Radda in Chianti è un altro angolo di paradiso toscano circondato da vigneti, gli stessi che, nel bene o nel male, hanno prodotto quelle uve e quel vino che sabato scorso ha girato e rigirato nel mio bicchiere in cerca di una sua identità e di una sua collocazione nel firmamento, a volte un po’ nebuloso, del
Chianti Classico.
Radda in Chianti, un fazzoletto di terreno dove puoi trovare di tutto, grandi e piccole proprietà, vignaioli dalle mani tatuate di terra o wine maker in giacca e cravatta, sangiovese o merlot, colorino o syrah, tutti assieme per formare un caleidoscopio di filosofie enologiche che fai fatica a dipanare quando ti approcci al sorso.
Durante
Radda nel Bicchiere ho cercato, nel mio piccolo, di comprendere, discernere e valutare da che parte della barricata sta il mio gusto, se deve mettere l’elmetto da combattente o viaggiare in prima classe, biglietto di sola andata. Questi sono i miei appunti sparsi. Fatevi un’opinione.
Brancaia – Chianti Classico 2007 (85% Sangiovese, 15% Merlot): prescindendo dalle polemiche che si sono accese in questi giorni su questa azienda, direi che il vino ha una espressione territoriale non dissimile alla gentile donzella che versava il vino allo stand: minigonna e scollatura e tanta gente attorno.
Castello di Radda – Chianti Classico 2007 (100% Sangiovese): un vino abbastanza fresco, fruttato e poco altro. Ho trovato ancora tanto legno da assorbire, forse due anni di barrique sono troppi oppure è da aspettare ancora un po’ anche se la struttura del vino non è da grande invecchiamento. Per dodici euro compro sicuramente altro.
Castello di Volpaia – Chianti Classico Riserva 2006 (100% Sangiovese): concentrato al colore, ha profumi complessi di marasca, frutta di rovo, humus, grafite. In bocca entra potente, la nota alcolica si fa sentire un po’ troppo per i miei gusti, poi il vino va scemando in un finale che sembra andare in direzione opposta. Non mi fa impazzire. Bello senz’anima canterebbe Cocciante un po’ sconsolato guardando il bicchiere.
Castello d’Albola – Chianti Classico 2007 (Sangiovese e Canaiolo): lo ammetto, mi aspettavo un vino più piacione ed invece questo Chianti “made in Zonin” mi ha sorpreso per pulizia e, soprattutto freschezza. Pecca un po’ in ampiezza e complessità però è un vino che si lascia bere senza problemi. Dieci euro spesi bene.
Valdellecorti – Rosè 2009 (VdT) (Sangiovese 100%): non si parla di Chianti in senso stretto in questo caso, però voglio segnalare a tutti questo rosato da sangiovese, freschissimo e bevibilissimo nonostante la tanta ciccia che lo caratterizza. A sei euro è uno dei rosati con il migliore rapporto q/p che abbia bevuto. Il
Chianti Classico 2005, invece, è una piccola opera d’arte di Roberto Bianchi che, nonostante l’annata difficoltosa, è riuscito a dar vita ad un vino di grande finezza e tipicità. Se amate il vino piacione non passate da queste parti. Piccola nota di servizio: il
Chianti Classico 2007 di
Valdellecorti è risultato uno dei migliori durante la
degustazione alla cieca di tre Sangiovese e tre Nebbiolo nel refettorio del Convento di Santa Maria al Prato con la guida di Carlo Macchi.
Caparsa – Chianti Classico Doccio a Matteo 1999 (Sangiovese 100%): della verticale degustata a Radda ritengo che l’annata 1999 di Doccio a Matteo sia la migliore in assoluto perché dà vita ad un vino integro, intenso, a tratti ancora ruvido, che trasmette senza compromessi territorio e carattere del produttore. In bocca stupisce per persistenza e sapidità. Plauso a Paolo Cianferoni che, tra l’altro, ha anche un interessante
blog!
Montevertine – Pergole Torte 2007 (Sangiovese 90%, Canaiolo 5%, Colorino 5%): so che sarò deriso da molti ma per me rappresenta la migliore versione degli anni duemila e una delle migliori di sempre. Mi ha ricordato nei tratti il Brunello di Montalcino Biondi Santi Riserva 2004, un vino di grande complessità ed equilibrio nonostante le sue durezze e che, col passare del tempo, non potrà che evolvere in maniera divina. Metterà d’accordo veramente tutti in futuro. Da segnalare uno stratosferico
Pian del Ciampolo 2008 che mi ha ricordato molti village della Borgogna. Un vino che non ha paragoni come rapporto q/p.
Monteraponi – Chianti Classico 2007 (Sangiovese 90%, Canaiolo 10%): Michele lo sa, questo è davvero il mio coup de coeur, un Chianti che a berlo di manda in estasi, un velluto rosso sangiovese leggero che entra nell’anima e non la molla più. Lontano mille miglia dall’America. Il
Chianti Classico Riserva 2006 Il Campitello è un vino più orizzontale del precedente, ha la saggezza del fratello maggiore, profondo e intellettuale è secondo solo al Pergole Torte 2007 nella mia classifica personale anche se, compulsivamente, non smetterei di bere la versione giovane del Chianti di Monteraponi.