Una splendida serata in compagnia di Martino Manetti e Arcangelo Dandini

Arcangelo Dandini e Martino Manetti, ovvero uno dei migliori chef italiani e titolare del ristorante “L’Arcangelo” di Roma, ed uno dei “grandi” del vino italiano, papà del “Pergole Torte”, mitico IGT toscano. Grandissima gastronomia e grandissimi vini insieme per una cena che da tempo sognavo e che si è finalmente realizzata, con la compagnia di Stefania ed altri amici del forum GR, qualche venerdì fa a Roma. Il menù, creato ad hoc, dallo chef non poteva essere meglio: “stuzzichino” a base di polenta cacio e pepe (la farina proviene da una antichissima pannocchia italica chiamata “ottofile”) a cui è seguito un “Viaggio a Rocca Priora”, antipasto della memoria di Arcangelo Dandini a base di frittata di ramolacce, ricotta scottona e panunto. Sapori semplici, del territorio, ormai quasi persi per noi che abitiamo in città, a cui abbiamo abbinato l’M di Montevertine 1999, bianco non più in produzione, realizzato solo nelle migliori annate con uva Trebbiano al 50% e Malvasia al 50% e che effettua un affinamento in botti di rovere di Slavonia per un periodo di circa 24 mesi ed in bottiglia per circa 12 mesi. E’ un vero peccato che la ’99 sia l’ultima annata di questo grande bianco (sono stati estirpati nel 2000 i vitigni da cui era prodotto) perché è veramente interessante il naso dove le note di fiori gialli, mela cotogna e frutta secca si fondono in una scia minerale di grande eleganza. In bocca il vino è ancora giovane, strutturato e dotato di quella fervida freschezza che ben accompagna il nostro antipasto che richiedeva un vino fresco, sapido e dalla discreta persistenza finale. Gran bel prodotto l’M di Montevertine, un vino che a detta di Martino non è stato subito capito e che solo ora sta avendo il meritato successo. Il “primo” primo della serata è uno Spaghettone all'aglio rosso, parmigiano stravecchio e mosto cotto (dedica a Gabriele Bonci). Non sono molto bravo a parole, ma vi posso assicurare che questo piatto è la quadratura del cerchio della classica “ajo e oio”. Cottura divina, profumi perfettamente equilibrati ed un gusto che ti rimette a pace col mondo. L’abbinamento? Un delizioso Montevertine 2006, fratello più piccolo del Pergole Torte, che mi ha incantato per i profumi da “village” della Borgogna e per una freschezza ed un equilibrio da brividi. Un vino che per i suoi 20 euro circa rappresenta un prodotto dall’incredibile rapporto q/p. Il “secondo” primo è un altro piatto tipico della cucina laziale: la Matriciana. Che dire? Ne ho mangiate tante di “matriciane”, a casa o al ristorante, ma vi assicuro che questa fa parte di un’altra galassia per qualità di materie prime, preparazione e sapori. Il Pergole Torte 2006 ha degnamente accompagnato questo piatto. Vino appena uscito in commercio, è ancora giovanissimo e si caratterizza per gli intensi e suadenti profumi di lampone, ciliegia, visciola, viola a cui segue una fresca scia balsamica. Bocca ancora da equilibrare perfettamente, ma la materia prima c’è e la qualità si sente eccome. Dimenticatelo qualche anno in cantina e avrete uno dei migliori Pergole Torte prodotti. Parola di Martino!
Col filetto di bue piemontese in salsa di vino rosso e scalogni stufati, altro splendido piatto cucinato dallo chef e che mi fa capire come la carne buona non si trovi solo in Toscana o in Argentina, abbiniamo due “chicche” portate da Martino: il Novantuno di Sergio Manetti e il Sodaccio 1983. Il primo, dalla bellissima etichetta raffigurante un Sergio Manetti versione ballerino, è praticamente un Pergole Torte declassato visto che, a quel tempo, l’annata non si riteneva all’altezza (un po’ come è successo con il millesimo 2005 dove tutte le uve però sono confluite nel Montevertine). Avevano ragione a quel tempo a sminuire l’annata? Col senno del poi rispondiamo di no, il vino difatti è grandioso con i suoi ricordi di ciliegia matura, viola appassita, sottobosco, erbe aromatiche e una scia balsamica così intensa che la nostra mente ci evoca un campo di eucalipto. Al palato è ancora succoso, grintoso e soavemente armonico. Altro che, questo è un vero Pergole Torte, un grande Pergole Torte!
Il Sodaccio 1983, espressione di una vecchia vigna del 1972 che ora è stata espiantata, nonostante i capelli grigi dell’età che si riflettono nel suo colore aranciato, è ancora oggi un grandissimo vino con i suoi profumi di humus, fiori secchi, rabarbaro, grafite, un po’ di dado da brodo. In bocca il vino è ancora vivo, teso, convince appieno e, a dispetto dei suoi 25 anni, rimane ancora là, bello prepotente e con nessuna voglia di passare la mano.
Gran finale con una sublime cassatina di ricotta a cui abbiamo abbinato un Alsace Pinot Gris Rotenberg Vendange Tardive 1996 Domaine Zind Humbrecht portato dal fido Fabio “Redisasso” che, con questa chicca, ci ha portato dalla Toscana in Alsazia con un vino che alla cieca potremmo facilmente confondere con un riesling. Frutta gialla matura, spezie e un tocco di minerale per un vino che fa della grande freschezza il suo punto di forza e che lo porterà avanti per ancora tanto, tantissimo tempo.
Non saprei che altro aggiungere se non che è stata una serata fantastica, unica, dove la passione per il vino e la grande cucina si sono fuse dando vita a momenti di puro edonismo enogastronomico.
Arcangelo e Martino, che bello conoscervi!

Vino rosso, resveratrolo e salute: chi ha ragione??

Leggendo qualche articolo su vino e salute mi sono imbattuto in teorie che vedono il vino rosso come amico/nemico della nostra salute. La comunità scientifica sembra molto divisa sulla questione e tutto ciò certo non aumenta nè le nostre certezze nè la nostra fiducia verso questi ricercatori. Di che si tratta? Ecco a voi la spiegazione delle mie titubanze.
Le azioni terapeutiche del vino sono note dalla notte dei tempi, sia nella cultura asiatica che europea. In questi ultimi tempi le ricerche su base biochimica e molecolare hanno consentito di individuare il meccanismo d'azione delle sostanze contenute nel vino favorevolmente attive come antiossidanti. Tra i componenti del vino, il Resveratrolo è il fenolo più noto dal punto di vista terapeutico, tanto che la ricerca chimica sta individuando degli analoghi ai fini della commercializzazione. L'interesse in epoca moderna sui fenoli contenuti nel vino inizia con il rilievo del cosiddetto paradosso francese: la minore incidenza di malattie cardiovascolari nella popolazione del sud della Francia che consuma vino rosso, rispetto a popolazioni con dieta simile, ma priva di vino. Dopo alcune diatribe sull'efficacia del vino attribuita da alcuni alla componente alcolica, una serie di ricerche cliniche ha dimostrato maggiore efficacia del vino rispetto ad altri alcolici (birra,whisky), nella protezione dalle malattie cardiovascolari. Nel 1997, ricercatori statunitensi pubblicano sulla rivista " Science " una ricerca che dimostra l'arresto di crescita di cellule neoplastiche umane in coltura, aggiungendo Resveratrolo. Le ricerche iniziate in vitro sono continuate su molti tumori umani, e attualmente studi clinici valutano il ruolo del Resveratrolo nella prevenzione dei tumori. Tutto chiaro? Lo sapevamo tutti che il vino rosso allungava la vita no? E invece no!!!!!!!!!!!!! Tutte le mie certezze crollano quando leggo, lo scorso 26 febbraio, che bere anche un solo bicchiere di vino o di birra al giorno puo' aumentare il rischio di sviluppare un tumore, soprattutto nelle donne. L'allarmante notizia arriva da uno studio di un gruppo di ricercatori del britannico Centro di ricerche sul cancro, che si e' basato su una ricerca effettuata su oltre un milione di donne. Secondo gli scienziati, l'alcool e' responsabile, nel complesso, di circa il 13% dei tumori a seno, fegato, retto, bocca e gola. Per uno degli autori dello studio, Naomi Allen, "circa il 5% di tutti i tumori in Gran Bretagna sono dovuti al bere il 'bicchierino' di fine giornata". Durante i sette anni dello studio, pubblicato sul 'Journal of national Cancer Institute' un quarto del 1.300.000 donne esaminate ha riferito di non bere alcol. La maggior parte delle 'bevitrici' ha raccontato di consumare una media giornaliera di un bicchiere di vino o una birra media. Quasi 70.000 donne hanno sviluppato il cancro e gli scienziati hanno potuto ricavare un modello sul consumo di alcolici. Il risultato: l'abitudine di un bicchiere al giorno ha aumentato il rischio di sviluppare tumori nel 6% delle donne con meno di 75 anni. I ricercatori britannici hanno anche elaborato dati a seconda del tipo di cancro: un bicchiere al giorno aumenta del 12% il rischio di quello al seno, del 10 al retto, del 22% all'esofago, del 24 alla bocca e del 44% alla gola.

E ora chi ha ragione? Per fortuna che due giorni fa è uscito un altro articolo che spiega che un gruppo di ricercatori ha studiato un campione di 789 donne tra i 18 e 50 anni residenti nel Chianti, alle quali è stato sottoposto il questionario FSFI (Female Sexual Function Index) che valuta la funzionalità sessuale femminile attraverso 19 domande su diversi aspetti della sfera intima, dal desiderio all’interesse, dall’orgasmo alla soddisfazione. Dai risultati è emerso che le donne che bevono 1-2 bicchieri di nettare di Bacco al giorno (l’11%) hanno una sensualità migliore rispetto alle astemie (il 35%) o anche solo a quelle che bevono occasionalmente. Il merito della soddisfazione sessuale femminile? I polifenoli contenuti nel vino rosso, in particolar modo il resveratrolo.

MA ALLORA FA BENE O MALE IL VINO??????????????
(fonti: http://www.blogscienze.com, http://www.scienzaonline.com)

Il Verduzzo friulano di Denis Montanar

Macerazione in tini aperti di legno per 1 giorno, torchiatura manuale, fermentazione con lieviti naturali ed affinamento sulle fecce fini per 2 anni in barriques di rovere francese di 3°passaggio. Nessuna chiarifica e filtrazione. 1100 bottiglie prodotte all’anno.
Quanto sareste curiosi di degustare un vino bianco con le seguenti caratteristiche?
La mia di curiosità finalmente si è placata quando durante la manifestazione “La Renaissance des A.O.C.” a Roma ho potuto incontrare, anche se per pochissimi istanti data la folla di persone che era presente al suo banco, Denis Montanar, piccolo grande vignaiolo friulano che del rispetto della natura ha fatto una propria filosofia di vita.
Denis Montanar proviene da una famiglia di agricoltori da tre generazioni. Il suo impegno in questo settore inizia nel 1989, quando comincia ad occuparsi dell’azienda del nonno, prendendo in affitto i suoi vigneti. Successivamente acquista 2 ettari di terreno impiantandoli a vigneto
. Nel 1995, insieme alla moglie Alessia, decide di incrementare la loro proprietà, acquisendo 10,5 ettari di terreno e le case rurali annesse. Nasce così l’idea del progetto e del marchio derivanti dall’antico nome del borgo: Borc Dodon (in dialetto friulano). La coltivazione è a conduzione biologica da 8 anni per i vigneti e da 3 anni per il seminativo. Montanar produce nella sua azienda il Refosco dal peduncolo rosso, Uis Neris, Uis Blancis, Tocai, Merlot e Verduzzo friulano.
I suoi vini sono tutti “particolari”, unici, a partire dalla bottiglia il cui tappo di sughero viene “sigillato” attraverso una capsula in semplice cera d’api, materia che permette al vino di “respirare” pur mantenendo inalterate le sue caratteristiche organolettiche.
Venendo ora al suo Verduzzo Friulano Scodavacca 2002, questo vino proviene da un piccolo appezzamento di terra, meno di mezz’ettaro, caratterizzato da terreno prevalentemente argilloso e da vigne di otto anni di età piantate a guyot bilaterale che, grazie ad una densità per ettaro di
circa 6.500 ceppi e ad una cura maniacale in vigna, permettono un resa di circa 25 q/ha (bassissima!).
Già al colore il vino si mostra “anticonvenzionale” con il suo colore a metà strada tra il rosa chiaretto e il giallo dorato intenso (mi ricorda la tonalità di alcuni vecchi rosati della zona francese del Bandol), ma è il naso quello che stupisce di più coi i suoi sentori di frutta secca, miele di castagno, cera d’api, camomilla e noce moscata. Bocca che non tradisce, ampia, complessa di sfumature gustative e dotata di un equilibrio da applausi in quanto la componente alcolica del vino, e parliamo di 14,5%, è supportata ottimamente dalla freschezza e dal tannino (!) tipico dell’uva Verduzzo. Finale di buona persistenza e personalità che lascia in bocca delicati aromi di frutta secca, miele e spezie dolci.

Gambero Rosso e Slow Food. Fine di un amore?

La notizia è stata riportata ieri da Francesco Arrigoni sul sito del Corriere della Sera (http://webwinefood.corriere.it/2009/03/guida_vini_ditalia_divorzio_ga.html).
Gambero Rosso e Slow Food sembrano, e il condizionale è d'obbligo, sulla strada della separazione, più o meno consensuale, a causa di una serie di dissapori che, secondo l'autore dell'articolo, si possono così sintetizzare:
  • il cambiamento di proprietà e amministratori della società editrice del Gambero Rosso (la GRH spa) la cui quota di capitale è detunuta da una fiduciaria (e sui reali proprietari si sono fatte molte ipotesi tra le quali quelle di Paolo Panerai di Milano Finanza e l’imprenditore vinicolo Zonin, ma che da questi sono sempre state seccamente smentite;
  • l'estromissione dal Gambero Rosso di Stefano Bonilli;
  • la nascita della Federazione Vignaioli Indipendenti, la cui costituzione è stata ampiamente supportata da Slow Food che in tal modo abbandona le logiche dei grandi marchi per venire incontro ai piccoli vignaioli che spesso sulle guide trovano poco spazio.

Il futuro? E' tutto da vedere, intanto sul forum del Gambero Rosso ho aperto un topic per capire cosa ne pensano di tutto questo gli enoappassionati. Chissà che non mi risponda Cernilli...
(http://www.gamberorosso.it/grforum/viewtopic.php?f=13&t=58115&sid=c446951ce7b3a58b39e4d0c76a31fcb4)

Gli anni '80 e gli anni '90 di Josko Gravner

Sabato 21 Febbraio in occasione dell’Anteprima del Brunello, con qualche amico abbiamo stappato delle vecchie annate di Gravner, bottiglie quasi introvabili visto che parliamo del Riesling Italico 1988, del Pinot Grigio 1989, della Ribolla 1990, del Sauvignon 1992 e dello Chardonnay 1994.Cinque grandi vini e cinque sorprese nel bicchiere, positive o negative non importa, quello che conta è l'emozione che offrono perchè siamo tutti coscienti di trovarci di fronte ad un pezzo distoria del vino italiano.
Iniziamo col Riesling Italico 1988. Colore dorato intenso, al naso esprime una bella evoluzione con sentori di cera d’api, erbe alpine e funghi secchi che dopo qualche tempo virano su note di leggero idrocarburo e miele di castagno. Bocca meno espressiva del naso, si sente che il vino ha tanti anni sulle spalle e non riesce ad allungarsi come vorrebbe nonostante una bella vena acida. Ad averne, comunque, di vini bianchi d’annata così!
Il Pinot Grigio 1989, con tutte le distinzioni del caso, sembra un vino alsaziano, sia per l’integrità dimostrata, sia per le note aromatiche e gustative. Il Pinot di Gravner è un vino da camino, uno di quelli che ti berresti di inverno in uno chalet di montagna tante sono le analogie con la stagione: sentori di legno di pino, resine nobili, frutta secca, tartufo e un leggero affumicato fanno da cornice ad un prodotto che, a differenza del Riesling precedente, in bocca è vivo, polposo, dotato di uno stupendo equilibrio e di grande PAI. Mi innamoro sempre più di questo vitigno.
La Ribolla Gialla
1990 è sicuramente il vino più delicato ed elegante della batteria, a partire dal naso che presenta un quadro aromatico composto da frutta gialla e fiori di campo essiccati più qualche pennellata di pietra bianca ed erbe aromatiche. In bocca il vino è molto intenso, con una acidità ed una sapidità che ben equilibrano la vena alcolica ancora presente del vino. Finale persistente anche se non da numero uno. Vino femminile.
Con il Sauvignon 1992 siamo davanti ad un vero e proprio capolavoro. Ha sedici anni mapotresti tranquillamente dargliene uno o due tanto è giovane e fervido, a partire dal naso, intensissimo e molto tipico nei suoi profumi di frutta gialla matura, sambuco, scorza di agrumi, erbe aromatiche, foglia di pomodoro. Qualcuno accenna anche alla “benedetta” pipì di gatto…. In bocca il vino è un vero spettacolo: grasso, quasi masticabile, è equilibratissimo e per nulla stucchevole nella sua possanza. Persistenza da brividi. Da bere a litri, è un vino che ha davanti ancora tanto tanto tempo. Se qualcuno ne ha una bottiglia in cantina….pago bene!!
Le note dolenti iniziano e finiscono con lo Chardonnay 1994, un vino che sicuramente è stato conservato male visto che non posso pensare che un vitigno del genere non possa reggere il tempo (vedi alla voce Chardonnay di Borgogna). Magari anche Gravner ci avrà messo del suo, non so, ma questo vino è totalmente ossidato, a cominciare dal colore ambra scuro, per proseguire col naso, i cui aromi sembrano quelli del passito di Pantelleria, per finire con la bocca, totalmente “andata” e priva ormai della sua spina dorsale. Mi piacerebbe sentire un'altra bottiglia per fare il confronto.

Vendemmia a quattro stelle per l'annata 2005 del Taurasi Docg

Quattro stelle all'annata 2005 del vino Taurasi Docg. Lo ha stabilito un'apposita commissione formata da tecnici operanti in provincia di Avellino e presieduta da Luigi Moio, professore ordinario di Scienze e tecnologie alimentari all'Università di Napoli. Il rating attribuito dalla commissione equivale a un'annata ottima. Nel medio termine, potrebbe anche esserci un eventuale ritocco del giudizio, come già accaduto per il Taurasi 2001.
Gli enologi, riuniti per formulare una prima sintesi sul valore della vendemmia 2005, si sono concentrati sui principali aspetti produttivi e organolettici evidenziando il carattere "duro e austero" dell'annata, ma anche la notevole "integrità e complessità aromatica" di buona parte dei vini testati e il loro promettente potenziale di invecchiamento.
Da un punto di vista quantitativo, la 2005 è stata un'annata piuttosto scarsa per l'aglianico, base del Taurasi, specialmente se rapportata all'abbondante vendemmia 2004. In linea con i trend degli ultimi anni, diminuisce ulteriormente la produzione di aglianico destinato a Taurasi Docg. A fronte di 830 ettari iscritti all'Albo dei vigneti, le denunce di produzione si riferiscono a una superficie vitata pari a 262 ettari. Da questa superficie sono stati prodotti 14.999 quintali di uva e 9.749 ettolitri, pari a 1.299.953 bottiglie di Taurasi Docg della vendemmia 2005.
Sabato e domenica prossimi, a Taurasi, nel cuore dell'Irpinia, si svolgerà la settima edizione di Anteprima Taurasi Vendemmia 2005, presso il Castello Marchionale. (fonte apcom)

Un'altra bella realtà biologica: Fattoria di Bacchereto - Terre a mano

La Fattoria di Bacchereto si trova in Toscana, splendidamente adagiata sulle colline del Montalbano, zona del Carmignano D.O.C.G.
Durante la manifestazione La Renaissance des A.O.C. a Roma ho incontrato il loro giovane enologo che mi ha spiegato i loro metodi di produzione: basse rese per ettaro, limitato uso della solforosa, uso di soli concimi biologici, vendemmia rigorosamente manuale, nessun uso di lieviti selezionati, nessuna filtrazione o refrigerazione del mosto e del vino, maturazione del vino in botti di rovere di Allier da 350 litri seguito da un affinamento minimo di bottiglia di 6 mesi.
Nulla di nuovo sotto il cielo, sono pratiche abbastanza usuali per chi pratica la biodinamica, ma quello che però mi ha colpito è stato il modo in cui mi spiegava queste cose, traspirava la passione di una persona che credeva veramente in quelle che stava facendo e, dagli assaggi, lo fa veramente bene.
Fattoria di Bacchereto produce "solamente" tre vini: un bianco, il Sassocarlo Terre a Mano, un rosso, Carmignano D.O.C.G. Terre a Mano, e un vino passito, il Vin Santo di Carmignano DOC.
Il Sassocarlo Terre a Mano 2006 (Trebbiano Toscano 80%, Malvasia del Chianti 20%) si presenta di un bellissimo giallo dorato intenso e presenta un naso molto intenso di miele di zagara, confettura di mele cotogne, frutta secca. Al palato è morbido, ampio, intenso, perfettamente equilibrato dall'acidità. Ottima la persistenza finale. Intrigante espressione di trebbiano e malvasia toscana da vecchie vigne.
Il Carmignano D.O.C.G. Terre a Mano 2005 (Sangiovese 75%, Canaiolo Nero 10%, Cabernet Sauvignon 15%) è un vino dalle affascinanti note di frutta rossa, ciliegia e prugna su tutte, poi ci sono i fiori, la viola specialmente, e qualche nota di spezie dolci e tabacco. In bocca è equilibrato, vellutato, fine, caratteristiche che lo rendono di una beva fantastica. Bella scoperta.
Il Vin Santo di Carmignano DOC 1999 (Trebbiano 90%, Malvasia 10%) è molto tipico, tradizionale, ma non per questo scontato. Naso di agrumi canditi, mandorla, mallo di noce, fichi secchi, leggeri sentori eterei. In bocca privilegia le caratteristiche di morbidezza e alcolicità; lunghissimo finale gustativo di noce e frutta candita.

Anche la Francia alle prese con la legge anti-alcol

Girovagando tra la rete ho trovato questo articolo piuttosto inquietante di Marcel Michelson.

Le aziende vinicole francesi temono che i nuovi regolamenti a tutela della salute possano obbligarle a tenere le bottiglie sigillate nelle loro cantine, vietando le degustazioni e infliggendo un duro colpo al crescente turismo enogastronomico.
Il parlamento francese discuterà all'inizio di marzo una proposta di legge che prevede il divieto della vendita promozionale di bevande alcoliche per disincentivare il consumo eccessivo tra i giovani.
I produttori di vino temono che la cura si riveli peggiore della malattia, portando a un divieto delle degustazioni in un periodo in cui il settore è già colpito da forti limitazioni nella pubblicità e da progetti per contrastare la vendita online.
"E' inconcepibile, sarebbe un disastro e molte persone in Francia rischierebbero di perdere il lavoro. Le degustazioni sono parte integrante della promozione del vino, e servono ad educare la gente ad un consumo consapevole", ha detto Marie-Christine Tarby, direttrice dell'associazione Vino e Società.
Tarby ha precisato che la Francia è meno colpita dal "binge-drinking" rispetto ad altri paesi e che il vino non ha responsabilità nella diffusione di questo fenomeno.
Il rapporto difficile tra le aziende vinicole e le autorità francesi per la Sanità ha portato due giornalisti, Denis Saverot e Benoit Simmat, a pubblicare l'anno scorso un libro sul settore intitolato "In Vino Satanas!".
La frase -- che significa "nel vino c'è il diavolo" -- si rifà al detto latino "In Vino Veritas".
"Mentre tutti gli americani, i giapponesi e i cinesi sanno che la Francia è la patria del buon vino, la Francia vuole rinunciare a questo suo primato", argomentano i due giornalisti nel loro libro.
"Tutta la Francia? No, la Francia triste, che ha sostituito il glorioso slogan 'Libertà, Uguaglianza e Fratellanza' con 'Prevenzione, Precauzione e Sanità Pubblica'", aggiungono
.

(Fonte Reuters Italia)

Se dovesse passare veramente questa legge non soltanto ci rimetteremo noi appassionati di vino (che belle le degustazioni in cantina la scorsa estate a Bandol) e tutte le aziende produttrici ma, a ben vedere, anche tutto l'indotto (ristoranti, alberghi, etc.) subiranno un colpo non indifferente.

E se passasse anche da noi una legge così??

Anteprima Brunello 2009: luci e ombre da Montalcino

Domenica 22 Febbraio, finalmente la Fortezza di Montalcino ha aperto le porte anche ai non addetti ai lavori che, finalmente, hanno potuto apprezzare la nuova (grande?) annata del Brunello, la 2004, da molti (ma non da tutti) riconosciuta come un'annata da ricordare, un'annata a cinque stelle. Grande pubblico per una kermesse che poteva vantare sulla presenza di ben 146 produttori provenienti da tutta la zona di Montalcino (accidenti non pensavo ne esistessero così tanti!). Dura per un blogger degustare tutto e, infatti, eccomi qua a scrivere e segnalare solo le aziende che per un verso o per l'altro meritano una citazione:
Poggio dell'aquila - Brunello di Montalcino 2004: da una piccola azienda un gran bel Brunello, sicuramente di stile tradizionale, molto austero e dai contorni aromatici di liquirizia e piccoli frutti rossi. In bocca il vino è ricco, equilibrato e dotato di discreta persistenza. Un produttore di cui sentiremo parlare nel futuro.
Podere San Lorenzo - Brunello di Montalcino 2004: il mio amico Luciano non finisce mai di stupirmi col suo vino che in questa annata presenta un naso molto intenso di viola, frutti rossi e un leggero speziato. Al palato mostra stoffa da vendere con una trama tannica molto levigata, potente ed elegante. Vino di grande personalità.
Caparzo - Brunello di Montalcino 2004 Vigneto La Casa: da questo Cru aziendale posto a 275 metri di altezza con esposizione sud-sud/est nasce questo Brunello, molto tipico nelle sue note olfattive anche se in bocca risulta ancora tanto giovane, irruento nell'alcol e tanto ruvido col tannino. Forse un altro pò di bottiglia gli avrebbe fatto bene. Da aspettare sicuramente.
Castelgiocondo - Brunello di Montalcino 2004: vino molto simile al precedente con un naso molto floreale e fruttato ma che al palato risulta ancora troppo scisso tra le sue componenti morbide e dure. Sicuramente da attendere anche se difficilmente uscirà fuori un fuoriclasse...
Coldisole - Brunello di Montalcino 2004: naso molto scuro caratterizzato da note terziarie di humus, viola passita e frutta rossa matura. Al palato il vino risulta una piacevole sorpresa, grande equilibrio e persistenza. Se il tempo gli fornirà anche carattere sarà un gran vino.
Il Colle - Brunello di Montalcino 2004: naso evoluto di fiori secchi, terra bagnata e frutta matura in confettura. In bocca ha buona corrispondenza con il naso e una struttura tannica ben equilibrata dall'alcol. Bella persistenza. Piacevole sorpresa.
La Serena - Brunello di Montalcino 2004: naso molto matura con una prevalenza di sentori selvatici e di sottobosco. Elegante e sapido al gusto. Un vino che si lascia bere senza grandi esaltazioni.
Lambardi - Brunello di Montalcino 2004: naso incentrato su note di fiori, frutti di bosco e talco. In bocca è ricco e polposo anche se forse gli alcoli non sono ancora perfettamente integrati.
Le Macioche - Brunello di Montalcino 2004: all'olfattiva il vino presenta intensi profumi floreali e una straordinaria freschezza. Fine ed equilibrato in bocca, Le Macioche è un Brunello da tenere sicuramente in cantina.
Le Ragnaie - Brunello di Montalcino 2004: il mio amico Riccardo mi presenta un vino dai variegati toni floreali seguiti da tantissima frutta di bosco e da una bella e intensa scia balsamica. Al palato è coinvolgente, di corpo, con un buon equilibrio e buona persistenza. Vino dal bellissimo futuro!

Lisini - Brunello di Montalcino 2004: naso molto intenso che evoca la fragolina di bosco, il ribes, la viola mammola e le spezie nere. Al palato il vino scopre la sua bella struttura le cui componenti avvolgono una notevole quantità di tannini maturi, rendendo l’assaggio già molto gradevole in questa fase giovanile. Sicuramente uno dei migliori Brunello degustati.
Mastrojanni - Brunello di Montalcino 2004 Vigna Schiena d'Asino: qua siamo di fronte al capolavoro assoluto, un vino che stacca nettamente tutti gli altri (anche a detta di tanti giornalisti conosciuti). Un Brunello che già oggi lascia stupiti dove frutta, fiori e spezie formano un bouquet aromatico da lasciare senza fiato. Al palato possiamo notare la tanta "ciccia" del vino anche se il tutto è perfettamente integrato in un equilibrio da vero numero uno. Grande oggi e sicuramente grandissimo tra qualche anno questo Brunello 2004. Mastrojanni ha davvero lavorato bene.

Premio BlogCafè 2009 - Votate per il mio Blog?

Ragazzi con grande soddisfazione sono stato inserito tra i partecipanti al premio BlogCafè 2009, concorso indetto per votare il miglior blog del vino, il miglior Blog del food (ricette e ristorazione), il miglior blog in assoluto del 2009.
E' una sfida impossibile per me confrontarmi con i mostri sacri del web però ci voglio provare, voglio capire quanto un blog come il mio, totalmente indipendente e forse un pò "casareccio", è seguito ed apprezzato dagli internauti.
Se volete votare andate qua e scegliete come sempre Percorsi di Vino: http://www.squisito.org/blogcafe/?q=node/79

P.S: a brevissimo tutto il resoconto sull'Anteprima del Brunello 2009, tra luci ed ombre...

Benvenuto Brunello eccomi!!! Montalcino arrivo!!

Sono di partenza, la valigia è pronta, il blocchetto degli appunti pure e il mio palato...forse.
Montalcino sto arrivando, con un carico di curiosità ed emozione per il mio primo Benvenuto Brunello (a dire il vero anche lo scorso anno ero andato ma c'era talmente tanto casino che sono uscito per disperazione quasi subito).
Il viaggio in Toscana mi permetterà di ritrovare qualche amico (Podere San Lorenzo e Le Ragnaie aspettatemi...) e, soprattutto, mi permetterà di farmi una idea precisa di questa annata, la 2004, che è stata premiata con cinque stelle (il massimo punteggio). E' tutta vera gloria? Vedremo.
Il mio personale programma (fate finta ora di essere interessati) prevede per sabato uno straordinario pranzo\degustazione vicino Montalcino dove con i miei amici senesi berremo del Gravner d'annata, sette splendidi e rarissimi bianchi: Riesling Italico 1988, Pinot Grigio 1989, Ribolla 1990, Bianco 1991, Sauvignon 1992, Chardonnay 1994, Ribolla 1995.
Il programma del pomeriggio prevede, oltre ad una visita in cantina presso Le Ragnaie, un giro al Museo del Brunello per la manifestazione "Montalcino del sorriso" dedicata ai giovani produttori che presenteranno la loro azienda e i loro vini. Non male!
E la domenica mattina? Alzataccia e via a Benvenuto Brunello per un'overdose di Sangiovese..........ma è Sangiovese????? A tal proposito sarà interessante capire che aria tira dopo lo "scandalo" Brunello....

A presto per un report dettagliato.

La Renaissance des A.O.C. a Roma: scopriamo Podere Còncori

Il 13 febbraio scorso presso la Città dell'altra economia di Roma si è tenuta la manifestazione "Tasting of the Renaissance Italia " che vedeva la partecipazione dei vignaioli italiani facenti parte della "Renaissance des Aoc", gruppo creato da Nicolas Joly e che oggi può vantare sull'adesione di 152 viticoltori di 13 differenti paesi (http://www.biodynamy.com/charte-de-qualite-fr.php). Tutti gli affiliati al gruppo devono rispettare una Carta di Qualità il cui obiettivo è quello di ridare pieno significato al terroir sganciando il vino da qualsivoglia logica tecnologica il cui esasperato utilizzo in cantina provoca solo assenza di tipicità e originalità del prodotto finale. Questo significa che Tasting of the Renaissance Italia è una vera e propria fiera del vino biologico, prodotto da uve provenienti da vigneti curati con metodi esclusivamente naturali, vendemmiate a mano e vinificate solamente con lieviti indigeni, rispettando il processo naturale di fermentazione che darà vita a vini che verranno commercializzati senza alcuna chiarificazione e filtrazione (è solo possibile aggiungere un minimo di solforosa).
Aggirandomi tra i banchi di degustazione il mio interesse si è rivolto, anche per il poco tempo che avevo a disposizione, solo su alcuni produttori. Il primo di questi è Podere Còncori (http://www.podereconcori.com/), azienda toscana magistralmente condotta da Gabriele Da Prato, primo vigneron della Garfagnana e Media Valle, una zona che era totalmente priva di aziende vitivinicole quando Gabriele decise per la prima volta di produrre vino al fine di ridare dignità territoriale a questa antica produzione.
Attualmente l'azienda è composta da tre ettari di vigneto, esposto perfettamente
a sud e situato su cinque colletti a circa 250 metri di altitudine, dove vengono coltivati sangiovese, merlot, syrah e altre varietà autoctone.
Durante la mia visita al banco di assaggio ho potuto apprezzare, oltre ad un più che discreto Podere Concori bianco, il loro unico rosso aziendale, il Melograno 2007, un I.G.T. Toscana da uve Syrah, Ciliegiolo, Carrarese, Pinot Nero, più altri vitigni autoctoni. Vino di un bel rosso rubino vivace, si caratterizza per le piacevoli note di frutta di bosco, marasca, prugna, pepe ed erbe di campo. Bocca fresca, con ottimo frutto maturo e bella struttura anche se il tannino andrebbe smussato ancora un pò. Finale di discreta lunghezza per un vino caratterizzato da una bellissima beva. Prima di andar via dal banco di degustazione mi è stata offerta un piccola chicca finale: una vendemmia tardiva da uva Gewurztraminer più altri vitigni autoctoni locali. Un vino molto interessante, ancora in fase di affinamento, che presenta floreali note di rosa canina, peonia e fragola di bosco. Attenderò con ansia la commercializzazione.

Romanée Conti: il Domaine si ingrandisce!

Udite udite, il più famoso Domaine del mondo si ingrandisce! Davvero? Eh sì, infatti la Romanée Conti da qualche mese fa ha rilevato la gestione di tre grand cru situati sulle colline di Corton ed appartenenti agli eredi del principe Florent de Mérode. Fonti ufficiali parlano di un contratto di affitto in base al quale il Domaine ha acquisito circa 1,2 ettari di Corton Bressandes, 0,57 ettari di Clos du Roi e 0,51 ettari di Rénardes, parcelle dalle quali il Domaine produrrà altrettanti grand cru da pinot nero. Questi vini saranno i primi rossi che DRC produrrà in Côte de Beaune, attività, questa, che all'interno dello stesso territorio si affiancherà alla già affermata produzione di chardonnay dalla piccolissima parcella posseduta a Montrachet.
"Dopo che il principe e la principessa de Mérode morirono sei mesi fa, fummo contattati dai loro figli che ci offrirono la possibilità di prendere in locazione questi tre grandi cru situati a Corton" ha spiegato Aubert de Villaine, condirettore del Domaine, durante la conferenza stampa di presentazione. "Questi vigneti sono situati nel cuore storico della denominazione e sono costituiti da una buona percentuale di vecchi vitigni, due fattori che ci fanno ben sperare nella futura produzione di grandissimi vini".
Prodotti a partire dalla vendemmia 2009, i tre rossi saranno commercializzati, come al solito in poche unità, solo a partire dal 2012.
La Côte de Beaune sarà la nuova terra di conquista de La Romanée Conti? Chissà, nel frattempo possiamo solo sperare che le nostre tasche ci possano permettere di acquistare questi nuovi tre grandi vini. Appuntamento tra tre anni!!!!

Antonio Galloni e la sua Toscana 2006

Antonio Galloni, inviato di Robert Parker in Italia, come ogni anni si è espresso circa la i vini della Toscana nel millesimo 2006 e, a giudicare dai giudizi, gli sono piaciuti molto anche se, come accade sempre, ci sono delle "simpatiche" sorprese.
Galloni, nel suo articolo, sostiene che in questa annata i vini della Toscana hanno raggiunto punte di elevata qualità in tutta la Regione anche se, secondo lui, sarà la Maremma a produrre i vini migliori.
Ma come sono questi vini? Secondo Galloni, le condizioni climatiche in Toscana hanno permesso ai produttori di raccogliere uva di elevata qualità, un'uva vendemmiata in piena maturazione fenolica che porterà a vini di molto fruttati, concentrati, equilibrati ma, soprattutto, strutturati.
Cosa significa tutto questo? Che avremo vini che potranno essere immediatamente goduti fin da giovani ma che, visto la loro struttura e se adeguatamente conservati, daranno grandi soddisfazione tra qualche anno. Sempre secondo Galloni l'unico problema per queste bottiglie sarà il loro prezzo! Ti credo, aggiungo io, se gli dai dei punteggi così alti è normale che la ristoratori, enotecare, distributori ed enosboroni tutti faranno a gara per accaparrarsi qualche bottiglia. Questo è talmente vero che già prevedo molta speculazione attorno al Masseto 2006 sia per i suoi 99 punti Parker sia perchè parte della sua produzione andrà in mano, per la prima volta, ai negociants di Bordeaux. Si salvi chi può!!

E i voti? Eccoli!!

Masseto 2006 99/100

Messorio 2006 98/100

Gabbro 2006 97/100

Ornellaia 2006 97/100

Syrah 2006 Tua Rita 97/100

Redigaffi 2006 97/100

Flaccianello 2006 96/100

Nardo 2006 96/100

Giusto di Notri 2006 96/100

Il Blu 2006 95/100

Eneo 95/100

Galatrona 2006 95/100

Solaia 2006 94/100

Serre Nuove 2006 94/100

Ilatraia 2006 93/100

Testamatta 2006 93/100

Cepparello 2006 93/100

Boggina 2006 93/100

Perlato del Bosco 2006 93/100

Scrio 2006 92+/100

Tignanello 2006 92/100

La Pineta 2006 92/100

Rocca di Frassinello 2006 92/100

Guado al Tasso 2006 91/100

Chianti Classico 2006 Fontodi 91/100

Torrione 2006 90/100

Campanaio 2006 90/100

Rosso dei Notri 2006 90/100

Annibale, il Nero di Troia firmato I Colossi

I Colossi, giovane azienda famigliare pugliese capitanata da Nunzio Cristallo, è una di quella piccole realtà vitivinicole italiane da tenere sotto controllo perchè incentra tutta la sua filosofia produttiva su un unico grande obiettivo: valorizzare i prodotti della terra di origine, in particolare della zona del barlettano. Per rappresentare adeguatamente la propria terra natia, Nunzio decide di puntare subito valorizzando un grande vitigno autoctono pugliese come il Nero di Troia, un'uva le cui origini si perdono nella notte dei tempi ma che, come fa capire il suo nome, è legata sicuramente alla città di Troia. Si narra, a tal proposito, che il mitico eroe greco Diomede, conclusasi la guerra di Troia, navigasse per il mare Adriatico fino a risalire il fiume Ofanto e lì, trovato il luogo ideale, vi ancorasse la nave con delle pietre delle mura della città di Troia che aveva portato con sé come zavorra, utilizzandole come cippi di confine per delimitare il territorio di quelli da quel momento si chiamarono i Campi Diomedei. Sempre la leggenda aggiunge che Diomede aveva portato con sé, come ricordo, dei tralci di vite della sua terra che, piantati sulle rive dell’Ofanto, dettero origine all’Uva di Troia. E oggi? Fortunatamente l'Uva di Troia non è più destinata a semplice vino da taglio ma come vitigno da vinificare in purezza perchè ricco di personalità e complessità. E di tutto questo Nunzio Cristallo se ne è accorto e ha prodotto il suo "Annibale", vino la cui immagine si ispira alla Battaglia di Canne a cui prese parte il famoso condottiero carteginese Annibale.
Di un bel colore rosso rubino intenso, al naso il vino rivela aromi molti intensi di confettura di ciliegie, ribes e mirtillo seguiti da sensazioni di ciclamino e melograno. In bocca il vini rispecchia la sua terra di origine, è caldo, intenso, con una tannicità ben evidente ma bilanciata dalle componenti morbide del vino, alcol soprattutto. Il finale è di buona persistenza su ricordi di prugna e ciliegia. Concludendo un vino molto interessante e dallo splendido rapporto qualità prezzo, poco più di cinque euro per una bottiglia. Avanti così Nunzio, l'esordio è promettente!

Perle di Borgogna alla Mucca Golosa di Anguillara

La mia ragazza, una bella compagnia di amici “sbevazzoni”, un’ottima cucina e tutto il meglio che la Borgogna (tranne qualche “intruso”) può offrire, questi sono stati gli ingredienti della bella serata trascorsa venerdì scorso presso il ristorante “La Mucca Golosa” di Anguillara Sabazia, bellissimo paese affacciato sul lago di Bracciano, vicino Roma.
André Beaufort Ambonnay Grand Cru Brut 1989, Domaine Bonneau du Martray Corton Charlemagne 1996, Rossignol-Trapet Chambertin 2005, Domaine de la Romanee Conti La Tâche grand cru 2004, Barattieri Vin Santo di Albarola 1996 sono state le perle enologiche che hanno deliziato i nostri palati e che sono stati esaltati dall’ottima cucina del ristorante che, proprio per questa cena, ha studiato un menù ad hoc.
Pronti, via, e iniziamo con lo Champagne di Beaufort ottimamente abbinato al micro panino di trippa centopelli con fonduta di Raschera e polpettine di trippa fritte. Sarà stata l’alta temperatura di servizio che lo ha penalizzato, ma di certo questo Champagne è stato forse il “peggior” vino della serata o, meglio, è quello che ho meno apprezzato. Di un colore giallo dorato, quasi ambrato, al naso esprime note di cotognata, datteri, miele, nocciola e caramella mou. Nonostante l’età, al palato è ancora abbastanza fresco ed equilibrato anche se manca di potenza, caratteristica che ti fa gridare al miracolo quando magari bevi Krug di pari annata. Che abbia già scollinato?
Il Bonneau du Martray 1996, grande Chardonnay di Borgogna, ce lo servono mentre arriva un golosissimo risotto con Bettelmat e salame Strolghino. C’e chi sostiene che sia leggermente ossidato ma, per me il vino, nonostante gli apparenti “difetti” di gioventù, sembra godere di buona salute già dal colore, un bellissimo giallo dorato carico. Interessante l’olfattiva dove si gioca su toni di miele d’acacia, caramello, frutta matura e tanto tanto minerale (pietra bianca su tutti). Se cercate uno chardonnay dove la frutta tropicale la faccia da padrone, allora questo vino non fa per voi, qua parliamo di classe allo stato puro dove alcol, acidità e toni minerali convivono in perfetta armonia. Ottima persistenza.
E arriviamo al primo pinot nero della serata, un pinot di razza sopraffina questo Chambertin 2005 abbinato ad un buonissimo Cochinillo iberico de pata negra, vera chicca gastronomica della serata. Da un grande millesimo, questo vino, nonostante sia ancora un bimbo in fasce, è già godibilissimo ora con un naso tutto fiori rossi, frutta di rovo, goudron e rabarbaro. In bocca si sente la grande materia di questo pinot di Borgogna, fine e concentrata, piacevolissima la carezza del tannino, fervida l’acidità, in un gioco dove equilibrio e persistenza gustativa sono da vero fuoriclasse.
Il La Tâche 2004 è sicuramente il vino della serata e ci viene servito col suo ideale accompagnamento, un piatto di piccione selvatico farcito con i suoi fegatelli. Passato l'attimo di timore reverenziale, metto il naso nel bicchiere e capisco, comprendo per la prima volta la differenza tra un grandissimo vino (come poteva essere lo Chambertin precedente) e un vino mito. Naso ipnotico, multidimensionale e multiemozionale dove si rincorrono note di viola, cassis, fragolina di bosco, mora di rovo, spezie esotiche, sottobosco, incenso, cannella ed eucalipto. Può bastare? Alla gustativa il vino è come te lo aspetti, ampio, setoso, di grande equilibrio e caratterizzato da un finale interminabile giocato su ritorni di spezie e frutta. Vino indimenticabile nonostante il 2004 non sia il suo miglior millesimo.
Terminiamo la serata con una bavarese di ricotta di bufala con gelatina di miele di cardo abbinata al Vin Santo ‘96 Barattieri, un vino pressoché virtuale con le sue poche centinaia di bottiglie all’anno. Ambrato, denso (il vino non è filtrato), al naso esprime senza sorprese le caratteristiche della Malvasia Aromatica di Candia: mallo di noce, albicocca disidratata, fico secco, miele di castagno, zabaione. Bocca di grande personalità per un vino dalla grande beva grazie alla sferzante acidità che equilibra ottimamente il notevole residuo zuccherino. La persistenza? Vi dico solo che son tornato a casa e lo sentivo ancora.
Ringrazio tutti della bellissima serata, unica e indimenticabile come la Borgogna e il suo Pinot Noir. Alla prossima.

Piccola sosta al Domaine Josmeyer - Alsazia

Arriviamo al Domaine Josmeyer per pure caso passando per l'innevato paesino di Wintzenheim. E' il quattro gennaio quando, dirigendoci verso Trimbach, vediamo sulla destra una piccola insegna che indica l'entrata di questo importante produttore alsaziano. La cantina è aperta al pubblico, decidiamo di entrare, perche no?
Ci accoglie la simpatica signora Silvie un pò incredula del fatto che due italiani sfidino la neve e il vento per voler degustare i loro vini. Silvie ci fa accomodare all'inteno della sala degustazioni e ci parla dell'azienda. Il Domaine Josmeyer, fondato da Aloyse Meyer nel lontano 1854, si estende per ben 25 ettari (5 dei quali classificati Grand Cru) tra i paesi di Turckheim, Wintzenheim e Wettolsheim. Tutti i vigneti sono coltivati secondo rigorose metodologie di viticoltura biologica al fine di perseguire la massima qualità possibile attraverso l'ausilio di sane pratiche colturali e un rigoroso controllo della produzione. In tale ambito particolare interesse ci ha suscitato il racconto del processo di vinificazione che inizia con la raccolta di uve perfettamente mature che vengono sottoposte a pressatura soffice per un periodo che varia tra le tre e le otto ore. Il mosto fiore viene fatto fermentare attraverso l'ausilio di lieviti autoctoni, inizialmente in serbatoio di acciao per poi passare all'interno di botti di legno di circa cento anni. Completata la fermentazione, la svinatura viene effettuata all'aria aperta. Altra particolarità riguarda la stabilizzazione del vino, che avviene naturalmente durante la stagione invernale, e la malolattica, che non è effettuata ed è in qualche modo compensata da un leggero filtraggio del vino prima dell'imbottigliamento.
E' tempo di bere ora. La signora Silvie, dato il nostro esiguo tempo a disposizione, ci porta due sole bottiglie, due Grand Cru.
Il Pinot Gris Grand Cru Hengst 2002 è un vino estremamente ricco e opulento, al naso si esprime subito con netti sentori di pesca gialla matura, albicocca, bergamotto e una vibrante nota di frutta secca. Estremamente equilibrato in bocca grazie ad una bella vena fresca, chiude persistente su ricordi di frutta gialla e nocciola. Per chi ci crede 92/100 Wine Spectator.
Cambiamo vitigno ma non annata col prossimo vino, un Gewurztraminer Grand Cru Hengst 2002, un vino che all'olfatto ci inebria con la sentori di miele, scorza di arancio, fiori gialli e un tocco di spezie (zenzero). Bocca ricca ed equilibrata, dotata di una bella materia. Finale di grande lunghezza, accompagnato da una bellissima nota di miele e zenzero. Ottimo. 92/100 Wine Spectator e 92-93/100 International Wine Cellar.
Finisco l'articolo ringraziando pubblicamente la signora Silvie e tutto il Domaine Josmeyer ripromettendomi, quando torneremo in Alsazia, di dare più spazio a questo altro grande produttore francese. A presto.

UNA NUOVA VITA PER L'EST!EST!!EST!!! ? AL VIA LA REVISIONE DEL DISCIPLINARE

E' passato tanto, tantissimo tempo da quando il vescovo Johannens Defuk, intenditore di vini, mandò il suo coppiere Martino come avanscoperta lungo la via per Roma per assaggiare e scegliere i vini migliori, scrivendo "est", ovvero "c'è", vicino alla porta della locanda che lo dava in degustazione. E' circa il 1111 quando il fidato Martino, arrivato a Montefiascone, fu talmente "folgorato" dalla piacevolezza del locale che per comunicare al suo padrone la qualità eccezionale di quel vino, decise di ripetere per tre volte il segnale convenuto e di rafforzare il messaggio con ben sei punti esclamativi: Est! Est!! Est!!! E oggi? E' ancora il grande vino di una volta? La risposta, purtroppo è negativa, l'est! est!! est!!! è forse uno di quei vini, insieme al Frascati, che a livello di immagine più sconta le errate decisioni della maggior parte dei produttori del luogo che hanno fatto della quantità la loro filisofia di produzione. Di questa pessima immagine di vino dalla facile beva (per non dire da osteria) fortunatamente se ne sono resi conto un pò tutti, a cominciare dall'Arsial che, attraverso il progetto 'Agricoltura Qualita'' e in stretta sinergia con i soggetti della filiera, ha garantito l'assistenza tecnica nella stesura dell'intero dossier tecnico-scientifico-storico necessario per la presentazione delle richiesta di revisione del disciplinare al Mipaaf.
Come è oggi l'attuale disciplinare? Oltre a Montefiascone , tradizionale luogo d’origine di questa famosa “denominazione” viterbese, l’Est Est Est può essere prodotto a Bolsena , San Lorenzo Nuovo, Grotte di Castro , Capodimonte, Marta e Gradoli. Viene vinificato con le uve attraverso l'ausilio di trebbiano toscano (65%), malvasia bianca toscana (20%) e rossetto, detto anche trebbiano giallo (15%). La resa massima generosamente permessa dal disciplinare della Doc è di 130 quintali per ettaro, mentre la resa di uva in vino non deve superare il 70% . Gradazione alcolica minima consentita 10,5°. Può essere Secco, Abboccato o Amabile.
Serve altro per capire di cosa stiamo parlando? Ci vorrebbe oggi un moderno Martino che sappia capire che la quantità non paga e che scelte più razionali di produzione potrebbero rilanciare finalmente questo vino che potrebbe fare da concorrenza al Frascati in una costruttiva lotta fratricida che permetta finalmente al Lazio, la mia Regione, di non essere più il fanalino di coda dell'Italia del vino.

Vini del supermercato: Nero d'Avola Barone di Bernaj

Parte oggi una rubrica tutta nuova che vuole esplorare il mondo dei vini del supermercato, prodotti venduti in grande quantità e che troviamo sulle tavole della maggior parte degli italiani (sempre che sia vero che in Italia la gran parte dei vini venduti abbia un prezzo entro gli 11 euro).
Curioso di verificare se sotto il negozio di casa mia vendano delle piccole grandi chicche enologiche dal fantastico rapporto qualità/prezzo, ho deciso di valutare su Percorsi Di Vino solo i vini venduti in offerta promozionale all'interno dei supermercati.
La mia scelta a questo punto non poteva non cadere su questo Nero d'Avola Barone di Bernaj venduto alla modica cifra di 1.90 euro e pubblicizzato con mega poster in tutto l'esercizio. commerciale.

Arrivato a casa non faccio altro che stappare e versare nel mio fidato calice questo vino siciliano. Risultato? Bene, direi che alla vista questo nero d'avola si presenta con un colore rosso rubino con riflessi violacei, mentre al naso come unico aggettivo mi viene solo vinoso. Caspita, dico tra me e me, sembra chiuso, possibile? E che cavolo, nemmeno fosse un Monfortino del 1947! Aspetto un altro pò, faccio girare e rigirare il vino nel calice ma...nulla, il vino rimane col suo odore vinoso, forse una leggera marasca ma nulla di più. Vabbè, penso io, magari sarà meglio in bocca. Disastro!! Alla gustativa posso paragonare questo nero d'avola ad un bicchiere di acqua addizionato di alcol e un goccio di succo di uva rossa. Deglutisco e via, sembra di aver non bevuto il nulla, persistenza pari a zero così come complessità ed eleganza che al confronto un Tavernello sembra un barbaresco di Gaja.
Ok, penso io, ma che vuoi aspettarti da un vino da nemmeno due euro? E no!!! Perchè sono proprio questi vini che rovinano l'immagine enologica italiana. Cosa deve pensare un comsumatore medio quando vedrà in enoteca un Don Antonio a 16 euro? Semplice, che è pazzo colui che per un vinello come quello che ha comprato al supermercato spende quasi otto volte di più.
Sono davvero contenti di queste bottiglie i produttori seri di nero d'avola oppure sarebbe opportuno che si crei un consorzio per tutelare il prestigio del vino?

Paolo Carlo Ghislandi e la sua Cascina I Carpini

Paolo Carlo Ghislandi è una persona vera. Inizio così questo mio piccolo articolo perché conoscendolo di persona non ho potuto che apprezzare le qualità umane e tecniche di questo manager prestato alla vigna o, sarebbe meglio dire, autentico vignaiolo che vive anche di information tecnology.
Paolo è uno dei pochi produttori on line, spesso lo si incontra in siti o forum enogastronomici dove raramente chi produce vino ci mette la faccia, ma lui no, è lì a spiegare a tutti, dal neofita al primo dei sommelier, come produce il vino, la sua filosofia, addirittura dà vita a filmati dove possiamo vedere i suoi esperimenti in cantina (mitico quello in cui ci fa capire la differenza tra vino fatto con lieviti indigeni o selezionati).
Da buon curioso non posso non contattarlo e iniziare così un “corteggiamento” virtuale che si concretizza lo scorso dicembre quando lo incontrati finalmente di persona ad Eat-Alia, bella manifestazione enogastronomica promossa da Cosimo Errede.
Saluti e abbracci ed inizia la parte più ostica per me: degustare i suoi vini, dando un giudizio libero da condizionamenti, con la paura che tutto ciò che mi aveva decantato riguardo la sua produzione non trovasse una adeguata risposta al palato.
I vini di Cascina I Carpini sono, come li definisce Paolo, vini d’arte, simili a sinfonie o quadri di autore dove tutte le sfumature del vino che si beve devono creare emozione, la stessa che si prova quando siamo di fronte ad un capolavoro artistico.
Rigore, rispetto delle tradizioni e del territorio, vitigni che sono veri e propri Cru aziendali da coccolare anno dopo anno, questa è la filosofia aziendale di Cascina I Carpini che produce i suoi vini utilizzando prettamente Barbera, vitigno di antichissime tradizioni all’interno della DOC Colli Tortonesi, che viene vendemmiato manualmente e portato subito in cantina dove viene vinificato con tecniche rigorose mantenendo intatta la qualità dell’uva.
Paolo mi fa iniziare il percorso degustativo partendo dal suo unico (per ora visto che tra un po’ uscirà il suo Timorasso) bianco, il Rugiada del Mattino 2007. Da uve Favorita, Cortese e Barbera Bianca, è un vino che esprime al naso belle e nette sensazioni di susina gialla, fiori di pesco, a cui fa da sfondo una gradevole scia minerale. Bocca caratterizzata da buona acidità e persistenza. Ottimo vino base in attesa del momento del Timorasso.
La scommessa inizia ora, davanti al Barbera, vitigno sì tipico della zona tortonese ma che ho sempre pensato desse vita ad un vino abbastanza rustico e dalla facile beva. Mi devo subito ricredere davanti al Sette Zolle 2007. Da uva Barbera con lieve aggiunta di Cabernet Sauvignon e Croatina, il Sette Zolle è il mio vino base, il vino di tutti i giorni che vorrei sulla mia tavola. Vino non complesso ma comunque dalla sfumature aromatiche nette di piccoli frutti rossi, rosa appassita e un leggero speziato. Al palato è fresco, equilibrato, di buona persistenza. Da bere a litri in compagnia degli amici preferiti.
Il Falò di Ottobre 2005 rappresenta il punto di ritorno. Da uve Barbera, Freisa e Cabernet Sauvignon, è un vino, per dirla come Paolo, dotato di charme femminile, anzi è il vino Femmina di Cascina I Carpini in quanto dotato di suadenti profumi di mora di bosco e marasca, seguiti da toni vegetali classici del Cabernet a cui si aggiungono piccole sfumature di spezie dolci e viola appassita. Palato vellutato, fine, con una acidità ben equilibrata dall’alcol. Chiude lungo su note di frutta di rovo. Chapeau!
L’ultimo vino, il Bruma d’Autunno 2004, rappresenta la scommessa vinta da Paolo, vinificare in purezza un grande barbera. Circa 2500 bottiglie per un vino di grande complessità aromatica, frutta rossa quasi in confettura, viola, spezie, cacao, sottobosco, sono tutte note che si rincorrono creando una unica sinfonia, un vero Vino d’Arte la cui eleganza si fa sentire soprattutto in bocca con un tannino quanto mai vellutato ed elegante. Fresco e di buona persistenza è un vino che, con tutti i distinguo del caso, sta al barbera come il nebbiolo sta al Barolo. Paragone esagerato?