Il metodo Cpll ci salverà dal cattivo vino?


Un metodo messo a punto in Italia riesce a riconoscere se il vino, bianco o rosso, è davvero genuino: la tecnica riconosce anche le tracce più nascoste e apparentemente “invisibili” di additivi, andando a scovare le proteine che li compongono.

La ricerca, condotta dal Politecnico di Milano, permette di visualizzare tutte le proteine presenti nelle bevande alcoliche, comprese quelle più sfuggenti come caseina bovina e ovalbumina. Queste ultime, una volta aggiunte al vino, si legano ai residui delle proteine normalmente presenti nell’acino d’uva e vengono eliminate filtrando la bevanda, che così si conserva per anni senza segni di degrado, residui sul fondo e torbidità. 


Scoprire le proteine nascoste è adesso possibile, grazie al metodo chiamato Cpll (dalle iniziali di Librerie Combinatoriali di Ligandi Peptidici), messo a punto dai ricercatori del Dipartimento di Chimica Materiali e Ingegneria Chimica del Politecnico di Milano, con il contributo della Fondazione Cariplo.

E’ un metodo estremamente semplice, che può essere adottato da qualsiasi laboratorio di analisi”, affermano i ricercatori, spiegando che si basa su diversi milioni di “esche” capaci di combinarsi alle possibili proteine nascoste nel vino o in altre bevande alcoliche. Sono esche molto particolari, che riescono a diluire le proteine molto abbondanti e a concentrare quelle “sospette”, che si nascondono dietro le prime. 


Le proteine presenti solo in poche tracce possono essere amplificate fino a 10.000 volte, rendendole così visibili agli strumenti, gli spettrometri di massa. “Il limite di sensibilità - concludono i ricercatori - è stato stimato ad 1 micro-grammo di additivo per litro di prodotto, una sensibilità mai raggiunta dalle metodiche correnti”.

Fonte: Ansa

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