Bere in Giappone: non solo sakè


Questo fine settimana andremo a scoprire come si beve in un paese molto lontano dal nostro, non solo per via della grande distanza.
Il Giappone sarò oggetto di studio da parte di Percorsi di Vino cercando di capire che bevono i nostri amici dagli occhi a mandorla con un occhio, ovviamente, sul nascente e crescente mercato del vino.
Iniziamo il "percorso formativo" andando a leggere quanto pubblicato poco tempo fa da Wine News  relativamente alla tappa nipponica che il Vinitaly Tour.


Il mercato del vino del Giappone è ancora piccolo, con 2 soli litri procapite all’anno, ma non mancano i luoghi dedicati ai cultori del vino come, ad esempio, la catena di supermercati Isetan, e in particolare quello nel quartiere di Shinjuku: in uno dei più grandi food store della capitale giapponese, c’è un’area tutta dedicata solo al vino, dove accanto ai dominatori francesi di Bordeaux, Borgogna e Champagne, l’Italia ha un ruolo di primo piano. Qui il vino del Belpaese non è diviso regione per regione, concetto difficile da comunicare al cliente giapponese, ma per “zona”: Nord, Centro e Sud. 
Fondamentali, per vendere il vino italiano, le “fiere” nei punti vendita, ovvero periodi dedicati alla produzione tricolore in cui staff specializzato spiega tutte le caratteristiche delle etichette. 750 le etichette da tutto il mondo, con un 25% di referenze del Belpaese, con la fascia di prezzo che va per la maggiore che si conferma intorno ai 2.500 yen (22 euro), dove contano molto le etichette che riportano “medaglie” o premi, che rendono allettante la bottiglia per un consumatore che probabilmente non conosce a fondo il panorama vinicolo italiano. Curiosità: i giapponesi acquistano solitamente 2 bottiglie alla volta, una di vino rosso e una di vino bianco.


Per chi invece vuole un luogo dove il vino sia il protagonista assoluto c’è il Wine Market Party, nel quartiere di Ebisu: aperto nel 1994, contra 1.000 etichette da tutto il mondo, con il 15% rappresentato dall’Italia, dove si trovano, nell’area principale del negozio, tutti i vini sotto ai 2.500 yen, ma anche una speciale “cantina” dove vengono conservate e proposte le bottiglie più pregiate e costose (e dove la quota di presenza italiana sale al 30%). Ma qui non si trovano solo bottiglie: i wine lovers possono comprare tutti gli accessori più disparati per servire il vino, dai classici cavatappi e secchielli per il ghiaccio, a dei “kimono vesti-bottiglia”, oltre ai tanti manga dedicati o ambientati nel mondo di Bacco, come il famoso “The Drops of God” (Le Gocce di Dio), creato da Tadashi Agi (pseudonimo che rappresenta il team dei fratelli Yuko e Shin Kibayashi, 4.300.000 copie vendute solo in Giappone), capace di far impennare le vendite del vino di cui si parla in ogni numero.

Ma se è vero che il mercato del Giappone è diverso da tanti altri mercati asiatici per il maggiore livello di competenza dei consumatori, è anche grazie a luoghi dove si studia letteralmente il vino.
Come l’“Academie du Vin”, fondata nel 1987 dal britannico Steven Spurrier sul modello di quella di Parigi (del 1972), dove ogni anno, nella sola sede del quartiere di Shybuya “istruisce” ogni anno 4000 studenti, con corsi per semplici appassionati o per chi vuole diventare sommelier superando l’esame della Japan Sommelier Association. Lo studente medio? Il 65% è donna, sui 35 anni e con una buona capacità di spesa, visto che per 2 ore di lezione del corso di primo livello si pagano 8000 yen, che salgono a 10000 se si punta a livelli più alti.


I corsi sono specializzati per Paese produttore, con l’Italia che attira il 20% degli studenti, con dei percorsi di formazione che prevedono non solo degustazioni, ma anche presentazioni di vini alla presenza dei produttori (invitati tramite gli importatori) e, di tanto in tanto, anche viaggi organizzati nei Paesi di cui si è scelto di approfondire la cultura enologica.


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