Edoardo Ventimiglia: "Vi racconto il Ciliegiolo di Maremma e d'Italia!"


Domenica 7 e lunedì 8 maggio la Fortezza Orsini di Sorano, in provincia di Grosseto, ospiterà la manifestazione "Ciliegiolo di Maremma e d’Italia" all'interno della quale stampa e operatori del settore avranno la possibilità di degustare i vini delle aziende produttrici di questo speciale vitigno che, in questa due giorni, saranno a disposizione alla mescita presso banchi d’assaggio.  
Per comprende al meglio la filosofia della manifestazione e, perchè no, per scoprire ulteriormente i segreti di questo vitigno, ho intervistato Edoardo Ventimiglia, proprietario assieme alla moglie Carla Benini dell'azienda Sassotondo, che già in tempi non sospetti aveva capito le potenzialità del ciliegiolo creando con questa uva un vero e proprio "Cru" aziendale ovvero il San Lorenzo

Edoardo e Carla

Ciao Edoardo, il 7 e 8 maggio arriva la manifestazione "Ciliegiolo di Maremma e d'Italia", un evento dedicato interamente al vitigno autoctono. Ci racconti come è nata l’esigenza di organizzare una manifestazione di questo tipo?

Buongiorno Andrea. La coltivazione del ciliegiolo in Maremma ha subito un forte incremento negli ultimi anni, inoltre, e inaspettatamente per alcuni, è stato molto apprezzato in una degustazione di Monica Larner lo scorso giugno a Grosseto e questo ha sciolto le riserve che fino ad ora avevano impedito la realizzazione di questo evento. Credo che nel ciliegiolo la denominazione Maremma toscana possa trovare un alfiere in grado di farla competere ai massimi livelli nel palcoscenico mondiale. Quindi da una idea di Ciliegiolo Academy, che mi onoro di presiedere, e della Fisar delegazione colline maremmane coordinata e diretta dal consorzio di tutela vini della Maremma toscana è nato quello può essere considerato il numero zero di questo evento maremmano, in piena continuazione con Ciliegiolo d’Italia di Narni, una ripartenza dopo lo stop dovuto al covid.


Nel comunicato stampa di presentazione c’è scritto che è la prima edizione ma di eventi sul ciliegiolo sono stati fatti anche negli anni passati a Narni dove veniva organizzato Ciliegiolo d’Italia. Ci sono differenze tra le due kermesse?

È un errore, mi scuso a nome di tutti. Come detto prima, Ciliegiolo di Maremma e d’Italia nasce come continuazione di Ciliegiolo d’Italia a Narni, nato nel 2015 per la volontà e l’impegno di Leonardo Bussoletti produttore e animatore dell’associazione produttori ciliegiolo di Narni. Allora ci accordammo per alternare un’edizione in Umbria a Narni e una in Maremma a Sorano o Pitigliano. Narni è andata avanti per varie edizioni e si è fermata a causa del covid. In Maremma non si è mai riusciti ad organizzarla fino a che oggi, nel 2023, i tempi sono maturati. Di fatto la Maremma e Narni sono le due aree viticole che più contano produzioni e produttori impegnati con questo vitigno. Il format tra le due manifestazioni è simile con la differenza che abbiamo pensato ad una edizione rivolta soprattutto alla stampa di settore e al commercio senza i banchi di assaggio gestiti dai produttori.

Il Ciliegiolo è stato recentemente riscoperto anche grazie ad aziende come la tua che ha puntato in tempi non sospetto su questo vitigno. Ci racconti le sue caratteristiche, sia in vigna che in cantina, e perché, in passato, non era così valorizzato?

La riscoperta del ciliegiolo la dobbiamo prima di tutto ad un enologo, Attilio Pagli che alla fine degli anni 80 lo vinificò in purezza nell’azienda Rascioni e Cecconello a Fonteblanda nella Maremma costiera e con il vino Poggio Ciliegio lo portò all’attenzione della stampa nazionale. Noi abbiamo conosciuto Attilio nel 1996 e dal 1997 abbiamo iniziato a collaborare con lui e a puntare sul ciliegiolo come progetto principale della nostra azienda abbandonando l’idea in voga in quegli anni di piantare vitigni internazionali.


In vigna il ciliegiolo è molto generoso e va tenuto in equilibrio per evitare produzioni eccessive. I terreni poveri come i nostri, tufo vulcanico, e il regime di agricoltura biologica facilitano il compito. Il ciliegiolo non teme il caldo e resiste alla siccità meglio del sangiovese. Non ama le piogge eccessive perché l’acino tende a gonfiarsi troppo. Matura una settimana o due prima del sangiovese ma con il cambiamento climatico le differenze tendono ad attenuarsi. In cantina ha un comportamento simile al sangiovese, fino a qualche anno fa tendeva a ridursi quindi necessitava di frequenti travasi nei primi mesi di affinamento. Anche qui probabilmente a causa del cambiamento climatico la tendenza alla riduzione si è attenuata, per questo motivo dal 2009, per i cru, abbiamo sostituto l’affinamento in barrique con quello in legni più grandi (10Hl).
Quando siamo arrivati qui, una parte rilevante dei vecchi vigneti di rosso era costituita da ciliegiolo, conosciuto, con vari nomi saragiolo, dolciume ed anche erroneamente montepulciano, ma soprattutto in Toscana è stato abbandonato come tanti vitigni minori che rappresentano il grande patrimonio di biodiversità del nostro paese. Le ragioni sono varie e possono risalire alla seconda metà dell’Ottocento con i numerosi e spesso fallimentari tentativi dei vini toscani di competere con i francesi sui mercati internazionali. I fallimenti furono attribuiti ai vitigni locali e non alle tecniche di coltivazione e vinificazione. Più avanti si provò, con successo, la strada dell’imitazione. Nacquero i supertuscans e il vino italiano, tutto, prese il volo. Ora il mercato cerca profumi e sapori nuovi con una maggiore aderenza ai territori di provenienza. Il ciliegiolo è un vitigno plastico capace di adattarsi ed esaltare le caratteristiche del terroir in cui viene coltivato e vinificato.

Il Ciliegiolo Viene coltivato in Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Liguria e, in modo minoritario, in altre zone d’Italia. Ci sono differenze legate ai differenti cloni o, per questa uva, possiamo parlare di caratteristiche comuni?

Prima di tutto direi che parlare di Toscana o anche di Maremma è un po' troppo generico. In altre regioni, come ad esempio l’Umbria, il ciliegiolo si concentra in un’area molto più ristretta, la zona di Narni e dei Colli Amerini.
La Maremma grossetana invece è un’area vastissima, in termini enologici un mondo. Si può dividere grosso modo in 4 macroaree: l’area costiera e collinare, le colline metallifere, l’area amiatina e infine l’area del tufo vulcanico, dove siamo noi. Nell’area del tufo vulcanico, a causa dell’origine esplosiva e dei depositi di rocce piroclastiche, i terreni sono molto ricchi di minerali quali magnesio e potassio. I vini sapidi, speziati si distinguono per eleganza e longevità. Le nostre viti provengono da una selezione massale della vigna di San Lorenzo piantata negli anni Sessanta. Inoltre, abbiamo qualche ecotipo proveniente dal Monte Amiata frutto di ricerca fatta dal compianto prof. Scalabrelli. In catalogo ho visto cloni di recente selezione, ma credo che le grosse differenze siano legate in particolar modo alle condizioni ambientali in cui cresce il ciliegiolo. Microclima e terreno ma anche la mano del vignaiolo in vigna e in cantina vuol dire parecchio. Sicuramente una caratteristica comune a tutti i ciliegioli si incontra nel profilo aromatico dove prevalgono “speziatura e fruttosità”.


Sassotondo, la tua aziemda, si trova a Sorano e, come detto in precedenza, te e tua moglie, in tempi non sospetti, avete puntato sul ciliegiolo creando un vero e proprio Cru come il San Lorenzo. Come ti è venuta l’intuizione?

L’intuizione non è venuta a noi bensì ad Attilio Pagli. Lui assaggiando il ciliegiolo del vigneto di san lorenzo nel 1997, nostra prima vendemmia da azienda autonoma, ci ha convinto a vinificarlo ed in imbottigliarlo in purezza senza fare il blend con le altre uve. Successivamente, nel 1998, dovevamo piantare circa 4 ettari di nuovi vigneti, allora il mantra erano i vitigni internazionali, incontrammo Attilio a Montalcino a febbraio in occasione di Benvenuto Brunello e nel parcheggio mentre ci mostrava le etichette del nuovo vino, Altos, che stava per produrre in Argentina ci disse “vi faccio una proposta che potrebbe sembrare oscena: perché di questi 4 ettari uno non lo piantiamo con il ciliegiolo e … invece di comprarlo in vivaio facciamo selezione massale dalla vigna di san lorenzo” E stato così che ci ha portato sulla “cattiva strada” del ciliegiolo. Ora gli ettari sono circa 7 in aumento perché stiamo reinnestando il merlot che avevamo piantato allora. È stata una scelta difficile e controcorrente che però si sta dimostrando vincente nel tempo.


La scelta del cru è venuta in modo naturale perché in tutti gli assaggi, anche da vasca, il ciliegiolo che viene dalla vigna San Lorenzo si sé sempre dimostrato il migliore che produciamo. Ma anche questa è stata una scelta anomala soprattutto in Toscana dove prevaleva la pratica del blend. Il San Lorenzo è stato prodotto e imbottigliato ininterrottamente dal 1997. Ora le menzioni geografiche e anche i cru stanno diventando un mainstream del mondo vitivinicolo italiano. Allora pochissime aziende vinificavano i cru… anche qui siamo stati un po' precursori. Da qualche anno abbiamo deciso di spingerci oltre e con la consulenza dell’agronomo Pedro Parra abbiamo fatto una microzonazione della nostra azienda che ha portato a definire alcune parcelle speciali da cui sono state vendemmiate le uve, sempre ciliegiolo 100%, per 2 vini il Poggio Pinzo e il Monte Calvo. Quest’ultimo in particolare è una parcella dentro la vigna di San Lorenzo, un cru al quadrato.

Sorano

Altra domanda: il ciliegiolo secondo la tua opinione può essere un vino attraente per il pubblico giovanile? E’ un vino “moderno”?

Penso di sì, l’eleganza e la piacevolezza di beva è nella sua natura. Il ciliegiolo buono nasce da una conduzione equilibrata della vigna e della cantina e le restituisce nel bicchiere, sia nei vini più giovani sia in quelli per il lungo invecchiamento. Come ha scritto il 25 agosto 2022 Monica Larner su wine advocate “I am perennially in search of W.I.R.W.T.D (wines I really want to drink) with the real foods I adore … Ciliegiolo fits the bill!” (sono sempre in cerca dei VINI CHE VORREI VERAMENTE BERE con i cibi veri che adoro. Ciliegiolo è quello giusto). Per questo è un vino moderno e mai banale!

Ultima domanda: come si abbina a tavola il Ciliegiolo?

Anche qui nella versatilità sta il grande pregio e la modernità di questo vino. Parlo dei miei che conosco meglio ma credo che queste considerazioni possano adattarsi a tutti i ciliegioli presenti sul mercato.
Il rosato ha corpo, struttura e grande sapidità si abbina a zuppe di pesce, formaggi caprini e carni bianche.
Il ciliegiolo classico d’annata, ma si può bere anche dopo 20 anni, ha note speziate che lo accostano sia alle carni di agnello che alla cucina etnica a base di spezie.
Il San Lorenzo invece vuole una cucina più invernale e ricca di salse, un peposo toscano, il cinghiale e in particolare l’antica ricetta dell’Artusi “in dolce forte” che prevede una salsa a base di cioccolato. Gli altri cru che si avvicinano anche i ciliegioli umbri, una cucina più delicata e raffinata con selvaggina di penna.
Alcuni ciliegioli rossi d’estate si possono abbinare freschi anche al pesce, in particolare le zuppe con il pomodoro come il cacciucco livornese.

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