InvecchiatIGP: Pepe – Trebbiano d’Abruzzo 1995


Classe 1932, Emidio Pepe, ad oggi, rimane probabilmente uno dei pochissimi contadini italiani legati ancora ad una dimensione atavica del vino che, probabilmente, non esiste più. Chi lo frequenta ancora, a Torano Nuovo, dove vive e ha la sua azienda fondata nel 1964, sa che difficilmente, nonostante 90 anni, il buon Emidio si gode la sua meritata pensione perché, e lo dimostrano le mani sporche di terra, ancora lo si trova in giro tra le sue amate piante di trebbiano e montepulciano d’Abruzzo che, grazie alla sua tenacia e volontà espressa in tempi non sospetti, ha saputo valorizzare provandone la capacità d’invecchiamento e facendoli conoscere al mondo intero.

E’ tanto che non passo a trovarlo, forse troppo, ed è forse questo pensiero malinconico che mi ha portato qualche giorno fa ad aprire la mia caotica cantinetta cercando quel Trebbiano d’Abruzzo che tanto tempo fa, faticosamente, riuscii ad acquistare all’interno di un’asta di beneficenza.

Trovato!

Non ricordavo l’annata, davanti a me ho un trebbiano Pepe del 1995 al quale, causa umidità, è crollata l’etichetta (sgrunt!).


Se parli con il buon Emidio ti dirà che è ancora giovane mentre per qualcun altro, probabilmente, aprire questa bottiglia è una mera attività di necrofagia.

Chissà, io lo porto ad una cena tra amici e lo stappo!

Come molti speravano, dalla bottiglia non sono usciti pipistrelli e ragni pelosi ma, tornando seri, un trebbiano assolutamente stupefacente già dal colore che, dopo oltre 25 anni, non aveva perso affatto la sua lucentezza e la sua carica cromatica giallo paglierino.

Nessun segno di ossidazione, no, mi spiace per voi!

La bellezza di questo trebbiano d’Abruzzo, legata alle sue potenzialità evolutive, la ritroviamo anche mettendo il naso nel bicchiere dove, man mano che si ossigena, affascina con un carosello di sensazioni che al minerale (non cominciate eh) intrecciano ricordi di mela renetta, camomilla essiccata, girasole, pera kaiser, nespola e bergamotto.

L’incipit palatale è, se fosse possibile, ancora più straordinario a causa di un armonico ritorno di tutte le sensazioni che, come per un vino appena uscito sul mercato, sono subordinate ad un pungolo di irrequieta freschezza che, sommando tutto, definisce una trama gustativa che, a distanza di oltre un mese, mi fa ancora venire la pelle d’oca.

Emidio Pepe - Foto: Triple A

Emidio aveva capito tutto. Tutto.


“Prenditi il diritto di sorprenderti.”

Milan Kundera

Torre Zambra – Montepulciano d’Abruzzo DOC “Colle Maggio” 2020


Ogni tanto, grazie alla bravura di Federico De Cerchio, è bello incappare in vini, come questo, dove il montepulciano d’Abruzzo, allevato a pergola, assume finalmente un peso specifico garbato ed elegante ma al tempo stesso goloso senza incappare in inutili interpretazioni barocche. 



Cercatelo, non ve ne pentirete!

I Giovani Vignaioli Canavesani e Rewine 2022 raccontati da Vittorio Garda


ReWine, giunto alla seconda edizione, è stata l’occasione per tornare a calpestare le vigne nel mio amato territorio canavesano e per approfondire la conoscenza con una delle associazioni vitivinicole più dinamiche in Italia ovvero quei Giovani Vignaioli Canavesani, capitanati fino al momento in cui scrivo da Vittorio Garda (enologo della Cantina sociale della Serra e vignaiolo in Carema) con il quale, via ZOOM, ho fatto il punto della situazione sul territorio del Canavese che, a mio giudizio, tanto può dare in termini di qualità al mondo del vino italiano.



Vittorio, prima di tutto, ti vedo decisamente più rilassato e sorridente. Significa che sei soddisfatto di come è andato REWINE 2022?

Assolutamente sì, sono stati giorni decisamente impegnativi e volevamo che questa edizione di Rewine, il cui focus verteva sul concetto di terroir, rimanesse nel cuore dei tanti giornalisti ed appassionati che hanno partecipato a questa tre giorni iniziata Sabato 25 Giugno presso il Castello di Masino dove Armando Castagno ha tenuto due bellissimi seminari sia sull’erbaluce sia sul nebbiolo, vitigni simbolo del nostro territorio.

Beh, non solo….

Sì, quel giorno è stata inaugurata anche la Banca del Vino del Canavese e nel tardo pomeriggio, al Teatro Giacosa di Ivrea, abbiamo tenuto anche un interessante convegno sul nostro territorio e su come si debba valorizzarlo.


Rewine 2022 non ci sarebbe se non ci fossero i Giovani Vignaioli Canavesani. Parlami un po’ di questa associazione di cui, attualmente, sei anche Presidente.

L’associazione è stata fondata a Giugno del 2020 da un gruppo di 10 aziende dirette da giovani vignaioli, che sono prima tutto assolutamente amici, col fine di condividere e dare una soluzione a problemi comuni come ad esempio la mancanza di materiale, attrezzature, soldi, contatti. Ci siamo messi insieme perché l’unione fa la forza e abbiamo cercato di fornire stimoli e voglia di coltivare anche a chi, magari, inizialmente, non aveva la possibilità.

Fammi un esempio

Beh, inizialmente ho dato una mano a vinificare ad almeno 4 o 5 ragazzi e oggi sto facendo lo stesso per altre realtà…

Come si diventa Giovane Vignaiolo Canavesano?

Molto facile, per statuto possono entrare persone di dirigono aziende nel territorio che devono avere una età uguale o inferiore ai 39 anni. Questa scelta non è casuale perché è anche l’età massima stabilità dall’Unione Europa per ottenere la qualifica di giovane agricoltore. Dai 40 anni in su, sempre per statuto, si rimane nell’associazione come Amico dei Giovani Vignaioli. Sempre per completezza di informazione, la carica di Presidente si può ricoprire solo per due anni perché abbiamo lo scopo di dare a tutti la possibilità di ricoprire questa carica altamente formativa per poi prepararsi ad entrare nel Consorzio di Tutela che ci aspettiamo, tra una decina di anni, sia composto da persone assolutamente capaci.

Per chi non fosse mai venuto nel Canavese, puoi indicare i motivi per cui vale la pena passare a trovarvi almeno una volta nella vita?

Dal punto di vista paesaggistico il Canavese non è assolutamente monotono perché hai le Alpi sullo sfondo con la bellezza del Monte Bianco e del Monte Rosa, poi c’è l’anfiteatro morenico che è questo raggruppamento di colline maestoso e dalla geometrica unica, se poi aggiungi tantissimi laghi e fiumi, tu hai un unico contesto una varietà di paesaggi che danno ricchezza che altrimenti non potresti generare. L’assenza, poi, della monocoltura facilità la creazione di una biodiversità assolutamente ricca tanto che, per fare un esempio, il Canavese è ha una eterogeneità di essenze erbacee talmente complessa da noi è pieno di insetti impollinatori.

Questo è l’aspetto naturalistico….

Sì, dal punto di vista invece artistico abbiamo un Circuito dei Castelli a caratterizzare il territorio; tra i più noti, c’è il Castello di Masino, dove con Castagno abbiamo fatto i seminari, che è uno dei beni FAI più importanti di Italia visto che vanta ancora oggi un arredamento originale del ‘500 e del ‘600.

Torniamo a ReWine e alla sua genesi. Cosa vi ha spinto, come Giovani Vignaioli, ad organizzare questa manifestazione?

Come gruppo giovani, e come aziende in generale, abbiamo sempre sentito la mancanza di un evento che parlasse di noi e non fosse visto come una “festa” visto che in Piemonte già se ne fanno tante (vedi Carnevale di Ivrea). Il nostro obiettivo principale è attirare l’attenzione e Rewine potrebbe essere, per fare una metafora, una porta in grado di farci entrare in una stanza piena di persone che possano darci una mano al fine di permetterci, nell’immediato futuro, di aver un grande evento sul vino piemontese che riunisca non solo Langhe, Roero e Monferrato ma anche tutte le altre piccole aree vitivinicole della Regione. Vogliamo, in sostanza, essere inseriti tra i grandi perché ce lo meritiamo.

ReWine, come grande evento del vino del Canavese, è aperta a tutte le aziende del territorio ma…..

Eh, non ti nego che il canavesano, essendo molto orgoglioso, non vede sempre di buon occhio manifestazioni così organizzate da un gruppo di giovani. Non ti nego che alcune aziende “consolidate” non hanno accettato di buon occhio il nostro invito. Anzi…

Ti dispiace questa cosa?

Ovviamente un po’ sì, ma noi siamo partiti e siamo motivati a continuare per cui spetterà a loro sfruttare l’opportunità o, in caso contrario, starsene in attesa in silenzio mettendosi in scia. Ciò che mi dispiace davvero è che noi giovani, quando c’è da prendere decisioni che riguardano ad esempio il nostro disciplinare di produzione, non siamo molto ascoltati perché, dicono, non abbiamo esperienza….

Vittorio Garda - Foto: Winesurf

Dai, veniamo al punto. I Giovani Vignaioli Canavesani stanno portando avanti delle battaglie assolutamente condivisibili. Ce ne vuoi parlare?

Certo! Noi ora abbiamo tre fronti aperti. La più importante è sicuramente quella della liberalizzazione della DOCG Erbaluce attraverso lo svincolo del vitigno che per noi è un bene universale e per questo tutti hanno il diritto di piantare e citarlo nella loro comunicazione. In questo caso l’Erbaluce è protetto dalla normativa della DOCG Caluso e questo comporta che nel resto del Canavese e anche nelle colline del Novarese il vitigno Erbaluce, seppur coltivato da secoli, non può essere menzionato sulle etichette delle bottiglie pena multa. Tutto questo fa sorridere e per noi è una grande mancanza di rispetto tra colleghi perché non c’è trasparenza.

Da quello che so le cose non lontane dalla soluzione che vi prefiggete....

Sì, per ora il Consorzio ha rigettato la nostra proposta. Hanno timore che con lo svincolo il vitigno possa essere fagocitato da altre denominazioni più importanti a livello commerciale. Assurdo ma continueremo ad alzare la voce su questo!

Quale sarebbe la vostra proposta pratica per superare questa impasse?

Trattare l’erbaluce come, ad esempio, il nebbiolo. Questo vitigno si produce nelle zone storiche del Barolo, del Barbaresco e del Roero ma, al tempo stesso, si fa Langhe Nebbiolo, Nebbiolo d’Alba, Canavese Nebbiolo, Valle d’Aosta Nebbiolo e così via. Perché questo grandissimo vitigno sì e l’erbaluce no?

Le altre battaglie invece in cosa consistono?

Beh, chiediamo l’inserimento nel nostro disciplinare di menzioni geografiche aggiuntive, perché il Canavese è molto ampio e macrozone che hanno differenze mostruose tra di loro. Ed ancora, l’introduzione di un periodo di affinamento minimo obbligatorio di almeno un anno per il Caluso DOCG al fine di aumentare la complessità e il valore della nostra denominazione. Sai il paradosso?

Ho paura di ciò che mi dirai….

Esiste la DOC Canavese Bianco ma essendo il vitigno protetto dalla DOCG, nemmeno la nostra denominazione di ricaduta può portare il nome del vitigno. E’ una bizarria che vogliamo superare perché la soluzione è semplicissima: fare il Caluso DOCG con le nostre MGA, qualificando il territorio e con un anno in più di affinamento, come da noi richiesto, potevi tranquillamente alzare i prezzi. La DOC Canavese Erbaluce, come ricaduta, sarà il contenitore di tutti quei vini da far uscire prima per accontentare tutta la filiera commerciale che richiede certe tipologie di prodotto. Così, ora, in GDO a prezzi ridicoli finisce l’Erbaluce di Caluso DOCG e questa cosa non è un bene.

Veniamo alla zona del Carema, dove te tra l’altro sei produttore ed hai una azienda chiamata Sorpasso. Non mi sembra che in quel territorio ci siano le stesse problematiche, anzi, noto grande unione o sbaglio?

Hai ragione, lavorare in quella denominazione, oggi, è stimolante perché tra di noi (pochi) produttori c’è una grande unione di intenti ed è un momento, per il nebbiolo di Carema, molto positivo.

In che senso?

Oggi, dopo tanti sforzi, Carema è una denominazione che funziona molto bene commercialmente perché il mercato, soprattutto internazionale, ci sta riconoscendo gli sforzi che facciamo per produrre questo nebbiolo dai caratteri unici.

Parliamo del futuro dei Giovani Vignaioli Canavesani. Durante il convegno di sabato 24 hai annunciato che la tua esperienza come Presidente è agli sgoccioli. Confermi?

Assolutamente sì, dopo due anni è giusto passare la mano e il prossimo Presidente sarà Gian Marco Viano che si merita questo ruolo visto che ha obiettivi assolutamente sfidanti come, ad esempio, creare una nostra distribuzione. Il fine è abbastanza banale ma non scontato: lavorare affinchè tutti i ristoranti canavesani abbiano in carta i vini del territorio.

Gian Marco Viano - Foto: Danila Atzeni


Altri obiettivi per il futuro?

Organizzare un viaggio di lavoro dei Giovani Vignaioli Canavesani negli Stati Uniti pagando le spese ai ragazzi che sono in grado sostenere una spesa così grande. Per ora le nostre casse ancora non ce lo permettono ma vedrai che a breve si parte!

InvecchiatIGP: Michel Redde - Blanc Fumé de Pouilly "Les Bois de St.Andelain" 2013


di Lorenzo Colombo

L’AOC Pouilly Fumè s’estende su 1.400 ettari di vigneti che su sviluppano sul territorio di sette villages situati sulla sponda destra della Loira, nel dipartimento della Nièvre, vi si coltiva un unico vitigno, il Sauvignon blanc, per una produzione annuale di circa 10 milioni di bottiglie. Per la verità sullo stesso territorio troviamo un’altra appelation, molto più piccola della precedente, si tratta dell’AOC Pouilly sur Loire, sono circa 30 ettari di vigneto di Chasselas per una produzione annuale di circa 200.000 bottiglie.


Ma torniamo al Pouilly Fumè altresì definito Blanc Fumé de Poully, come sopra citato i vigneti ricadono nei sette villages di Garchy, Mesves-sur-Loire, Pouilly-sur-Loire, Saint-Laurent, Saint-Martin-sur-Nohain ,Tracy-sur-Loire e Saint-Andelain, quest’ultimo è il punto più elevato dell’Aoc.


Sul curioso nome del vino ci sono due diverse teorie, la prima si riferisce al vitigno e si basa sul fatto che a piena maturità i grappoli di sauvignon blanc sono ricoperti da una pruina grigiastra che pare fumo.
La seconda invece è riferita al vino che assume un tipico sentore di pietra focaia (pierre à fusil), datogli dal suolo composto in buona parte da selce (silex).

Il suolo

Più che di suolo occorrerebbe in realtà parlare di suoli, poiché ne esistono almeno quattro diverse tipologie nei 1.400 ettari di vigneti e queste, unitamente ai microclimi, vanno ad influire sulle caratteristiche organolettiche dei vini.
Abbiamo quindi suoli prettamente calcarei e caldi che favoriscono un anticipo di maturazione delle uve e che donano ai vini note fruttate ed agrumate ed in alcuni casi leggere note vegetali.


Ci sono poi i suoli marnosi, composti da piccole ostriche (Kimméridgien), qui si ottengono vini fini che diventano complessi col passare del tempo, dotati quindi di un buon potenziale d’invecchiamento.

La terza tipologia di suoli è quella caratterizzata dalle argiles à silex, ovvero le argille con selce e danno per l'appunto vini caratterizzati dai sentori di pietra focaia, speziati e minerali.

L’ultima tipologia è data dai suoli composti da sabbie ed argille in proporzioni variabili, le note dei vini tendono in genere al floreale ed il loro equilibrio varia in base alle percentuali dei due elementi del suolo.

L’azienda

L’azienda Michel Redde et Fils, gestita attualmente da Thierry Redde e dai figli Sèbastiene Romain dispone di 42 ettari di vigne, 15 dei quali -acquistati negli anni ’70- sono situati attorno al village di Saint-Andelain, nel cuore dell’AOC Blanc Fumé de Pouilly. Qui i suoli sono caratterizzati da una forte presenza di silex ed è qui che si produce il vino che ci accingiamo ad assaggiare.

Il vino

Le rese sono alquanto basse, tra i 40 ed i 45 ettolitri/ha, la vinificazione s’effettua in tini e botti di legno mantenendo la temperatura tra i 18° e d i 20° C., anche l’affinamento si svolge in legno, dove il vino sosta per un periodo di 16-18 mesi.


Dal colore non si direbbe che stiamo approcciandoci ad un vino di quasi dieci anni d’età, siamo infatti di fronte ad un bellissimo color verdolino, luminoso.
Al naso lo troviamo più giocato sulla delicatezza che non sull’intensità, vi si colgono accenni fumé, uva fresca, pompelmo, pesca bianca.
Fresco, sapido, verticale, con spiccata vena acido-agrumata, pesca bianca, agrumi, pompelmo fresco, dalla lunghissima persistenza. Un vino vibrante ed elegantissimo.

Le Vigne di San Pietro - Bardolino Chiaretto DOC "Corderosa" 2020


di Lorenzo Colombo

Nel 2021 si sono vendute 9,5 milioni di bottiglie di Chiaretto di Bardolino, un successo iniziato nel 2014 con la Rosé Revolution, che l’ha sdoganato da quelle che sin’allora era semplicemente una tipologia del Bardolino.


Ne abbiamo assaggiato uno del 2020, fresco, sapido, agrumato e dalla lunga persistenza.

Un mare di Champagne!


di Lorenzo Colombo

Una quarantina le aziende produttrici di Champagne (tutti piccoli produttori) presenti il 14 ed il 15 maggio nella Reggia Reale di Monza per Champagne in Villa, evento organizzato da Fabio Mondini, titolare del ristorante Capovolto di Misinto e consigliere in ASPI (Associazione Sommellerie Professionale Italiana).

Potevamo noi mancare? Assolutamente no!

Ed infatti nella giornata di domenica 15 siamo riusciti ad assaggiare i vini di quasi tutti i produttori (purtroppo per ragioni di tempo ne abbiamo dovuti saltare due) per un totale di 56 Champagne. Tutti (o quasi) questi vini meriterebbero d’essere menzionati, ma per ovvie ragioni, soprattutto di spazio, ci limitiamo a citarne, con super sintetiche descrizioni, circa una metà, tra quelli che maggiormente ci sono piaciuti.

I vini sono elencati in ordine di gradimento, ovviamente con molti pari merito.


Récoltant-Manipulant (Vigneron Independant) con sede a Barbonne-Fayel, nella Côte de Sézanne. Champagne Tradition (60% Chardonnay, 40% Pinot noir)
Verdolino. Bel naso, fresco, intenso, fruttato, frutta a polpa bianca.
Intenso e succoso, verticale, sapido, pesca bianca, agrumi, lunga la persistenza.


Récoltant-Manipulant – L’azienda è situata a Taxieres Mutry, nella Montagne de Reims. Champagne Henry Emile Grand Cru (100% Pinot noir).
Dal naso interessante, elegante, fruttato, frutta a polpa bianca, pesca. Bel vino, elegante, succoso, sapido, di buona complessità e lunga persistenza.


Récoltant-Manipulant – Situato a Celles-sur-Ource, nella Côte de l’Aube.
Champagne Passé Composé Brut (60% Pinot noir, 40% Chardonnay)
Color verdolino-paglierino scarico. Bel naso, elegante, di media intensità.
Strutturato, sapido e succoso, agrumato, con bella vena acida e lunga persistenza.


Champagne Sébastien Bijotat Brut Millésime 2015 (80% Chardonnay, 15% Pinot meunier, 5% Pinot noir). Le uve provengono dai seguenti Villages: 87% Romany sur Marne, 9% Chezy sur Marne e 4% Villiers Saint Denis, nella Vallée de La Marne. Complesso al naso, presenta eleganti accenni ossidativi.
Cremoso, sapido elegante, di buona complessità, piacevoli accenni ossidativi, lunga la persistenza. 


Champagne Festival (uno dei pochi Champagne dove vengono utilizzati anche i vitigni minori, ammessi dal disciplinare di produzione ma spesso non considerati, la sua composizione infatti prevede, oltre ai soliti Pinot noir, Pinot meunier e Chardonnay, anche Pinot blanc, Arbanne e Petit Meslier). L'Azienda è situata a Charly-sur Marne, nella Vallée de La Marne.
Bel naso, ampio ed elegante. Fresco e succoso, decisamente sapido, elegante, di buona struttura accenni vegetali, lunga la persistenza.


Champagne Marie Tassin Contrastes (altro vino particolare, è infatti prodotto unicamente con uve Pinot blanc, 49 mesi la sosta sui lieviti.
Dal colore molto scarico. Bel naso, fresco, intenso, verticale, sentori di pesca bianca. Cremoso, succoso e sapido, erbe officinali, accenni piccanti, lunga la persistenza.


Le uve provengono dal villages di Verzenay, Grand Cru nella Montagne de Reims.
Champagne Verzenay Grand Cru (80% Pinot noir, 20% Chardonnay)
Discretamente intenso al naso dove cogliamo leggeri e piacevoli accenni ossidativi.
Strutturato, sapido, elegante complesso, lunga la sua persistenza.


Recoltant Manipulant a Charly-sur-Marne nella Vallée de La Marne. Champagne Spirito Brut Millesime (37% Chardonnay, 36% Pinot meunier, 27% Pinot noir).
Di media intensità olfattiva, sentori di miele, fiori d’acacia, pesca gialla, leggeri e piacevoli accenni ossidativi. Cremoso, sapido, strutturato, dalla lunga persistenza.



L’azienda è situata a Urville, nell’Aube. Champagne Extra Brut Clarevallis (dal nome dell’Abbazia di Clairvaux) – 75% Pinot noir, 105 Pinot meunier, 105 Pinot noir e 5% Blanc Vrai (quest’ultimo è il nome col quale viene in loco chiamato il Pinot blanc).
Intenso e complesso al naso, sentore di miele e leggeri accenni ossidativi. Buona l’effervescenza, sapido, , vi ritroviamo le note di miele e gli accenni ossidativi, lunga la sua persistenza.


Champagne Cuvée Confidentielle Grande Rèserve Sébastien Bijotat (Chardonnay, Pinot noir e Meunier).
Naso di buona complessità. Cremoso e sapido, complesso, presenta leggere ed eleganti note ossidative, lunga la sua persistenza.


Situato a Verzenay, village Grand Cru della Montagne de Reims.
Giallo paglierino. Frutta gialla, accenni tostati Effervescenza decisa, sapido, verticale, asciutto, lunga la persistenza.


Michel Hoerter - https://www.champagne-michel-hoerter.fr

Azienda situata a Essômes-sur-Marne, nella Vallée de La Marne.
Champagne Intuition Blanc 2017 (Chardonnay 100%, almeno 30 mesi sui lieviti)
Bel naso, intenso, elegante e di buona complessità, sentori d’erbe officinali.
Fresco, decisamente sapido e verticale, con spiccata vena acida, leggeri accenni ossidativi (piacevoli), buona la sua persistenza.



L’azienda si trova a Vertus, nella Côte des Blancs. Champagne Grand Cru
Bel naso, intenso, ampio ed elegante. Cremoso e sapido, presenta leggere e piacevoli accenni ossidativi, molto lunga la sua persistenza.



L’azienda è situata a Congy, nella Côte des Blancs. Champagne Vintage 2001 (100% Chardonnay).
Evoluto al naso, complesso, accenni ossidativi, sentori di mela. Cremoso, sentori di miele, accenni tostati, chiude su note d’erbe officinali.


Situata a Dizy, nella Vallée de La Marne.
Champagne Cuvée 1809 (80% Chardonnay, 20% Pinot noir).
Naso leggermente ossidativo, fresco, sentori di lieviti, accenni d’erbe officinali.. Fresco, sapido, verticale, di buona complessità, lunga la sua persistenza.

Michel Hoerter

Champagne Les 3 Muses 2015 (Pinot Meunier 55%, Pinot Noir 17%, Chardonnay 28%).
Discretamente intenso al naso dove si colgono sentori d’erbe officinali. Fresco, sapido, verticale, succoso, con bella vena acida e lunga persistenza.


Champagne Réserve de l’Oenotèque 2002 (Pinot noir)
Note tostate, nocciole tostate, frutta a polpa gialla, buona complessità. Cremoso, tostato frutta a polpa gialla, complesso, buona la persistenza.


L’azienda si trova a Marfaux, nella Montagne de Reims. 
Champagne Extra Brut Blanc de Blancs (100% Chardonnay)
Fresco al naso, pesca bianca ed erbe officinali. Fresco, verticale, con spiccata vena acida, note d’agrumi, lunga la persistenza.



Situato a Cramant, nella Côte des Blancs.
Champagne Brut con dosaggio da 3 a 5 g/l. Minimo 36 mesi sui lieviti.
Le uve, Chardonnay in purezza, provengono da tre villages classificati Grand Cru: Cramant, Choully e Le Mesnil s/Oger.
Mediamente intenso al naso, note mielose, leggeri accenni ossidativi, buona complessità. Fresco e verticale, sapido, buona vena acida, accenni vegetali d’erbe officinali, lunga la persistenza.


L’azienda si trova a Chamery, nella Montagne de Reims.
Champagne Premier Cru Brut Nature (70% Chardonnay, 305 Pinot noir)
Buona intensità olfattiva, note di miele e di fiori d’acacia. Cremoso, con effervescenza decisa, sapido, asciutto, verticale, con bella vena acida e buona persistenza.


L’azienda è situata a Monthelon, nella Côte des Blancs.
Champagne Le Originelles Blanc de Blancs Brut Grand Cru (100% Chardonnay) Sei anni di sosta sui lieviti. Naso di buona eleganza e complessità. Fresco, sapido e verticale, erbe officinali, buona la persistenza.



Champagne Révélation (690% Chardonnay, 40% Pinot noir)
Intenso al naso, erbe officinali, frutta a polpa bianca.
Fresco, sapido, succoso, verticale, leggeri accenni ossidativi, buona la persistenza.



Siamo nell’Aube, a Colombé-le-Sec.
Champagne Brut Tradition (100% Pinot noir)
Intenso al naso, pesca bianca e agrumi. Fresco, sapido, verticale, con spiccata vena acida, note d’agrumi e d’erbe officinali, lunga la persistenza.


Altra azienda che utilizza il Pinot blanc, si trova a Voigny, nell’Aube.
Champagne Blanc de Blancs (85% Chardonnay, 15% Pinot blanc)
Buona l’intensità olfattiva, frutta a polpa bianca. Fresco, sapido e verticale, dotato di un bel frutto e di una buona persistenza.



Siamo a Festigny, nella Vallée de La Marne. Champagne Autentic Meunier Blanc de Noirs (finalmente un Pinot meunier in purezza).
Mediamente intenso al naso, frutta a polpa bianca, accenni d’erbe officinali, fieno.
fresco, sapido, verticale, succoso, mediamente strutturato, lunga la persistenza su accenni vegetali.


Siamo a Verzy, nella nella Montagne de Reims.
Champagne Blanc de Noir (100% Pinot noir)
Color platino con un’ombra di sfumature rosate. Bel naso, complesso, agrumato.
Fresco e sapido, note d’erbe officinali e piacevoli accenni ossidativi, lunga la sua persistenza.

InvecchiatIGP: Moris Farms - Morellino di Scansano Riserva 2008


di Stefano Tesi

E’ buffo come il luogo comune delle “bottiglie dimenticate in cantina” sia spesso fonte, per chi le ritrova, di reminiscenze folgoranti. Ricordo ad esempio distintamente alcuni fotogrammi di quando Adolfo Parentini mi regalò la bottiglia di cui sto per parlare. Era, mi pare, il 2010. Una luminosa giornata di primavera. Ed io stavo facendo una delle periodiche escursioni professionali in Maremma. Parlammo a lungo non solo di vino ma, appunto, di Maremma, dove certi umori stavano cambiando. Tornai a casa e della bottiglia si persero le tracce, per l’ovvia ragione che l’avevo messa nel posto sbagliato.

Il fatto di averla rintracciata per caso proprio alla vigilia della ventunesima edizione di “Vinellando” - la simpatica kermesse di Magliano in Toscana in programma dal 19 al 21 agosto prossimi, che mi vedrà immeritatamente presidente della giuria deputata, con esimi colleghi (tra i quali alcuni IGP…) a scegliere, alla cieca si capisce, il miglior Morellino 2020 e il Morellino 2020 “più tipico” (e qui si aprano le cateratte delle polemiche, il bello del resto è questo!) – è stato un segno del destino: senza esitazioni l’ho stappata, pieno di curiosità.


Primo segnale incoraggiante: tappo perfetto (anche perché di qualità, cosa all’epoca non sempre scontata per questa tipologia).

Secondo segnale incoraggiante: colore bellissimo, integro, un rubino caldo e pieno con appena un’ombra, un accenno o ancora meno di aranciato.

Dopo avergli concesso l’adeguata respirazione ho messo il vino nel bicchiere e qui il respirone l’ho dato io.

Al naso mostra un’ovvia “saggezza”, ma nessun cedimento. Emerge un frutto dolce, maturo, che presto lascia il posto alla resina, alla macchia mediterranea, al sottobosco asciutto così tipicamente maremmano. Dopo un po’ ecco una nota balsamica e poi terra smossa, qualche flash di carne cruda e via una sequenza cangiante che, tuttavia, non perde mai equilibrio né eleganza.

Anche in bocca è diretto, anzi dritto, senza spigoli ma nemmeno non curvo né incrinato, bello godibile. L’impatto non lunghissimo è compensato da una scia di retrogusti gradevoli e coerenti, che richiamano – se fosse suggestione, perdonatemi: quando si parla di cose vecchie, come questo vino, l’effetto madeleine è spesso inevitabile – certe atmosfere sensoriali delle pinete estive gracchianti di cicale. Chi c’è stato comprenderà.

Una bevuta resa ancora più piacevole dall’accorta temperatura di servizio, mantenuta fresca, e dall’abbinamento sbarazzino: pizza fatta in casa con farina di grani antichi.

Romagnoli - Spumante Metodo Classico Brut Cuvèe "Il Pigro"


di Stefano Tesi

Alessandro Perini è un enologo pieno di idee e di capacità di realizzarle. Questo metodo classico che nasce da uve 70% Pinot Nero e 30% Chardonnay coltivate sulle colline piacentine ha un’acidità viva, una bolla fine e sobria, note agrumate persistenti. 


Asciutto ed elegante, si paga 15 euro in vendita diretta.

Cantina Settecani - Lambrusco Grasparossa Dop Rosè Brut Metodo Classico "Settimo Cielo"


di Stefano Tesi

Come noto non sono un amante né delle novità in sé. Né dell’assecondamento delle mode a prescindere. Né delle derive commerciali che di solito sono la conseguenza o l’origine di certe novità. E quindi ho assaggiato volentieri, ma molto laicamente, anzi con una punta di scetticismo, questo Settimocielo, Lambrusco Grasparossa Dop Rosè Brut Metodo Classico della Cantina Settecani di Castelvetro.


Ero molto curioso e appunto un po’ diffidente, a fronte del “gran passo” della quasi centenaria cooperativa (fu fondata nel 1923), peraltro di ottimo nome per il suo Lambrusco, verso il tentativo di affrontare la tenzone della bollicina per eccellenza. Un passo insidioso e coraggioso più di quanto possa sembrare. E in cui, spesso, c’è tutto da perdere.

Del resto, e di contro, il mercato dice che, se il rischio andava corso, il momento era adesso. Come la vita. Ed eccomi a stappare questo rosato dall’effervescenza tipicamente lambruschiana e dal colore intenso e marcato – con le debite tare - altrettanto lambruschiano, diciamo “ciliegioso”.

Ciò che subito colpisce è la vivacità della bolla, sobria, fine e niente affatto volgare.

Foto: Kitchen Times

Al naso il vino è suadente, asciutto ed elegante, quasi severo, con note rosacee che si prolungano senza corrompersi in strani cascami ed con una coda agrumata che si ritrova poi con nettezza al palato, dove l’acidità sguazza rendendolo l’assaggio vivo e sapido, sebbene non lunghissimo. Alla fine la bevuta è gratificante, intensa e soprattutto non banale.


In sostanza quella di uno spumante assai gastronomico e quindi, come tale, ancora una volta molto lambruschiano. Una sorta di sfida all’abbinamento: per non saper né leggere e né scrivere me lo sono bevuto, con gran soddisfazione, sulla frittata trippata, portata che in casa mia si fa d’estate. L’asciutto effetto-pulizia e quello dissetante hanno fatto presto terminare la bottiglia, il che è un ottimo segno, senza che per un attimo il vino nel bicchiere sia passato però in secondo piano. Un altro ottimo segno.

A boccia vuota leggo che il vino nasce da un antico clone di Grasparossa ritrovato a quasi 450 metri di altitudine e che fa 24 mesi sui lieviti. Acquistato dell’e-commerce dell’azienda, un cartone da 4 bottiglie costa 72 euro.

InvecchiatIGP: Antonio Caggiano - Fiano di Avellino "Bechar" 2008


di Luciano Pignataro

Con molta onestà devo dire che non apprezzai molto la decisione di Caggiano e Molettieri di allargare la posta oltre gli splendidi Taurasi che ci hanno regalato e che continuano a regalarci anno dopo anno. Forse, la mia, una visione un po’ rigida, ma basata sull’idea che la piccola cantina deve specializzarsi e non offrire tutto come la grande azienda, soprattutto quando siamo in territori vocati come l’Irpinia. 


Ma con altrettanta onestà devo anche dirvi che le buone sorprese arrivano anche da questo fronte. Bechar è il nome di una città algerina a ridosso dei confini con il Marocco sul versante interno, ed è anche il nome di un vento del deserto. Quel deserto che Antonio Caggiano ha attraversato a caccia di immagini.
La bottiglia era adagiata nella mia cantina di campagna da non so quanti anni e non so neanche come ci era arrivata, una 2008, annata sostanzialmente regolare dopo la calda ma non irritante 2007. Ce la portiamo a cena da un’amica, Franca Feola delle Tre Sorelle di Casalvelino e ne godiamo dopo lo stappo suna straordinaria batteria di piatti di mare.


Anche su questo siamo ormai laici. Queste uve coltivate a 400 metri nella vicina Lapio regalano, benchè trattate solo in acciaio, una versione di Fiano più grassa, fruttata, con piacevoli note anche di pasticceria. I 14 anni che ci separano da questa vendemmia hanno regalato al Fiano Bechar una evoluzione pazzesca, sicuramente in una batteria alla cieca di borgognoni avrebbe fatto la sua porca figura, ancor di più considerato quel che costa, appena 12 euro in rete. 


L’allungo olfattivo è dovuto dal pronunciamento delle note di idrocarburi che spesso il Fiano regala e che a Lapio si distendono nel corso degli anni in maniera impressionante. Come impressiona l’assoluta freschezza che tiene in piedi una beva verace, attiva, ricca, straordinariamente giovanile con una chiusura amara e precisa che lascia pulita la bocca. 


Una beva meravigliosa, imperdibile e ringraziamo allora la nostra tirchieria che ci fa aprire queste bottiglie solo quando ne vale davvero la pena, per la compagnia come per la cucina.

Garofoli - Verdicchio dei Castelli di Jesi "Podium" 2015

di Luciano Pignataro

La ricchezza olfattiva si riflette perfettamente al palato: note di frutta matura esaltate dalla sapidità, energica freschezza agrumata al  naso e al palato, lunghezza e promessa di longevità. 


Un vino ricco, da podio, appunto.

Anteprima Mastroberardino: sui grandi vini si gioca la carta del tempo e della memoria


di Luciano Pignataro

Il bianco e il tempo, il Fiano e il tempo. Comincia a far capolino la voglia di presentarsi sul mercato con uno o due anni dopo la vendemmia, ma con molti di più. Non a caso sono due aziende di lunga militanza, due delle dodici che esistevano in Irpinia prima del 1990, ad avviare questo discorso. Da un lato Di Meo con il Fiano Alessandra ed Erminia, dall'altro Mastroberardino che per primo, con il More Maiorum, avviò questo discorso nel 1995. Villa Diamante e Marsella, i primi ad uscire con un anno di ritardo, debuttarono due anni dopo, nel 2017.

Pietro Mastroberardino - Foto: Ottopagine

L'azienda di Atripalda condotta da Piero Mastroberardino si è sempre distinta per la capacità di assumere il tempo come valore aggiunto, ma per molti anni gli sforzi sono stati concentrati sul Taurasi. Da alcuni anni però Piero si è concentrato anche sugli altri due gioielli dell'Irpinia con il Fiano e il Greco attraverso la linea vintage.
Ma è con il progetto Stilema che ancora una volta la storica azienda campana allunga il passo. Si tratta della voglia di tornare ad alcuni protocolli di vinificazione del passato, dando il tempo giusto ai vini prima di metterli in commercio.
Il risultato è incredibile, noi speriamo che sia da esempio a tanti altri, soprattutto a quelle aziende di grandi dimensioni che appaiono quasi sedute su se stesse e che avrebbero la possibilità di dare un grande contributo alla crescita del territorio.
Ecco allora alcune note di questa degustazione di vini che a breve saranno sul mercato. 

La degustazione che segue è stata fatta insieme a Piero, all'enologo Massimo Di Renzo, professionista operoso, bravissimo, senza velleità da protagonista, e da Pierre Fonteneau dalla Borgogna che collabora con questo ed altri progetti. 


I BIANCHI 

Neroametà 2019 Campania IGT

Bianco da Rosso, ossia l'Aglianico vinificato in bianco. Abitudine che si era un po' persa negli anni '90 e che adesso ritorna. Il primo Neroametà nasce nel 2013 e si ricollega al vecchio progetto Plinius degli anni '80. Bianco prezioso, grande finezza nel naso con note agrumate e al palato buon corpo. Un 5% fa legno. 10mila bottiglie circa. Sui 14, 15 euro in enoteca. 

Stilema 2018 Fiano di Avellino DOCG Riserva

Il progetto parte nel 2015 e colpisce subito Cernilli ed è giunto alla quarta edizione. Selezione di filari di terroir più che cru, vinificazione in acciaio, piccola parte del mosto in barrique, due anni sui lieviti e poi in bottiglia. Grande naso di frutta, agrumato, mela, macchia mediterranea, leggero fumé, allungo piacevolissimo. Al palato molto corpo. Sur lies ma non tutto legno, questa caratteristica. 3000 bottiglie. 32-33 euro. 

Stilema 2018 Greco di Tufo DOCG Riserva

In questo caso parliamo di secondo millesimo perchè il primo è del 2017. Stesso protocollo del Fiano con parte in acciaio e piccola percentuale in barrique. Grande profumo elegante. Note di pietra focaia, piacevole, lungo. Anche in questo caso il Greco rivela il suo carattere forte, esprime energia con grande capacità di abbinamento. 6000 bottiglie. 32 33 euro 

More Maorium 2017 Irpinia DOC Bianco 

La novità di questo millesimo è il blend di Fiano e Greco. Fermenta e affina 18 in rovere e tre anni, separate le masse e al momento dell'imbottigliamento insieme. Grande note di albicocca, buono, piacevole. Si vuole assicurare uno stile ben caratterizzato. Cremosità, note di pasticceria, è sicuramente il più francese dei vini bianchi della casa, uno stile che a me affascina da sempre e di cui sono ghiotto. Si, ghiotto! 


I TAURASI 


Stilema 2016 Taurasi DOCG Riserva 

Primo Taurasi del 2015. Ritorno al passato con tecniche del futuro, il rosso non impenetrabile, lascia intravedere il fondo del bicchiere, molto piacevole, assolutamente bevibile. Lungo, ciliegia, chiusura precisa, fresca, che invoglia a ripetere. Il mondo nuovo del Taurasi che vuole essere più competitivo e leggibile. Straordinario anche grazie alla buona annata. 14mila bottiglie a 65, 70 euro 

Naturalis Historia 2016 Taurasi Riserva

Un grande classico della Mastroberardino in linea con le annate recente. Da vigna vecchia a Mirabella. Vinificazione affinamento in legno piccolo. 30 mesi, piacevole, naso di spezie e frutta molto ben indicato. 1997 nasce come blend con Piedirosso per essere venduto con il sistema dei future. Era il momento in cui la finanza incrociava il mondo del vino e anche in questo Mastroberardino fu precursore. La tenuta di Mirabella Eclano, voluta e creata da Piero, ha un’esposizione a sud-est ed è caratterizzata da un suolo profondo, a tessitura franco-sabbiosa, di origine vulcanica, con argilla in profondità e presenza di tracce di calcare lungo tutto il profilo. L’altitudine è di 400 m. s.l.m. 5000 bottiglie, sui 45 euro. 

Radici 2016 Taurasi DOCG Riserva

Nasce dalle vigne di Montemarano. Un Taurasi ricco di frutta, fresco, dai tannini ficcanti, lungo e piacevole.
Legno grande e legno piccolo ben alternati, il classico benchmark Mastroberardino che inizia il suo cammino senza fine e che segna i tratti caratteristici del Taurasi: dal naso al palato. 14mila bottiglie, sui 40 euro. 

CONCLUSIONI 

I vini di Mastroberardino, quasi 300 ettari vitati in Irpinia, sono da sempre il punto di riferimento assoluto per il territorio. L'attenzione dell'azienda si sta spostando sul territorio del tempo dove inevitabilmente gioca con grande vantaggio grazie alla lunga esperienza consolidata e ad una visione culturale e commerciale insieme di grande respiro, propria di chi è nato nel mondo del vino invece di arrivarci da altre esperienze imprenditoriali. Seguiamo Mastroberardino sul piano professionale dal lontano 1992, ma possiamo dire che questa batteria ci appare come la migliore di sempre.

“Terre Sicane Wine Fest”: successo della quarta edizione e appuntamento al 2023

CONTESSA ENTELLINA (PA) - Tre giorni di incontri, assaggi e musica nel borgo di Contessa Entellina (PA) per “Terre Sicane Wine Fest” la festa dedicata ai vini sicani e ai sapori del Belìce. 


Lo scorso weekend all’interno del Chiostro medievale dell’Abbazia Santa Maria del Bosco la quarta edizione del TSWF ha generato contatto e aggregazione nel vasto areale siciliano delle Terre Sicane diffuso da Contessa Entellina fino a Menfi, passando per Sambuca di Sicilia, Santa Margherita Belìce, Montevago, Sciacca. 

L’enterteinement jazz & soul dell'artista Joe Castellano è stato uno dei momenti clou di una manifestazione fortemente attesa in Sicilia. 

«È stata un’edizione straordinariamente partecipata - racconta Leonardo Spera, sindaco di Contessa Entellina - è tornato l’abbraccio del grande pubblico e per la prima volta insieme alla nostra Strada del Vino delle Terre Sicane abbiamo ospitato una delegazione della Strada del Vino e dei Sapori Trentini, un gemellaggio Nord-Sud che mette la nostra comunità al centro del dibattito nazionale grazie alle eccellenze produttive. Un richiamo sentito soprattutto dai giovani che tornano sempre più numerosi nelle terre sicane e ci restano da protagonisti con storie di bravura e unicità che fanno grande l’itinerario sicano e tutta la nostra isola». 

L’iniziativa ideata e coordinata da Michele Buscemi e dalla sua Associazione Enonauti è stata sostenuta dal Comune di Contessa Entellina, dalla Strada del Vino delle Terre Sicane, Itervitis, da Fondazione Inycon, da Associazione Sistema Vino e nella prima giornata dalla cantina Donnafugata che proprio nel comune di Contessa Entellina ha di recente riaperto le porte della tenuta “madre” testimone dei primi passi del brand. 

Un’altra importante novità è stata l’introduzione delle degustazioni guidate a cura di Valeria Lopis e co-condotte insieme a Luigi Salvo che hanno celebrato vitigni autoctoni, piccole denominazioni e classici. 

“Passo a due” svoltasi in piazza a Contessa Entellina è stata un suggestivo parallelo tra 5 vini Sicani a marchio Donnafugata e 5 vini trentini della strada del vino e dei sapori trentini. Per “Ti racconto le DOC minori” si è dato spazio per la prima volta ad un focus di 5 etichette Menfi DOC e altrettante piccole denominazioni del Trentino, produzioni eroiche di vini d’autore che sono anche scrigno di biodiversità e bellezza. 

Il Terre Sicane Wine Fest è anche il concorso enologico del miglior vino territoriale: 8 giudici specializzati hanno degustato alla cieca seguendo parametri internazionali per decretare 4 riconoscimenti: 

- Miglior Grillo TSWF22 vinto dalla cantina Antonio Gerardi Vini, Grillo 2021 Sicilia DOC 

- Miglior Nero d’Avola TSWF22 vinto dalla Cantina Planeta, Plumbago 2019 Sicilia DOC 

- I due Premio Piacevolezza ed Originalità assegnati al Grillo “Coste al Vento” 2021 di Cantina Marilena Barbera Menfi DOC e al Nero d’Avola 2020 della Cantina Filari della Rocca Sicilia DOC 

«Il “Terre Sicane Wine Fest” è stato un successo per tutto l’areale - afferma in chiusura del winefestival Gunther Di Giovanna, Presidente della Strada del Vino delle Terre Sicane - un momento di consapevolezza e riscoperta di una Sicilia del vino poco conosciuta che vogliamo raccontare a tutti». 

E mentre si spengono i motori del TSWF22 e si archivia una brillante e carismatica quarta edizione, si pensa già al 2023. «Per il prossimo anno il desiderio è di dare voce a sempre più produttori - spiega Michele Buscemi che ha diretto l’evento - vino ma anche olio e formaggio con laboratori dedicati per dare spazio ai produttori che in queste terre sono custodi dei luoghi e dei sapori sicani».

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