nota di cacao che affiora dopo il sorso, vino ovviamente giovanissimo ma dal profilo già ben delineato.
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Il Gattinara di Antoniolo tra passato, presente e futuro

Sono quasi le 15, siamo andati via da circa un'ora dalle cantine del Castello Conti e dal suo Boca, ma il nostro #AltoPiemonteWineTour non prevede molte soste sopratutto se ad aspettarci è Lorella Antoniolo, una delle persone che stimo di più nel mondo del vino per la sua tenacità e, ovviamente, per il vino che la sua famiglia, dal 1948, produce senza esser mai giunta a compromessi. Amo visceralmente il loro Gattinara per cui potrete capire bene l'emozione quando la stessa Lorella, che oggi gestisce l'azienda assieme al fratello Alberto, mi dice senza pensarci su due volte:"Andrea, montiamo nella mia macchina che ti faccio vedere i nostri vigneti".
Dopo qualche minuto, inerpicandoci con il fuoristrada su strade strette ed impervie, arriviamo fino alla Torre delle Castelle che dall'alto, dominando Gattinara, ci offre una vista che spazia a 360° su questo bellissimo areale da dove è possibile ammirare, più o meno da vicino, i vigneti da cui Antoniolo fa derivare i suoi tre Cru: Osso San Grato, San Francesco e Castelle.
Questo pomeriggio non visiteremo solo il primo dei tre menzionati perchè troppo difficile da raggiungere con la Jeep vista la sua ripidità del terreno che supporrebbe l'uso di mezzi di locomozione maggiormente idonei. Nonostante ciò, dalla collina dove ci troviamo, possiamo ammirare in tutta la sua struggente bellezza la vigna Osso San Grato, uno dei Cru italiani maggiormente venerati dagli appassionati, il cui terreno, ricco di porfido di origine vulcanica, è coltivato totalmente a nebbiolo, con ceppi di circa 60 anni di età e per un'estensione che sfiora i cinque ettari totalmente esposti a sud. Mi ricordo anche la verticale del vino organizzata a Roma...



Il vigneto "Castelle", l'altro Cru coltivato a nebbiolo che si estende per circa 1,3 ettari, è localizzato accanto a dove abbiamo parcheggiato la Jeep e, mentre parlo con Lorella, calpestiamo il suo suolo che è diverso sia dal San Francesco che dall'Osso San Grato per via della sua maggiore profondità e ricchezza che, assieme ad una maggiore gioventù delle piante, parliamo di circa 40 anni di età, determinano da sempre un Gattinara più estroverso e pimpante rispetto agli altri. "E' per tale motivo" - commenta Lorella - "che mia mamma Rossana, fin dal 1985, ha voluto affinare il Castelle in barrique..".



San Francesco, il terzo Cru di Antoniolo, si trova qualche metro sotto il Castelle e ci impieghiamo due minuti per raggiungerlo a piedi attraverso una stretta stradina pedonale. La vigna ha un'estensione di circa 3,5 ettari ed è piantata, ovviamente, sempre a nebbiolo le cui piante, stavolta, hanno una esposizione ovest e poggiano sul "classico" terreno ricco di porfidi vulcanici. Da questo Cru, solitamente, escono i Gattinara più austeri di Antoniolo.




Gli altri vigneti, piantati anche ad Erbaluce, sono localizzati in zona Borelle e Valferana da cui provengono poi gli altri vini della gamma aziendale tra cui il Coste della Sesia Nebbiolo DOC "Juvenia", il Coste della Sesia Nebbiolo DOC rosato "Bricco Lorella" ed il Bianco Borelle. In totale, perciò, Lorella e sua fratello gestiscono circa 11 ettari di vigneto all'interno di una proprietà che, bosco compreso, arriva a sfiorare i 20 ettari totali.

Riprendiamo la macchina perchè la cantina ci aspetta. Gli Antoniolo, da sempre, in tema di vinificazione hanno avuto sempre le idee molto chiare anche in tempi in cui era facile e conveniente tradire il proprio credo che, invece, privilegia metodi assolutamente tradizionali che prevedono esclusivamente l'uso di lieviti non selezionati  e macerazioni, per circa due settimane, in vasche di cemento. 


L'affinamento, invece, a seconda della tipologia di vino, viene effettuato per un periodo che varia tra i 18 e i 30 mesi in legno di diversa capacità a cui segue un ulteriore riposo del vino in bottiglia per circa un anno.
La cantina, come potete vedere dalle foto, è sobria e passeggiare al suo interno è un po' respirare la storia di questo territorio e del suo Gattinara.

  


Si è fatto troppo tardi e gli impegni sia miei che di Lorella non ci permettono di degustare tutti i vini che vorremmo. Iniziamo con il rosato Coste della Sesia "Bricco Lorella" 2014 (100% nebbiolo) che si caratterizza per un profilo aromatico floreale e per un sorso in cui la territorialità si concretizza in una pregevolissima vena acido/sapida che invita continuamente alla beva. Un rosato fatto da chi crede realmente in questa tipologia di vino.


Passiamo al primo Gattinara, la versione "base", che Lorella ci fa degustare relativamente all'annata 2010. Profilo olfattivo molto maschio dove predominano le note minerali, quasi di ruggine, che poi virano verso la frutta di rovo e il melograno. Bocca coerente col naso, virile, di sostanza e di grande allungo sapido nel finale. Grandissimo rapporto q/p. 30 mesi di botte grande.


Il Gattinara "San Francesco" 2010 ancora non è uscito sul mercato per cui ci ritroviamo con piacere a bere una assoluta anteprima. Come scritto in precedenza, da questo splendido Cru nascono i Gattinara più austeri di Antoniolo e anche in questo millesimo, molto promettente, il discorso non cambia di una virgola. Il naso, infatti, è dominato da profumi di terra rossa e spezie mentre la frutta, di grande maturità, rende il contesto aromatico molto viscerale e carnoso. Al gusto denota già un ottimo equilibrio ed ampiezza che viene per certi versi esaltata da un finale saporoso e minerale che stenta a lasciare la nostra memoria. Promettente. 30 mesi di botti di diversa capacità.


Il Gattinara "Osso San Grato" 2010 è il solito diamante grezzo dalle mille sfaccettature che alla territorialità, espressa con grande purezza, abbina una capacità evolutiva davvero invidiabile. Questo millesimo si caratterizza per una sinfonia di fiori rossi e frutta che, uniti alla traccia minerale del nebbiolo di Gattinara, a cui si aggiungono sensazione di radici e spezie, creano un vino dalla forte personalità fin dal suo esordio. Sorso in bilico tra eleganza e potenza, dove gli autorevoli tannini e la corroborante freschezza tengono su una struttura come al solito ben definita e superba. Chiusura lunghissima e struggente. Da seguire attentamente nell'evoluzione futura perchè darà grandi soddisfazioni sto vino a chi avrà la pazienza di aspettarlo. Ce la faremo? Mah, è già buonissimo oggi così....

E' davvero tempo di andar via, il mio #AltoPiemonteWineTour non conosce sosta. Prossima tappa...

Il VINerdì di Garantito igp: la Monacesca Verdicchio di Matelica “Mirum” 2011

Mirum in latino significa meraviglia e Aldo Cifola ha voluto dedicare questo vino, la cui prima annata è rappresentata dal millesimo 1988, a suo padre Casimiro soprannominato Miro. L’impatto aromatico, tipico di questo Verdicchio, è come al solito di grande temperamento e profondità e si caratterizza per un corredo olfattivo dove ritrovo la ginestra, la camomilla secca, gli agrumi, il miele, l’anice stellato, a cui fanno da cornice note più sfumate di idrocarburi e zenzero.


Al sorso si percepisce subito la struttura del vino che contrappone al suo estratto una sferzante sensazione di freschezza e sapidità che donano al vino un naturale equilibrio giocato, comunque, su toni molti alti. La persistenza lunghissima e di personalità. Abbinamento consigliato? Ovviamente con un classico della cucina marchigiana ovvero il coniglio porchettato.


Un IGP alla corte delle Cantine del Castello Conti

Paola ed Elena Conti (era assente l'altra sorella Anna) mi aspettano a Maggiora, in provincia di Novara, all'entrata del loro piccolo castello costruito nei primi anni '60 per volontà del papà Ermanno con l'intento di costruire una fortezza per il Boca, vino che da sempre si è prodotto in questo territorio e che tutta la famiglia Conti, negli anni, ha cercato di preservare nonostante le mode portassero a produrre stili diversi da questo tradizionale uvaggio composto da nebbiolo, vespolina e uva rara.


Entrata
Paola, Anna ed Elena. Foto: Castelloconti.it
Conosco e bevo i loro vini da moltissimo tempo per cui il mio #AltoPiemonteWineTour non poteva non iniziare dalle Cantine del Castello Conti e dai loro splendidi vigneti che proprio Elena, munita di Fiat Panda "da battaglia", mi porta a visitare visto che è proprio lei che si occupa di gestirli e preservarli con tutto l'Amore che può anche se, mi confida, il lavoro che sta portando avanti assieme a pochi altri colleghi della zona ha il sapore dell'impresa epica che si pone l'obiettivo di preservare una cultura contadina che sta scomparendo.
E' dura lavorare, infatti, su queste colline, ormai quasi abbandonate anche dai loro "vecchi", caratterizzate da terreno porfidico di origine vulcanica, asciutto e acido, che Elena ci porta ad osservare prima di giungere ai bordi del suo primo fazzoletto di terra coltivato a vite. 



In un mondo, compreso quello del vino, dove oggi ancora si afferma che il piccolo è considerato di intralcio alla crescita economica globale, fa davvero sorridere che le sorelle Conti abbiano un'azienda di quasi un ettaro e mezzo (!!!) composta dai due "storici" appezzamenti, coltivati a nebbiolo, vespolina e uva rara, situati in località Motto Grande (0.65 ha) e Cappelle (0.35 ha) a cui, da poco, si aggiunge mezzo ettaro di vigneto, preso in gestione da vignaioli ormai in pensione, coltivato secondo il sistema a "Maggiorina".



Potatura a doppio sperone

Il termine, che deriva il nome dal paese di Maggiora, sta ad indicare la disposizione della vite, su uno schema a filari divisi in quadrati di quattro metri per lato; al centro del quadrato si trovava un “ceppo”di vite, formato da due-quattro piantine, che erano sostenute da otto pali: due disposti al centro del filare, accanto al ceppo, e gli altri sei ai lati. All'interno di questi vecchi impianti si coltivano nebbiolo, croatina, vespolina, uva rara, barbera e altre varietà autoctone. 

vigneto a maggiorina
vigneto a maggiorina

E' scontato dirlo se già si conoscono le Conti ma, dalle gestione delle vigne, sono stati eliminati del tutto i sistemici e vengono utilizzati solo rame e zolfo in quantità ridotte così come al minimo sono le lavorazioni del terreno dove viene usata per la concimazione la tecnica del sovescio.

Fa caldo per cui decidiamo di tornare nelle fresche cantine del Castello Conti dove si arriva passando all'interno di una grande sala dove è stata predisposta anche la vendita di specialità alimentari prodotte da artigiani del territorio.

Tra fermentatori in acciaio inox e botti di legno di varia capacità iniziamo a degustare i Boca che sono ancora in affinamento iniziando dal millesimo 2014. L'annata, si sa, non è stata delle migliori per via della tanta pioggia ma in questa zona, nonostante un 35% in meno di produzione, si è riusciti, grazie ad un bellissimo mese di Settembre, a portare in cantina un'uva più che soddisfacente. 

Il Boca 2014 delle Cantine del Castello Conti è esile, fresco e di grandissima bevibilità.



L'altro Boca degustato "en primeur" è il 2012 che, rispetto l'annata precedente, si fa notare per le sue durezze che ti ricordano il cuore nebbiolesco del vino. Il futuro sarà dalla sua parte anche se oggi, rispetto alla 2014, è molto indietro.

Dopo un rapido giro per le sale del Castello dove le sorelle Conti tengono, periodicamente, mostra d'arte e wine tasting (disponibili verticali di Boca dal 1984 fino ai giorni nostri) arriviamo nella sala degustazione dove con Elena degustiamo gli altri vini della gamma aziendale che si caratterizzano da sempre per la loro estrema qualità e territorialità. 

Questo mini tour, che ho chiamato "Non solo Boca", è partito degustando l'Origini, rosso a base nebbiolo, croatina, vespolina, uva rara, barbera e altre varietà autoctone allevate secondo il sistema a "Maggiorina". L'annata 2013 ha dato vita ad un vino complesso, succoso e fruttato che ha il suo punto di forza nell'equilibrio che lo renderà nel tempo un ottimo compagno delle tavole imbandite di tutto il mondo.



Il Flores 2013, presentato per la prima volta nel 2012 a Roma, è un nebbiolo in purezza senza aggiunta di solfiti che fermenta in acciaio, con macerazione di media durata, e affina in legno piccolo. Vino floreale, soave, che farà ricredere più di qualcuno sul concetto che non si possono raggiungere ottimi risultati senza aiuto dei solfiti.



La Zingara 2012 è invece la croatina in purezza, senza solfiti aggiunti, che viene vinificata in acciaio e affinata per 10 mesi in tonneau. Naso estroverso e sorso rustico e sbarazzino caratterizzano questo vino che non smetto di amare fin dal primo giorno in cui l'ho degustato.



Terminiamo la visita con il rosso della casa inteso ovvero con il vino, non in commercio, che la famiglia Conti produce per sè e i suoi amici in tiratura limitata. Ebbene sì, trattasi del B Free! ovvero di Barbera in purezza rifermentata in bottiglia. E' un vino giovane e schietto che non manca però di eleganza e che, alla cieca, potrebbe far fare figuracce a prodotti ben più blasonati proveniente da altre zone del Piemonte. Ad intenditor poche parole.



E' tardi, è ora di pranzo, il mio #AltoPiemonteWineTour è solo all'inizio per cui salutiamo Paola ed Elena e ci dirigiamo verso la prossima cantina. Direzione Gattinara. 

A presto!

Per chi volesse visitare l’azienda:
Cantine del Castello di Conti Elena, Anna e Paola snc
via Borgomanero 15 – 28014 Maggiora (Novara) – Italy
tel. +39.0322.87187
web: http://www.castelloconti.it/
mail: info@castelloconti.it