Tre Bicchieri 2014 Friuli Venezia Giulia


È una delle grandi regioni del vino e conferma anche quest'anno i grandi risultati degli anni scorsi. 24 premiati, di cui due rossi e ben 5 new entry nella schiera dei bianchi, mentre i grandi nomi si confermano ancora una volta tali, e i produttori simbolo non deludono neanche quest'anno. È il ritratto di una regione che vanta un panorama vitivinicolo ricchissimo soprattutto sul versante dei bianchi, con la Malvasia che conquista diversi riconoscimenti in altrettante interpretazioni, e con in primo piano le straordinarie espressioni dei vini naturali, tra i nomi storici della categoria, e tra i più autentici e convincenti di quest'anno.


Braide Alte ’11 Livon
Breg Anfora ’06 Gravner
COF Bianco Eclisse ’12 La Roncaia
COF Friulano ’11 Davino Meroi
COF Friulano V. delle Robinie ’11 Ronc Soreli
COF Merlot V. Cinquant'Anni ’09 Le Vigne di Zamò
COF Pinot Bianco Zuc di Volpe ’12 Volpe Pasini
COF Pinot Grigio ’12 Torre Rosazza
COF Rosazzo Bianco Terre Alte ’11 Livio Felluga
COF Rosso Sacrisassi ’11 Le Due Terre
COF Sauvignon Zuc di Volpe ’12 Volpe Pasini
Collio ’12 Ronco Blanchis
Collio Friulano ’12 Franco Toros
Collio Malvasia ’12 Doro Princic
Collio Malvasia ’12 Dario Raccaro
Collio Malvasia ’12 Ronco dei Tassi
Collio Malvasia Miklus’10Draga
Collio Sauvignon Ronco delle Mele ’12 Venica & Venica
Friuli Grave Pinot Bianco ’12 Vigneti Le Monde
Friuli Isonzo Friulano Dolée ’11 Vie di Romans
Friuli Isonzo Pinot Grigio Gris ’11  Lis Neris
Malvasia ’09 Damijan Podversic
Ograde Non Filtrato ’11 Skerk
Vintage Tunina ’11 Jermann

Slow Wine 2014 Trentino

Il Trentino è un territorio controverso. In 30 anni il panorama viticolo ha subito profondi cambiamenti e le varietà autoctone che negli anni Ottanta rappresentavano il 60 per cento della produzione ora sono ridotte al 20. Basti pensare alla diminuzione drastica della schiava, che nel 1980 costituiva il 34 per cento della superficie totale, confermandosi la varietà più coltivata del Trentino, mentre ora è relegato a un misero 4. Quasi scomparso il lambrusco a foglia frastagliata, passato dal 12.6 per cento a un irrisorio 0.5, ovvero 53 ettari!
Questo il risultato del processo di internazionalizzazione delle varietà coltivate, processo voluto fortemente dalle cantine cooperative, che hanno puntato su vini più standardizzati, in grado di rispondere al gusto globalizzato del mercato. Agli autoctoni sono subentrati lo chardonnay, che vanta ora una superficie di 2.865 ettari, e il pinot nero, con 245 ettari per produrre il Trentodoc; e che dire del pinot grigio, passato dall’1.6 per cento di superficie al 23, per un totale di 2.351 ettari?
Questi numeri e i vini in circolazione hanno portato molti ad affermare che in Trentino manchi un’identità. Noi pensiamo invece che in questa confusione produttiva vi siano vini (e produttori) in assoluta controtendenza, che nonostante l’internazionalizzazione ci siano ancora zone vocate che sanno produrre bottiglie di grande territorialità, e che vitigni come il bistrattato nosiola meritino di essere valorizzati e riconsiderati.
Detto questo, alcune osservazioni generali a fronte delle degustazioni effettuate: tra i rossi abbiamo trovato poco entusiasmanti i Teroldego 2011, caratterizzati da frutto stanco e tannini non perfettamente maturi. Decisamente più interessanti Lagrein, Marzemino e Schiava. Non particolarmente in forma i Trentodoc. Grande prova invece per i Nosiola, assieme a Incrocio Manzoni e Müller Thurgau.
Quella del 2012 non è stata certo un’annata memorabile. Al caldo inusuale che ha caratterizzato il mese di marzo è seguito un aprile freddo e piovoso, con alcune gelate che hanno compromesso la fioritura. A seguire, un’estate che ricorderemo per le scarse piogge e le continue ondate di caldo, battezzate con i nomi più improbabili: da Hannibal a Caronte, passando per Lucifero, Caligola e soci. Le precipitazioni sono arrivate nel mese di settembre, determinando forti escursioni termiche. Tutto questo si è tradotto, in generale, in una minore produzione di uva e in una difficoltà del grappolo nel raggiungere una maturazione perfetta. Nei vigneti collinari fortunatamente tali problematiche sono state meno incisive. Nonostante tutto, i vini nel complesso si sono dimostrati soddisfacenti.

VINI SLOW
Esegesi 2009 – Eugenio Rosi
L’Ora 2010 – Pravis
Manzoni Bianco 2011 – Maso Furli
Nosiola 2011 – Castel Noarna
Nosiola 2011 – Vignaiolo Fanti
Teroldego Beatome 2007 – Redondel
Trentino Vino Santo 2000 – Gino Pedrotti

GRANDI VINI
Besler Bianck 2008 – Pojer & Sandri
Isidor 2010 – Vignaiolo Fanti
Teroldego Rotaliano 2011 – De Vescovi Ulzbach
Teroldego Rotaliano Due Vigneti 2011 – Cipriano Fedrizzi
Trento Extra Brut Riserva Lunelli 2006 – Ferrari

VINI QUOTIDIANI
Cuvée Brut Riserva – Cesarini Sforza
Schiava Nera 2011 – Gino Pedrotti
Teroldego 2010 – Rudi Vindimian
Teroldego Armìlo 2011 – Bolognani
Teroldego Rotaliano Rosato Assolto 2012 – Redondel
Trentino Marzemino 2012 – Cantina d’Isera
Trentino Müller Thurgau San Lorenz 2012 – Bellaveder
Trentino Riesling Simboli 2012 – La Vis

Lo Champagne Veuve Clicquot ha fatto il botto

No, non è come pensate, non c'è nessun riferimento al tappo che salta via dalla bottiglia. Non è quel genere di botto.

Questo è più pesante, soprattutto economicamente.

Il Daily Mail ha pubblicato una serie di immagini davvero spettacolari raffiguranti l'incidente stradale di un camion che, dopo una sbandata, ha impattato contro una collinetta di fianco la I-395 ribaltando, come conseguenza, tutto il suo enorme rimorchio.

E cosa conteneva il TIR? Avete capito, casse e casse di Champagne Veuve Clicquot!!! 

Fonte: WFSB
Fonte: http://www.theday.com
Lo Champagne andato distrutto si è stimato costasse circa 500$ a cassa, fortunatamente era quello "base" da supermercato che non vale una fortuna. Certo, se vediamo la foto sopra e contiamo le confezioni andate distrutte, alla fine il danno è stato lo stesso rilevante.

Fonte Daily Mail
Secondo il sito The Day tutto lo Champagne è stato raccolto dal Department of Consumer Protection. Ecco perchè alcuni miei amici mi avevano detto di un nuovo lavoro in Gran Bretagna.....

Ah, per chi se lo chiedesse, il guidatore non si è fatto male!

Slow Wine 2014 Alto Adige

Con 5.300 ettari vitati l’Alto Adige rappresenta l’1 per cento scarso della superficie vitata italiana, eppure è riuscito a ritagliarsi uno spazio di eccellenza grazie alla produzione di altissimo livello, costante e diversificata. Una regione vinicola completa che, pur bianchista nell’immaginario comune, gioca forte su tutte tipologie, dai bianchi leggeri ai rossi strutturati, dagli spumanti ai vini dolci, con tutte le varie sfumature in mezzo. Così non è sempre stato. La viticoltura in Alto Adige ha radici antiche, la storia, invece, conosce i suoi alti e bassi: basti pensare che ancora 30 anni fa si parlava di una produzione “di massa”, in gran parte esportata sfusa nella vicina Svizzera. L’impressionante inversione di tendenza sarà anche stata indotta da eventi sfortunati – il crollo dei mercati classici e la necessità di cercare strategie alternative – ma è soprattutto grazie alla lungimiranza e serietà di molti produttori, unite alla proverbiale capacità di fare squadra, che l’Alto Adige oggi è tra le più quotate aree vinicole a livello nazionale.

Con l’annata 2012 siamo tornati a grandi livelli almeno per quanto riguarda i bianchi che, pur non così raffinati ed espressivi come quelli del 2010, hanno maggiore freschezza e tensione rispetto alla calda vendemmia 2011. In realtà stiamo parlando di un’annata sempre piuttosto calda, con alcune piogge a fine settembre, che hanno rallentato la maturazione almeno per le varietà tardive. Sta di fatto che abbiamo trovato gradazioni tendenzialmente più basse, acidità più elevate e maggiore definizione del frutto. È ancora presto per formulare un giudizio preciso sui rossi, ma Schiava e Lagrein d’annata preannunciano eleganza e profumi.
A questo proposito ci è sorto qualche dubbio sul ruolo preciso del lagrein: sarà davvero il grande vitigno autoctono da lungo invecchiamento? Spesso ci hanno convinto di più le versioni giovani, magari leggermente selvatiche e più semplici, ma che nel bicchiere si traducono in maggiore bevibilità. Sull’altro versante siamo contenti di vedere come lo Schiava, vino quotidiano per eccellenza, per decenni pilastro portante dell’economia vinicola, poi letteralmente caduta in disgrazia, abbia ritrovato la sua fedele schiera di estimatori. Restiamo convinti che il Pinot Bianco sia il bianco più caratterizzante almeno per la val d’Adige, mentre in Valle Isarco ci siamo divertiti particolarmente assaggiando Sylvaner di ottima finezza e tensione, per non parlare dei Riesling della Val Venosta, talora addirittura entusiasmanti.

VINI SLOW
A.A. Chardonnay Löwengang 2010 – Tenutae Lageder
A.A. Müller Thurgau Feldmarschall von Fenner zu Fennberg 2011 – Tiefenbrunner
A.A. Santa Maddalena Cl. Antheos 2012 – Waldgries, Christian Plattner
A.A. Terlano Pinot Bianco Vorberg Ris. 2010 – Cantina Terlano
A.A. Terlano Sauvignon 2012 – Ignaz Niedrist
A.A. Valle Isarco Müller Thurgau Sass Rigais 2012 – Hoandlhof, Manni Nössing
A.A. Valle Isarco Riesling 2012 – Strasserhof, Hannes Baumgartner
A.A. Valle Isarco Riesling Aristos 2012 – Cantina Valle Isarco
A.A. Valle Isarco Sylvaner 2012 – Kuenhof, Peter Pliger
A.A. Valle Venosta Riesling 2012 – Unterortl Castel Juval
A.A. Valle Venosta Riesling 2012 – Falkenstein, Franz Pratzner
Cassiano 2011 – Manincor
Elda 2010 – Nusserhof, Heinrich Mayr

GRANDI VINI
A.A. Chardonnay Burgum Novum Ris. 2010 – Castelfeder
A.A. Chardonnay Rarità 2000 – Cantina Terlano
A.A. Gewürztraminer V.T. Terminum 2011 – Cantina Tramin
A.A. Merlot-Cabernet Yugum 2010 – Peter Dipoli
A.A. Pinot Nero Trattman Ris. 2010 – Cantina Girlan
A.A. Sauvignon Sanct Valentin 2012 – Cantina San Michele Appiano
A.A. Valle Isarco Sylvaner 2012 – Köfererhof, Günther Kerschbaumer
A.A. Valle Isarco Veltliner Praepositus 2011 – Abbazia di Novacella

VINI QUOTIDIANI
A.A. Pinot Bianco 2012 – Niklaserhof
A.A. Pinot Grigio 2012 – H. Lun
A.A. Santa Maddalena Cl. 2012 – Waldgries, Christian Plattner
A.A. Santa Maddalena Cl. 2012 – Glögglhof, Franz Gojer
A.A. Santa Maddalena Cl. 2012 – Pfannenstielhof, Johannes Pfeifer
A.A. Schiava 2012 – Baron Widmann
A.A. Schiava Fass N°9 2012 – Cantina Girlan
A.A. Terlano Cl. 2012 – Cantina Terlano

Tre Bicchieri 2014 Lombardia

Con ben 23 vini premiati, quella del 2014 per la Lombardia è un’edizione da record. E il merito va soprattutto agli imprenditori del vino lombardi, che hanno dimostrato una straordinaria capacità di lettura della situazione economica e una grande capacità di fare azienda, cosa che in molte altre regioni ancora manca. Ciò che accomuna il vignaiolo e l'industriale con la passione del vino, che investe nella campagna per hobby, è sicuramente l'attenzione ai bilanci solidi e soprattutto alla qualità. Tutto questo è espresso in maniera efficacissima nella storia recente della Franciacorta, un distretto vinicolo che nasce appena cinquant’anni fa ma che è riuscito a raggiungere risultati straordinari negli ultimi trent’anni, confermato quest'anno con i suoi undici vini premiati. Seguono a ruota l’Oltrepò Pavese, il Lugana e la Valtellina, territori che confermano la Lombardia una delle regioni più importanti della nostra enografia.

Franciacorta Brut Blanc de Noirs ’09 Le  Marchesine
Franciacorta Brut Collezione Esclusiva Giovanni Cavalleri ’05 Cavalleri
Franciacorta Brut Emozione ’09 Villa
Franciacorta Brut Extrême Palazzo Lana Ris.’06    Guido Berlucchi & C.
Franciacorta Brut Nature ’09 Barone Pizzini
Franciacorta Cuvée Annamaria Clementi Ris.’05 Ca' del Bosco
Franciacorta Extra Brut ’07 Lo Sparviere
Franciacorta Extra Brut Vittorio Moretti Ris. ’06 Bellavista
Franciacorta Nature Enrico Gatti
Franciacorta Pas Dosé 33 Ris.’06 Ferghettina
Franciacorta Zero ’09 Contadi Castaldi
Lugana Brolettino ’11 Ca' dei Frati
Lugana Molin ’12 Provenza - Cà Maiol
Lugana Sup. Sel. Fabio Contato ’11 Provenza - Cà Maiol
OP Barbera Dodicidodici ’11 Castello di Cigognola
OP Brut Cl. ’08    Monsupello
OP Pinot Nero Brut Cl. 1870 ’09    F.lli Giorgi
OP Pinot Nero Giorgio Odero ’10 Frecciarossa
OP Pinot Nero Noir ’10 Tenuta Mazzolino
Valtellina Sforzato Ronco del Picchio ’09 Sandro Fay
Valtellina Sfursat 5 Stelle ’10 Nino Negri
Valtellina Sfursat Fruttaio Ca' Rizzieri ’09 Aldo Rainoldi
Valtellina Sup. Sassella San Lorenzo ’10 Mamete Prevostini

Slow Wine 2014 Puglia

La Puglia non è più il “serbatoio d’Italia”. È questo uno dei dati che continuano a emergere anno dopo anno. Si assiste a una costante e importante diminuzione degli ettolitri di vino prodotti, con forte contrazione dei vini da tavola a favore di una crescita di quelli di alta fascia, Doc e Igt, premiata da una buona risposta del mercato. Aumenta anche l’attenzione dei media, con ricaduta positiva sul modo di agire degli operatori enogastronomici locali, un tempo distratti e attratti dalle etichette blasonate delle altre regioni. Nero di Troia, primitivo e negroamaro cominciano a essere sempre più presenti nelle carte dei vini dei ristoranti e nelle enoteche regionali.

Se da un lato sembra andare tutto bene per il comparto vitivinicolo pugliese, dall’altro continuano a emergere contraddizioni e incongruenze nella programmazione e nella visione d’insieme. La vera crescita qualitativa è dunque quella promossa dai produttori stessi, sempre più consapevoli e attenti, che con coraggio e determinazione hanno lentamente ma costantemente abbandonato le pratiche agricole invasive a favore di una viticoltura sempre più sostenibile. Cresce sia il numero dei vigneti certificati in biologico sia quello dei molti produttori che si “accontentano” di mettere la propria faccia a garanzia dei loro prodotti, senza fare ricorso alle certificazioni. Buone pratiche che si riscontrano nel profilo dei vini degustati: quel “buono, giusto e pulito” che vorremmo sempre più riscontrare.

Il Grande Salento rimane la zona più importante e costante, ma è dalla Daunia, dalla Puglia centrale e dalle Terre del Primitivo che arrivano le vere novità. Se il negroamaro continua a confermare le sue grandi potenzialità, soprattutto nelle zone a maggiore vocazione (Salice Salentino su tutte, nonostante la scellerata scelta di “manomettere” il disciplinare con l’autorizzazione di uve internazionali nella misura del… 20 per cento!), il primitivo di Gioia e Manduria continua a progredire e a dimostrarsi vitigno dal nobile lignaggio. È il nero di Troia, però, a rivelare i miglioramenti più sorprendenti. Continua a crescere l’attenzione sui rosati di Puglia, quest’anno non facilitati da una vendemmia poco felice per tale tipologia, eppure con notevoli punte qualitative riscontrate nelle nostre degustazioni. Annata, quella del 2012, non felice neppure per i bianchi, che registrano una piccola flessione generale rispetto allo scorso anno. Conferme arrivano invece dalla Valle d’Itria e dalla Daunia.
E finiamo, ahinoi, con un ulteriore esempio di mala gestione da parte degli organi di controllo: il minutolo, un tempo “fiano minutolo”, poi nobilitato con la menzione del solo “minutolo” per evitare confusione, muta ancora il nome e ripiomba nel calderone dell’equivoco come “fiano di Puglia”. Telenovela del genere potremmo francamente risparmiarcele.

VINI SLOW
Cacc’e Mmitte di Lucera 2011 – Alberto Longo, Torrevecchia
Capasonato 1985 – Vinicola Savese
Duca d’Aragona 2007 – Candido
Gioia del Colle Primitivo 2009 – Pasquale Petrera, Fatalone
Gioia del Colle Primitivo 16 2010 – Polvanera
Gioia del Colle Primitivo Riserva 2010 – Pietraventosa
Graticciaia 2009 – Agricole Vallone
La Signora 2010 – Morella
Primitivo di Manduria Dolce Naturale Passito 2009 – Attanasio
Riserva Nobile Brut 2009 – d’Araprì

GRANDI VINI
Crusta 2008 – Primis
Primitivo di Manduria Acini Spargoli 2011 – L’Antico Palmento
Primitivo di Manduria Es 2011 – Gianfranco Fino

VINI QUOTIDIANI
Castel del Monte Almagia 2012 – Giancarlo Ceci
Castel del Monte Bombino Nero Pungirosa 2012 – Rivera
Fiano 2012 – Conti Zecca
Five Roses 2012 – Leone De Castris
Fortuita 2011 – Paolo Petrilli
Girofle 2012 – Severino Garofano Vigneti e Cantine
Massaro Rosa 2012 – Masseria L’Astore
Metiusco Rosato 2012 – Palamà
Nardò Rosso Danze della Contessa 2011 – Alessandro Bonsegna
Nero di Troia 2012 – Botromagno
Passito Botrus 2012 – Sergio Botrugno
Primitivo Dolce Naturale 2011 – Masseria Ludovico
Rosa del Golfo 2012 – Rosa del Golfo
Sogno di Volpe 2012 – Cantina Ariano

Il Sur Lie Alpino e Il Metodo Interrotto di Matteo Furlani

Il famoso passaparola, non quello moderno fatto dai vari tweet o dai post dei social network, ma quello tradizionale, fatto dal gesto concreto e poco virtuale di un amico, Francesco Petroli, che ti porta una bottiglia e ti dice:"Prova questo, a me è piaciuto molto e penso che anche a te possa intrigare!!". 

Foto: http://blablablaetvins.blogspot.it

Sur Lie Alpino?? Che razza di roba è questa???

Prima di aprire la bottiglia, come di solito, cerco di capire un pò di più dell'azienda produttrice, in questo caso Furlani, e del metodo di vinificazione per avere un quadro più completo della situazione. 
Spulciando tra le mie "fonti" scopro che Matteo Furlani rappresenta uno dei tanti vignaioli naturali italiani con la voglia di sperimentare creando prodotti alternativi. In particolare l'azienda possiede 6 ettari di vigneto e 4 di frutteto (ciliegie, mele e frutti rossi) divisi tra Vigolo Vattaro e Povo a due passi dalla città di Trento. 
I terreni sono coltivati naturalmente da 7 anni attraverso un totale rifiuto di erbicidi, pesticidi e concimi chimici e, da due anni a questa parte, si applicano le tecniche biodinamiche attraversi l'uso dei preparati 500 e 501.
I vitigni allevati sono sia a vocazione internazionale sia prettamente autoctoni: chardonnay, pinot nero, pavana, vernaccia, lagarino bianco, verderbara, müller thurgau rappresentano le uve a bacca bianca vinificate mentre quelle a bacca rossa sono rappresentate da lagarino rosso, marzemino, rosara, negrara, lagrein.
I vitigni autoctoni hanno una media di trenta anni mentre quelli internazionali hanno circa quindici anni.
In cantina si vinifica senza lieviti aggiunti e senza controllo delle temperature, non si aggiunge solforosa e si utilizza il freddo per illimpidire i vini, nessuna filtrazione, si seguono i cicli lunari per i travasi e tiraggio.

E' il momento di aprire il Sur Lie Alpino per capire se Francesco aveva ragione.

Il vino, da uve pavana, vernaccia, lagarino bianco e verderbara, è uno spumante prodotto attraverso metodo ancestrale ovvero rifermentando in bottiglia grazie allo zucchero residuo che non è stato trasformato in alcol in autunno a causa del freddo improvviso che ha bloccato la fermentazione del vino. 
Il colore, leggermente torbido visto che il vino non è stato filtrato, svela un naso assolutamente lineare, schietto, con sensazioni aromatiche di pera, mela verde, lime, anice stellato puntellate da profondi respiri minerali.
E' al sorso, però, che questo Sue Lie Alpino regala il meglio di sé. E' diretto, freschissimo, denso di sapidità minerale e dotato di beva dirompente. Per la sua assoluta leggiadria e semplicità l'ho paragonato mentalmente ad una ottima birra blanche prodotta in Belgio. 
Insomma, caro Francesco, con questo vino, che poi ho ricomprato più volte, durante l'estate mi hai fatto dissetare in modo egregio. A buon rendere!!

BREAKING NEWS!!!

Matteo Furlani, oltre al Sur Lie Alpino, produce anche un altro spumante che ha chiamato....Metodo Interrotto. La fortuna ha voluto, prima di pubblicare questo post, che riuscissi a trovare a Roma anche questo vino che, a differenza del precedente, è un vero e proprio metodo classico il cui tiraggio dura due anni al termine dei quali si decide non sboccare eliminando l'aggiunta di solforosa e della liqueur d'expédition. Insomma, una sorta di dosaggio zero che rispetto al Sur Lie, oltre che ad avere un uvaggio composto da 80% chardonnay e 20% pinot nero, si è fatto apprezzare per una maggiore finezza nella grana delle bollicine e per un profilo olfattivo prettamente minerale, quasi calcareo, e per un sorso austero e decisamente più lungo e avvolgente. 
Cavolo pure questo è premiato a pieno voti!



BREAKING NEWS NUMERO DUE

Per completezza di informazione, e per dare a Cesare quel che è di Cesare, voglio sottolineare che il vin viene prodotto grazie all'indispensabile collaborazione di Danilo Marcucci.

Tre Bicchieri 214 Veneto


Uno sguardo al solo dato numerico veneto non dà conto dei cambiamenti che soprattutto la Valpolicella sta registrando: l'Amarone più austero e serrato nel tannino, il Valpolicella Superiore che conquista un'identità più indipendente rispetto all'Amarone, con frutti selvatici, erbe fini e spezie. Rimangono in Pole i grandi blasoni dell'Amarone, ma si affermano anche altre realtà. Sul fronte dei bianchi capofila sono Soave e Custoza: vitigni tradizionali che regalano prodotti attuali e profondamente rispondenti alle tradizioni e ai luoghi. C'è poi Valdobbiadene, con una bella novità che si affianca ai nomi classici, e ancora fermento intorno ai tagli bordolesi che ribadisce il ruolo di primo piano dei Colli Euganei. Belle, bellissime espressioni anche per quel che riguarda Carmenère, Bardolino e Recioto.

Amarone della Valpolicella  Cl. Calcarole’09 Guerrieri Rizzardi
Amarone della Valpolicella Campo dei Gigli    ’08 Tenuta Sant'Antonio
Amarone della Valpolicella Cl. ’09  Allegrini
Amarone della Valpolicella Cl. ’06  Cav. G. B. Bertani
Amarone della Valpolicella Cl. ’06  Zymè
Amarone della Valpolicella Cl. Campolongo di Torbe ’07 Masi
Amarone della Valpolicella Cl. Pegrandi  ’09 Odino Vaona
Amarone della Valpolicella Cl. Vign. Monte Ca' Bianca ’08  Lorenzo Begali
Amarone della Valpolicella Cl. Vign. Monte Sant'Urbano ’09  Viticoltori Speri
Amarone della Valpolicella Ris. ’07  Brigaldara
Bardolino Cl. Brol Grande ’11 Le Fraghe
Cartizze V. La Rivetta Villa Sandi
Colli Berici Carmenere Oratorio di San Lorenzo Ris. ’09 Inama
Colli Euganei Rosso Gemola ’09  Vignalta
Colli Euganei Rosso Serro ’10    Il Mottolo
Custoza Sup. Amedeo ’11 Cavalchina
Custoza Sup. Ca' del Magro ’11 Monte del Frà
Lugana Sup. Molceo 11  Ottella
Montello e Colli Asolani Il Rosso dell'Abazia ’10  Serafini & Vidotto
Recioto della Valpolicella Cl. ’01   Giuseppe Quintarelli
Soave Cl. Campo Vulcano ’12  I Campi
Soave Cl. La Rocca ’11  Leonildo Pieropan
Soave Cl. Le Bine de Costiola  11  Tamellini
Soave Cl. Monte Alto ’11  Ca' Rugate
Soave Cl. Monte Carbonare ’11    Suavia
Soave Cl. Monte de Toni ’12    I Stefanini
Soave Cl. Staforte ’11    Graziano Prà
Soave Sup. Il Casale ’12    Agostino Vicentini
Valdobbiadene Brut Rive di Col San Martino Cuvée del Fondatore G. Merotto ’12 Merotto
Valdobbiadene Extra Dry Giustino B. ’12    Ruggeri & C.
Valdobbiadene Rive di Farra di Soligo Brut Col Credas ’12    Adami
Valpolicella Cl. Sup. Campo Casal Vegri ’11    Ca' La Bionda
Valpolicella Cl. Sup. Camporenzo ’10  Monte dall'Ora
Valpolicella Cl. Sup. Maternigo ’11  F.lli Tedeschi
Valpolicella Cl. Sup. Sanperetto ’11  Roberto Mazzi
Valpolicella Sup. ’09  Marion

Tre Bicchieri 2014 Basilicata

Sono quattro, quest’anno, i vini premiati in Basilicata. Uno in più della scorsa edizione, a testimoniare l’impegno, in questi anni difficili, delle migliori aziende di questa regione. Enologicamente la Basilicata ha una sua visibilità grazie al comprensorio del Vulture, che conta per
Otto decimi della produzione regionale sostanzialmente rappresentati da un solo vino, l’Aglianico del Vulture, da poco DOCG che saranno in assaggio per la prossima edizione. Un impegno da parte dei produttori che fa salire a quattro i premiati. Continuano a nascere nuove aziende, mentre le strutture cooperative, capitanate dalla Cantina di Venosa fanno un lavoro importante per il territorio e – quel che più conta – qualità.
La provincia di Matera manda segnali importanti, con molte aziende con programmi ambiziosi e un investimento in termini di strutture tecniche e tecnologiche per una produzione di livello. Il primitivo tra queste colline si esprime con personalità e un carattere peculiare, che comincia ad emergere nei nostri assaggi.

Aglianico del Vulture Don Anselmo   ’09    Paternoster
Aglianico del Vulture La Firma   ’10   Cantine del Notaio
Aglianico del Vulture Re Manfredi   ’10   Terre degli Svevi
Aglianico del Vulture Titolo   ’11   Elena Fucci

Slow Wine 2014 – i migliori Metodo Classico d’Italia

VINI SLOW
Franciacorta Brut – Clarabella
Lessini Durello Extra Brut Riserva 2008 – Casa Cecchin
Riserva Nobile Brut 2009 – d’Araprì
Il Brut di Clarabella – azienda virtuosa che non solo opera in regime di agricoltura biologica ma aggiunge valori sociali alla propria attività, con l’inserimento al lavoro di persone disabili e la promozione di attività di valorizzazione del territorio – è di impeccabile fattura, teso e fragrante: doti ancora più apprezzate in un economico vino “base”, non millesimato. Il Lessini Durello Extra Brut Riserva 2008 di Roberto Cecchin – da tutti chiamato “l’Ingegnere” – esprime in modo esemplare la rustica eleganza di questo tipico vitigno veneto, con un sorso avvolgente e minerale, ricco di note agrumate e speziate: un ottimo biglietto da visita per questa zona. Felice conferma infine dal territorio pugliese di San Severo: la cantina d’Araprì ci propone quest’anno una Riserva Nobile 2009 in eccellente forma, dal carattere profondo e ben definito, che conferma le grandi potenzialità del bombino bianco nella vinificazione con Metodo Classico.

GRANDI VINI
Brut 2009 – Monsupello

Franciacorta Brut Vintage Collection 2008 – Ca’ del Bosco

Franciacorta Extra Brut Vittorio Moretti Riserva 2006 – Bellavista

Franciacorta Pas Dosé Girolamo Bosio 2006 – Bosio
Franciacorta Pas Dosé Riserva 33 2006 – Ferghettina
Trento Extra Brut Riserva Lunelli 2006 – Ferrari
Monsupello si riconferma la migliore realtà dell’Oltrepò Pavese e un punto di riferimenti per tutta la produzione italiana di Metodo Classico: ci ha presentato un Brut millesimato perfetto, scorrevole e profondo, che rende onore alle potenzialità del territorio. Dalla Franciacorta quattro prodotti di grandissima stoffa: Ca’ del Bosco propone un ottimo e gustosissimo Brut 2008 (con un restyling dell’etichetta, che ricorda quella di un tempo); Bellavista da spolvero a un Extra Brut 2006 ficcante e incisivo, dedicato al fondatore dell’azienda; misura, tensione e profondità contraddistinguono il Pas Dosé Riserva 33 2006 di Ferghettina, qualità che ritroviamo anche nel più voluminoso e persistente Pas Dosé Girolamo Bosio 2006. Dall’altra grande zona spumantistica italiana – il territorio del Trentodoc – arriva, puntuale e convincente come al solito, un vino delle cantine Ferrari: rinviata l’uscita del Giulio Ferrari Riserva del Fondatore, il blasone è tenuto alto da questa raffinatissima, complessa, tagliente e profonda Riserva 2006 che porta il nome di famiglia. Quattro Grandi Vini su sei sono dell’annata 2006, che si conferma come una delle migliori tra le ultime in commercio, quanto meno per i Metodo Classico (in genere viene invece considerata un’annata mediocre, fredda e piovosa).
Segnaliamo inoltre due VINI QUOTIDIANI che, sebbene siano stati prodotti con il metodo della rifermentazione in autoclave (e non con Metodo Classico), rientrano nella tipologia dei vini spumanti.

Cuvée Brut Riserva – Cesarini Sforza
Bardolino Chiaretto Brut 2012 – Costadoro

In Franciacorta – oltre ai vini già segnalati con un riconoscimento – sono emerse altre etichette di grande pregio, che sostanziano l’evidente crescita qualitativa di questo territorio. Ci sono particolarmente piaciuti il Franciacorta Pas Dosé Dom 2004 di Mirabella, il Franciacorta Pas Dosé Nature 2009 di Barone Pizzini, il Franciacorta Satén 2009 di Gatti, il Franciacorta Brut di Faccoli, il Franciacorta Brut Milledì 2009 di Ferghettina, il Franciacorta Brut Cabochon 2008 di Monte Rossa e infine le due etichette di Ca’ del Bosco dedicate alla fondatrice Annamaria Clementi, ovvero il Franciacorta Brut 2005 e il Franciacorta Extra Brut Rosé 2005, che solo per qualche sfumatura ci sono sembrati inferiori al grandissimo Brut 2008.
Trento segnaliamo, oltre alla Riserva Lunelli, il Trento Brut Aquila Reale Riserva 2006 di Cesarini Sforza, il Trento Brut di Balter, il Trento Brut di Maso Martis e il Blanc de Blancs di Castel Noarna. Nell’Oltrepò Pavese ancora Monsupello, che propone grande qualità sia con il Brut sia con il Nature; e poi qualche convincente Cruasé, tipologia che ha visto in genere sensibili miglioramenti qualitativi: in particolare i Cruasé di I Gessi, di Torti e di Bruno Verdi. In Piemonte si segnalano due ottime etichette: il Brut Blanc de Blancs Francesco Galliano 2010 di Borgo Maragliano e il Pas Dosé Blanc de Noirs 2009 della storica azienda Contratto. In Alto Adige l’A.A. Brut Comitissa Gold 2002 di Lorenz Martini e l’A.A. Brut Riserva 2008 di Arunda. In Friuli il Brut 2009 di Piè di Mont e il Brut Etichetta Argento di Vigneti Pittaro. In Veneto il Durello Dosaggio Zero Leon di Masari, il Lessini Durello Brut Etichetta Nera 2007 di Fongaro, il Lessini Durello Brut Riserva 60 2007 di Corte Moschina e il Piave Raboso Brut Rosato Sui Lieviti Redentor 2009 di Tessère. Nelle Marche infine il Verdicchio dei Castelli di Jesi Brut Ubaldo Rosi Ris. 2007 di Colonnara e il Brut Delis 2010 di Garofoli.

Grifalco della Lucania: viaggio nell''Aglianico del Vulture - prima parte

Pian di Camera, da dove sto scrivendo, non dista molto dal maestoso castello di Venosa che in questa giornata di Agosto, con la luce dell'estate, sembra ancora più maestoso e possente. Assieme a me, Ciceroni di eccezione, ho tutta la famiglia "Grifalco", così amo chiamarla, composta da papà Fabrizio Piccin, fino a poco tempo fa uno dei soci della toscana Salcheto, mamma Cecilia Naldoni, il cuore commerciale e relazionale dell'azienda, e dai tre figli Lorenzo (giovane e promettente enologo) , Andrea e Francesca.


La famiglia Piccin. Foto: ilviandantebevitore.blogspot.com 
Grifalco nasce nel 2003, anno in cui Fabrizio e Cecilia decidono di abbandonare definitivamente la Toscana e il suo Nobile di Montepulciano perchè, mi confessa Fabrizio, non c'erano più le basi per produrre un vino così come lo intendeva lui. 
Viaggiando spesso verso sud rimane folgorato dalla Lucania, terra di ricca di storia e tradizioni, e dal suo principale vitigno, l'Aglianico del Vulture, così lontano eppure così vicino da quel sangiovese che una volta vinificava con amore.
Il colpo di fulmine è stato immediato e così, dopo aver valutato ogni singolo aspetto del terroir, Fabrizio e Cecilia entrano in punta di piedi in terra lucana creando le basi per una iniziativa di successo che oggi, a circa dieci anni di distanza, ha spazzato via tutti i pregiudizi locali che inizialmente avevano accompagnato il progetto.


Attualmente l'azienda possiede circa 16 ettari di vigneto, tutto certificato biologico, suddiviso in quattro territori ben diversi:
  • Ginestra: due ettari di vigneto di almeno 60 anni di età posti su un poggio aperto su tutti e quattro i fronti. Terreni a composizione tufacea argillosa posti a circa 500 metri di altezza. Resa per ha circa 60 quintali di uva;
  • Venosa: sette ettari di vigneto tra i 7 e i 25 anni posti su un altopiano ben ventilato e soleggiato. Terreno caratterizzato da forte componente di scheletro e ciottoli, di medio impasto argilloso. Altezza media di 400 metri. Resa per ha circa 75 quintali di uva. 
  • Maschito: parte dei vigneti ha circa 25 anni mentre un'altra è composta da piante di oltre 60 anni di età. Altitudine di circa 500 metri di altezza. Terreno caratterizzato da una buona composizione di argilla con presenza di scheletro. Resa per ha circa 75 quintali di uva.
Vigneti attorno alla cantina
In cantina, inaugurata nel 2007 con una grande festa, affianco Lorenzo Piccin per farmi spiegare come fanno il vino.

Il ragazzo, che ha studiato ad Alba, ha le idee chiarissime:"fermentiamo separatamente ogni particella dei nostri vigneti, dividiamo le botti prima di tutto per le diverse zone dei vigneti e poi per le diverse particelle, guardando all'età, all'esposizione delle vigne e alla maturità  delle uve. Le fermentazioni variano a seconda dell'idea di vino che vogliamo avere: per il Gricos durano circa 6 giorni, senza macerazioni sulle bucce. Per il Grifalco facciamo macerazioni che arrivano anche fino a 10-12 giorni. Per il Damaschito e il Bosco del falco le macerazioni sono ritenute molto importanti, le uve provengono dai vigneti più vecchi e i vini rimangono a contatto con le bucce anche per più di 18 giorni. In questi casi controlliamo più volte al giorno l'integrità  delle bucce. effettuiamo circa due/tre rimontaggi al giorni e alcuni délestage  durante tutto il processo di vinificazione. Dopo la svinatura con tutti i vini comincio a lavorare con le fecce. Ogni vino svinato produce nei primi mesi una grande quantità di sedimento, tolgo la parte "spessa" sgrossando le fecce dai residui come bucce e semi, il resto viene reinserito nella botte insieme al suo vino. Proseguo questo lavoro per molti mesi lavorando in maniera (sporca) ogni volta che sposto un vino da una botte ad un'altra, oppure nelle barrique mi preoccupo che le fecce vengano mantenute sempre in sospensione lasciandole poi decantare nuovamente nel giro di un paio di settimane per poi ripetere di nuovo l'operazione. Questo processo va avanti anche per vari anni, in maniera sempre più delicata ed oculata, fino a che non decido di aver raggiunto il risultato che cercavoQuesto modo di lavorare è nato provando a mettere in pratica un'idea che mi è venuta pensando ai vini francesi e al loro modo di lavorare. Mi domandavo come erano in grado di lavorare i loro vini utilizzando legni per cosi' tanto tempo riuscendo, nonostante tutto, a tirar fuori vini eleganti e profondi senza che i sentori di legno prendessero il sopravvento. La risposta che mi sono dato, caro Andrea, mi ha portato a questo modo di lavorare con le fecce, mantenendole insieme al vino fino a renderlo credo più profondo e rotondo".

Chapeau al coraggio e alla determinazione di un ragazzo poco più che ventenne!

Tornando alla struttura, questa si presenta essenziale e funzionale, divisa in due piani. Il primo accoglie la sala contenente le varie vasche in acciaio funzionali alla fermentazione in acciaio delle varie uve provenienti dalle varie parcelle. Come vedete dalla foto, il vino viene poi portato al piano interrato attraverso un semplice ma pratico sistema a caduta.


L'altro piano, interrato, accoglie la zona affinamento del vino. In particolare troviamo barrique, tonneau e botti di rovere di Slavonia. 

  

  

Un'altra piccola sala, ricavata in un interstizio della cantina, è adibita a spazio di affinamento delle bottiglie che attendono di essere immesse nel mercato. Si aspetta il momento giusto!



Girando tra le varie botti presenti non si poteva non chiedere a Lorenzo di farci degustare qualche vino in anteprima anche se, ovviamente, ancora in affinamento. Detto, fatto! Eccolo dirigersi verso la prima vasca e spillare un pò del futuro Grifalco 2011, un vin che oggi si caratterizza per una certa nervorsità giovanile che comunque non nasconde un equilibrio di fondo e una caratterialità davvero interessanti. 
L'altra anteprima, sorprendente, riguarda un Cru che l'azienda ancora non ha mai messo in commercio, il Ginestra, la cui prima annata di produzione è appunto la 2012. I terreni maggiormente argillosi in questo caso fanno la differenza e, nonostante il vino sia ancora in pieno affinamento in barrique, la struttura, la profondità e la persistenza del vino fanno presagire che questo sarà un grande Aglianico del Vulture. Lo seguirò con attenzione.

Per finire, in bellezza, Fabrizio Piccin ci apre un pezzo di storia dell'azienda, ovvero il Grifalco 2004.



Il vino si presenta ancora di un colore rubino profondo, compatto, impreziosito da un corredo aromatico ancora giovane che rilascia aromi di marasca, prugna matura, cuoio, liquirizia, cacao amaro e l'inconfondibile mineralità vulcanica. Classe e bilanciamento al gusto, vagamente morbido e dal timbro tannico ben definito e vellutato. La lunga persistenza lascia il palato con ricordi insistiti di mineralità e frutta nera. Un vino buonissimo che rappresenta un biglietto da visita di tutto rispetto per la famiglia Piccin che in queste terre, dalla Toscana, ha portato solo serietà e rispetto per il territorio. 


Grifalco è un'azienda giovanissima che va seguita. Io lo farò!