A Natale se ne vedono di tutte, anche l'abbinamento tra Franciacorta e cioccolato

Girovagando per la rete (http://www.alimentapress.it/dblog/articolo.asp?articolo=2898) mi sono imbattuto in questo articolo. All'inizio non volevo credere ai miei occhi, però poi leggendo bene l'incubo si è trasformato in realtà: stanno davvero abbinando lo spumante, Franciacorta che sia, al cioccolato, alimento che, data la sua grassezza lo vedo abbinanato solo ad un ottimo distillato, ad esempio un rum agricolo. E questi invece che fanno? Sfruttando l'ignoranza delle persone, enologicamente parlando, ci stanno facendo credere che possa reggere questo tipo di abbinamento. Provare per credere? No grazie! A voi il giudizio dell'articolo:

Quando due piaceri s’incontrano nasce un abbinamento sublime e insolito. Questo il pensiero alla base della proposta che, per la prima volta, fa incontrare il Franciacorta Rosè e il cioccolato goloso.
Una proposta unica di Bersi Serlini, cantina in Franciacorta dal 1886, e di T’a - sentimento Italiano, il nuovo Brand di Tancredi e Alberto Alemagna. Una Magnum Rosé (Chardonnay 70% and Pinot Noir 30% ) e 15 cioccolatini (latte 40% con aggiunta di Gianduia) sono racchiusi in una seducente confezione che comunica attraverso un contrasto di colori che esaltano le caratteristiche dei due prodotti: un caldo e voluttuoso marrone cacao con inserti di un acceso e dirompente rosa fucsia. L’effetto del Franciacorta Bersi Serlini Rosè su questo cioccolato, a lungo studiato dai maestri cioccolatieri di T’a – sentimento italiano, è sorprendente: morbido cioccolato, solleticato da delicate bollicine che liberano un piacere profondo.
Un regalo originale che parla di piacere e di gusto a chi durante le feste vuole per sé e per i propri cari un momento unico, nella migliore tradizione delle famiglie Bersi Serlini e Alemagna. Cioccolato&Rosè è distribuito in scatole limited edition nelle migliori enoteche, gastronomie e boutique del cibo goloso.
Bersi Serlini, in Franciacorta dal 1886, è una storica azienda che si contraddistingue per la forte vocazione alle bollicine DOCG e produce vini con immutata passione da tre generazioni. Otto i Franciacorta prodotti, otto le tipologie di questo straordinario vino che raccontano l’unicità e l’originalità di un’azienda che ha saputo coniugare tradizione e modernità, territorio e innovazione, passione e cultura. Arricchiscono e completano la gamma dei prodotti le piccole produzioni di Curtefranca DOC, bianco e rosso, e quella delle grappe. Le bollicine Bersi Serlini sono quasi interamente prodotte con uve Chardonnay, il vitigno per eccellenza, che dona eleganza e finezza, finissimo perlage e profumi floreali nel bicchiere. Energia elegante, bollicine finissime, danza nel bicchiere, piaceri intimi ed eleganti nel palato. Energia pronta a festeggiare. I vigneti, 35 ettari interamente di proprietà dell’azienda, sono coltivati applicando i principi della Coltura Ecoambientale, con un ridotto utilizzo di trattamenti e quindi un maggiore rispetto per l'ambiente. T’a - Sentimento Italiano è un brand nuovo e giovane che combina tradizione e creatività. Il cioccolato T’a – Sentimento Italiano, fatto a regola d’arte, nato dal desiderio di Tancredi e Alberto Alemagna, giovanissimi e appassionati, di raccogliere un’eredità familiare votata alla qualità e all’innovazione, è proposto come lusso goloso da concedersi soli o da condividere in ogni occasione.

Aiutiamo l'AMREF regalando Rosso di Natale

Attraverso l'acquisto di queste splendide bottiglie Etikè Italia SRL sostiene il progetto vaccinazioni di Amref. Ti offriamo la possibilità di regalare queste uniche bottiglie di vino da collezione con etichetta in ceramica fatta a mano, in più ogni bottiglia è confezionata singolarmente. Un regalo prestigioso e di sicuro effetto, perfetto per la tavola natalizia. Non solo un regalo eccezionale ma un aiuto a sostenere il progetto vaccinazioni di Amref attivo in Nord Uganda a favore dei bambini sotto i 5 anni contro le malattie infettive più pericolose.
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Sassicaia 2000 oppure Ornellaia 2000?

Stesso millesimo e due "miti nel bicchiere". Degustati all'ultima asta romana di Gelardini & Romani la comparazione è stata oggetto di discussione tra i "sassicaisti" (che brutto termine ho coniato) e gli "ornellisti" (pure quest'altro....).
Secondo me sono vini ben diversi, il primo molto fine, elegante e forse molto più pronto di un Ornellaia a cui gioverebbe un altro pò di bottiglia visto il tannino ancora non troppo digerito.
In particolare, ho trovato il Sassicaia 2000 di un bel colore rubino intenso con unghia leggermente granata, al naso i classici sentori del cabernet sono abbastanza nitidi, esce subito la belle nota di peperone seguita da più eleganti sensazioni di frutta rossa matura, caffè, sottobosco, cacao, che si fondono con un bella vena balsamica e speziata. Al palato si capisce subito perchè il Sassicaia è un gran vino in quanto armonicità, eleganza e consistenza si fondono perfettamente originando tannini setosi e un finale che non finisce mai. Lo comparo ad una ballerina étoile della Scala.
L'Ornellaia 2000 già al naso è un vino più maschio, forse è il merlot gli aggiunge quella componente di vigoria, chi lo sa. Resta il fatto che anche questo vino ha un colore ancora molto vivo, giovane, un rosso rubino intenso che promette e mantiene, differenziandosi con il sassicaia, un naso molto più fruttato, qua c'è sia frutta rossa matura che frutta nera di rovo e solo in un secondo momento escono profumi di cioccolato fondente, liquirizia e un leggero vegetale. La bocca non mi ha convinto molto: sicuramente un vino di grande corpo ed equilibrio, ma i tannini li ho trovati ancora in fase di evoluzione, non perfettamente integrati nonostante siano passati otto anni. Finale lunhgissimo che chiude con una leggerissima scia amarognola. Lo paragono ad un pugile con un grande futuro davanti.

I Vini delle Sabbie

Per "Vini delle Sabbie" si intendono quei vini prodotti con uve allevati su "terreni sabbiosi", cioè un suolo la cui tessitura preveda almeno l'85% di sabbua; se poi un "terreno sabbioso" ha anche meno del 6% di argilla, dal pundo di vista agronomico viene definito "non fillosserico", vale a dire è possibile teoricamente piantare la vite "franco piede", cioè senza portinnesto, che è invece prerogativa della viticoltura europea per le vicende a tutti note.

Durante una delle degustazioni guidate ad Eat-Alia, sono stati presentati alcuni "vini delle sabbie", provenienti da varie zone d'Italia, ciò a dimostrare che tali terreni sono sparsi nel nostro paese da nord a sud. In particolare sono stati presentati i seguenti vini:

Vermentino Li Pastini 2007 - Cantina Li Seddi

Da vigneti della bassa gallura, a 200 metri dal mare, è un vermentino che gioca tutte le sue carte su una splendida nota sapida (e non poteva esser altro) e su eleganti sentori di frutta gialla (susina e pesca) e fiori bianchi. Bevuto fresco la nota alcolica del vino, ben 15°, è ben equilibrata dalla vivace acidità. Buon finale dal tipico retrogusto ammandorlato.


Grecomusc' 2007 - Contrade di Taurasi
Contrade di Taurasi”, una piccola azienda agricola a conduzione familiare di 5 ettari, produce questo particolare vino da uve grecomusc' (che non è un clone del greco), prodotte da vigneti di età media di oltre 70 anni sparsi nel territorio di Taurasi e che Sandro Lonardo ha nel corso degli anni contribuito a salvare dall'oblio e dall'estinzione. Il vino nel bicchiere si presenta all'olfattiva un pò monocorde sulla frutta bianca e un bel minerale di pietra focaia. In bocca troviamo la vera sorpresa perchè il vino ha un grande equilibrio, freschezza e alcolicità si fondono insieme in un caldo abbraccio dando vita ad un vino dalla grande beva nonostante i suoi 15°.

Grecomusc' 2006 - Contrade di Taurasi

Rispetto al fratello minore, questo vino si caratterizza per sensazioni olfattive più fruttate e floreali. La lieve malolattica effettuata, rispetto alla versione 2007, determina una minore acidità che comunque è ancora una volta bene bilanciata dall'alcol che per questo millesimo si attesta attorno ai 14°.

Duna della Puja 2007 - Azienda Vitivinicola Mariotti

Giorgio Mariotti produce i suoi vini sui terrreni sabbiosi e salmastri del Bosco Eliceo, divenendo uno dei promotori della DOC nel 1989. Il cuore dell'azienda è il Fondo Luogaccio situato a San Giuseppe di Comacchio: all'interno del vigneto si trovano i resti della "Duna della Puja, che fornisce il nome al cru aziendale che abbiamo degustato. Da 100% uve Fortana, il vino di un bel colore rosso rubino, si presenta al naso con sentori di ciliegia, lampone, spezie dolci, rosa passita. In bocca il vino, come ben si presumeva dall'esame olfattivo, risulta morbido (forse troppo), caldo, vellutato. Finale di media persistenza su ritorni di frutta rossa matura. Un vino tecnicamente ineccepibile ma che non lascia particolari emozioni.

Serra della Contessa 2004 - Benanti

Un vino dell'etna, da terreni sabbiosi ricchissimi di minerali, il Serra della Contessa, da uve nerello mascalese e nerello cappuccio, si presenta di un colore rubino intenso con un naso dove si rincorrono le sensazioni di frutta nera di rovo, minerale e selvatico. In bocca è caldo, intenso, con un attacco leggermente tannico ben equilibrato dall'alcol. Finale persistente dove tornano i ricordi di mora e lampone. Vino ben fatto che a mio parere manca di personalità. L'Etna propone decisamente vini migliori e più emozionanti!

Fontodi Pinot Nero "Case Via" 2006: perchè?

Ammetto che sono di parte, io AMO alla follia il Pinot Nero della Borgogna, AMO la sua eleganza, il suo fascino, la sua potenza sempre misurata e mai eccessiva. Certo, per bere bene in Borgogna bisogna spendere qualche decina di euro, però superata quella soglia avremo sempre di fronta grandissime bottiglie di Pinot Nero, uva che considero personalmente Autoctona della zona. Pertanto, ogni tentativo di vinificazione in altre aree significa adattare il pinot e non farlo esprimere come dovrebbe e meriterebbe. Quanto detto assume rilevanza e significato quando ci si trova, e spiegherò il motivo, davanti ad una bottiglia di Pinot Nero "Case Via" 2006, vino prodotto da Fontodi, storica azienda del chiantigiano che produce, tra i suoi vini, il Flaccianello della Pieve, uno dei primi grandi supertuscan prodotti unicamente con uve Sangiovese.
Il "Case Via", degustato insieme ad altri sommelier, già al colore non lo riconoscerei come pinot nero in quanto cromaticamente si presenta rosso rubino di buona intensità e non quasi trasparente come dovrebbe. Al naso presenta principalmente sentori selvatici, di humus, cuoio. Solo dopo, timidamente, cominciano a uscire i frutti rossi e un lieve floreale. Se all'olfattiva il vino può anche passare, e alla gustativa che perde, e non pochi, colpi. L'ingresso in bocca è caldo ma subito si avverte l'irruenza del tannino così straripante, polveroso, che rende il vino abbastanza scomposto. Cavolo ma stiamo bevendo un Pinot Nero o un Chianti Classico? Finale di media persistenza su ricordi di ciliegia matura e sottobosco.
Conclusioni: un vino che sembra quasi un Chianti, forse si dovrebbe migliorare l'uso del legno oppure ritardare l'uscita del vino aumentando il periodo di affinamento in bottiglia che ora è di almeno sei mesi. Ma non si accorgono in azienda che il vino così commercializzato li penalizza? Se dovessi essere un neofita che assaggia per la prima volta un pinot nero, dopo questa esperienza sensoriale, cambierei tipologia di vino. E non dimentichiamoci che costa oltre venti euro sullo scaffale.....

Non potevamo certo dormire senza la classifica del Wine Enthusiast Magazine: la top cellar selection of 2008

Wine Enthusiast, così come è di prassi in questi ultimi tempi, ha anch'esso pubblicato la sua classifica ufficiale dei migliori 100 vini del 2008. Una lista che, a prima vista, risulta più equilibrata e meno sensazionalistica rispetto a quella redata da Wine Spectator, e che pone come fattori determinanti per l'inserimento o meno di un vino, oltre al punteggio, anche il suo prezzo e la sua reperibilità. Questo è il motivo per cui non trovere inserito Chateau Petrus 2005 che pur avendo 100 punti ha un prezzo superiore ai 6000 dollari con una scarsa reperibilità in commercio.
La parte del leone della classifica (che trovate su http://www.winemag.com/Media/PublicationsArticle/Cellar%20Selects_0.pdf) la fa la Francia con 38 vini e l'Italia con 16 vini. In tale ambito particolare enfasi è stata data al millesimo 2005 dei Grands Crus de Bordeaux e al millesimo 2004 dei vini toscani.
Numero uno della lista è lo Chateau Leoville-Barton 2005 Saint-Julien, un vino che viene descritto come potente ed elegante al tempo stesso e che avrà grandi margini di miglioramenti futuri.
E gli italiani in classifica? Due toscani nella top 10: il sempre più american oriented Fattoria Petrolo - Galatrona 2004 e l'immenso Avignonesi - Occhio di Pernice 1995, uno dei migliori vini dolci del mondo a cui la rivista ha attribuito un più che meritato 100. Gli altri italiani, cioè toscani, in classifica sono: Tenuta dell'Ornellaia - Masseto 2004 (15° posto con 99 punti), Bibi Graetz - Testamatta 2004 (21° posto con 96 punti), Le Macchiole - Paleo 2004 (27° posto con 96 punti), Tenuta San Guido - Sassicaia 2004 (32° posto con 97 punti), Tenuta Poggio al Tesoro - W Dedicato a Walter 2005 (36° posto con 95 punti), Antonio Caggiano - Vigna Macchia dei Goti 2004 (37° posto con 94 punti), Marchesi Antinori - Solaia 2004 (40° posto con 96 punti), Fattoria Le Pupille - Saffredi 2004 (47° posto con 95 punti), Castello del Terriccio -Castello del Terriccio 2004 (52° posto con 95 punti), Feudi di San Gregorio - Piano di Montevergine Riserva 2001 (74° posto con 93 punti), Biondi Santi - Brunello di Montalcino Riserva 2001 (77° posto con 96 punti), Masi - Amarone della Valpolicella Classico Mazzano 2001 (84° posto con 94 punti), Tua Rita - Redigaffi 2005 (87° posto con 95 punti).

Piccola considerazione finale: e i Barolo 2004? e il Piemonte??? Signori avete tralasciato un pezzo di grande enologia italiana. Vabbè, meglio così, ce lo berremo noi alla faccia degli americani che sorseggiano solo Toscana...

Di ritorno da Eat-Alia: piccoli appunti di un viaggio alla scoperta del gusto

Eccoci di ritorno dalla prima edizione di Eat-Alia, suggestiva kermesse enogastronomica organizzata da Cosimo Errede, col valido supporto di Pamela Guerra, all'interno del bellissimo Castello Ducale Orsini Bottoni nelcentro storico di Fiano Romano (Roma). Che dire, è stata una giornata ricca di emozioni perchè ho incontrato vecchi e nuovi amici e ho scoperto tantissime realtà enogastronomiche di grande interesse. Tanti sono i ringraziamenti che vorrei fare: anzitutto vorrei ringraziare Cosimo e Pamela per la loro ospitalità e la grande cura che hanno messo nel mettere in piedi una manifestazione simile. Ragazzi continiuate così. Dopo di che vorrei ringraziare Davide Canina de "La Terra dei Vini" con cui collaboreremo sicuramente in futuro a Roma, insieme al mio Enoclub, per promuovere i vini piemontesi da lui selezionati (seguiranno articoli ad hoc per le degustazioni effettuate). Menzione d'onore ai prodotti della Brencio di cui ho potuto degustare i buonissimi formaggi sott'olio e le formidabili marmellate. Aspetto campionatura....
Un altro incontro importante è stato quello con Luciano di Podere San Lorenzo per la passione che mi ha tramesso parlando della sua piccola grande azienda di Montalcino. Anche a te, se vorrai, ti dico a presto.....
Altro caloroso abbraccio va alle signore dell'ADRICESTA onlus per quanto fanno per i bambini più bisognosi. Bellissima e calorosissima è la vostra sciarpa e a presto per una serata di beneficenza, magari anche con Alessandro Preziosi come ospite d'onore.
Un altro caloroso ringraziamento va fatto poi alla regione Puglia per avermi fatto scoprire due realtà "golose": la prima è rappresentata da "Sapori di Casa", una piccola azienda familiare che produce sottoli, sughi, patè, sciroppati e confetture di grande qualità. Medaglia d'oro per la confettura extra di uva. L'altra bella realtà pugliese è rappresentata dall'azienda vitivinicola "I Colossi" che col suo Nero di Troia mi ha davvero sorpreso: una qualità del genere a cinque euro al dettaglio è difficilmente perseguibile. Continua così Nunzio, vedrai che sarai i tuoi sforzi verranno premiati. Ti aspetto a Roma!
Proseguo il mio percorso andando a ringraziare Paolo Carlo Ghislandi di Cascina Carpini perchè mi ha fatto cambiare idea sul barbera: è vero Paolo, vinificato come si deve da vita a grandissimi vini e il tuo Brama d'Autunno, di cui seguiranno note gustative, rappresenta un vero capolavoro. Sarò per me un onore presentarti a Roma! Grazie anche a tua moglie per il buonissimo Olio del Garda che mi ha fatto degustare, una vera perla.
Virtualmente vorrei poi stingere la mano, per la competenza e la passione dimostrata, ad altri produttori e esperti del settore che ho incontrato durante la mia permanenza ad Eat-alia: Domenico Sciutteri dell'associazione "Gustamente", il signor Sandro dell'azienda "Cantine Lonardo" per la singolare esperienza organolettica avuta durante la degustazione del suo "Grecomusc", Daniele Chiappone dell'azienda piemontese "Erede di Chiappone Armando" per il suo bellissimo Barbera d'Asti d.o.c. superiore Nizza 'RU', altro esempio di come si può fare un bel vino da uve barbera, e Filippo Ronco, grande capo vinixiano.
Concludo questa mia panoramica menzionando e ringraziando ancora una volta Cosimo Errede per la caparbietà con la quale ha raggiunto il suo sogno, tutti noi dovremmo prendere lezioni da lui in questo.
Al prossimo anno con Eat-Alia!

Elena Walch e il suo Gewurztraminer Kastelaz 2007

Sarò strano io, ma se qualcuno mi chiedesse di pensare all'archetipo di un vino bianco dell'Alto Adige a me verrebbe di istinto pensare ad un vino color verdolino con spiccate caratteristiche di freschezza e bevibilità. Sempre più, invece, mi imbatto in vini bianchi che sembrano prodotti nel sud Italia visto i loro 15° alcolici e il colore giallo dorato intenso. Ma perchè? Perchè anche Elena Walch, brava produttrice, ha ceduto alla moda di creare questi vini così grassi? Perchè le guide, dal canto loro, continuano a premiare questi vini che tutto sono meno che territoriali?
Il Gewürztraminer Kastelaz nasce dall'omonimo "Cru" posto su una collina ripida, perfettamente esposta a sud, situato nel cuore di Tramin, punto di riferimento di un’area ricca di vigneti ad alta densità per ettaro.
Di un giallo dorato carico, presenta al naso sentori di frutta tropicale (papaya, litchi, ananas maturo), agrumi, camomilla, rosa gialla, miele. Una olfattiva di una grande intensità dove, e questo forse è l'unico pregio del vino, non si sente per nulla l'elevata gradazione alcolica.
In bocca il vino è grasso, opulente, concentrato, di buona sapidità e media freschezza, caratteristica che a mio parere penalizza un pò il vino rendendelo ancoro più pesante. Grande, ovviamente, la persistenza.
La domanda che ora mi faccio è: su un vino così che cavolo ci abbino? Talmente è potente e polposo che moltissimi piatti risulterebbero totalmente sovrastati. E poi, ma se metto un vino bianco così a inizio pasto come devo continuare? Con un rosso a 17 gradi? Povero fegato mio!
Ragazzi non ditemi allora che è da meditazione, perchè preferisco allora preferisco bere altro, magari accompagnato da un sigaro cubano.
Ma allora sto vino che cosa è!?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!??!!?!?

Eat-Alia, parte da Fiano Romano la scommessa di Cosimo Erede..

Grandi vini italiani, accompagnati da miele, formaggi, salumi e dolci preparati dalle mani esperte di produttori e artigiani, proprio come una volta: arriva Eat-Alia http://www.eatalia.eu/, la rassegna enogastronomica che racconta il mondo del gusto e delle tipicità italiane.Una lunga lista di produttori http://www.eatalia.eu/espositori.php provenienti da tutta Italia, che nel Castello di Fiano Romano, esporranno e promuoveranno i loro prodotti ma avranno anche la possibilità di venderli direttamente al pubblico. In convenzione e col supporto tecnico dell'Associazione Romana Sommelier, verrà allestito un banco di assaggio di vini IGT, DOC e DOCG laziali e non solo.

Molti gli eventi in programma per le due giornate di manifestazione, che si aprirà con una conferenza. Figuranti in costume medievale accompagneranno la permanenza dei visitatori nelle sale, ad opera dell'Associazione Culturale Giovanna d'Arco di Cerveteri, da anni attiva nel settore della rievocazioni storiche, nell'organizzazione di banchetti, feste e matrimoni medievali. Per le giornate di sabato e domenica è stata organizzata un'agenda di incontri, dedicati esclusivamente agli operatori, durante i quali le aziende potranno presentarsi e presentare i loro prodotti ad un pubblico selezionato, per incentivare ed affinare i network commerciali B2B. Attireranno l'attenzione dei grandi appassionati le degustazioni guidate dedicate a rari vitigni italiani; per la giornata di sabato è prevista la degustazione "I vini delle sabbie", dedicata ai rari vini provenienti da vitigni da piede franco; mentre nella giornata di domenica, si svolgerà la degustazione "Vitigni rari piemontesi". Per il pubblico dei tanti appassionati che visiteranno la manifestazione, è stato indetto un piccolo concorso fotografico <http://www.eatalia.eu/news-dettaglio.php?id_news=19> amatoriale dal titolo "La mia Eat-Alia": uno sguardo, un sorriso, un momento particolare o simpatico della permanenza all'interno del Castello Ducale di Fiano Romano i giorni 6 e 7 dicembre. In palio una macchina fotografica digitale e vini offerti dalle aziende Cascina I Carpini (AL) e Li Seddi (OT).

Percorsi Di Vino sarà presente alla manifestazione, sarà occasione per incontrare amici vecchi e nuovi. Se andate non mancate di provare i vini laziali di Sergio Mottura, Cantina Cerquetta e Casale Marchese, vere chicche enologiche del panorama della mia Regione. A presto con un articolo dettagliato!

Il cioccolato monogusto al formaggio Giraudi e i suoi abbinamenti enologici...

Ieri sera un mio caro amico ha voluto stupire il mio palato regalandomi delle piccole gemme di cioccolato impreziosite da un ingrediente gustoso quanto strano se lo pensiamo perfettamente amalgamato al cacao: il formaggio.
L'idea di combinare cioccolato e formaggio per realizzare cioccolatini è nata dalla voglia di proporre un prodotto alternativo per l'aperitivo o una dolce e particolare "compagnia" per una birra a metà pomeriggio.
Grazie alla grande conoscenza in campo caseario del Dr. Carlo Fiori, titolare dell'azienda Guffanti leader nell'affinamento di molti prodotti caseari, sono stati individuati quattro tipi di formaggi (Toma Ossolana, Piacintinu di Enna, Gorgonzola, Parmigiano Reggiano) per realizzare altrettanti tipi di cioccolatini in un crescendo di emozioni gustative che ieri sera si sono concretizzate grazie al sapiente abbinamento del cioccolatino al gorgonzola a due grandi vini: il marsala vergine "Terre Arse" 1998 di Cantine Florio e il "Muffa Nobile" 2005 di Castel De Paolis.
Il primo, prodotto nelle Contrade di Birgi e Spagnola, nella fascia costiera a nord di Marsala, affina almeno 8 anni in antiche botti in rovere da 1.800 litri. La sua gradazione alcolica, i suoi sentori di miele di castagno, mallo di noce, mandorla amara, la sua infinita persistenza, ben si sposano al cioccolatino al gorgonzola che ha bisogno di tanta sostanza per essere armonicamente abbinato (ricordo che sia il cioccolato che il gorgonzola sono alimenti molto grassi e dalla elevata persistenza che hanno bisogno di alcol e vini dalla grande P.A.I per poter avere un abbinamento equilibrato).
Il Muffa Nobile 2005, prodotto con uve Sèmillon e Sauvignon blanc (come Chateau d'Yquem tanto per capirci) completamente attaccate da Botrytis Cinerea, ha profumi più setosi del Marsala grazie alle sue note di albicocca passita, fico secco, dattero, miele e vaniglia. In bocca la bella spalla acida equilibra alla grande le componenti morbide del vino che in tal modo risulta di buon corpo, ricco e persistente. Un ottimo compagno per il cioccolatino al gorgonzola Giraudi che, in tal caso, rispetto al Terre Arse, risulta maggiormente valorizzato (d'altronde è cosa nota il perfetto abbinamento tra vini muffati e formaggi erborinati). Un connubio sublime quello tra vino, cioccolato e formaggio, un connubio che cercherò di approfondire andando a degustare gli altri cioccolatini della gamma Giraudi.

Un Morellino di Scansano da ricordare quello de I Botri di Giaccioforte!

Grazie ad un'altra bellissima serata dell'Enoclub Roma al wine bar "Il Pentagrappolo", due giorni fa ho potuto scoprire un Morellino di Scansano Riserva molto interessante prodotto dall'azienda agricola biologica I Botri di Ghiaccioforte che ha presentato le annate 2000, 2004 e 2005 in una imperdibile mini verticale.
L'odierna azienda agraria nasce nel maggio del 1989 quando Giancarlo Lanza, dottore in agraria ed enologo, e Giulia Andreozzi, sua moglie e sommelier, acquistano un vigneto in Toscana, nelle colline maremmane, e ne fanno un complesso agrario chiamato “I Botri”. I precedenti proprietari, forti di antiche tradizioni vitivinicole, avevano impiantato il vigneto nel 1970 servendosi delle migliori qualità di vitigni selezionate dalle loro vigne ubicate nel comune di Scansano.
Giulia e Giancarlo si mettono subito all’opera. Ammodernano l’azienda originaria, innovano i sistemi di produzione del vino mantenendone inalterati la tipicità e il gusto: in altre parole, le peculiarità del prodotto locale (Morellino di Scansano e Bianco di Pitigliano). Si orientano verso “Il biologico” come sintesi della loro attività, dimostrando in tale scelta notevole lungimiranza. Nel 1994 ottengono la certificazione di “Azienda Biologica” (reg. CEE legge 2092/91), primi a produrre in maremma Morellino di Scansano Biologico.
Il Morellino di Scansano Riserva da me degustato, e che nasce dalla vigna "I Botri", di circa sette ettari, che si estende su due poggi di fronte all'abitato Etrusco del Ghiaccio Forte, è un vino molto diverso da quelli che fino ad ora ho bevuto. In particolare, il 2005 mi è sembrato un vino estremamente fine, elegante ed soprattutto equilibrato, con una bella vena acida che rinfranca la beva e sostiene l' impalcatura contrapponendosi all'alcol pari a ben 14 gradi. Bella la persistenza per un vino che si lascia bere molto volentieri e che gli invitati hanno gradito moltissimo visto che le nostre scorte son finite in un baleno. Il 2004, rispetto al suo fratellino minore, al naso presenta sensazioni meno fruttate e più tendenti al terziario, la frutta croccante lascia spazio alla confettura e le note di cuoio e sottobosco iniziano lievemente a fare capolino. In bocca rimane la stessa eleganza e lo stesso equilibrio del 2005. Menzione a parte merita il 2000, vino per il quale è stata usata pochissima anidride solforosa e che, nonostante oggi abbia molti capelli bianchi, risulta di una bellissima complessità: nel bicchiere le sensazioni olfattive cambiavano di continuo, si sentiva il cuoio, il pomodoro secco, la salamoia, la confettura di prugne, il caffè, il cioccolato, la viola appassita. Peccato per qualche sentore di maderizzazione che ci fa pensare ad una vita residua abbastanza limitata.

Termino il post ricordando ai lettori che questi vini hanno uno strepitoso rapporto qualità/prezzo visto che il più caro, che è il Morellino Riserva 2000, viene venduto a circa 10 euro.

Grazie ad Andrea Andreozzi per la sua disponibilità e a presto con I Botri di Ghiaccioforte!

Mondial du Merlot: vincitori e vinti

Il Mondial du Merlot, concorso internazionale nato da un’idea di Alberto Rota e organizzato dalla ISICOM SA in collaborazione con VINEA i giorni 15 e 16 novembre nella magnifica cornice dell’hotel Villa Principe Leopoldo di Lugano, si è concluso con un grandissimo successo. Il concorso, patrocinato dall’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV), dall’Union Suisse des OEnologues (USOE) e dall’Association Suisse des Sommeliers Professionnels (ASSP), ha visto la partecipazione di 24 nazioni con 278 vini, di cui il 62% provenienti dall’estero.

La giuria internazionale, composta da 20 esperti degustatori – professionisti del vino e enologi, sommeliers professionisti, giornalisti enogastronomici – ha assegnato 19 Medaglie d’Oro a Merlot provenienti da 7 nazioni e 70 Medaglie d’Argento da 16 diversi paesi. I Merlot svizzeri hanno conquistato undici Medaglie d’Oro (58%). La giuria ha anche attribuito 3 Medaglie d’Oro all’Italia e 1 rispettivamente ad Argentina, Australia, Austria, Francia e Stati Uniti.

Il titolo di miglior merlot del mondo (ed è tutto dire) è andato al merlot Hahn Estates 2006 dell'americana Hahn Family Wines.

E gli italiani?

Il migliori merlot d'Italia è il "La Macchia, Provincia di Pavia Rosso IGT, 2000" dell'Azienda Agricola Bellaria di Paolo Massone. Complimenti! Cercherò di degustare questo vino il prima possibile per verificare di persona se effettivamente siamo di fronte ad un grande merlot.

L'elenco di tutti i premi lo trovate qua: http://www.mondialdumerlot.com/default.asp

Il vino venuto dalle anfore: dalla Georgia a Josko Gravner

Personaggi eclettici, un pò controcorrente, sono questi i vignaioli "new age" che dai primi anni '90 stanno imperversando in tutto il mondo con la produzione di vini prodotti non all'interno di vasche d'acciaio o barrique ma bensì all'interno di grandi anfore. Qualcuno potrebbe pensare che sono i nuovi geni dell'enologia ma, se rileggiamo bene la storia del vino, notiamo che queste persone non hanno fatto altro che intraprendere una strada che i nostri antenati conoscevano già benissimo. Volete un esempio? Tutankhamun era solito bere vino prodotto in anfore. Fin dalla terza dinastia (2700 anni avanti Cristo), le tombe sono ricche di rilievi e pitture che raffigurano le diverse fasi della produzione del vino nei minimi dettagli: la raccolta nei vigneti dei Delta e delle Oasi, lo stivaggio dell'uva nei grandi tini di pietra, legno o argilla, che venivano tappati meticolosamente: nella prima fase della fermentazione si copriva il loro collo con dei fango, lasciando un piccolo foro per la fuoriuscita dei gas; si procedeva con l'immagazzinamento, lungo alcuni mesi, per la seconda fase della fermentazione. Le anfore avevano la base rastremata per raccogliere la posa. L'ultima fase della lavorazione era la chiusura ermetica dell'anfora, che riportava in cima i dati relativi al contenuto, l'anno di produzione, la zona di provenienza, il nome del vinaio, né più né meno come accade oggi con i vini di pregio. In base a tali dati venivano stabiliti la qualità del prodotto e il suo prezzo. Nel corredo funerario della tomba di Tutankhamun, morto nel 1323 a.C., sono state rinvenute una trentina di anfore. 26 di esse risalgono agli anni 4, 5, 9 del regno del faraone e ciò conferma che egli regnò circa 9 anni. Poiché le anfore non erano smaltate, all'interno, nei secoli il vino è evaporato e tutto ciò che oggi resta sono dei depositi appiccicosi sul fondo che però sono bastati per risalire alla composizione del vino. Ad averla decifrata a livello molecolare sono stati i ricercatori dell'Università di Barcellona. Le analisi, spettrografia di massa e cromatografia in fase liquida, hanno individuato la presenza di acido tartarico (l'impronta chimica del vino in sé) ma soprattutto l'acido siringico, in cui si decompone la sostanza che dà il colore rosso al vino, la malvidina-3-glucoside. II metodo ha fatto identificare anche la provenienza dell'uva, che coincide con quanto scritto sull'«etichetta»: un vino rosso e dei migliori vigneti egiziani.
Ma il vino in anfora è paternità degli egizi? Nemmeno per sogno, perché è storia che questi vennero a conoscenza della produzione della vite e del vino per il tramite dei fenici, quasi certamente dalla Colchide, la mitica terra del Vello d’Oro, una regione che corrisponde oggi grosso modo alla Georgia, quindi nel Caucaso tra il Mar Caspio ed il Mar Nero. Fu proprio lì che nacque molto verosimilmente il vino visto che sono stati fatti i ritrovamenti più antichi in assoluto attestanti una produzione vitivinicola: sono state, infatti, rinvenute tracce di contenitori che, da approfondito esame organolettico, attestano la presenza del vino, risalenti ad 8-9000 anni fa. In nessuna parte del mondo si sono trovati reperti così antichi.
I georgiani sono talmente orgogliosi di questa paternità che chiamano il loro paese la “Culla del Vino”, ricordando a tutti che sin dal neolitico tale bevanda veniva messa in grandissimi contenitori chiamati Kvevri posti sottoterra per una miglior conservazione e dove ancor oggi vengono gustate, sulla base di circa 600 tipi di uve, le tante qualità del nettare della vecchia Iberia (il nome di un tempo di quella regione) in un particolare calice a forma di corno, il kantsi.

CONTINUA.....

Fonte: Newton - Articolo di Ahmed Faraman del Dipartimento di Archeologia dell'università di Alessandrio d'Egitto;

IL MAGICO CONNUBIO TRA TARTUFO SENESE E SIRAH ROSSO IGT LAZIO DONNARDEA

E' un sirah rosso Igt Lazio l'abbinamento vinicolo ideale del 2008 per il tartufo bianco delle Crete senesi. E' quanto ha stabilito la giuria del concorso culinario bandito durante la 23/ma Mostra di San Giovanni d'Asso, conclusasi domenica. Dopo la 'prima' dello scorso anno, si e' infatti rinnovato il connubio tra il Comune di San Giovanni e l'Associazione nazionale 'Donne del vino', presenti in questa occasione con una rappresentanza del Lazio e dell'Umbria. Otto le proposte vinicole in lizza per la qualifica di miglior abbinamento con dei medaglioni di chianina farciti con pecorino e tartufo. La giuria composta da giornalisti del settore enogastronomico ha indicato nel Sirah rosso Igt Lazio 'Donnardea', presentato da Veronica Trasmondi, l'accostamento ideale. Un giudizio ufficializzato dal sindaco di San Giovanni d'Asso, Michele Boscagli, presente la Vicepresidente della Camera dei Deputati Rosi Bindi. ''Per il secondo anno l'Associazione Donne del Vino ha voluto 'sposare' il tartufo bianco delle Crete senesi, e questo ci onora doppiamente'' ha affermato Michele Boscagli, sindaco di San Giovanni d'Asso, assicurando un impegno sempre piu' orientato alla valorizzazione delle nostre tipicita' aperto a tutte le possibili occasioni di approfondimento della cultura agroalimentare. ''A fine mese - ha annunciato Boscagli - parteciperemo all'asta mondiale del tartufo di Roma, ed in dicembre renderemo visita ai cittadini di Hautvilliers, la localita'-patria dello champagne con cui il tartufo delle Crete ha avuto un connubio due anni fa''. La presidente regionale per il Lazio dell'associazione Donne del Vino Patrizia Patini ha sottolineato come ''questo connubio con le Crete senesi, dopo due anni, si stia gia' rivelando ricco di soddisfazioni''. E a nome della presidente nazionale Pia Maria Berlucchi ha anticipato la volonta' di proseguire questa sperimentazione negli accostamenti tra i vini delle aziende vitivinicole a conduzione femminile e l'eccellente bianco delle Crete. Al concorso 2008 avevano preso parte anche l'Igt Lazio Le Vignole Colle Picchioni, presentato da Paola di Mauro; l'Atina Doc Cabernet Cominum di Maria Pinto; l'Igt rosso Lazio Castello di Torre in Pietra, di Elisabetta Angiuli; L'igt rosso Umbria Castello di Montoro Marchese Patrizi di Flaminia Marinaro; l'Igt Lazio MIsa Casale Mattia di Lucia De Sanctis; L'Aglianico Villa Sasso di Marisa Taffuri; l'Igt Lazio rosato Villa Santa di Pina Terenzi.

fonte ansa

Ed infine...WINE SPECTATOR'S TOP 100 WINES OF 2008..la chiusura del cerchio....

Rapida occhiata alla top 100 di Wine Spectator. Tra sgomenti e risate varie ecco cosa mi è venuto in mente:
- che se il Concha y Toro Cabernet Sauvignon Puente Alto Don Melchor 2005 è il 12° vino al mondo, allora Paris Hilton sarà il prossimo nobel per la fisica
- che se proprio un barolo 2004 doveva essere inserito, allora al posto di pio cesare era meglio il Barolo Vigneto La Villa 2004 dei fratelli Seghesio
- che se ti chiami Seghesio allora hai probabilità di diventare famoso (vedi posizione 10 e 14 della classifica)
- che Château L’Evangile 2005 ha preso 100 punti ed è arrivato 21° in classifica. Mistero parkeriano..
- che nella classifica sono stati messi a casaccio alcuni vini bianchi italiani che James Suckling (fido scudiero parkeriano che si “interessa” di Italia) aveva menzionato qualche tempo fa
http://www.terredora.net/public/italiano/Wine%20Spectator_August_08.PDF. Spiegatemi allora il motivo del perché il Terredora Falanghina Irpinia 2007 è arrivato 59° e l’Attems Pinot Grigio Collio 2007 70° pur avendo lo stesso punteggio (90) nella Top-Value Italian White. Mistero della fede?
- perché si premiano sempre gli stessi? Nell’Oreno della Tenuta Sette Ponti, Parker ci faccia il bagno? E in Italia perché non ce lo filiamo (o quasi) di pezza? Secondo stime ufficiose tale bottiglia vende qualche unità alla Festa del Carabiniere..Scherzo eh!!

Sono convinto, non potrò mai fare il sommelier in America! O forse devo cambiare mestiere?

Piccoli vignaioli laziali crescono: l'azienda agricola TreBotti

Indovinello. Se una famiglia fa di cognome Botti cosa può fare nella vita? E se i fratelli che vogliono produrre vino sono tre? Allora l'azienda vitivinicola non potrà che chiamarsi Trebotti!!
Nel Lazio non sono in pochi a puntare su questi giovani produttori di origine trevigiane che recentemente, nel 2003, hanno acquisito alcuni terreni collinari nella zona della Valle Teverina e sull’Oasi di Alviano, circa 18 ettari di terreni collinari, che offrono un perfetto laboratorio naturale ove sperimentare e creare vino di qualità, seguendo i dettami dell’agricoltura biologica.

La vendemmia 2005 è stata la prima della storia della TreBotti, le varietà di uve bianche sono le tipiche della DOC Orvieto, quali Grechetto, Trebbiano e Malvasia, cosí come le varietà rosse, quali Montepulciano e Sangiovese.I nuovi vigneti sono di Montepulciano, Grechetto e di Aleatico, vitigni autoctoni frutto di un progetto con la Facoltà di Agraria della Tuscia, dai quali è nato il Bludom, aleatico passito rosso, un vino davvero interessante e sul quale punterei per il futuro.

Con una produzione di 900 bottiglie l'anno, questo vino, che definirei da pura meditazione, si presenta con un bel colore rosso rosso rubino intenso e presenta al naso un complessi ed eleganti sentori di ciliegia, mirtillo, mora, confettura di fragole, rosa rossa, viola appassita e pepe rosa.

In bocca entra caldo, intenso, morbido, con un bell'equilibrio tra alcolicità e dolcezza su un leggerissimo sfondo tannico. Finale persistente con lunghi e piacevoli ricordi di frutta di rovo e fiori rossi passiti. Che bella sorpresa per un vino che al pubblico costa non più di 15 euro. Da provare con la pasticceria secca laziale o con una bella fetta di gorgonzola....mmm che gusto!!

Il vino dell'anno per Wine Spectator è...and the winner is...........

E il vincitore è????? un Borgogna? un Bordeaux? Dai Andrea non tenermi sulle spine...un piemontese o un toscano? Magari un alsaziano? Al massimo per patriottismo potrei azzardare che hanno fatto vincere un californiano. No guarda, veramente ha vinto:

Casa Lapostolle Clos Apalta Colchagua Valley 2005


CHI???????????????????????

Un cileno caro amico mio, il vino dell'anno è un cileno, non sai che dal Cile vengono i migliori vini del mondo? E te che ancora vai in giro per la Borgogna o vai in Champagne o in Langa a cercare vino di bere. Là è il nuovo paradiso, al massimo col pinot nero o col nebbiolo taglieremo la prossima partita di Tavernello Riserva.
Beh Andrea vedi che questa rivista sta avanti coi tempi? Devi cambiare il tuo modo di pensare, siamo tutti globalizzati adesso, magari scopri che ti sbagli e hai di fronte un vino magnifico.
Hai ragione caro amico mio, forse sono un talebano del vino, però a me certe logiche, soprattutto commerciali, non le trovo in linea con la mia visione di vigna e vignaiolo.
Ma l'hai assaggiato il vino prima di giudicare? No caro amico però sto giudicando ora la rivista Wine Spectator......Andrea dove stai andando??? Scusa ma mi manca un pò di carta per la cuccia del gatto...

Wine Spectator's Top Ten Wine's of 2008: 4.......3........2!!!

Inseriti i vini alla posizione quattro, tre e due. Ancora tanta Francia (stavolta anche con un vino dolce) e, a sorpresa, un portoghese dalle grandi prospettive.
Torno supertelegattone e vi dico che al numero quattro troviamo:

Château Guiraud Sauternes 2005
97 points / $579,165 cases madeFrance

Bordeaux's sweet wines shared the limelight in the region's legendary 2005 vintage. Many châteaus, like Guiraud, long under the direction of Xavier Planty, produced their best wine ever. During the harvest, grape pickers passed painstakingly through the estate's 210 acres of 35-year-old Sémillon and Sauvignon Blanc vineyards, selecting only grapes affected by botrytis. By harvest's end, each acre yielded only enough grapes for 54 cases of wine, with about 20 percent of that set aside for the estate's second label.

Al numero tre un rosso portoghese che non conosco ma che, visto il mio amore per quella terra, mi riprometto di bere al più presto:

Quinta do Crasto Douro Reserva Old Vines 2005

95 points / $401,500 cases imported Portugal

This red from Portugal's Douro River Valley is at the crest of the new wave of high-quality table wines issuing from the historic heartland of Port. Up to 30 different grape varieties from old-vine vineyards compose this refined blend. Some of the grapes are foot-trodden in lagares during initial fermentation, and the wine is then aged 18 months in French (85 percent) and American oak. It is neither fined nor filtered before bottling. The winemaking team includes Manuel Lobo, Dominic Morris and Tomás Roquette.

Al numero due un'altra sorpresa con questo bordolese da 97 (!!) punti:

Château Rauzan-Ségla Margaux 2005

97 points / $10010,000 cases made France

Estate manager John Kolasa claims that nature did the lion's share of the work in 2005, leaving him and his team with a relatively simple job. Yet vast investment at the estate since the mid-1990s by the owners, who also control Chanel, enabled Rauzan to reap the benefits of a great growing season. The estate's grand vin, which reached a quality pinnacle in 2005, is 54.5 percent Cabernet Sauvignon, 39 percent Merlot, 5 percent Petit Verdot and 1.5 percent Cabernet Franc, selected from 74 of the 128.5 acres of vineyards.

Wine Spectator d'Italia la classifica s'è destaaaaaaaa!!

Finalmente, come si dice in gergo, la classifica si muove e al numero sei, qualcuno potrebbe dire anche finalmente, arriva il primo (e ultimo) italiano. Anche Wine Spectator, così come hanno fatto le principali guide del vino italiane, ha voluto rendere omaggio all'annata 2004 del Barolo premiando (attimo di suspance)...............Pio Cesare, azienda storica di Alba.
La scelta non è stata affatto condivisibile per vari motivi: anzitutto se devo premiare un Barolo 2004 la mia scelta personale cadrebbe su altre tipologie come ad esempio il Cascina Francia o il Falletto di Serralunga d’Alba di Bruno Giacosa. L'altra mia perplessità riguarda la descrizione del vino: si parla di un chewy wine, cioè di un vino masticabile, un attributo che non vorrei mai trovare in un grande Barolo che, per me, è sinonimo di eleganza (capisco ora dove si ispira Luca Maroni...). Questa, comunque, è la scheda ufficiale del vino:

Pio Cesare Barolo 2004
94 points / $627,000 cases made Italy

This big, juicy, chewy wine is one of Piedmont's most reliable and widely available quality blended Barolos. Pio Boffa represents the fourth generation to run this estate, located in the heart of Barolo's capital of Alba. He sources Nebbiolo grapes from the winery's own vineyards in the Serralunga d'Alba commune and supplements them with grapes from trusted suppliers in the region.

Al quinto posto troviamo un altro (grande) vino francese, figlio di un prezioso terroir che il Domaine Vieux Télégraphe, situato nell'area di Châteauneuf-du-Pape, ha saputo gestire e valorizzare nel tempo. Il risultato è il seguente:

Domaine du Vieux Télégraphe Châteauneuf-du-Pape La Crau 2005
95 points / $5515,830 cases made France

Brothers Daniel and Frédéric Brunier represent the third generation of Bruniers to run this famed estate. With a large (173 acre) contiguous vineyard, a rarity in the appellation, the Bruniers rely heavily on Grenache, Mourvèdre and Syrah to produce their top red cuvée. Tight and almost gravelly in feel when young, the wine has a proven ability to reward cellaring. The 2005 is a blue-chip bottling from a structure-driven vintage.

Wine Spectator's Top Ten Wine's of 2008: continua il countdown enologico....

Ecco di nuovo il vostro supertelegattone...cioè il vostro supertelevinone....cioè insomma il vostro blogger di fiducia (spero) che vi aggiorna sulle posizioni otto e sette della speciale classifica di Wine Spectator.
Questa volta due bottiglie francesi. Ma quando arrivano i nostri? Qualcuno vuole azzardare qualche nome di produttore italiano premiato?

Nel frattempo che pensiamo al numero otto abbiamo:

Château de Beaucastel Châteauneuf-du-Pape 2005

96 points $95 15,000 cases made France

One of the largest estates in the Châteauneuf-du-Pape appellation, this property is owned and run by the Perrin family. In 2005, they produced their best regular cuvée since 1989 (Wine Spectator's Wine of the Year in 1991). The Beaucastel vineyard produces dense and explosive wines from a collage of 13 different grapes, most notably Grenache and Mourvèdre. Each is fermented separately in concrete or wooden vats. The third year of drought, 2005 only intensified the concentration and structure of this ageworthy red.

Al numero sette invece:

Château Pontet-Canet Pauillac 2005

96 points $100 20,830 cases made France

Owner Alfred Tesseron has masterminded one of the most remarkable turnarounds on Bordeaux's Left Bank in the past decade, elevating the quality of Pontet-Canet's wines beyond that of fifth-growth. While Pauillacs such as Château Mouton-Rothschild and Château Latour draw much higher prices, Pontet-Canet too crafts powerful wines, built for aging, that express its vineyards planted on poor, gravel soils half a mile from the Gironde River.