I problemi del Frascati, storica DOC laziale, sono noti già da molto tempo a tutti gli operatori del settore e qualche mese fa avevo scritto su Percorsi di Vino un post dove si dava evidenza a tutta la crisi del settore agricolo dei Castelli Romani.
Nel frattempo le cose non sono migliorate, anzi, ho letto che Stefano Di Tommaso, sindaco di Frascati ha scritto ad Alemanno per individuare insieme le azioni per un rilancio dell’intera filiera. In particolare il primo cittadino della città laziale nella sua lettera ha sottolineato ad Alemanno le difficoltà in cui versa un comparto fondamentale per un vasto territorio, che interessa centinaia di aziende e un indotto già penalizzato negli anni scorsi dalla scarsa remuneratività del prezzo delle uve, che quest’anno potrebbe ulteriormente scendere con conseguenze disastrose per gli operatori, il tutto nonostante l’alta qualità del vino Frascati che, secondi Di Tommaso, dovrebbe essere avere il seguente slogan: Frascati, il vino di Roma!
Questo grido di dolore pare abbia avuto effetto visto che, giorni fa, ho letto che si sta dando il via ad una iniziativa a tutela del Frascati Doc che vede coinvolti i Comuni di Roma, Frascati e il Consorzio di tutela denominazione Frascati, progetto che prevedrà degustazioni, una campagna promozionale e l'organizzazione di un corso di formazione professionale per addetti del settore e semplici appassionati.
Abbastanza eloquenti le parole di Mauro De Angelis, presidente del Consorzio di tutela denominazione Frascati Doc:” L'attenzione del sindaco Alemanno, dell'assessore Bordoni e del sindaco Di Tommaso è molto positiva ed è molto importante che si sia colto il giusto valore, sia dal punto di visto economico che storico, a un marchio la cui qualità è riconosciuta in tutto il mondo".
Quindi, da quello che leggo e che sento le cose sono due: o i politici locali sono degli eno-ignoranti e non hanno mai bevuto il Frascati Doc, oppure, e la cosa sarebbe peggiore, sono del tutto consapevoli ma fanno finta di nulla e così facendo, alla fine, non fanno di certo gli interessi del consumatore finale.
Il motivo di queste mie affermazioni è molto semplice ed oggettivo: nel Lazio ci sono pochissime aziende che producono un Frascati decente che, con la sua qualità, possa essere paragonato ad altri vini bianchi italiani (verdicchio, fiano, etc.).
I vini sono talmente mediocri che anche le guide, con tutti i loro limiti, li ignorano.
Nella zona dei Castelli Romani manca da anni un leader, un vignaiolo che con la sua qualità produttiva possa trainare anche gli altri. Un esempio? Vedi Walter Massa col Timorasso.
I vini della Doc Frascati sono, mediamente, di poca qualità anche perché agli stessi produttori non gliene frega nulla di raggiungere certi obiettivi. Dico questo perché i dati in mio possesso parlando di una resa per ettaro media di oltre i cento quintali. CENTO QUINTALI!!!!!
Ma, allora, di che stiamo parlando? Come si fa a dire che il Frascati è un vino riconosciuto a livello internazionale per la sua qualità? E’ assimilabile ad un Borgogna? Come si fa a dire che il Frascati è di alta qualità quando in Italia ci sono almeno dieci denominazioni (e mi sono tenuto stretto) che gli fanno le scarpe?
Signori politici, prima di sparare cavolate, bevete e confrontate e poi, se siete in grado ancora, datemi il responso…
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