Brezza d'Estate 2009 di Cascina I Carpini


Era da un po’ che non bevevo il Brezza d’Estate di Cascina I Carpini per cui, aperta la nuova annata 2009, la prima cosa che mi son detto mettendo il naso nel bicchiere è stata:”Cavolo, altro che Brezza, questo vino è un uragano di profumi!”
In effetti, rispetto al millesimo precedente, il primo prodotto, trovo questo timorasso dei Colli Tortonesi molto migliorato, più seducente nei profumi che inizialmente riportano alle erbe aromatiche per poi virare verso la mela limoncella, la susina, il fieno per poi sfoderare, una volta ossigenato, un’anima minerale di grande purezza.


All’assaggio non cambia una virgola, il timorasso si caratterizza per intensità con la preziosa rifinitura di guizzi freschi e sapidi che sostengono struttura e persistenza del vino. Sono curioso di capire come evolverà questo timorasso nel tempo per cui tre bottiglie me le tengo in cantina e, tra qualche anno, faccio una comparativa con i grandi nomi dei Colli Tortonesi come Walter Massa, Mariotto e Mutti. Penso proprio che Paolo Ghislandi accetti la sfida.
Ah, ultima nota tecnica: il Brezza d'Estate matura in vasche d'acciaio e affina in bottiglia per almeno 18 mesi.

“Quando il cardo fiorisce e da
un albero la cicala canora diffonde
l’armonioso frinire battendo
le ali, è giunto il tempo
dell’estate… All’ombra e con
il cuore sazio, beviamo allora
il vino generoso godendo del
dolce alitare di Zefiro sul viso.”
(Esiodo)

I vini di Collecapretta firmati Vittorio Mattioli


Girare le cantine di tutta Italia permette di conoscere persone vere, sincere, legate indissolubilmente al loro territorio che, durante la tua visita, cercano di regalarti offrendoti un bicchiere di vino. II loro vino.
Vittorio Mattioli, dell'azienda umbra Collecapretta, è un'altra di quelle persone speciali per cui vale la pena fare il wine blogger o, comunque, essere appassionati di vino.

Vittorio in mescita
Con Jacopo, Sara, Riccardo e la mia Stefy, siamo andato a trovarlo di ritorno da Spello e, nonostante fosse domenica pomeriggio, ci ha aperto le porte di casa sua come se fossimo amici da sempre.  
Di Collecapretta avevo sentito spesso parlare anche se, ci racconta Vittorio, è solo da cinque anni che l'azienda imbottiglia. I 5 ettari di vigneto di proprietà sono una sorta di fotografia di quello che era piantato prima della seconda guerra mondiale. Pertanto, oltre ai vitigni locali come il Trebbiano Spoletino (età 60 anni) e il Sangiovese (vitigno principale dell'azienda), ci sono Malvasia, Barbera, il Merlot e il Greco

Vittorio è un "naturale", non usa perciò erbicidi, pesticidi e diserbi e in cantina si praticano fermentazioni spontanee a temperature libere e non si aggiunge solforosa in imbottigliamento. I contenitori sono il vetro cemento, vetro resina e acciaio  mentre il legno grande è ancora in fase di sperimentazione. I travasi si effettuano in base ai cicli lunari e l'illimpidimento dei vini è affidato al rigore dell'inverno.

Questa opportuna premessa ci fa capire che, bere un vino di Collecapretta, potrebbe essere un'esperienza molto, molto interessante. Assieme a Vittorio e sua moglie abbiamo degustato:

Buscaia 2010 (malvasia bianca e malvasia di candia): vino di sole e sassi, come dice anche Jacopo, dove la componente minerale è piuttosto prevalente e fa da sfondo ad una cornice di frutta a polpa bianca e fiori di campo. Bocca succosa e sapida, a tratti salata, corroborata da una bella vena acida. Vino forse poco varietale ma di forte carattere. 


Vigna Vecchia 2010 (trebbiano spoletino in purezza): siamo di fronte ad un piccolo capolavoro umbro, un vino camaleontico e territoriale dove, man mano nel bicchiere, si affacciano cenni di erbe officinali, malva, timo, camomilla, frutta esotica, minerali bianchi. In bocca è materico, sapido, succoso, coerente col naso e persistente. Questo è il Trebbiano che ci piace!

Terra dei Preti 2009 (trebbiano spoletino in purezza): rispetto al precedente questo trebbiano è vinificato come un rosso con una lunga macerazione sulle bucce. Il colore è dorato, intenso, ed il vino si apre al naso con cenni di tartufo bianco, albicocca, cera, curry, zafferano, macchia mediterranea. Bocca sapida, intensa, fresca, dinamica. Buona la persistenza finale su ritorni di pesca matura e spezie orientali. Il Terra dei Preti testimonia come il trebbiano spoletino possa dire la sua anche con fermentazioni prolungate. Ottimo.

Il Rosato di Casa Mattioli 2010 (ciliegiolo in purezza): rosato atipico per chi, generalemente, beve liquidi alimentari tinti di rosa spacciati per vini. Qua Vittorio, nonostante le apparenze, mette al ciliegiolo l'abito rosso e fa di questo vino un prodotto di carattere con tanto ferro e terra al naso. Bocca vigorosa, maschia, ampia, generosa. Altro che vino per donne. Davvero una bella scoperta!


Il Galantuomo 2010 (barbera in purezza): il vitigno, di circa 40 anni, è stato portato dal nonno di Vittorio dopo che è tornato dal Piemonte dove ha fatto il militare. Strano provare una versione umbra del barbera però, nonostante i puristi storcano il naso, il vino che ne esce è estremamente piacevole visto che conquista il naso e il palato con la tanta mineralità e tocchi di frutta di rovo. Bocca tipica, acidia, sapida, diretta con un finale di ciliegia nera che appaga le mie papille gustative. Da provare alla cieca assieme a qualche versione piemontese, potrebbe sorprendere...

Sotto l'albero di Natale dei wine lovers c'è una vigna di Garganega!


Se siete a corto di idee in fatto di regali per il prossimo Natale, ecco un dono insolito da fare, o da farsi, a chi ama la natura e il buon vino: “adottare una vigna”, o più, nelle terre del Soave.

L'iniziativa, lanciata dalla Strada del vino Soave per promuovere il territorio, un giardino vitato di 6mila e 600 ettari disseminato di pievi, palazzi e castelli, consente di “adottare” un minimo di 50 viti di Garganega al costo di 100 euro all'anno. In cambio, il “viticoltore adottivo” avrà diritto a ricevere 12 bottiglie di vino Soave Doc all'anno, bottiglie che, a richiesta, potranno essere personalizzate nell'etichetta.

Fonte: immaginidinatale.it
Al di là di poter gustare un ottimo bianco, la verde adozione darà soprattutto l'opportunità al vignaiolo a distanza di visitare la “propria vigna” in ogni stagione, previo accordi con la Strada e il produttore socio che ha reso disponibile l'adozione nel proprio vigneto. L'adozione della vigna diventerà così un buon motivo per trascorrere un fine settimana nelle colline del Soave, magari per aiutare a potare, vendemmiare e per seguire in cantina l'evoluzione del proprio vino, fino al ritiro delle sospirate bottiglie.
Per aderire al progetto “Adotta una Garganega” basta contattare la Strada del vino Soave, www.stradadelvinosoave.comassociazione@stradadelvinosoave.com, telefono 045.7681407

La Tognazza Amata tra mondanità e amore per la Terra


"Nella mia casa di Velletri c’è un enorme frigorifero che sfugge alle regole della società dei consumi. Non è un “phiIcone”, uno spettacolare frigorifero panciuto color bianco polare. È di Iegno, e occupa una intera parete della grande cucina. Dalle quattro finestrelle si può spiarne l’interno, e bearsi della vista degli insaccati, dei formaggi, dei viteIIi, dei quarti di manzo che pendono, maestosi, dai Iucidi ganci. 
Capita che ogni tanto, di mattina, mia moglie mi sorprenda inginocchiato davanti a questo feticcio, a questo totem dell’umana avventura. Me ne sto Iì, raccoIto in contemplazione, in attesa d’una ispirazione per iI pranzo.
Questa immagine, indubbiamente paradossaIe, può darvi una idea di quanto ascetico sia iI mio attaccamento ai prosaici piaceri della tavola, e quindi della vita; e di come, in fondo, io sia da considerare un martire deI focolare.

Disoccultiamo queste due sane, grandi e materialistiche passioni, per troppo tempo tenute nel ghetto della peccaminosità. Riesumiamo quella morale epicurea della gioia, della vita, che fece grande la romanità e il Rinascimento; riavviciniamoci con partecipazione al flusso ininterrotto e secolare della bava, dello sperma e della merda; recuperiamo, nel caso del cibo in particolare, una dimensione che si sta sempre più disfacendo, assediata com’è dalle schiere dei liofilizzati, dei surgelati, degli inscatolati".


Queste sono le parole, attualissime come non mai, che il grande Ugo Tognazzi scriveva qualche tempo fa ne L'abbuffone per cui mi ha fatto molto piace quando Gian Marco Tognazzi e il suo staff mi hanno invitato alla presentazione (un pò troppo mondana per me) de La Tognazza Amata, un progetto che in realtà è un vero e proprio stile di vita volto alla riscoperta delle sane tradizioni alimentari.

All'Os Club di Roma, una settimana fa, Gian Marco Tognazzi ha voluto presentare due vini, gli stessi che suo padre Ugo usava versare nei calici dei suoi ospiti, da Monicelli a Villaggio, da Gassman a Salce: Il Superiore della Tognazza, da uve trebbiano e malvasia e un rosso, il Syrah della Tognazza, prodotto dall'omonima uva dei vigneti di famiglia di Velletri.

Bevendoli mi sono rivenute in mente le parole di Gian Marco che ha dichiarato:"Abbiamo fatto come faceva mio padre, stando attenti alla qualità e alla genuinità. Non abbiamo voluto fare, e nemmeno Ugo lo avrebbe voluto, il vino ricercato, ma trovare il giusto rapporto fra genuinità e bontà.Non è che vogliamo fare una produzione come fossimo un agriturismo, noi restiamo fedeli alla filosofia di Ugo: cose fatte in casa per il piacere di condividerle. Non per niente le bottiglie della "Tognazza amata" saranno accompagnate da due frasi di papà, due pensieri che aveva fatto apposta per il suo vino".


Io che li ho bevuti più volte posso dire che i vini de La Tognazza non sono i classici prodotti commerciali, la famiglia non si sputtanerebbe per quattro baiocchi, per cui se li trovate, magari chiedete qui, non abbiate timore anche perchè stavolta garantisce Ugo Tognazzi!



La Casta, il vino e il Lei non sa chi sono io!!


Il senatore Rusconi a Fiumicino. Fonte: Corriere.it
Questa simpatica persona ritratta nella foto è il Senatore Rusconi che, secondo quanto riporta Corriere.it, ieri in virtù del suo "patentino" da politico ha violato una delle leggi base della sicurezza aeroportuale: impossibile portare nel bagaglio a mano liquidi eccedenti i 50 ml. Io, che amo io vino, sono sempre costretto ad imbarcare le bottiglie che compro in giro con tutti i rischi connessi (rotture, furti, etc.).
Loro, la Casta, invece sono immuni a tutto questo e, come scrive Alessandra Aracri sul Corriere, alla fine Antonio Rusconi, senatore lombardo del Pd, ha evitato quello che è successo a tutti noi comuni mortali un pò sbadati: perdere l'aereo e tornare all'imbarco. O perdere la bottiglia e lasciarla al controllo di sicurezza. 

Fonte:ilmovimentodegliindignati.blogspot.com
La prossima volta provo a dire che sono suo figlio, vediamo se funziona.....

Enologica 2011: piccolo report dall'Emilia-Romagna

 
Enologica, il salone del vino e del prodotto tipico dell’Emilia Romagna, è una manifestazione in continua crescita che dovrebbe essere maggiormente frequentata dai vari enosnob che pensano a questa Regione come il regno del classico sangiovesone da battaglia e del lambrusco da esportazione. A tutti voi dirò questo: VI SBAGLIATE


Girando tra i vari banchi, ottimamente organizzati e mai con troppa fila, ho potuto apprezzare:

Andrea Bragagni: questo vignaiolo Bio di Brisighella presenta una produzione molto interessante dove spicca il Rigogolo 2008, albana in purezza affinata in tonneau che colpisce per le sue espressioni minerali. Solo magnum.

Fondo San Giuseppe: la piccola azienda di Stefano Bariani si distingue per due vini ancora in affinamento. Il primo è l’ESOR 2010 (85% chardonnay e 15% moscato rosa), un vino prototipo che ha il classico naso floreale del moscato e la bocca fruttata ed intensa dello chardonnay. Un vino double face. L’altro prodotto interessante è il Fiorile 2010, un albana decisamente più netto del precedente che colpisce per un ventaglio aromatico fatto di erba e fiori e per una bocca diretta ed appagante.


Vigne dei Boschi: Paolo Babini conduce questa interessante azienda biodinamica con grande fervore. Tra i vari vini degustati mi ha colpito molto il “16 Anime2009, riesling da cloni alsaziani che potrebbe dare notevoli sorprese alla cieca tanto è diretto, fresco e cristallino. In bocca è dotato di personalità e, soprattutto, bevibilità da campioni. Azienda chiocciola Slowine 2012.

Paolo Francesconi: altra azienda chiocciolata Slowine e altre emozioni soprattutto quando il simpatico vignaiolo faentino mi fa degustare il Cördusël, dall’omonimo antico vitigno faentino che Francesconi ha voluto riportare in auge con questo vino fermentato 90 giorni sulle bucce e affinato in barrique per un anno. Il Cördusël non è in vino omologato, ha un naso davvero interessante che varia tra un minerale di sasso e tratti di erbe aromatiche e spezie gialle. Bocca acida, tesa, lunga. Costa pure poco. Un buon vino quotidiano.

Stefano Berti: per molti è “Il Maestro” e non faccio fatica a crederlo quando degusto il suo Calisto 2008, selezione delle migliori uve di sangiovese presenti in azienda con l’aggiunta di un demoniaco 10% di Cabernet Sauvignon che, nonostante il mefistofelico passaggio in barrique, mi è piaciuto moltissimo per il suo essere profondo, verticale, complesso. Ho bevuto anche il millesimo 2007 che, rispetto al precedente, ho trovato più femminile ed avvolgente.

Costa Archi: con Garbriele sono un po’ di parte per cui vi invito a rivedere quanto scritto qua. A parte ciò vorrei segnalare la novità che Succi ha presentato ad Enologica: un’ancellotta in purezza (il nome non lo so) che, nonostante il colore da succo di mirtillo, si fa bere con piacevolezza facendomi cadere più di un pregiudizio. Da aspettare perché in evoluzione continua.

Stefano Berti e Gabriele Succi (Costa Archi)
Paltrinieri: ovviamente ho voluto provare il Lambrusco di Sorbara Leclisse 2010, un “tribicchierato” con cui si entra subito d’accordo per la sua scarsa banalità e il suo ventaglio aromatico dove giocano sensazioni di rosa, violetta, fragolina di bosco e ciliegia  non matura. Bocca sapida, dritta, fresca, davvero un bel bere. Non omologato. 

Tenimenti San Martino in Monte: il loro Sangiovese Vigna 1922 è polposo e vellutato ma, a mio parere, manca un po’ di quella complessità e profondità che vigne così vecchie dovrebbero conferire. Forse il sangiovese è troppo “lavorato” prima di finire in bottiglia. Da rivedere.

Podere Pradarolo: questa è stata una vera scoperta avvenuta grazie alle raccomandazioni di due persone eccezionali: Jonathan Nossiter e Pierluca Proietti. L’azienda, situata tra le colline di Parma, è totalmente Bio e produce molti vini degni di nota. Il primo è il Vej 2005 Metodo Classico (100% malvasia di candia), uno spumante metodo classico spiazzante perché è la prima bollicina derivante da vino macerato 270 giorni. Il colore, a metà tra il dorato e l’ambrato, fa da apripista ad un ventaglio aromatico dove, col tempo, possiamo trovare tutti i profumi di ciò che in natura è giallo. Bocca sapida, ruvida, fresca, spiazzante per impatto e tensione. Le sorprese, però, non finiscono qua perché Alberto Carretti, il proprietario, tira fuori il Vej 2005, bianco fermo da malvasia di candia che macera con le bucce per circa 90 giorni. Anche in questo caso la frutta esotica, le spezie orientali, la ginestra e le sensazioni di mieli si fondono in un tuttuno di grande eleganza. In bocca il vino ha freschezza e un tannino talmente vivido che lo vedrei bene su una fiorentina. Passiamo ai rossi. 
Il Velius 2006 (barbera 90% croatina 10%) macera circa 90 giorni sulle bucce ed affina in botte grande per oltre 15 mesi. Tutto questo determina un vino dalla grande personalità dove ritrovo appieno la schiettezza e l’irruenza dei due vitigni. Degustata di questo vino anche l’annata 2005 che, per quanto “povera”, ha dato vita ad un vino più elegante ed equilibrato del precedente.
Per finire, con una ottima torta al cioccolato, Alberto ha tirato fuori il Canto del Ciò, un vino dolce ottenuto in ossidazione, botte scolma e interpretato con metodo solera da uve di termarina (vitigno autoctono antico.) appassite al sole. Giuduzio? Assolutamente unico ed inimitabile.

Alberto Carretti - Podere Pradarolo
Non ho citato Fattoria Zerbina e La Stoppa perché la fila che c’era da fare per bere un po’ del loro vino era talmente importante da schiantare anche uno abituato alla Posta come me….

Verticale storica di Chianti Rufina Riserva Vigneto Bucerchiale della Fattoria Selvapiana


800 Km non sono nulla se, quando arrivi a Faenza per Enologica 2011, Armando Castagno tira fuori dal cilindro 12 annate di Chianti Rufina Riserva Vigneto Bucerchiale della Fattoria Selvapiana, praticamente una carrellata di sangiovese (e non solo) che, partendo dai giorni nostri, arriva fino agli albori della viticoltura in Toscana.
L’azienda, le cui origini storiche si fanno risalire al Medioevo, oggi è passata sotto la responsabilità di Silvia e Federico Giuntini Masseti che, impegnandosi nel solco tracciato da Francesco Giuntini Antinori, lavorano a stretto contatto con Franco Bernabei, consulente enologo di Selvapiana a partire dal 1978.
La produzione si articola su tre rossi dotati di grande struttura e longevità. Al Chianti Rufina annata si affiancano due cru di particolare pregio: il Chianti Rufina Riserva Fornace e, soprattutto, il Chianti Rufina Riserva Bucerchiale, sangiovese in purezza prodotto per la prima volta nel 1979.

Fonte: Andrea Gori

La verticale prevedeva le seguenti annate: 

2009 (anteprima): un pupo che esprime al naso sensazioni “dolciastre” a metà tra la frutta e il sangue. Legno ancora in evidenza con leggeri tocchi minerali. In bocca è duro, inquieto, profondo, come tutti i Chianti Rufina si fa apprezzare per il suo carattere che non cerca compromessi. Territoriale.

2007: naso ancora in via di definizione dove, accanto ad accenni di legno, fanno capolino sbuffi di ruggine, grafite, pepe bianco e tocchi balsamici. In bocca è ematico, minerale, la frutta è un po’ nascosta questa volta e ciò fa da divenire questo Chianti ancora più severo del normale. Tannino cazzuto come si dice presso l’Accademia della Crusca. Da attendere.

La verticale completa
1999: il registro olfattivo cambia nettamente e si fa più complesso e meno monastico. Il ventaglio aromatico è disegnato su profumi di sottobosco, felce, eucalipto e accenni di minerale nero e sangue. Bocca gentile, sapida, succosa, con una bella persistenza che chiude su cenni di liquirizia e terra.

1995: l’annata abbastanza calda fornisce un Chianti con profumi di cioccolato amaro, torrefazione, carote bollite e tocchi di minerale rosso e sottobosco. La bocca rimane severa ma, nonostante tutto, dotata di una freschezza imprevista e pulizia. Un Chianti che si fa amare al sorso.

1985: una delle annate storiche del vino non può che regalare un grandissimo Chianti che ha una declinazione olfattiva netta, base di erbe aromatiche su cui si elevano le note di liquirizia, pomodoro, spezie, tutte racchiuse all’interno di una lastra minerale che racchiude tutto in un inesorabile abbraccio. Al gusto il vino è rigoroso, pulito, integro, sprizza classe da ogni molecola e si dissolve lentamente con candore gessoso per nulla liquefatto.

1981: rispetto all’annata precedente sembra più vecchio di oltre 10 anni con le sue note evolute, a tratti anche poco eleganti, di cola, crosta di formaggio, fungo, frutta rossa disidratata. In bocca è comunque piacevole, setoso, con tannino ancora galoppante e finale rugginoso.

1979: la prima bottiglia “creata” grazie alla consulenza di Bernabei. Apre una ventata di sensazioni di humus, castagne, brodo vegetale, poi arriva il classico minerale che si pone a metà strada tra il rame e la grafite. La bocca è precisa, ferrea, sa di arancia amara, ruggine, alla cieca si potrebbe scambiare per un grandissimo vino di Valtellina per la sua matura purezza. Nobile come pochi.

La storia
1968: da questo momento in poi tutte le annate che degusteremo non saranno solo sangiovese 100% ma conterranno anche altre uve che il disciplinare dell’epoca permetteva di inserire (vitigni a bacca bianca compresi). Il Chianti Rufina si presenta con note evolute abbastanza chiare dove predomina una sensazione di affumicatura a cui seguono nette note di tisana alle erbe, porcino, metallo. La bocca è un po’ troppo scissa, si scorge sempre un vivo tannino ma l’acidità, fervida da uve bianche secondo me, è slegata e corre su binari alternativi.

1964: nonostante il suo colore mattone trasparente il vino è dotato di grandissima freschezza e tutti i profumi che vanno dall’arancia al mandarino fino al caffè sono lo specchio di una floridezza e di un vigore inaspettato. L’invecchiamento in botti di castagno, altra peculiarità di queste vecchie annate, fornisce al gusto una nota resinosa che accompagna un finale citrico di bergamotto.

1958: l’annata di grande livello dopo 53 anni non scalfisce minimamente il vino che, come immerso nella vasca di Coccon, rimane integro, preciso e dotato di un ventaglio olfattivo ricco di soffi empireumatici e minerali a cui si aggiungono tratti di caramello e carne cruda. Al sorso è un flusso intatto che porta con se tutta la gloria di una passato che non vuole cedere nulla. Persistenza ottima su ritorni di sottobosco e cenere.

Bicchieri ancora pieni
1956: rispetto al precedente sembra più magro e con qualche capello bianco in più. Il naso sa di tisana della nonna, caramello fuso, speck. Non ampia e complessa nemmeno la fase gustativa che non si fa ricordare per pulizia e compostezza. Tra i vecchi Chianti Rufina è sicuramente quello più deludente.

1948: devo ammettere che approcciarsi a bere un vino di 63 anni è davvero emozionante tanto più se scopri che in quel bicchiere c’è un vino fatto chissà come che la vita non riesce ad ossidare per quanti sforzi possa fare. Se chiudi gli occhi, anche a distanza, l’intensità del Chianti Rufina ti inebria per una repentina salinità che prendi i tratti dello iodio e del metallo fuso. Poi, ossigenandosi, il ventaglio olfattivo si arricchisce di sensazioni di dattero, fungo, agrume. In bocca è magnifico, giovane, solenne, rimane dopo tutti questi anni ancora “grasso” perché  il sole di quell’annata questo vino ancora se la porta dentro e sembra non volerne farne a meno. Vino eccezionale.

1958-1956-1948
La 1948 nel mio bicchiere
E voi, non fareste 800 Km per una verticale così?

"Asylon": il vino che finanzia la formazione per i rifugiati


E’ iniziata in queste settimane la commercializzazione del vino dall’esclusivo marchio Asylon. Prodotto dall’azienda agraria di 77 ettari dell’Istituto agrario di Todi, è un vino bianco, Grechetto di Todi doc, e i proventi della vendita serviranno a finanziare percorsi formativi per rifugiati nel territorio umbro di Todi. Il progetto per rifugiati Asylon, articolato in varie fasi, è stato appena presentato a Roma presso la libreria Fandango ed è sostenuto dall’associazione Libera e da Caritas Umbria e si avvale del patrocinio dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). 


L’obiettivo dell’iniziativa – spiegano i promotori - è di attivare percorsi formativi per le persone che chiedono asilo, durante il loro periodo di permanenza in accoglienza. “Ogni anno migliaia di persone chiedono asilo al nostro Paese. Nell’attesa che gli organismi competenti si pronuncino, i richiedenti vengono inseriti in un progetto di accoglienza. La Caritas di Todi è da anni impegnata in questo progetto, nell’ambito del sistema Sprar (Sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati) e accoglie ogni anno decine di persone”. 
Fino al 31 marzo 2010 il progetto di accoglienza Caritas ha ospitato complessivamente 103 uomini fra richiedenti asilo, rifugiati e persone con permesso per motivi umanitari, di cui molti si sono stabilmente integrati nel territorio tuderte e comuni limitrofi, avendo trovato impiego nel settore edile, nella piccola industria, nel comparto alberghiero e come collaboratori domestici. E per il futuro si pensa di aumentare il numero degli ospiti accolti da 15 a 20, includendo donne sole con bambini piccoli, prevedendo la presenza di più mediatori culturali, secondo la provenienza dei beneficiari, e programmando un più incisivo piano di inserimento lavorativo.
In questo contesto si inserisce l’iniziativa Asylon che coinvolge anche gli studenti dell’istituto agrario. I destinatati sono persone, anche minori, selezionate in accordo con il progetto Sprar. I percorsi formativi saranno attivati presso l’Istituto tecnico agrario “Augusto Ciuffelli” di Todi, la più antica scuola agricoltura d’Italia. Nei terreni aziendali, oltre alla rotazione dei seminativi, si trovano 4 ettari di vigneti doc, oliveti, frutteti, un orto botanico, un’aula verde e un parco didattico. Presenti anche allevamenti, serre, un caseificio, una cantina, un centro culturale-ambientale. L’azienda si connota come fattoria didattica e sociale, con una conduzione imprenditoriale finalizzata a valorizzare, in chiave professionalizzante, tutte le sue strutture di produzione, trasformazione e commercializzazione e a sostenere progetti didattici ed etici, nei quali viene reinvestito il ricavato delle attività.
Fonte: mondodelgusto.it
I percorsi formativi di Asylon punteranno, a seconda dei singoli casi, all’acquisizione di specifiche competenze attraverso corsi di formazione e di qualificazione professionale e al compimento di un percorso di studio quinquennale che sfocerà nel diploma di scuola media superiore, in regime di convitto per tutto il periodo scolastico e di accoglienza extrascolastica per i periodi di chiusura della scuola, in collaborazione con la Caritas tuderte. I percorsi formativi prenderanno il via a gennaio 2012: sarà coinvolto nella prima fase un gruppo di 8 persone, in una attività formativa-professionalizzante per la gestione del verde.

NBA e Vino: Yao Ming ha trovato il canestro vincente


I piedi non reggeranno più i suoi 229 centimetri per 140 kg di peso, ma il cervello gli funziona ancora, eccome. Dopo aver detto addio alla pallacanestro per una lunga serie di infortuni e microfratture dalle caviglie in giù, Yao Ming si sta ricostruendo una nuova vita a partire dall'istruzione e dall'imprenditoria: l'ex-centro degli Houston Rockets, oggi 31enne, si è infatti iscritto all'università di Economia e Management a Shanghai e ha già cominciato a mettere in pratica i principi appresi fondando un'azienda vinicola, spinto anche dall'interesse dei cinesi verso i prodotti di categoria più alta.

Yao Ming  Fonte: beaman.it
I vigneti non si trovano però in Cina, bensì negli States: Yao ha comperato alcuni terreni in California, nella Napa Valley, una zona che negli ultimi anni è stata massicciamente oggetto di investimenti nell'industria vinicola. La prima produzione è un cabernet-sauvignon (vendemmia 2009) che sarà venduto in un inedito formato da 1.5 litri al prezzo di 3.800 yuan a bottiglia, una cifra leggermente inferiore ai 450 euro.
La prima bottiglia del lotto (tra l'altro molto ristretto, con sole 12.000 unità prodotte) sarà però venduta in occasione di un'asta di beneficienza il prossimo weekend: il prezzo di partenza è di 60.000 yuan (circa 7.000 euro), e il ricavato sarà devoluto a "Special Olympics", un'organizzazione no-profit per manifestazioni sportive per atleti disabili.

Elisabetta Foradori sogno erotico degli appassionati di vino. O di Sandro Sangiorgi?


Ho già vari post su Elisabetta Foradori da pubblicare ma quanto letto su Porthos n°30 del 2008 mi ha fatto cambiare tutti i recenti "piani editoriali". 


Come non postare e condividere questo pezzo di letteratura enoerotica degna del miglior Boccaccio?

A quel tempo non sapevo chi fosse il Foradori che si celava dietro quell’etichetta minimale. Solo l’anno dopo sentì parlare di Elisabetta e non fu grazie al suo talento di produttrice.  
Un amico, per descriverne l’avvenenza fisica, il carattere, lo sguardo e il fascino coinvolgente, mi disse che, durante una visita in cantina, la sua fantasia era possederla lì, tra le barrique.[...]. 
Quando le raccontai l’episodio, durante l’intervista pubblicata su Porthos 1, Elisabetta mi disse che essere una “donna del vino” non era poi così complicato, la parte difficile non era tenere a bada gli occasionali spasimanti, quanto non farli sentire in imbarazzo di fronte alla sua intelligenza.

Capisco che Sangiorgi adori la verità assoluta e abbia un rapporto di amicizia di lunga data con la Foradori però.....non si possono scrivere ste cose.....daiiiiiiiiiii!! Nemmeno presso le caserme! 

O, magari, il Sandro nazionale ha riportato tra le righe il SUO sogno erotico?

Fonte: middlebury.edu

Angelo Gaja:Vino=Fiorello:Televisione


Il titolo del post sembra provocatorio ma, credetemi, non lo è perchè nel bene o nel male Angelo Gaja è un vero e proprio showman del mondo enologico che difficilmente smetteresti di ascoltare anche se, come vedremo, a volte vorresti saltargli alla gola per le sue affermazioni un pò di parte.
Ospite venerdì scorso dell'AIS Roma, Gaja ha tenuto due seminari per appassionati e addetti ai lavori dove, dividendo il palco solo con la sua ombra, ha tenuto un vero e proprio spettacolo da vivo esaltando prima di tutto il suo ego e poi il tanto pubblico presente.


Qual'è stato il Gaja pensiero? Cercando di sintetizzare il suo discorso possiamo distinguere vari punti (in corsivo le mie riflessioni):

  • Gli artigiani solo il sale del mondo del vino, devono fare il vino come vogliono e le loro scelte possono andare anche in controtendenza col mercato. Il problema, in tale ambito, è capire cosa intenda Gaja per artigiano perchè, dalle sue parole, note delle contraddizioni. Il produttore piemontese considera lui stesso un artigiano perchè ha vigne proprie, non acquista uve e mosto da terzi, ha una sua cantina di vinificazione e il vino che produce è destinato ad una certa fascia di consumatore (in tal caso di alto livello). Con 350.000 bottiglie prodotte Gaja può essere considerato un artigiano? E chi produce meno di 10.000 bottiglie come deve essere considerato? Un alchimista?
  • Capitolo Parker. Secondo il produttore piemontese il noto critico americano è stato fondamentale per il mondo del vino anche se deve essere considerato un'espressione della cultura d'oltreoceano. Negli Stati Uniti, infatti, il lettore vuole essere guidato dall'esperto e Parker è stato bravo a carpire la loro fiducia anche se, sottolinea Gaja, ciò vale espressamente per i vini opulenti. Parker, inoltre, ha avuto il merito di aver inventato la scala centesimale per giudicare un vino che ora, soprattutto nel mondo della critica anglosassone, non è visto più come un oggetto misterioso contornato di parole tecniche ed astruse. Il problema, non dichiarato da Gaja, è che Parker è stato "devastante" anche per migliaia di produttori che, a caccia del punteggione, hanno stravolto vini e territorio.
  • Capitolo Robert Mondavi. Ennesimo elogio al potente di turno che viene definito fondamentale per il mercato americano e, dopo, per quello mondiale. Motivo? Principalmente perchè Mondavi è stato il primo negli Stati Uniti, parliamo del 1966, a concepire e costruire una cantina per la produzione di Premium Wines in grandi volumi indipendentemente dal cru (W il territorio) e, secondo poi, perchè è stato il primo a inserire in etichetta il nome del varietale creando un fenomeno copiato col tempo da tutti, soprattutto in Europa. Mah, a me pare che a Bordeaux questo discorso l'avessero già imparato da tempo
 
  • Capitolo Antinori & Co. Gaja elogia il marchese soprattutto per la rivoluzione portata col Tignanello. Stoccata a quei blog (non ha detto il nome) che a suo dire ultimamente hanno "sbeffeggiato" il produttore toscano quando ha parlato di Montalcino dalla pagine di Decanter. Stesso discorso vale per Tachis, Sassicaia e via di seguito. Potente non tocca potente?
  • Capitolo Montalcino. Si ricorda la grandezza di Biondi Santi come leader storico di un territorio che, comunque, senza Banfi come leader di mercato non sarebbe mai decollato. Forse sarà anche vero ma una volta tanto vogliamo anche ricordare ciò che di negativo ha portato questa multinazionale del vino?
  • Capitolo nuovi mercati. Gaja analizza la situazione mondiale puntando per il prossimo futuro sul mercato cinese (1,3 miliardi di clienti potenziali), indiano, indonesiano, brasiliano e russo. Mi rimane difficile capire quando Gaja parla di artigiani del vino che devono attaccare questi mercati. Non si starà confondendo con Zonin o Santa Margherita?
  • Capitolo abuso di alcol. Non si può essere non d'accordo quando si sottolinea la necessità di non demonizzare il vino la cui immagine deve essere separata dalle altre bevande alcoliche anche perchè il tipo di alcol che c'è dentro è sostanzialmente diverso. Quello del vino è naturale perchè deriva da fermentazione alcolica.
  • Capitolo produttori italiani. Gaja si mette il vestito del Ministro del Vino italiano e suggerisce a tutti i produttori italiani di essere dei veri e propri comunicatori a 360°. Bisogna saper parlare al pubblico del proprio prodotto intrattendendo la platea in maniera teatrale. Piccoli Gaja crescono?
  • Capitolo social media. Nonostante i suoi 71 anni Gaja percepisce e sfrutta la potenza del web 2.0 che viene considerato il passaparola del futuro. I giudizi, ora, non sono più in mano ai grandi critici che, col tempo, perderanno di importanza e, soprattutto, cesseranno di valutare vini preparati appositamente per loro dalle cantine. La c.d. cuvée des journalistes non sono più una leggenda metropolitana.....
Spero che Angelo Gaja in persona o sua figlia leggano queste righe perchè vorrei ricordare loro della promessa di un futuro incontro con i blogger del vino. Ci conto eh!

    Il Sauvignon 2008 de Il Carpino è la mia Terra di Mezzo


    Mi capita spesso di riflettere a quello che di buono ho bevuto durante la settimana e, se ripenso alla cena al Tastevin di Roma, ancora mi rimbombano le parole di Daniele, patron sommelier del ristorante, che quasi imponendomelo mi dice:"Oggi ti faccio bere un sauvignon che pochi conoscono....".
    Effettivamente non conoscevo Il Carpino, un azienda familiare situata a due passi da Oslavia e dal maestro Gravner che, fortunatamente, non si è incensata mettendosi il mantello dei "naturali" anche se, probabilmente, potrebbe farne più che parte. 

    Foto panoramica dell'azienda.
    Leggendo il loro sito internet, infatti, appare chiaro come la realtà agricola della famiglia Sosol, nata nel 1987, pur non essendo certificata biologica pone il massimo dell'attenzione in vigna evitando l'uso di diserbanti (si preferisce fare lavorazioni sottofila), disseccanti ed OGM puntando, se necessario, solo sull'uso di prodotti per l'agricoltura biologica.
    In cantina si lavora senza l'aggiunta di mosti concentrati e filtri; l'unico concessione è l'aggiunta di una dose minima di solforosa al vino. 

    La famiglia al completo
    Il sauvignon 2008 che Daniele mi porta al tavolo fa parte della linea "Selezione" de Il Carpino. Il vitigno, impiantato nel 1987 su terreni marnosi ad una altitudine di 180 m. s.l.m., è stato vinificato attraverso una macerazione sulle bucce di circa 7 giorni a cui è seguito un affinamento in botte grande per 18 mesi.
    Inizialmente, essendo troppo freddo, il sauvignon non ha espresso il meglio nel bicchiere tirando fuori aromi non troppo "tipici" che andavano dal fungo alla pasta di mais. Scaldandosi ha cominciato a tirar fuori il suo vero carattere per cui, sequenzialmente, si sono potuti apprezzare sentori che andavano dal sambuco alla foglia di pomodoro fino ad arrivare al fumè e alla sassosa mineralità.
    In bocca il vino è sapido, deciso, fresco, vivissimo e di lunga persistenza. Finito in un attimo.


    Magari verrò smentito stasera stessa ma credo che il sauvignon de Il Carpino, per la tipologia, rappresenti una sorta di Terra di Mezzo dove Uomini, Hobbit, Troll, Nani e Orchi possano vivere felici e contenti senza esasperazioni e Compagnie dell'Anello di naturale memoria.......

    La bottiglia ecologica è di carta!


    È stata annunciata in Inghilterra l'imminente immissione sul mercato della prima bottiglia di vino interamente fatta di carta. Anche se agli enofili rischia di andar di traverso il primo sorso del loro vino preferito, l'azienda che ha realizzato questo prodotto innovativo ha già intavolato trattative con una importante catena di supermercati e assicura che la bottiglia di carta sarà sugli scaffali ai primi del nuovo anno. 
    Davanti alle preoccupanti previsioni che nei prossimi sette anni l'Inghilterra non avrà più terreni a disposizione da adibire a discariche per i rifiuti, l'azienda della bottiglia di carta sostiene che i contenitori biodegradabili saranno una soluzione importantissima al problema, tanto per i consumatori che per i produttori. 
    La bottiglia di carta pesa soltanto 55 grammi, rispetto ai 500 grammi di una bottiglia di vetro, e ciò significa che i costi di spedizione verranno considerevolmente ridotti. Inoltre, l'emissione di anidride carbonica per il nuovo contenitore arriva solo al 10 per cento di quella della classica bottiglia di vetro. La bottiglia di carta può essere inserita nel composter e si degrada nel giro di poche settimane.

    Fonte: http://www.bortonevivai.it
    Greenbottle, l'azienda che propone la novità, produce già la prima bottiglia di latte in carta al mondo, in rodaggio presso i supermercati Asda, nel sud ovest dell'Inghilterra, apprezzata dalla clientela più sensibile alle tematiche ambientali. Annualmente in Inghilterra vengono utilizzati oltre 15 milioni di bottiglie di plastica, la stragrande maggioranza delle quali finisce nelle discariche, dove impiegano quasi cinque secoli per decomporsi. 
    «Per quel che riguarda il latte, nei negozi dove sono disponibili, si vendono due-tre bottiglie di carta per ogni confezione di plastica» spiega Martin Myerscough, un imprenditore del Suffolk, inventore della bottiglia di carta. Myerscough ha messo in piedi la sua azienda quando ha appreso, dal gestore di una discarica, che le bottiglie di plastica rappresentano il peggiore grattacapo per quanto riguarda lo smaltimento. 
    Tuttavia, ha voluto conservare la forma della bottiglia del vino nel tentativo di rassicurare il consumatore. «Avremmo potuto spingerci oltre, ma abbiamo inventato un nuovo concetto e non è nostra intenzione spaventare il pubblico. Se vogliamo convincere il consumatore a modificare le sue abitudini, occorre invogliarlo gradualmente».

    La qualità chiatigiana a Roma


    Bellissimo evento che il mio amico Davide Bonucci sabato prossimo propone nell'elegante cornice del Larys di Via Basento 54 a Roma (ingresso degustazione con buffet, 15 euro).


    Dalle 14.30 a mezzanotte verranno presentati 14 produttori e organizzati due seminari sulla vita e i vini di Gambelli (euro 25) che dovrebbero avere questo schema:

    Ore 15
     
    Chianti Classico Villa Rosa Riserva 1971
    Chianti Classico Rodano Viacosta Riserva 1995
    Chianti Classico Bibbiano Montornello 95 (o 93 o 96 o 97)
    Il Sodaccio Montevertine 1997
    Salvino Podere Erbolo 2005 (o Pagliarese anni '70-'80)

    Ore 17
     
    Chianti Classico Villa Rosa Riserva 1969
    Cannaio Montevertine 1985
    Monna Claudia Rodano 1990
    Chianti Classico Bibbiano anni '70-'90
    Chianti Classico Monteraponi 2003

    I produttori presenti sono divisi per zone:

    Radda in Chianti

    Caparsa (con Paolo Cianferoni)
    Montevertine
    Monterinaldi (con Daniele Ciampi)
    Monteraponi (con Michele Braganti)
    Val delle Corti (con Roberto Bianchi)
    Lamole:
    Fattoria di Lamole (con Paolo Socci)
    I Fabbri (con Susanna Fabbri)
    Castellinuzza (con Serena Coccia)
    Castellinuzza e Piuca (con Simone Coccia)
    Castellina in Chianti:
    Bibbiano (con Tommaso Marrocchesi, seminario Gambelli)
    Villa Rosa
    Rodano
    Gaiole in Chianti
    Badia a Coltibuono (con Roberto Stucchi Prinetti)
    Podere Erbolo
    Val d’Elsa
    Fattoria di Cinciano

    Lista parziale dei vini presenti:

    Chianti Classico Riserva Baron’Ugo 2007 – Monteraponi
    Chianti Classico Riserva Il Campitello 2008 – Monteraponi
    Chianti Classico 2009 – Monteraponi
    Iugero Merlot 2008 – Monteraponi
    Chianti Classico 2003 – Monteraponi (seminario Gambelli)
    Chianti Classico 2008 – Monterinaldi
    Chianti Classico Mezzosecolo 2007 – Monterinaldi
    Chianti Classico Rierva 2005 – Monterinaldi
    Sestante Syrah 2009 – Monterinaldi
    Pesanella 2005 – Monterinaldi
    Vin Santo – Monterinaldi
    Pian del Ciampolo 2009 – Montevertine
    Il Montevertine 2008 – Montevertine
    Le Pergole Torte 2008 – Montevertine
    Cannaio 1985- Montevertine (seminario Gambelli)
    Il Sodaccio 1997 – Montevertine (seminario Gambelli)
    Rosso di Caparsa – Caparsa
    Chianti Classico Riserva Caparsino – Caparsa
    Chianti Classico Riserva Doccio a Matteo – Caparsa (piccola verticale di annate significative)
    Chianti Classico 2005 – Val delle Corti
    Chianti Classico Riserva 2007 – Val delle Corti
    Chianti Classico 2008 – Val delle Corti
    Chianti Classico Lamole 2008 – I Fabbri
    Chianti Classico Lamole 2009 – I Fabbri
    Chianti Classico Olinto 2009 – I Fabbri
    Chianti Classico Terre di Lamole 2009 – I Fabbri
    Chianti Classico I Fabbri 2004 – I Fabbri
    Chianti Classico I Fabbri 2009 – I Fabbri
    Chianti Classico Le Stinche Castello di Lamole 2007 – Fattoria di Lamole
    Chianti Classico Riserva Vigna Castello di Lamole 2007 – Fattoria di Lamole
    Chianti Classico Antico Lamole Vigna Grospoli 2008 – Fattoria di Lamole
    Chianti Classico 2009 – Castellinuzza
    Chianti Classico 2005 – Castellinuzza e Piuca
    Chianti Classico 2006 – Castellinuzza e Piuca
    Chianti Classico 2007 – Castellinuzza e Piuca
    Chianti Classico 2008 – Castellinuzza e Piuca
    Chianti Classico 2009 – Castellinuzza e Piuca
    Chianti Classico 2008 – Castello di Cinciano
    Chianti Classico Riserva 2007 – Castello di Cinciano
    Vin Santo – Castello di Cinciano
    Chianti Classico 2008 – Badia a Coltibuono
    Chianti Classico 2009 – Badia a Coltibuono
    Chianti Classico Riserva 1999 – Badia a Coltibuono
    Chianti Classico Riserva 2007 – Badia a Coltibuono
    Sangioveto 2007 – Badia a Coltibuono
    Vin Santo del Chianti Classico 2005 – Badia a Coltibuono
    Chianti Classico Montornello 1993 – Bibbiano
    Chianti Classico Montornello 1995 – Bibbiano
    Chianti Classico Montornello 1996 – Bibbiano
    Chianti Classico Montornello 1997 – Bibbiano
    Chianti Classico 2009 – Villa Rosa
    Chianti Classico Riserva 2007 – Villa Rosa
    Poggio ai Rovi 2008 – Villa Rosa
    Chianti Classico Riserva 1969 – Villa Rosa (seminario Gambelli)
    Chianti Classico Riserva 1971 – Villa Rosa (seminario Gambelli)
    Chianti Classico Riserva 1985 – Villa Rosa
    Chianti Classico Riserva 1986 – Villa Rosa
    Monna Claudia 1990 – Rodano (seminario Gambelli)
    Chianti Classico Riserva Viacosta 1995 – Rodano (seminario Gambelli)
    Salvino 2004 – Podere Erbolo
    Salvino 2005 – Podere Erbolo (seminario Gambelli)
    Salvino 2006 – Podere Erbolo

    Ah, c'è anche una cena finale su prenotazione a euro 35.

    Per info e prenotazioni:
    Mario Monfreda 0685305130

    Angelo Gaja domani all'AIS Roma


    Domani mattina parteciperò ad un interessante seminario che Angelo Gaja terrà all'AIS Roma, un occasione per festeggiare i suoi 50 anni di lavoro e per parlare di passato, presente e futuro del mondo del vino. 


    Visto che alla fine è previsto un dibattito con produttori, addetti del settore, sommelier e blogger, sto pensando a qualche domanda (cattiva) da fare tanto per animare un pò la giornata evitando i soliti salamelecchi che in tanti faranno.

    Io qualcosa in testa ce l'ho, un qualcosa che parla di disciplinare e barbera. E voi? Che domande fareste?

    Vignaioli di Langa 2011: piccoli appunti di degustazione


    Vignaioli di Langa 2011 sta diventando ormai un classico appuntamento romano e come tutti gli anni Tiziana Gallo fa un grande lavoro per portare nella mia città una bella selezione di produttori langaroli di grande classicità e prestigio.
    All'interno delle belle sale dell'hotel Columbus ho degustato tanti vini di grande spessore tra cui mi piace segnalare:

    Mascarello Giuseppe e Figlio - Barolo Monprivato 2006: non c'è verso, questo Barolo si distingue sempre per intensità e nitidezza di profumi che vanno dall'arancia amara alla cannella fino ad arrivare al timo e alla viola. La classe non è acqua nemmeno in bocca la salda struttura del nebbiolo fa da cornice ad un'anima fresca e ad una persistenza da lacrime che gioca su toni di liquirizia, radici e scorza di agrume. Un classico!


    Giuseppe Cortese - Barbaresco Rabaja Riserva 2004: prodotto solo nella annate eccezionali, questo nebbiolo prima di venire a noi fa 4 anni di botte grande e 3 di bottiglia. Il risultato? un Barbaresco di rara eleganza e profondità minerale con una bocca caratterizzata da tannini setosi e struttura nobile.
    Giuseppe Cortese - Barbaresco Rabaja 2008: delizioso, di grande bevibilità, sembra un piccolo grande Gattinara..e ho detto tutto!


    Giacomo Fenocchio - Barolo Villero 2007: da uve nebbiolo nelle sottovarietà Michet, Lampia e Rosè nasce questo vino di grande tradizione caratterizzato da sensazioni di mora, tabacco, eucalipto e ruggine. Bocca avvolgente anche se ancora dura e nervosa. 
    Giacomo Fenocchio - Barolo Bussia 2007: da terreni di carattere elveziano con sedimenti argillosi e calcarei, ricchi  di ferro nasce questo Barolo di corrispondente stampo minerale a cui si aggiungono col tempo sbuffi mentolati ed e floreali di rosa. Bocca ematica, nobile, ricca di materia che si farà col tempo.
    Giacomo Fenocchio - Barolo Cannubi 2007: da terreno tortoniano, marnoso, ricco di tufo e sabbia nasce questo Barolo ancora in fasce che si caratterizza per una bella carica di frutta rossa e note di sottobosco. L'architettura degustativa è rigida ma espressiva. Buon equilibrio.

    G.D. Vajra - Langhe DOC Freisa Kyè 2008: mi scuseranno gli amanti del sempre grande Barolo Bricco delle Viole 2007 ma questa Freisa, per me, rappresenta un vero "coup de coeur". Sembro cone l'orso nella marmellata quando mi perdo tra le sensazioni di viola, giacinto, anguria, amarena e spezie di questo vino che, goccia dopo goccia, unisce piacevolezza di beva e complessità da grande vino da invecchiamento. La mia Freisa.

    Milena Vaira
    Ada Nada - Barbaresco Valeirano 2008: un giro di passaparola tra appassionati mi porta da questo produttore che, mia colpa, non conoscevo. La sua batteria di tre Barbaresco è strabiliante. Il Valeirano, cru da vigne di oltre 40 anni, è austero e si apre su un bagaglio olfattivo fatto di radici, liquirizia, goudron. Bocca tesa, fresca, minerale, a tratti epica. Bono bono...
    Ada Nada - Barbaresco Elisa 2008: questo è davvero un nebbiolo che incanta, da vigne di oltre 70 anni, caratterizzato da sbuffi di ferro, di sangue, di terra, di erbe aromatiche. Struttura tosta senza essere massiccia con un tannino duro che evolverà. Una delle sorprese della giornata anche per il prezzo che non supera le venti euro.
    Ada Nada - Barbaresco Cichin 2008: è il più scontroso tra i tre, forse ancora più chiuso e compresso ma le potenzialità sono del grande vino da invecchiamento.

    Cascina della Rose - Barbera d'Alba Superiore "Donna Elena" 2008: il Barbera di questa piccola azienda per me è sempre un punto di riferimento nonostante l'annata non proprio di grazia. Succoso, tradizionale, fresco, materico. Provatelo.

    Adriano Marco e Vittorio - Barbaresco Basarin Riserva 2005: complesso, intenso, compatto, profondo. Non ai livelli di Cortese però, con 25 euro, vi comprate un campioncino.

    F.lli Cavallotto - Barolo Riserva Bricco Boschis Vigna San Giuseppe 2005: un claassico per chi ama i grandi Barolo. Ogni parola in più potrebbe essere superlflua.