Santari 2009 Fiano di Avellino DOCG Filadoro - Il VINerdì di Garantito IGP


Acciaio o legno? Questo il dilemma, ma neanche tanto se si riuscirà a capire bene come usare il Fiano di Avellino. Il bianco irpino che ama lo scorrere del tempo perché migliora. Come questo Santari 2009 di Filadoro passato in legno, vigne a Lapio. Frutta, sapidità, lunghezza e tanta, tanta, tanta frreschezza.

www.filadoro.it


Fiano 2008 Sannio Doc Fattoria La Rivolta - Garantito igp

Tanti vini resistono al tempo, ma, come si sa, pochi migliorano. Tra questi il Fiano e gli ultimi studi scientifici dell’equipe coordinata da Luigi Moio è giunta alla conclusione che si tratta di un vitigno capace di sviluppare sentori sempre più interessanti.
Il punto vero è che sinora nessuno ha ragionato davvero per fare dei Fiano sui tempi lunghi, anzi, la stragrande maggioranza delle etichette è stata pensata per essere consumata nell’arco di un anno. In Irpinia una pattuglia di produttori sempre più robusta ha avviato un discorso di attesa di almeno un anno, Marsella arriva a due, anche se le pressioni del mercato per il consumo sono incredibili.


Prove sempre più inconfutabili dimostrano invece che un progetto di lungo termine potrebbe dare luogo a risultati straordinari. Ci spostiamo di una trentina di chilometri, di questo si tratta, dall’areale docg del Fiano alla Sannio doc del Taburno dove i bianchi in più di una occasione hanno dato prova di longevità, dalla Falanghina di LiberoRillo ai vini di Ocone dimenticati in cantina e ripescati per puro caso.

Lo stesso avviene con questo Fiano di Fattoria La Rivolta di Paolo Cotroneo di cui abbiamo sempre molto amato i suoi bianchi, sia quelli che hanno la mano di Angelo Pizzi, che quelli di Vincenzo Mercurio che gli è subentrato. La potenza di questo areale, il Taburno è un complesso che separa la valle Caudina da quella Telesina, è nel suolo vulcanico e nelle forti escursioni termiche molto simili all’Irpinia anche se  si tratta di una zona meno umida e più calda. Rispetto alle altre zone del Sannio ha visto specializzarsi prima in Aglianico e Falanghina togliendo altri vitigni nazionali come il trebbiano, il Montepulciano e il sangiovese. Ma anche Fiano, Greco e Coda di Volpe sono abbastanza diffusi. Fu anzi proprio la cantina del Taburno a rilanciarli sul mercato ormai un quarto di secolo fa.

Dalla cantina prendiamo la 2008 di questo Fiano con la certezza che ci paicerà. Ma non potevamo immaginare tanto. La materia è molto piena, un vino quasi cicciotto, molto più vicino a Lapio che a Montefredane per intenderci, ma alcungata dalla sapidià e dai toni amari. Stupisce di questo bianco lavorato solo in acciaio la freschezza assoluta e il tempo segnato dal un colore giallo paglierino carico ancora vino e brillante.
Non ci sono toni piacioni. L’ennesima prova, insomma della longevità dei bianchi campani e di una potenzialità ancora inespressa.
Sede a Torrecuso, Contrada Rivolta
Tel. 0824.872921 www.fattorialarivolta.it Ettari: 29 di proprietà Bottiglie prodotte: 150.000
Enologo: Vincenzo Mercurio
Prezzo: sotto i 10 euro. Vitigni: aglianico, fiano, greco, falanghina



Il maltempo distrugge parte dei vigneti in Abruzzo e in altre zone vitivinicole d'Europa

Non ci vuole una laurea in agronomia per capire che il maltempo di questi giorni, soprattutto le gelate fuori stagione, abbia provocato serie danni all'agricoltura italiana, viticoltura in primis. In Abruzzo, soprattutto, nella Valle Peligna, ci sono stati forti danni dovuti alle temperature rigide e alla neve che ha messo in ginocchio molti agricoltori che hanno subito ingenti danni alle colture. 

Foto: Rete Abruzzo

A lanciare un appello per superare questa crisi è stata, come riporta il portale Rete AbruzzoAlice Pietrantonji, che ha spiegato che nonostante il danneggiamento causato da una gelata “che verrà ricordata come la più forte in vent’anni”, la pianta della vite è comunque molto reattiva, quindi è possibile sperare in una ripresa.  Con una lettera inviata alla Regione, nello specifico alla Direzione delle Politiche Agricole e all’assessore al ramo, Dino Pepe, il sindaco di Pratola Peligna Antonio De Crescentiis ha chiesto il riconoscimento dei danni alle aziende ed agli operatori del settore agricolo. “Una situazione che ci ha spinto a chiedere subito alla Regione di attivare tutte le procedure utili al riconoscimento dei danni ed al conseguente ristoro degli stessi in favore delle numerose attività coinvolte” ha affermato De Crescentiis “Abbiamo ritenuto necessario farci portavoce delle esigenze di questo importante settore ed auspichiamo una pronta collaborazione della Regione per consentire ai tanti operatori impegnati nel comparto agricolo di ottenere al più presto quanto dovuto”.

Ma l'Abruzzo, ovviamente, non è la sola Regione colpita dal maltempo. Girando per Facebook, infatti, molti amici vignaioli stanno lanciando un grido di allarme pubblicndo foto abbastanza significative dei danni. 

Eugenio Rosi, viticoltore artigiano di Rovereto,  ad esempio ha pubblicato queste foto con il seguente commento:"Stagione iniziata alla grande....prima notte di gelo e già si contano i danni. Purtroppo sono previste altre gelate nei prossimi giorni....."


Paolo Cianferoni, da Radda in Chianti, ha fortunatamente scritto che:"Abbiamo sfiorato gravi conseguenze questa mattina alle 6:00: 1,6 gradi; se andava sotto 0 la produzione vinicola 2016 era compromessa. Guardando il lato positivo, la peronospora con queste temperature non puó "lavorare", con buona pace per molti agronomi che hanno fatto fare già i trattamenti... Giusto per non rischiare. Mai. Loro"

Paolo Cianferoni
In realtà questa forte ondata di maltempo e freddo fuori stagione sta colpendo un po' tutta l'Europa e lo sanno bene anche in Francia per combattere le gelate notturne alcuni vignaioli sono corsi ai ripari accendendo fuochi nei vigneti al fine di evitare che la temperatura vada sotto lo zero.


Spero sia l'ultimo post in tal senso per questo 2016 anche se, da più parti, sento che probabilmente la situazione rischia di peggiorare visto che è previsto maltempo fino al primo maggio. Incrociamo le dita..


Vinix Grassroots Market sbarca a Roma

Si terrà domenica 8 maggio alla Città dell’Altra Economia (Largo Dino Frisullo snc, Roma), la prossima presentazione del catalogo #vgm con banco d’assaggio dei produttori della piattaforma di social commerce Vinix Grassroots Market. Un evento rivolto ai gruppi di acquisto e a tutti gli appassionati che desiderino conoscere questa nuova modalità di acquisto “sociale”, dal basso. Dalle ore 12 alle ore 20 nello spazio Sala Convegni di CAE sarà possibile accedere al banco d’assaggio (ingresso 10,00 euro).


Vinix Grassroots Market (https://www.vinix.com/shop) è un modo alternativo di concepire l'acquisto e la vendita diretta online da un catalogo di eccellenza. Le persone sono parte attiva nel processo distributivo. Non un comune e-commerce quindi ma un sistema di vendita sociale - leale, diretto, dal basso - con prezzi decrescenti all'aumentare delle quantità ordinate e della relativa mole di lavoro per il gruppo, fortemente orientato alla disintermediazione e alla filiera corta.

Pensato per favorire l’incontro e le relazioni tra produttori e gruppi di acquisto nati e gestiti direttamente su Vinix, l’evento è aperto anche a gruppi di acquisto “offline” che vogliano conoscerne il funzionamento e a tutti coloro che vogliano scoprire questo nuovo modo di fare mercato in rete sfruttando la tecnologia messa a disposizione da questa innovativa piattaforma.

Durante la giornata, alla presenza dei produttori, sarà possibile degustare i prodotti in degustazione di alcune delle aziende del market e incontrare i gestori dei maggiori gruppi di acquisto. Sarà inoltre possibile iscriversi ad uno o più gruppi di già esistenti e naturalmente lanciare cordate in diretta con sorprese per i capi cordata.

Dettagli dell’evento dell’8 maggio 2016

Luogo dell’evento: Città dell’Altra Economia (CAE), Largo dino Frisullo snc, Testaccio
Orari: dalle 12 alle 20, orario continuato
Ingresso: 10,00 euro comprensivi di calice da degustazione (a perdere)
Sarà fornita: tracolla, calice degustazione, lista espositori cartacea, depliant #vgm
Hashtag ufficiali: #vinix #vgm, #vgmroma


Per conoscere la lista espositori e tutti i dettagli:

Per informazioni generali su Vinix Grassroots Market:

Il catalogo #vgm completo:

Per conoscere in dettaglio il funzionamento del market:


Per informazioni e contatti:

Vinix Social Commerce

VINerdì IGP: Frascati Superiore DOC Luna Mater 2009 Fontana Candida

Di Carlo Macchi

In cantina “Ma guarda, un Frascati 2009!”
Con un mentale sorrisino di sufficienza (chissà se sarà sempre vivo) lo porto in tavola, apro, assaggio e…altro che morto, stupendo! Potente, corposo, profondo, godibile ora e in futuro.


Se il Frascati è questo (visto anche il prezzo) non ce n’è per nessuno.

Assaggiando la storia di Giulio Gambelli - Garantito IGP

di Carlo Macchi

Una degustazione (forse) irripetibile, da Villarosa 1969 a Soldera Riserva 1999
Una delle tanti frasi prima di iniziare l’assaggio è stata “Se vendessimo queste bottiglie probabilmente ci si comprerebbe una Panda”.


In effetti la ventina abbondante di bottiglie che per “Assaggiando la storia di Giulio Gambelli” sono scese in campo avevano un valore commerciale veramente alto. Ma questo a noi non interessava, eravamo attratti da altri valori: emotivo, emozionale, qualitativo, storico, simbolico, degustativo e così via.
Ma cosa è stata “Assaggiando la storia di Giulio Gambelli”? Una (forse) irripetibile degustazione nata grazie ad una grande idea di Gianni Fabrizio e messa in pratica con la disponibilità di Martino Manetti.


In breve: durante le anteprime toscane Gianni Fabrizio mi dice “Si parla tanto dei vini di Gambelli, ma una degustazione tra colleghi dei suoi vini, magari non giovanissimi, non è mai stata fatta”.
Così è nata l’idea che ha coinvolto subito Martino Manetti sia come padrone di casa che come fornitore di alcune vecchie annate targate Montevertine.
A parte i vini di Montevertine la regola era chiara: chi partecipava doveva portare con sé almeno una vecchia bottiglia di Giulio Gambelli. Così abbiamo iniziato non solo a cercare nelle nostre cantine ma anche a chiedere a qualche cantina di Gambelli se poteva darci una vecchia annata. Alla fine questa “recherce” ha dato frutti non solo abbondanti ma eccezionali.
Prima dei vini i partecipanti, naturalmente in numero ristretto perché di ogni vino era molto difficile ipotizzare di trovarne più di una bottiglia. Assieme al sottoscritto, a Martino Manetti e a Gianni Fabrizio hanno partecipato Fabio Pracchia, Antonio Boco, Davide Bonucci, Paolo Salvi, Liviana Midollini e Giovanni Livi. Come vedete non eravamo tutti assaggiatori seriali, per esempio c’era anche Giovanni Livi, che ha sempre accompagnato Giulio Gambelli per cantine nei suoi ultimi 7-8 anni di vita.


Alla fine in effetti, oltre ad assaggiare i vini, abbiamo soprattutto parlato di Giulio, del suo modo di vedere il vino e la vita e ogni bottiglia è stata la scusa per un ricordo, un aneddoto, una piccolo racconto.
Ma mano a mano che andavamo avanti nell’assaggio l’eccezionale giovinezza, complessità, freschezza, profondità di praticamente tutti i vini degustati, non solo ha fatto risaltare a tutto tondo la figura di Gambelli come assoluto maestro del sangiovese, ma ci ha portato a capire che stavamo partecipando ad un evento unico, che ognuno dei partecipanti ricorderà per sempre.
Non per niente Un’ altra frase emblematica è stata “Già con quattro di questi vini presi a caso si sarebbe potuto organizzare una grande degustazione, figuriamoci tutti assieme”.


Ma quali erano questi vini. Erano 20, ma altri di annate successive sono rimasti in “stand by” per essere degustati magari in una prossima degustazione. 

Di seguito ve li presenterò senza commentarli singolarmente per il semplice motivo che ognuno di essi meriterebbe un lungo articolo.

Chianti Classico Riserva 1969 Villarosa
Chianti Classico Riserva 1971 VIllarosa
Chianti Classico Riserva 1977 Montevertine
Brunello di Montalcino Riserva 1978 il Colle
Chianti Classico Riserva 1981 Pagliarese
Chianti Classico Riserva 1981 Montevertine
Brunello di Montalcino Riserva 1981 Il Colle
Brunello di Montalcino 1983 Case Basse- Soldera
Vino da Tavola Sodaccio 1986 Montevertine
Chianti Classico Millennio Riserva 1988 Cacchiano
Vino da Tavola Concerto 1988, Fonterutoli
Vino da Tavola Monna Claudia 1988 Fattoria di Rodano
Colli della toscana centrale Anagallis 1988 , Lilliano
Chianti Classico Riserva Vigna del capannino 1990 Bibbiano
Vino da Tavola Torrione 1991, Petrolo
Brunello di Montalcino Poggio di Sotto 1993
Chianti Classico 1996 Rencine
Chianti Classico Riserva 1997 Ormanni
Brunello di Montlacino 1998 Poggio di Sotto
Brunello di Montalcino Riserva 1999 Case Basse- Soldera


 Vi rendete conto adesso che cosa è stato assaggiato?

Aldilà del valore venale delle bottiglie ci è passata davanti in poche ore la storia di trent’anni del vino toscano. Trent’anni importantissimi, forse i più importanti del secolo scorso, segnati da profonde innovazioni e sostanziali cambiamenti.
In realtà, se vogliamo essere onesti, questi grandi cambiamenti nei vini di Gambelli non li abbiamo riscontrati: la mano è rimasta la stessa, solo le annate cambiavano il risultato finale, che comunque era sempre quello di un vino di assoluta longevità, con nerbo e profondità aromatica e gustativa quasi sempre incredibile.

In alcuni casi abbiamo avuto davanti vini che forse non si potranno più fare, con acidità marcate, alcol basso (12.5°) e caratteristiche di finezza, eleganza e serbevolezza che non è proprio scontato immaginare in tanti prodotti di questi anni. Magari allora erano ruvidi e, specie quelli nati negli anni novanta, non seguivano il gusto imperante, ma queste bottiglie sono state la dimostrazione che Giulio Gambelli ha avuto sempre e comunque ragione.
Sono convinto che alla fine, quasi di nascosto, ognuno di noi, in silenzio, dentro di sé, ha mormorato “Grazie Giulio”.


Graham's, la leggenda del Porto

Vila Nova de Gaia, appena di fronte alla città di Porto, in inverno ha lo stesso fascino dimesso e un po’ retrò dei barcos rabelo (tipiche imbarcazioni con le quali in passato si trasportava il famoso vino locale) tirati in secca sulle sponde del Duoro. Percorrendo il fiume, una dopo l’altra, si incontrano cantine storiche come Cálem, Noval, Sandeman, Taylor’s, Offley, Ramos Pinto, Cockburn's e, in ultimo, Graham’s. È questa la nostra destinazione finale. Rispetto alle altre cantine si trova su un piccolo promontorio da cui si gode un panorama mozzafiato sul quartiere della Ribeira e sul ponte Dom Luis I, nonostante lo sciame di pullman carichi di enoturisti che girano come trottole tra i vari “Lodges” scaricando ogni anno circa 60.000 persone.

La cantina Graham’s
Graham’s nasce nel lontano 1820 quando i fratelli William e John Graham, scozzesi commercianti tessili, iniziano la produzione di vino nella Valle del Douro dopo esser stati pagati, per un debito insoluto, con 27 barili di Porto. La passione e la loro capacità manageriale fa che nel corso dei decenni e grazie a importanti acquisizioni come Quinta Dos Malvedos (1890), la Graham’s diventi un punto di riferimento assoluto. Al punto che Sir Winston Churchill diventa il loro cliente più affezionato. Dopo 150 anni, nel 1970, la società passa di mano e viene acquisita dalla Symington Family Estates; oggi è condotta da cinque cugini (Paul, Johnny, Rupert, Dominic e Charles) che oltre a Graham’s gestiscono altri marchi storici del Porto come Warre'sDow's,Cockburn's e Quinta do Vesuvio sviluppando, tra i primi, anche alcuni importanti marchi del Douro DOC in collaborazione con la famiglia Pratz di Bordeaux.

Le cantine e i loro tesori
Nonostante Graham’s Lodge, datato 1890, sia stato recentemente ristrutturato, varcare l’interno delle cantine, circondate da muri di granito da mezzo metro che garantiscono temperature costanti, è come calarsi in un universo spazio temporale che porta dietro nel tempo, ci si ritrova a passeggiare tra una quarantina di toneis (botti da 1000 litri) e balseiros (grandi tini di rovere che possono contenere fino a 10.000 di vino) e tra cataste di vecchie pipes(i barili da Porto, se ne contano fino a 2000) che ancora coccolano vini della fine del 19° secolo. La struttura offre una bella esperienza gastronomica con il Vinum, spettacolare ristorate nelle storiche cantine, visibili dietro il vetro. Una cucina studiata per valorizzare al massimo la cantina e forse la migliore vista sulla città.
Dopo essere passati attraverso le cantine private della famiglia Symington, si arriva nella piccola ma deliziosa sala di degustazione privata dove Emiliano Di Renzo, market manager della Graham’s, ci propone una imperdibile degustazione dei loro migliori Porto che per l’occasione ripercorreranno un arco temporale di decine di anni.




La degustazione

Se volete sapere tutto dei Porto degustati andate sul sito del Gambero Rosso e scoprite la bellezza che ci può essere in un bicchiere

Collio Studio di Bianco 2010 - Borgo del Tiglio: l’invenzione del cru - Il VINerdì di Garantito IGP

E’ così, lo dice Nicola Manferrari stesso, lo Studio di Bianco è un vino working progress, poco importa, la versione 2010 è semplicemente splendida, non le manca nulla, tre vitigni che hanno imparato ad amarsi e a dare il meglio, insieme, completandosi perfettamente. 



E poi dicono che in tre…

Pizza Mater, Irish Mater Pub e Fiano Romano fa un salto di qualità - Garantito IGP


Di Roberto Giuliani

Chiunque almeno una volta nella vita abbia percorso l'A1 per Milano partendo da Roma, sa perfettamente che il casello d'ingresso si chiama Roma Nord, che è anche lo svincolo per uscire a Fiano Romano, a soli 26 chilometri partendo dal GRA. Un grande vantaggio per chi ha scelto di comprare casa in questo Comune, che prima della crisi ha visto nascere in pochi anni interi quartieri di villette e piccole palazzine, tanto da arrivare quasi a raddoppiare la sua popolazione, che oggi supera i 15mila abitanti.

Le ragioni per cui vale la pena fare una gita fuori porta sono molte, il centro storico è decisamente caratteristico e piacevole da percorrere a piedi, vanta fra le sue bellezze architettoniche il Castello Ducale Orsini, le Chiese di Santo Stefano Nuovo e di Santa Maria ad Pontem con annesso monastero.

Qui la tradizione gastronomica è rimasta più o meno la stessa, la classica cucina casareccia con i piatti tipici del territorio, senza infamia e senza lode, mancava il locale che puntasse alla massima qualità delle materie prime, accettando anche il rischio di un non facile inserimento in un contesto dove il prezzo basso e la quantità nel piatto sono sempre stati prioritari.


Ci è riuscita Amalia Costantini, fianese doc che, pur provenendo da anni di lavoro in un'azienda tessile, ha sempre avuto il pallino per la buona cucina, una vera e propria passione "rubata" alla nonna paterna, di cui porta il nome, che fin dall'infanzia le preparava leccornie e manicaretti. Ovviamente nessuna improvvisazione, ma ha iniziato a frequentare corsi riconosciuti per diventare chef e pasticciera e, finalmente, grazie al sostegno e all'aiuto economico di sua cognata Michela, il 26 agosto 2015 ha realizzato il suo sogno con Pizza Mater, un locale dove nessuna parola è scritta per caso, ma esprime tutto il vissuto e l'amore di Amalia per la buona cucina, a partire dal nome.

Tutto inizia infatti dal lievito madre, che Amalia custodisce come un figlio, ottenuto semplicemente da tre ingredienti: mela, acqua e farina. Con questa madre ci fa tutto, dalle pizze ai diversi tipi di pane, fino ai cornetti mattinieri rigorosamente con burro (la margarina è bandita). Uno dei principi basilari della sua cucina è quello di sprecare il meno possibile, così con ciò che avanza dalle forme delle pizze si fanno altri prodotti da forno, anche perché fra lievito madre e farine altamente selezionate sarebbe un peccato mortale non farlo.


Pizza Mater è rigorosamente a gestione familiare: con Amalia c'è il marito che si occupa del vino, mentre in sala ci sono figlia e nipote, ma anche ragazzi ben preparati che sanno come far sentire la clientela a proprio agio, mentre in cucina c'è il fondamentale supporto di Ivano, insostituibile alter ego di Amalia. Il principio fondamentale su cui si basa il lavoro di Amalia è la ricerca delle migliori materie prime, a partire dalle farine semi integrali all'uso di olio extravergine di qualità proveniente da aziende della Sabina selezionate, le sue pizze contengono tutti prodotti eccellenti, molti dei quali sono anche presidi Slow Food: il fior di Agerola, il pomodoro Miracolo di San Gennaro, i pomodori Piennolo e di San Marzano, i capperi di Salina, le alici di Cetara, la cipolla di Montoro, il tonno di Locullo, il lardo di Patanegra affinato a Camaiore, le olive taggiasche, il parmigiano reggiano Vacche Rosse, il capocollo di Martina Franca e tante altre specialità.

Amalia sa bene che per fare delle pietanze di questo tipo mantenere i prezzi moderati non è facile, per questa ragione ha impostato il menu in modo da offrire un'ampia scelta con diverse fasce di prezzo. Ad esempio fra gli antipasti potrete scegliere i classici supplì (con ragù e fior di Agerola) a 1,5 euro, se salite a 2 euro potrete provare i supplì Mater, con gusti del tutto particolari a fantasia dello chef, io ho trovato fantastici quelli con ripieno di zucca e speck.

Ci sono anche chicche come la "Patatwister", ovvero uno spiedino con una patata fresca di Avezzano o di Leonessa tagliata a spirale sottile e delicatamente fritta, oppure il classico filetto di baccalà in pastella, le bruschette miste e gli affettati. Per le pizze si può spaziare dalla "Pizza Mater" (fatta con pomodoro San Marzano Dop, cipolla di Montoro e basilico fresco) a soli 5 euro, fino alla stupenda pizza gourmet "La Martina" (il nome è un omaggio all'ingrediente principale ma anche a sua figlia), composta da fior di Agerola, burrata pugliese, capocollo di Martina Franca e olive taggiasche a 17 euro, decisamente ben spesi ve lo assicuro.


A richiesta si fanno anche le pizze con farina integrale (io ne ho provata una pochi giorni fa e l'ho trovata strepitosa), oppure senza glutine.

E ancora: a 6,5 euro si può mangiare la pizza fritta con verdure di stagione o un bel calzone ripieno di cicoria, broccoli, bieta, scarola o quant'altro offre il periodo. Ci sono anche le alternative per vegetariani e vegani: insalatine di stagione con pomodorini, seitan alla piastra scaloppato, mais e noci.

Non vi va la pizza e non siete vegetariani? Nessun problema, arrivano gli hamburger di carne fresca selezionata, oppure il "Patalocco", wurstel di puro suino con patate fritte, altrimenti potete puntare sulla costata o sull'entrecôte. Non manca lo spazio per i dolci, dai tiramisù a vari gusti, alla zuppa inglese e agli straccetti fritti con nutella. Ah, le pizze sono fatte nello stile napoletano, ovvero con il bordo grosso. E da bere? Potete scegliere se puntare alle birre alla spina (spalter pils e winkler) o a qualche buona bottiglia di vino.


E se una sera avete voglia di fare qualcosa di diverso, a fianco c'è l'Irish Mater Pub, ambiente classico e accogliente, dove ovviamente il repertorio di birre si allarga e potrete gustare hamburger e panini vari, sempre preparati con lo stesso lievito madre delle pizze.

Ah! Cosa tutt'altro che secondaria: quando arrivano le opportune ricorrenze, Amalia e Ivano preparano eccellenti colombe pasquali e panettoni, anche in questo caso ho avuto modo di fare una prova con la colomba che vedete in foto, semplicemente superba, con mandorle e canditi di ottima qualità. Fra l'altro all'ingresso trovate il bar con saletta per le colazioni mattutine (provate il loro cornetto integrale, è una bomba!), mentre il pomeriggio potrete sorseggiare tè, tisane o cioccolate calde, accompagnati a biscotti, crostate e dolci tutti fatti in casa; ma un semplice e buon caffè non lo si nega mai!


Per me che ormai a Fiano ci vivo da ben 13 anni, Pizza Mater è stata una felice scoperta, un punto di riferimento anche per i romani che hanno voglia di fare una breve gita fuori porta per mangiare bene in un ambiente confortevole e allegro.
 
Pizza Mater


Via Pier Paolo Pasolini 1 - Fiano Romano (RM)
Tel. 0765-480785
Aperto tutte le sere fino a mezzanotte.
info@pizzamater.it
www.materpizza.it

Sauternes: è vera crisi?

Cosa sta succedendo attorno ai grandi Sauternes?

Foto: www.leaandsandeman.co.uk
Me lo sono chiesto poco tempo fa quando, esaminando i vari annunci di vino in vendita all'interno di un noto forum enogastronomico, ho notato che, rispetto a dieci anni fa, i grandi Sauternes francesi non solo avevano una quotazione quasi dimezzata rispetto al passato ma, soprattutto, anche a quei prezzi fanno fatica ad essere venduti. 

Possibile che un grande Chateau d'Yquem di annata eccezionale non abbia più appeal nel mercato collezionistico italiano? Vabbè, ho pensato, sarà una questione relativa a quel forum dove, rispetto agli anni precedente, girano meno acquirenti collezionisti che probabilmente hanno oggi altri canali di rifornimento. 

Placo la mia curiosità per qualche giorno fino a quando, quasi per caso, imbatto in questo articolo su Wine Searcher il cui titolo è un fortissimo grido d'allarme che rende reali tutte le mie paure: Sauternes – Next Stop, Disaster?

Allora è vero, quanto notato non era un piccolo segnale circoscritto ma una vera e propria tendenza a livello mondiale i cui motivi sono stati scandagliati da James Lawrence, l'autore dell'articolo, che li ha così sintetizzati e che troverete a questo link che vi riporta al mio articolo su Vinix Digest

Colle Santa Mustiola – Poggio ai Chiari 2007 per il VINerdì di Garantito IGP

Si può bere un grandissimo sangiovese anche al di fuori delle zone universalmente considerate vocate? La risposta è sì!


Fabio Cenni produce a Chiusi. Avete capito bene, non Montalcino o Montepulciano ma Chiusi e, per dirla tutta, questo 2007, ultima annata in commercio, certi Brunello proprio non li vede. Ecco, l’ho detto!

Le Macioche e il suo Brunello di Montalcino tra passato, presente e futuro

I momenti più interessanti di Benvenuto Brunello sono sicuramente gli eventi paralleli alla manifestazione che, in genere, si concretizzano in esclusive visite in cantina oppure importanti verticali organizzate ad hoc per alcuni giornalisti. 

Spesso le due attività vanno di pari passo così come è capitato a me quando, assieme alla Stefy, siamo stati invitati presso Le Macioche per scoprire la nuova vita di questa importante aziende ilcinese che è stata acquisita a settembre 2014 da tre giovani imprenditori veronesi, Stefano Brunetto - direttamente coinvolto nella gestione - Massimo Bronzato e Riccardo Caliari


La tenuta vitivinicola, situata nei pressi dalla millenaria Abbazia Romanica di Sant’Antimo, si estende per circa sei ettari - di cui tre a vigneto classificato Brunello - disposti a una quota media di 420 metri s.l.m. orientati a sud-sud/est, per una produzione totale media di 18.000 bottiglie di vino e di 300/500 litri di olio. Importante sottolineare che, dal punto di vista agricolo, Le Macioche è in conversione e dal 2018 sarà bio-certificata.

Incontriamo Stefano e Riccardo in azienda e con loro, prima del classico giro in cantina, ripercorriamo la storia della tenuta che inizia negli anni Ottanta grazie a Matilde Zecca e Achille Mazzocchi, una coppia piena di passione per la terra e per il vino, che nel tempo riesce a creare un prodotto di altissima qualità tanto da farsi subito conoscere da critici e consumatori in tutto il mondo. Condurre una azienda di vino a Montalcino può essere un lavoro faticoso per cui, come già detto, due anni fa si arriva al passaggio di proprietà che ha fornito nuovo impulso imprenditoriale attraverso un re-branding il cui unico obiettivo era non stravolgere quanto di buono è stato fatto fino ad ora dai vecchi proprietari che avevano puntato tutto su tradizione e qualità senza compromessi.


Stefano Brunetto - Foto tratta da Twitter

In tale ottica tutte le persone che già lavorano per la vecchia proprietà, sia in vigna che in cantina, sono state mantenute così e in tale ambito, nel suo ruolo di enologo, è stato riconfermato Maurizio Castelli che dal 1997 collabora proficuamente con Le Macioche garantendo esperienza e rispetto del territorio.

Mentre parliamo continuiamo il giro ed entriamo nella piccola cantina, ancora a livelli artigianali, dove vengono prodotti per ora solo il Rosso di Montalcino, vinificato in tini di acciaio, e il Brunello di Montalcino che, a differenza del precedente, viene vinificato in tini di legno troncoconici. La fermentazione, per tutti, avviene grazie all'uso esclusivo di lieviti indigeni.


Terminata la fermentazione malolattica, il Rosso di Montalcino riposa per circa dieci mesi in tonneaux da 5 Hl, mentre il vino destinato a divenire Brunello è trasferito in botti ovali di rovere francese da 30 Hl dove rimane ad affinare per quaranta mesi, mentre nel caso della Riserva il periodo di  affinamento  arriva  a  cinquanta mesi.  Proprio le botti rappresentano un importante elemento di rinnovamento in cantina: quasi tutte le vecchie botti sono state sostituite dall’eccellente rovere francese di Marc Grenier, di produzione artigianale e su misura.


Ci dirigiamo verso la saletta di degustazione dove Stefano, Massimo e Riccardo ci hanno organizzato una piccola verticale di Brunello di Montalcino partendo dall'annata 1997 fino ad arrivare alle 2009. 

"Questa è la preziosa eredità che ci hanno lasciato Achille e Matilde, vini di grande carattere e sinceri le cui caratteristiche non saranno tradite dal nuovo corso". Stefano, pronunciando queste parole, dà il via alla degustazione che, come vedrete, riserverà tante conferme e qualche sorpresa.



Le Macioche - Brunello di Montalcino 2009: da questa annata a mio giudizio sottovalutata nasce un sangiovese gagliardo e dai tratti aromatici contraddistinti da frutta rossa croccante ed erbe officinali. Sorso dotato di tannino finissimo e splendida sapidità che accompagna il finale di bocca.


Le Macioche - Brunello di Montalcino 2008: l'annata è stata senza dubbio problematica e in linea generale a Montalcino ha fornito vini freschi, schietta e di ottima beva. Non fa eccezione questo Brunello dove dinamicità e snellezza la fanno da padrone. Sorso equilibratissimo. Ottimo compagno di tavole imbandite.


Le Macioche - Brunello di Montalcino Riserva 2006: altra annata sottovalutata che, invece, ha fornito grandi risultati sopratutto se, come fatto dalla precedente proprietà, si dà vita ad un Riserva davvero degna del suo valore. Ampio il naso dove ritrovo la ciliegia, la viola, una leggera speziatura, tocchi di resina e lievi note di tabacco e sottobosco. Sorso ancora generoso, ha grande forza gustativa ma, al tempo stesso, un corpo proporzionato segnato da decisa freschezza e tannino levigato. 


Le Macioche - Brunello di Montalcino Riserva 2004: da una annata a cinque stalle nasce questo sangiovese in purezza che presenta un naso espressivo dotato di intensi profumi floreali e una straordinaria freschezza che solo col tempo, grazie all'ossigenazione del vino, si amplia e si rafforza grazie ad estroverse sensazioni di tabacco biondo, cola ed erbe aromatiche. Fine ed equilibrato in bocca, ha ancora tantissimo tempo davanti a sé. 


Le Macioche - Brunello di Montalcino 1999: austero, tradizionale, ha tutti i crismi per essere considerato come quei film in bianco e nero che, con la loro eleganza e quel po' di understatement, non passeranno mai di moda emozionando generazioni di appassionati. 


Le Macioche - Brunello di Montalcino 1997: da un millesimo esaltato in passo che oggi invece sta dando risultati deludenti in termini di tenuta, nasce questo vino che rappresenta nel panorama di Montalcino una piacevole eccezione per integrità, succosità ed equilibrio perfetto. Così dovrebbe essere un grande Brunello di quasi venti anni. Piccola curiosità: questo è stato il primo anno di Castelli in azienda. La strada è stata tracciata, spetta ora a Stefano, Massimo e Riccardo percorrerla nel migliori dei modi.


Prima di concludere il post un'altra piccola curiosità riguardante la nuova etichetta dove, in bella mostra, si nota una radice. Ebbene, non parliamo di vite bensì della radice del corbezzolo, che nel dialetto di Montalcino si chiama appunto “macioca” da cui Le Macioche.