Fortunatamente a Vinòforum, se scegli bene e cerchi di evitare la fauna che ho descritto in un articolo precedente, c'è anche gente in gamba che propone vini interessanti.
Mauro, di Energyawine, è una persona appassionata e competente e ho avuto il piacere di seguire il suo consiglio, cioè degustare i vini di Tenute Rubino che la sua società distribuisce in tutta Roma. Tenute Rubino non sono certo una sorpresa (forse lo è per me) perché da tempo le principali guide italiane mettono questa importante realtà pugliese ai vertici dell’enologia non solo regionale ma addirittura nazionale con una gamma di vini estremamente interessanti e molto territoriali. Ma come nasce Tenute Rubino? A metà degli anni 80, la famiglia Rubino, inizia a costruire l’azienda agricola, realizzando delle acquisizioni che, in un decennio, formeranno Tenute Rubino, quell’importante base produttiva, oggi, pienamente in attività, con oltre 200 ettari dedicati ad una viticoltura d’eccellenza. Sono gli inizi di un percorso produttivo che porterà alla nascita, nel 2000, di una nuova cantina di vinificazione e di affinamento a Brindisi città, e alla realizzazione di un progetto imprenditoriale centrato sulla produzione di vini di qualità, in un territorio, quello del nord del Salento, particolarmente vocato alla coltivazione della vite. I vigneti aziendali si estendono si estendono dalla dorsale adriatica fino all’entroterra brindisino su quattro tenute (Jaddico, Uggio Santa Teresa, Marmorelle, Punta Aquila) e gli impianti, con qualche piccola eccezione, hanno una densità per ettaro che oscilla tra le 4000 e le 6000 piante ed un sistema di allevamento prevalentemente a spalliera. Le rese per ettaro, variano per le diverse tenute agricole e per varietà: si va da rese al di sotto dei 50 quintali per ettaro con massimi che non superano gli 80 quintali per ettaro. Grande attenzione al vigneto e moderna tecnologia in cantina danno vita, come detto in precedenza, ad una serie di vini estremamente interessanti a partire dalla gamma “base” dove mi hanno impressionato per piacevolezza di beva due vini: il Giancòla 2007 e il Negroamaro 2006. Il primo è un bianco molto gradevole a base di Malvasia Bianca che offre al naso un profumo molto intenso, aromatico di pesca gialla, susina, frutta tropicale croccante, ginestra, fiori di acacia e miele. Al palato ritroviamo la stessa personalità olfattiva accanto ad una struttura estremamente avvolgente e ad un equilibrio gustativo di grande rispetto. Ma è la beva e la sua piacevolezza la cosa che ammalia di questo vino che nella calda estate romana trova un ottimo alleato. Il Negroamaro 2006 è stata la vera sorpresa, non mi aspettavo un vino base così piacevole e territoriale, sarei curioso di farlo bere alla cieca insieme ad altri mostri sacri dell’enologia italiana, ci sarebbero secondo me delle sorprese. Mettendo il naso nel bicchiere e chiudendo gli occhi ci ritroviamo all’interno della macchia mediterranea pugliese e la scia aromatica, accompagnata anche da note di frutta di rovo, pepe e viola appassita, è pianamente coerente anche alla gustativa dove troviamo vino fresco, sapido con tannini ben integrati. Buona la persistenza finale. A 10 euro è un vino da prendere a casse!
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