"Nella mia casa di Velletri c’è un enorme frigorifero che sfugge alle regole della società dei consumi. Non è un “phiIcone”, uno spettacolare frigorifero panciuto color bianco polare. È di Iegno, e occupa una intera parete della grande cucina. Dalle quattro finestrelle si può spiarne l’interno, e bearsi della vista degli insaccati, dei formaggi, dei viteIIi, dei quarti di manzo che pendono, maestosi, dai Iucidi ganci.
Capita che ogni tanto, di mattina, mia moglie mi sorprenda inginocchiato davanti a questo feticcio, a questo totem dell’umana avventura. Me ne sto Iì, raccoIto in contemplazione, in attesa d’una ispirazione per iI pranzo.
Questa immagine, indubbiamente paradossaIe, può darvi una idea di quanto ascetico sia iI mio attaccamento ai prosaici piaceri della tavola, e quindi della vita; e di come, in fondo, io sia da considerare un martire deI focolare.
Disoccultiamo queste due sane, grandi e materialistiche passioni, per troppo tempo tenute nel ghetto della peccaminosità. Riesumiamo quella morale epicurea della gioia, della vita, che fece grande la romanità e il Rinascimento; riavviciniamoci con partecipazione al flusso ininterrotto e secolare della bava, dello sperma e della merda; recuperiamo, nel caso del cibo in particolare, una dimensione che si sta sempre più disfacendo, assediata com’è dalle schiere dei liofilizzati, dei surgelati, degli inscatolati".
Queste sono le parole, attualissime come non mai, che il grande Ugo Tognazzi scriveva qualche tempo fa ne L'abbuffone per cui mi ha fatto molto piace quando Gian Marco Tognazzi e il suo staff mi hanno invitato alla presentazione (un pò troppo mondana per me) de La Tognazza Amata, un progetto che in realtà è un vero e proprio stile di vita volto alla riscoperta delle sane tradizioni alimentari.
All'Os Club di Roma, una settimana fa, Gian Marco Tognazzi ha voluto presentare due vini, gli stessi che suo padre Ugo usava versare nei calici dei suoi ospiti, da Monicelli a Villaggio, da Gassman a Salce: Il Superiore della Tognazza, da uve trebbiano e malvasia e un rosso, il Syrah della Tognazza, prodotto dall'omonima uva dei vigneti di famiglia di Velletri.
Bevendoli mi sono rivenute in mente le parole di Gian Marco che ha dichiarato:"Abbiamo fatto come faceva mio padre, stando attenti alla qualità e alla genuinità. Non abbiamo voluto fare, e nemmeno Ugo lo avrebbe voluto, il vino ricercato, ma trovare il giusto rapporto fra genuinità e bontà.Non è che vogliamo fare una produzione come fossimo un agriturismo, noi restiamo fedeli alla filosofia di Ugo: cose fatte in casa per il piacere di condividerle. Non per niente le bottiglie della "Tognazza amata" saranno accompagnate da due frasi di papà, due pensieri che aveva fatto apposta per il suo vino".
Io che li ho bevuti più volte posso dire che i vini de La Tognazza non sono i classici prodotti commerciali, la famiglia non si sputtanerebbe per quattro baiocchi, per cui se li trovate, magari chiedete qui, non abbiate timore anche perchè stavolta garantisce Ugo Tognazzi!
Nessun commento:
Posta un commento