Le Cinciole - Chianti Classico 2011

Parlando di Chianti Classico spesso e volentieri la (sotto)zona di Panzano, per via del suo microclima caldo e asciutto, è stata spesso associata ad un'idea di vino più alcolico e strutturato rispetto ad altri territori più "freschi" come, ad esempio, quello di Lamole o di Radda in Chianti. 
Siamo davvero sicuri che a Panzano ogni azienda produca solo Chianti Classico di tipo "boteriano"? Beh, se si conosce un minimo il territorio, comprese le aziende che vi operano, la risposta deve essere assolutamente negativa e una delle tante eccezioni che confermano la regola è rappresentata dai Chianti Classico del Podere Le Cinciole.
L'azienda, gestita da Luca e Valeria Orsini, attualmente si estende per circa 30 ettari di cui 13 a vigneto specializzato (11 in produzione) mentre sono 5 quelli destinati alla coltivazione dell'olivo con circa 1000 piante.

Luca e Valeria Orsini

Ciò che contraddistingue i vini de Le Cinciole è sicuramente la posizione dei suoi vigneti che si trovano ad una altitudine compresa tra i 430 e i 470 mt slm con esposizione sud-est e pendenza media del 15% anche se una parte consistente dei vigneti, circa 4 ettari su 13, hanno esposizione sud-ovest e sono localizzati su di un altro versante rispetto allo spartiacque orografico.
L'altro fattore caratterizzante i vini de Le Cinciole riguarda la tipologia del terreno su cui poggiano le vigne che, geologicamente, è composto essenzialmente da pietraforte ovvero una pietra arenaria di grana fine con cemento carbonatico tipica delle costruzioni dell'edilizia fiorentina come, ad esempio, Palazzo Vecchio.

Foto: imgkid.com

Oltre all'IGT Toscana "Camalaione" prodotto da un sapiente blend cabernet sauvignon, syrah e merlot, l'azienda basa la sua produzione su due storici vini rappresentati da  "Le Cinciole", Chianti Classico annata, e il "Petresco" che rappresenta il Chianti Classico Riserva proveniente dalla selezione di sangiovese proveniente dai migliori vigneti.

Questa piccola introduzione al micromondo di Podere Le Cinciole rende più evidente come i loro Chianti Classico abbiamo un timbro poco panzanese e tutto ciò risulta molto evidente sul Chianti Classico "Le Cinciole" 2011 che poco tempo fa ho degustato nel corso del Master sul Chianti Classico tenuto dal mio amico Armando Castagno.
Il vino, sangiovese con una piccola percentuale di canaiolo, rappresenta un bellissimo esempio di classicità chiantigiana e, se lo dovessi raffigurare, non farei altro che disegnare una leggiadra ballerina di danza classica che si muove all'interno di un teatro maestoso e barocco. 



All'olfattiva il vino incarna calore e fulgore ma la luce di cui è composto è quasi nordica, scalda ma non arde, è un caloroso abbraccio sensoriale che, se chiudessi gli occhi, ti porterebbe all'interno di una vegetazione rigogliosa e prettamente primaverile caratterizzata dalla presenza di viola e lavanda e dalla compartecipazione di toni boschivi che prendono la forma della felce e della corteccia. La frutta di bosco, tipica dei vini di Panzano in Chianti, è solo un timido ricordo.
Il sorso è incantevole per energia e, soprattutto, per un equilibrio sopraffino dove la parte acido/sapida del vino, evidentissima grazie alla presenza di vigne in "quota" poggiate su pietraforte, fornisce al Chianti una scorrevolezza di beva e una golosità da primato. 
Difficile spiegare tutto questo a parole, più facile sicuramente comprare la bottiglia e verificare di persona cercando di evitare di terminare il contenuto in un amen.

Piccola nota tecnica per quanto concerne vinificazione ed affinamentole uve attentamente selezionate vengono vendemmiate a mano e dopo essere state diraspate e delicatamente pigiate, vengono vinificate in tini di cemento per 15 giorni. Durante il naturale svolgimento della fermentazione alcolica i mosti vengono continuamente controllati al fine di non superare i 28C°. Al termine della fermentazione alcolica si procede alla svinatura ed al trasferimento in altri tini per lo svolgimento della fermentazione malolattica che generalmente si conclude entro la fine di dicembre. Successivamente il vino viene travasato in botti di rovere francese di media capacità (20hl.) dove trascorre circa 12 mesi di invecchiamento. 

Il cervello preferisce i vini con poco alcol

Le aree cerebrali coinvolte nell'elaborazione delle informazioni gustative, come l'insula e il cervelletto dell'emisfero destro del cervello, si attivano maggiormente quando si beve del vino a gradazione non troppo alta rispetto a quanto accade con vini di gradazione maggiore. Lo suggerisce uno studio pubblicato di recente sulla rivista Plos ONE da un gruppo di neuroscienziati guidati dallo spagnolo Manuel Carreras dell'Università dei Paesi Baschi in Spagna. I ricercatori hanno sottoposto 21 volontari sani, bevitori occasionali di vino, a un esame di risonanza magnetica funzionale (fMRI), tecnica in grado di rilevare l'aumento o la diminuzione dell'attività metabolica di una determinata area cerebrale, durante l'assunzione di vini rossi a bassa gradazione (tra i 13 e i 13 gradi e mezzo) e vini a gradazione più elevata (tra i 14 e mezzo e i 15 gradi) a parità di altre proprietà fisiche, come l'acidità.
Foto: www.meteoweb.eu

L'interpretazione dei risultati

"In linea di principio, una percentuale di alcol maggiore dovrebbe produrre una stimolazione sensoriale più intensa" riflette Ram Frost, primo autore dello studio "eppure noi osserviamo un risultato paradossale, ovvero l'attivazione più intensa di alcune aree cerebrali a fronte dell'assunzione di vino a più basso contenuto alcolico. In effetti, le aree che mostrano una maggiore attivazione durante l'assunzione di vino a più bassa gradazione" continua Frost "non sono aree sensoriali, bensì l'insula e il cervelletto dell'emisfero destro. Studi precedenti al nostro hanno mostrato che l'attivazione dell'insula evocata da uno stimolo gustativo è modulata dall'attività delle aree cerebrali che modulano il livello di attenzione verso lo stimolo stesso". Il cervelletto, invece, sarebbe coinvolto nella regolazione del flusso d'aria verso la mucosa olfattiva al fine di ottimizzare la percezione olfattiva e, dunque, anche la percezione gustativa. Inoltre, la corteccia gustativa dell'emisfero di destra si attiva preferenzialmente per stimoli piacevoli piuttosto che per stimoli neutri o non graditi.

Vini del Vecchio Mondo, vini del Nuovo Mondo e attivazioni cerebrali

"Negli ultimi 30 anni" sottolinea Manuel Carreras "è cresciuta la tendenza, soprattutto tra i produttori di vino del Nuovo Mondo, ovvero australiani, cileni o californiani, a produrre vini a contenuto alcolico sempre maggiore, dato che si ritiene che una gradazione maggiore fornisca maggiore spessore e corpo al vino e, in questo modo, si incontrino i gusti del consumatore". In realtà, lo studio potrebbe fornire una base scientifica alla critica più frequente che viene mossa ai troppo corposi vini del Nuovo Mondo, ovvero una mancanza di eleganza ed equilibrio dovuta a un contenuto alcolico troppo elevato che maschera le più sottili sfumature olfattive e gustative del vino.
"D'altra parte" concludono Frost e Carreras "i nostri risultati lasciano intendere che vini più leggeri, come quelli prodotti in Francia, Spagna e Italia, possano avere maggiori chance di favorire una più spiccata sensibilità verso le qualità globali espresse da un vino, anche e soprattutto tra i non esperti, e potrebbero guidare le scelte future degli enologi e dei produttori".

Tenuta Giostra Reitano – Faro DOC Rasocolmo 2011

Mi fa sempre piacere scrivere sul blog di piccole realtà vitivinicole italiane sopratutto se, come in questo caso, non hanno sempre quella cassa di risonanza che pure gli spetterebbe visto la qualità offerta.

Della DOC Faro ho scritto già diverse volte per descrivere prima i vini di Salvatore Geraci (Faro Palari) e poi, in rigoroso ordine temporale, quelli del mio amico Giovanni Scarfone che da qualche anno è balzato agli onori della cronaca per la costante crescita qualitativa della sua produzione.

Questa piccola denominazione della provincia di Messina, nonostante tutte le difficoltà, può contare fortunatamente su altre piccolissime realtà agricole (chiamarle aziende mi sembra spropositato) che in totale raggiungono circa 30 ettari di vigneto composto essenzialmente da Nerello Mascalese, Nocera e Nerello Cappuccio anche se il disciplinare di produzione, istituito nel 1976 e rivisto nel 2011, prevede la possibilità che il Faro DOC possa essere prodotto anche con l'eventuale aggiunta di Calabrese, Gaglioppo e Sangiovese.



Un'importante realtà locale del territorio è sicuramente la Tenuta Giostra Reitano condotta fin dal 2004 da Francesco Giostra Reitanoex Presidente del Consorzio di Tutela Faro DOC, che gestisce un ettaro di vigneto (a breve diventeranno circa tre) coltivato sul promontorio di Capo Rasocolmo, proprio di fronte l'isola di Stromboli, da cui nasce l'omonimo vino oggi in degustazione su Percorsi di Vino.



Il “Rasocolmo” 2011 è prodotto da uve Nerello Mascalese, Nocera, Nerello Cappuccio, Nero d’Avola e Sangiovese ed è affinato in acciaio per almeno 12 mesi al seguire dei quali viene messo in bottiglia per altri 120 giorni come minimo.

Il vino si presenta nel bicchiere con una veste cromatica rosso rubino, tendente al granato, e all'olfatto si caratterizza per la sua veste aromatica che spazia dalla frutta nera di rovo alla macchia mediterranea fino ad arrivare alle spezie nere.



Ciò che colpisce, soprattutto se lo paragoniamo ai "colleghi" maggiormente blasonati, è il sorso che si caratterizza per il suo essere schietto e diretto grazie anche ad un tannino appena accennato e, in generale, ad un equilibrio sicuramente centrato che amplifica la bevibilità del vino che, a mio parere, rimane la caratteristica più importante di questo Faro DOC.

Insomma, il Rasocolmo pur non essendo un mostro di complessità e persistenza rappresenta un ottimo approccio ad un territorio e, in particolare, ad una denominazione che ha bisogno di tutti noi appassionati per essere valorizzata come si merita anche la strada verso l'eccellenza è ancora lunga e tortuosa. 

Beviamo più Faro DOC, i produttori se lo meritano e, in fondo, anche noi.

Che tipo di viaggiatore sei? KAYAK svela il vino che fa per te!

La tradizione della viticoltura in Italia ha origini antichissime; non è infatti un caso che il Bel Paese fosse chiamato Enotria (terra del vino) in epoca pre-romana. La produzione di vino è un settore strategico a livello economico e ogni regione italiana ha una storia affascinante da condividere sulla coltivazione delle vigne. Quest’anno, in occasione di Vinitaly di Verona, KAYAK.it, il motore di ricerca dedicato al viaggio, ha voluto celebrare il vino associando ad esso cinque diverse tipologie di viaggiatore.

IL SOLITARIO
Il solitario è un viaggiatore a cui piace stare un po’ sulle sue, ama il contatto con la natura ed è costantemente alla ricerca di nuove sfide e avventure. Un profilo che perfettamente si associa a un vino di agricoltura biodinamica, proveniente da un tipo di viticoltura di avanguardia naturalistica che cerca di avere il minor impatto possibile su madre natura.
vini biodinamici, entrati recentemente nelle cantine italiane, sono prodotti secondo un metodo di coltivazione basato sui dettami filosofici ed esoterici di Rudolf Steiner. Si tratta di vini impegnati come il viaggiatore solitario, che spesso porta in spalla libri colti, mai noiosi, prediligendo la montagna al mare.

Dal momento che è sempre attivo e ama viaggiare, KAYAK raccomanda a questo viaggiatore la sua innovativa feature MyTrips, uno strumento ideale per chi ha sì la testa sulle nuvole, ma anche i piedi saldi per terra.


L’OCULATO
Non poteva assolutamente mancare nelle cinque categorie stilate da KAYAK il viaggiatore attento al budget. In tempi di crisi, l’oculato non rinuncia all’esperienza del viaggio, ma evita gli eccessi e le spese non necessarie. A un profilo così si addice perfettamente un Aglianico Del Vulture, vino tipico della Basilicata. Il Barolo del Sud, così definito date le varie caratteristiche in comune con il vitigno piemontese, è un vino di qualità molto alta, ma dai prezzi contenuti.

Di certo un binomio che apprezzeranno in molti quello tra alta qualità e spesa contenuta: KAYAK viene incontro alle esigenze del viaggiatore oculato suggerendogli l’utilizzo di Explore che permette di scoprire e trovare nuove mete con un budget prefissato.

L’IPERATTIVO
Ha girato il mondo, ha visitato tutte le capitali europee e ha attraversato la bella penisola italica da nord a sud… due volte! Non è mai stanco e in vacanza tira fino alle 6 di mattina. Un personaggio che assolutamente non può mai mancare in un gruppo-vacanze perché ha energie da vendere! Il vino in assoluto più vicino a questo profilo è senza dubbio un “bollicine”: un metodo classico Franciacorta o un buon Prosecco. E, se un bicchiere tira l’altro, il Processo di prenotazione semplificato di KAYAK è sicuramente uno strumento utilissimo perché consente di cercare e prenotare, senza mai lasciare l’interfaccia di KAYAK, da qualsiasi device.

IL MANIACO DEL CONTROLLO
A chi non è mai capitato di avere in gruppo un pianificatore seriale? Il viaggiatore che adora andare in vacanza, ma che vuole avere tutto e ?C sempre ?C sotto controllo. Prima di partire ha già prenotato tutti gli alberghi, l’auto e persino i ristoranti nei quali andrà a mangiare. Ha letto almeno tre guide ed è decisamente pronto a qualsiasi inconveniente.
KAYAK abbina a questo profilo un Cabernet friulano o un Sangiovese, vini neutrali, lineari e senza sbalzi. Sono estremamente facili da associare e si sa che scegliendoli difficilmente si sbaglia.

Inoltre, il Calcolatore dei costi di commissione e il Calcolatore dei costi per i bagagli del metamotore di ricerca sono le due feature perfette per il “pianificatore”; entrambe, infatti, mostrano le spese extra relative al pagamento con carta di credito e quelle relative al costo dei bagagli imbarcati.

IL SOGNATORE
Ama i paesaggi bucolici e le atmosfere calde e rilassate. Il tempo, per questa categoria di viaggiatore, non è scandito delle lancette di un orologio, ma dalle emozioni e dalle esperienze legate al viaggio. Il vino che gli si addice di più è sicuramente un Passito di Pantelleria: zibibbo al 100% caratterizzato da un colore giallo dorato, tendente all’ambrato e con un sapore dolce e aromatico.

Il sognatore notoriamente si lascia trasportare dalle situazioni e istintivamente decide di partire: Hotel per stanotte, la nuova feature dell’applicazione di KAYAK, lo aiuterà a prenotare last minute l’albergo dei suoi sogni.

“Ci siamo divertiti molto a trovare la perfetta combinazione tra vino e viaggiatore. La decisione di proporre esclusivamente vitigni italiani non è stata casuale. L’Italia ha una produzione di vino di eccellenza ed è sicuramente meta ambita per molti nostri utenti. Noi di KAYAK siamo sempre curiosi di conoscere cosa possa spingere i nostri clienti a partire verso nuove mete, ma ci piace anche dare suggerimenti e consigli relativi alle destinazioni da scegliere”, ha dichiarato Gurhan Karaagac, Regional Managing Director KAYAK Italia, Turchia e Grecia.

Il Chianti Classico de I Fabbri in una splendida verticale storica. Lamole e il suo sangiovese profumano di iris, sappiatelo!

Per il Chianti Classico di Lamole ho sempre avuto un feeling particolare la cui genesi va ricercata nell'unicità del territorio di appartenenza che fornisce una impronta indelebile al vino che qui viene prodotto con grande fatica. 
A Lamole non ci passi per caso ma ci devi arrivare percorrendo una strada stretta che si inerpica tra le colline del Chianti Classico attraverso paesaggi boschivi, quasi montani, che appartengono più a gnomi e fate piuttosto che a piante di vitis vinifera che spesso si confondono con il viola dei giaggioli che fioriscono a maggio.

Foto: fromatuscanhillside.blogspot.com

Pendenze importanti, che variano tra il 30% e il 50%, che nel tempo hanno costretto gli agricoltori della zona a realizzare veri e propri terrazzamenti dove piantare il mitico "sangiovese grosso di Lamole" i cui profumi, definiti anche dall'altitudine media dei vigneti che si aggira sui 500 metri s.l.m., hanno reso famoso il Chianti Classico di questo territorio nel corso dei secoli.

Anche Susanna Fabbri deve essere rimasta incanta dal fascino del vino di Lamole perchè nel 2000, assieme a sua sorella Maddalena, fonda l’Agricola I Fabbri che oggi, grazie ad un'importate opera di manutenzione delle antiche terrazze e al successivo reimpianto dei vigneti effettuato nel 2002 , si estende per circa 35 ettari di cui 9 piantati a vitis vinifera (sangiovese in prevalenza) e 2 ad oliveto.

Le terrazze di Susanna Grassi

Ho invitato Susanna qualche settimana fa a Roma per una storica verticale dei suoi vini più rappresentativi ovvero il Chianti Classico "Lamole" (vinificazione e affinamento in cemento) e il Chianti Classico "I Fabbri" Riserva (vinificazione in acciaio e affinamento in carati da 500 litri di rovere francese per 10 mesi, seguiti da almeno 5 mesi di bottiglia).

Di seguito ho riportato, come al solito, le mie note di degustazione.

Chianti Classico Lamole 2012: naso di iris, ribes rosso e ciliegia. Bocca lamolese ovvero caratterizzata da finezza e splendido equilibrio grazie anche alla morbidezza dei tannini. Finale succoso. Grande rapporto q/p visto che a  scaffale costa circa 12/13 euro.

Chianti Classico Lamole 2011: rispetto al precedente sembra avere maggiore "ciccia" grazie ad una vena fruttata molto più in evidenza a cui fanno da corollario note di cipria e geranio. Palato di grande classe, sinuoso, con tannini levigati e notevole finale sapido.

Chianti Classico Lamole 2009: un vino terapeutico, questa è stata la mia esclamazione dopo aver messo il naso nel bicchiere che, intensamente, pulsava ed emanava sensazioni talmente balsamiche che ti liberava dal raffreddore meglio dell'aspirina. Alle note mentolate, come sempre, si accompagnavano le "tipiche" sensazioni di fiori rossi e fruttini rossi di bosco. Sorso convincete, fresco e solare con tannino di fine estrazione.

Chianti Classico Lamole 2008: il tempo comincia a sentirsi in quanto, rispetto ai precedenti, si cominciano ad intuire gli odori terziari del grande sangiovese del Chianti Classico che si concretizzano in profumi di terra bagnata, tabacco, cuoio assieme agli onnipresenti effluvi di fruttini rossi, quasi disidratati, e fiori rossi da diario. Bocca, invece, ancora molto giovanile, dotata come sempre di grande freschezza e sapidità e di un allungo succoso e pulito.


Chianti Classico Riserva 2011: Susanna Grassi onoro la menzione Riserva del suo Chianti dando vita ad un sangiovese di razza e struttura, più complesso e profondo rispetto al suo fratellino minore "Lamole" grazie  ad un naso avvolgente che passa dall'agrume rosso all'iris per poi virare verso sensazioni di ciliegia e fragola di bosco. Palato affilato, teso, dotato di fitti tannini e di una chiusura sapida davvero dirompente.

Chianti Classico Riserva 2008: vigoroso e spigoloso al tempo stesso, sempre essere, tra quelli proposti in batteria, il vino più indietro per via di un equilibrio ancora in fase di definizione che oggi lascia intravedere una componente alcolica ancora troppo in evidenza. La sostanza c'è per cui è solo questione di tempo.

Chianti Classico Riserva 2007 (sangiovese, canaiolo e merlot 5%): metti il naso nel bicchiere e anche tra 1000 Chianti Classico non puoi non riconoscere in questo vino la classe e il terroir di Lamole che esplode aromaticamente con intense sensazioni di fiori rossi dove è facilissimo riconoscere l'iris e la viola a cui si intersecano intriganti noti minerali e iodate. Al sorso c'è tanta eleganza e pienezza, il vino invade il cavo orale come velluto rosso e non se ne va più. Un grande Chianti Classico di Lamole per un grande millesimo.


Chianti Classico Riserva 2006 (sangiovese, canaiolo e merlot 5%): probabilmente ha un naso meno ricco e seducente del precedente vino ma, dal punto di vista della complessità olfattiva, questa annata mi piace moltissimo grazie ad una freschezza di fondo, data dalla vena floreale e balsamica, che bilancia perfettamente i ricordi di foglia di tabacco, corteccia e marasca. Al sorso sguaina corpo e carattere e fini tannini. Finale persistente e sapido. Grande prova.

Chianti Classico Riserva 2005 (sangiovese 100%): annata fredda molto simile alla 2014 che a Lamole, dove i vigneti sono a circa 600 metri, è stata davvero molto difficile. Susanna, con molta amarezza, ci confessa che ha dovuto ridurre dal produzione del 60%. Il risultato di tutto questo, come facilmente prevedibile, lo si testa immediatamente nel bicchiere dove il Chianti Classico si caratterizza per sobrietà e magrezza. Tutto è essenziale ma la colonna vertebrale è ancora ben dritta e solida per cui il sorso, nonostante tutto, rimane piacevolissimo soprattutto nel finale decisamente sapido e austero.




La Terrasse "Cuisine & Lounge” del Sofitel Rome Villa Borghese celebra lo Champagne Laurent-Perrier e il Caviale Calvisius

Non c'è nulla da fare, a Roma ci sono posti unici come ‘La Terrasse Cuisine & Lounge’ del Sofitel Roma Villa Borghese che, dall'alto del suo settimo piano, si affaccia sui giardini di Villa Borghese e di Villa Medici regalando agli ospiti un panorama unico, soprattutto al tramonto, quando il sole letteralmente "muore" dietro la cupola di San Pietro.


Volete sapere il motivo per cui oggi vi parlo di questo posto? Semplice, perchè a partire dal 27 febbraio, per quattro venerdì di seguito, la migliore terrazza d'Hotel in Europa (Prix Villégiature Awards 2013) ha programmato una serie di aperitivi a base di champagne Laurent-Perrier abbinato al celebre Caviale Calvisius (100% italiano ottenuto da specie di storione pure e non ibride) che, per questa serie di eventi, viene interpretato in cucina attraverso gustosi finger food dal bravissimo chef salernitano Giuseppe D’Alessio. La foto sotto probabilmente non rende giustizia al sapore di quei piatti!


Visto che il mio è un blog di vino vorrei parlarvi anche dello Champagne  Laurent-Perrier che durante l'aperitivo in Terrazza è stato degustato in versione Brut che, da sempre, rappresenta un po' il vino bandiera della grande Maison francese visto che la sua produzione risale agli anni '50. 


La cuvée, formata da un sapiente assemblaggio di chardonnay (50%), pinot noir (35%) e pinot meunier (15%), provenienti da oltre 55 crus aventi una media del 94%, dal punto di vista organolettico è facilmente riconoscibile per noi "champagne lovers" grazie alle sue tipiche note di agrumi e frutti bianchi che ben si integrano all'interno di un equilibrio ed uno stile sapientemente ricercato da Laurent-Perrier per questo Champagne tipicamente da aperitivo ma che vedrei bene anche su piatti più ricercati come una zuppa di molluschi o un succulento coniglio alla cacciatora.


Piccola curiosità tecnica: lo Champagne riposa in cantina per un periodo minimo di tre anni anche se la legge francese stabilisce che possa essere commercializzato dopo "solo" diciotto mesi.

Non mi resta che ringraziare per questa magnifica serata Agostino Zappimpulso (FB Manager) e tutti i ragazzi del servizio de La Terrasse Cuisine & Lounge che, oltre ad essere bravi e professionali, ho scoperto essere anche grandi appassionati di vino visto la loro qualifica di sommelier. Se volete, venerdì 20 è l'ultimo giorno per godersi l'aperitivo in compagnia dello Champagne Laurent-Perrier Brut abbinato al Caviale Calvisius.

Ne vale la pena!




Ma davvero credevate che il vino era come la palestra?

Cattive notizie per pigri e beoni. Qualche giorno fa un popolare sito inglese sembrava aver messo a poste le coscienze di coloro i quali non riescono proprio ad alzarsi dalla scrivania o dal divano e preferiscono farsi un bicchiere piuttosto che una bella corsetta all’aria aperta: «A glass of red wine is the equivalent to an hour at the gym» sparava baldanzoso il My Daily citando un nuovo studio dell’University of Alberta in Canada e facendo stappare bottiglie di rosso nelle case di tutto il mondo. La rivincita dei fannulloni sembrava così compiuta, alla faccia dei fanatici del jogging e dei patiti della zumba. Chi è corso in palestra per disdire l’abbonamento non aveva però fatto i conti con il dottor Jason Dyck, autore della presunta scoperta.



BICCHIERE DI BUFALA – «Non è affatto così, anche se molte persone vorrebbero che lo fosse. È parecchio sconfortante vedere tutto il tuo duro lavoro ridotto ad una frase sbagliata» si sfoga il dottore alla Cbc, rivelando la bufala. Lo studio è stato pubblicato più di due anni fa: al centro della ricerca c’è il resveratrolo, sostanza presente nell’uva e altri alimenti, che può aumentare la capacità di massimizzare i benefici dell’esercizio fisico. Ovviamente per chi lo fa e non per chi se ne sta spaparanzato. Anche qui occorre però una precisazione, è solamente un pizzico di verità: per avere un qualche minimo di risultato infatti servirebbe molto più resveratrolo di quello contenuto in un bicchiere di vino.«Si dovrebbero bere dalle 100 alle mille bottiglie al giorno» spiega Dyck solo per amor di scienza (e non dell’alcolismo). Insomma non si scappa: meno cantina, più addominali.

Nero di Troia 2012 di Valentina Passalaqua

Traslocare, a volte, ha anche dei lati positivi soprattutto se, come è successo al sottoscritto, lo spostare scatoloni ti fa scoprire l'esistenza di bottiglie dimenticate o, meglio, nascoste all'interno della propria cantina che col tempo sta assumendo dimensioni non umane.

Il Nero di Troia di Valentina Passalacqua, donatomi dagli amici di Radici del Sud nel 2013, stava in un angoletto sperduto con la sua bella etichetta bianca sulla quale campeggiava la scritta "vino biologico a fermentazione spontanea da uve raccolte a mano".

Prendo il mio tablet e cerco di avere maggiori informazioni sulla vignaiola pugliese scoprendo con interesse che, dopo una laurea in Master in Business Administration e essersi dedicata per qualche anno all'azienda ortofrutticola di famiglia, ha deciso di occuparsi di viticoltura attraverso la gestione di oltre 40 ettari di vigneto che si estendono alle pendici del Parco Nazionale del Gargano a circa 180 metri s.l.m.


Il progetto, nato assieme all'agronomo Nazario Giagnorio e alla consulenza enologica di Leone Cantarini e Mirco La Gatta (allievo di Lanotte e Moio) ha previsto la coltivazione in regime biologico, certificato Suolo e Salute dal 1999, di varietà come Bombino, Fiano Minutolo, Falanghina, Greco, Nero di Troia, Negroamaro, Primitivo, Montepulciano ed Aleatico che Valentina, così scrive, con il tempo ha imparato ad ascoltare, capire e lavorare seguendo le fasi lunari per tutte le lavorazioni senza tecniche invasive e con pochissimi solfiti aggiunti.

Incuriosito da tutto questo non mi rimane che stappare il Nero di Troia 2012 che mi affascina subito per la lucentezza del suo colore rosso rubino le cui trasparenze, per quelli come me, sono carezze al cuore e all'anima.


Le coccole il vino continua a fartele anche al naso dove regala accattivanti profumi di fragoline di bosco, erbe aromatiche e fiori rossi del Mediterraneo. 
Nessuna pesantezza, nonostante i 14 gradi di alcol, ma tanta freschezza anche al gusto che rimane morbido e suadente con tannino decisamente vellutato e sapientemente intarsiato all'interno di una struttura decisamente in equilibrio che concede un finale decisamente sapido e persistente.

Davvero interessante questo Nero di Troia che rappresenta un vitigno decisamente interessante e di personalità se vinificato in modo leggero come ha fatto Valentina Passalacqua la cui gamma di vini sarà oggetto di approfondimento futuro su Percorsi di Vino.

Ultima postilla per i più tecnici: il vino proviene da un vigneto di circa 3 ettari allevato a tendone con una densità di 2.500 ceppi per ettaro. Vinificazione in acciaio e affinamento sulle fecce nobili per circa 6 mesi all'interno di botti di rovere da 50 hl.


Champagne da record!

Non fa quasi mai notizia, o almeno non quanto i grandi nomi di Borgogna e Bordeaux, ma al terzo posto, in termini di prezzo medio, tra le denominazioni più “battute” sul mercato delle aste internazionali, ci sono i vini di Champagne, riferisce il sito Winenews.it, che negli anni hanno messo in fila un record dopo l’altro, da New York ad Hong Kong, da Krug a Dom Pérignon.

A mettere in fila le aggiudicazioni più alte di sempre, ci ha pensato il magazine Uk “The Drinks Business” (www.thedrinksbusiness.com): il record di sempre risale all’aprile 2008, quando due bottiglie di Dom Pérignon Rosé 1959, mai disponibili sul mercato, hanno superato qualsiasi aspettativa e, a fronte di una valutazione di 4.000-6.000 euro, hanno raggiunto i 74.692 euro, 37.346 euro a bottiglia.

Foto: www.extravaganzi.com

La seconda e la terza bottiglia di Champagne più pagate della storia hanno un’origine comune: facevano entrambe parte dello straordinario tesoro di 168 bottiglie ritrovato su una nave commerciale affondata nel Mar Baltico nella metà dell’800, ritrovata per caso nel 2010.
La prima è una bottiglia di Veuve Clicquot 1841 (vedi foto sopra), battuta all’asta da Merrall & Condit’s per 30.000 euro. Si è fermata a 24.000, invece, una bottiglia di Juglar dei primi dell’Ottocento, di cui non è stato possibile stabilire l’annata esatta. Nel 2009, invece, fece notizia l’aggiudicazione, nella prima asta di Acker Merrall & Condit’s di scena ad Hong Kong, di una bottiglia di Krug 1928, una delle più grandi annate di sempre in Champagne, a 18.700 euro.
Foto: www.tennants.co.uk

Nel dicembre 2006, Christie’s ha portato, tra i lotti dell’asta di New York, una vera rarità: una delle 2.000 Methuselah (6 litri) di Cristal Brut Millenum 1990, prodotte da Louis Roederer per celebrare il nuovo millennio: se l’è aggiudicata un collezionista per 16.580 euro. A chiudere, infine, la classifica, un’altra bottiglia di Krug, questa volta dell’annata 1929, ma a rendere unica la bottiglia finita sotto il martello di Sotheby’s, a Londra, nel 2004, sono le firme di Henri e Remi Krug, che hanno spinto i rialzi fino ai 2.470 euro.

Il Chianti Rùfina: appunti di degustazione di un vino identitario

"Il Chianti Rùfina ha tutto per camminare con le proprie gambe ed auspico che un giorno possa uscire dal calderone della denominazione Chianti".

Ho fatto tardi ed entro in sala quando Armando Castagno sta pronunciando queste parole, una sorta di preambolo a cui seguirà una degustazione di Chianti Rùfina con la presenza di 14 aziende su un totale di 22 produttori che, per l'occasione, sono capitanati da Federico Giuntini Masseti di Fattoria Selvapiana
Si capisce che l'evento è abbastanza imperdibile visto che probabilmente in Italia non è stata fatta mai una ricognizione così approfondita di questa piccola sottozona del Chianti (le altre sono Colli Senesi, Colli Fiorentini, Montalbano, Montespertoli, Colline Pisane, Colli Aretini) situata nella provincia di Firenze e distribuita nei comuni di Pontassieve, Rùfina, Londa, Pelago e Dicomano. 

Mappa della Rùfina - Foto: Lavinium

La denominazione attualmente si estende per oltre 12.000 ha e vanta una produzione di circa 3.000.000 di bottiglie di vino composto da sangiovese, per una quota minima del 75%, a cui possono concorrere le uve provenienti da vitigni idonei alla coltivazione nell'ambito della regione Toscana facendo attenzione al fatto che i vitigni a bacca bianca non potranno, singolarmente o congiuntamente, superare il limite massimo del 10% e che i vitigni Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, non potranno, singolarmente o congiuntamente, superare il limite massimo del 15%. Potenza dei disciplinari moderni!

Come ricorda anche il Consorzio all'interno del suo sito, che andrebbe aggiornato, gli elementi che caratterizzano i vini di Rùfina sono: 
  • la conformazione geologica del terreno, composto da pietre calcaree, galestro e alberese; 
  • l’esposizione solare a Sud Sud-ovest su terreni di altitudine fino a 400 mt slm che consente all’uva dei vigneti di raggiungere una ottimale maturazione; 
  • il microclima con temperature diurne alte e notti fresche d’estate, che contribuisce al mantenimento delle note aromatiche, a sviluppare spiccate acidità. 


Come già detto in precedenza, per valutare la bontà della denominazione, il Consorzio ha presentato ben 14 vini, tutti Riserva (invecchiamento di almeno due anni di cui almeno sei mesi in fusti di legno), con riferimento alle annate 2011, 2010 e 2009

Cosa ne è scaturito? Continuate a leggere!!

Poderi Il Balzo - Chianti Rufina Riserva 2011: si caratterizza per un bel frutto ciliegioso associato a sbuffi alcolici ed a una nota minerale grigio/nera, che odora di ghisa, che spesso caratterizza i Chianti di questa denominazione. Sorso in sintonia col naso.

Dreolino - Chianti Rufina Riserva 2011: rispetto al precedente ha una tendenza ossidativa più marcata che determina in questo vino odori abbastanza inusuali di frutta esotica in purea, pelliccia, propoli, paprika. Un naso morbido che al sorso si scontra invece con una vena acida abbastanza debordante e spiazzante. Più del primo ha subito l'annata decisamente calda.

Cantine Fratelli Bellini - Chianti Rufina Riserva 2011: vino abbastanza estroverso e tipico grazie ad una dotazione aromatica di frutti di bosco ancora croccanti, genziana e gomma vulcanizzata. Alla gustativa il vino sembra abbastanza indietro grazie soprattutto ad un tannino crudo, deciso e, in generale, ad un equilibrio che si rivela ancora abbastanza traballante. Ha bisogno di tempo.

Fattoria di Basciano Chianti Rufina Riserva 2011: se nella Rùfina cercate un vino moderno, globale e alla Parker allora siete sulla buona strada perchè questo è quello che fa per voi. Cioccolatoso, vaniglioso e con un bel frutto scuro a fare da contorno, ha un sorso dove (fortunatamente) il sangiovese riesce ancora a scalpitare non facendosi coprire dalla troppa modernità. Note boisè finali.

Podere il Pozzo Chianti Rufina "Vigna Vecchia" Riserva 2011: è il più mediterraneo di quello finora degustati grazie a chiare sensazioni di erbe aromatiche, prugna quasi in confettura, fiori secchi da diario, cuoio e una ben definita sensazione metallica a fare da cornice. Al sorso è molto rotondo, intenso, nitido e di buona lunghezza nel finale che si contorna di sensazioni sapide. Le vecchie vigne, probabilmente, hanno fatto il loro lavoro.

Fattoria I Veroni Chianti Rufina Riserva 2011: rispetto a Basciano qua la modernità nel vino è portato con maggiore giudizio visto che il Chianti è sì generoso ed estroverso ma rimane moderato nei profumi che spaziano dalla ciliegia sotto spirito alla felce. Magari non è di grande complessità ma anche al sorso mantiene il suo "sporco" equilibrio e la sua bella bevibilità spezzando quell'equazione bislacca che l'annata calda in zona calda (l'azienda ha sede a Pontassieve) debba sempre e comunque dar vita a vini cotti.

Fattoria Selvapiana Chianti Rufina "Vigneto Bucerchiale" Riserva 2011: dopo appena tre anni il vino è ancora di difficile interpretazione grazie ad una presenza di frutto ingombrante che cela la sola ammirevole complessità del Bucerchiale che spesso vira su note di ginepro, curcuma, terra e chiodi di garofano. Al palato, invece, è maggiormente leggibile e alla cieca passerebbe per un piccolo grande vino della côtes du Rhône grazie alle sue note mediterranee di cappero e oliva e alla sua progressione sapida, quasi salata. Da aspettare.



Castello del Trebbio - Chianti Rufina "Lastricato" Riserva 2010: naso florido dotato di note floreali di giglio e lilium legate a doppia mandata da ventate agrumate di arancia sanguinella, foglia di limone e una mineralità bianca, stavolta gessosa, che rende vibrante e meno scuro il profilo olfattivo.Gusto gradevole segnato da buona freschezza di fondo ed ampi e sottili tannini. Finale sapido.

Villa Travignoli - Chianti Rufina "Tegolaia" Riserva 2010: rispetto ai precedenti è il Chianti Rùfina col profilo più dark grazie ad una profondità che tinge di scuro la frutta che stavolta passa in secondo piano e lascia il passo a spunti di china, caffè, terra, orzo maltato. Sorso abbastanza intenso e morbido grazie, forse, ad un residuo zuccherino latente ma, come di incanto, a centro bocca si perde e svanisce abbastanza velocemente. Insoluto.

Le Coste - Chianti Rufina Riserva 2010: non so, probabilmente, spero, che la bottiglia non fosse a posto perchè ho ritrovato nel vino aromi davvero particolari di tamarindo e agrume stramaturo che, in generale, sono sintomatici di una deviazione ossidativa che al sorso fanno ricordare l'agrume candito ricoperto di cioccolato. Rimandato.

Marchesi Gondi - Chianti Rufina Riserva 2009: vino di personalità e di peso che da sempre si fa apprezzare per rigore e classicità. Il frutto, bello rotondo, è sempre sotto controllo così come apprezzabili e caratteriali sono le sensazioni di terra e ghisa che si insediano all'interno di quella nota verticale e fresca tipica del sangiovese. Al sorso l'asse acido/sapido è talmente efficiente da contrapporsi alla grande alla non poco importanti dotazioni morbide del vino che nel finale propone un lungo affondo sapido. Beh, i Marchesi son Marchesi anche nel vino.



Fattoria Il Lago Chianti Rufina Riserva 2009: nonostante sia ubicata in  uno dei luoghi più freschi della Rùfina, l'azienda ha dato vita ad un vino dal profilo maturo con un naso di sottobosco, mora, macis e legno di ginepro. Gusto abbastanza intenso, coerente, il cui contesto più adatto è a tavola dove potrebbe giocare tranquillamente il ruolo di jolly. 

Frascole - Chianti Rufina Riserva 2009: l'espressione colta della Rùfina, questo viene da pensare dopo aver degustato questo buonissimo vino che, anche in annata calda come questa, sa incantare per un naso elegante e territoriale giocato su note di frutta rossa, quasi agrumata, e da sottili effluvi di terra, corteccia, fiori rossi, china e ginepro. Bocca viscerale, elegante, dalla trama tannica efficace e dalla vibrante freschezza che dotano il sorso di una armonia di insieme molto funzionale alla beva. Sapido e interminabile il finale.

Colognole Chianti Rufina Riserva 2009: se si volesse misurare la valenza di un Chianti Rùfina si dovrebbe, nove volte su dieci, prendere Colognole come riferimento imprescindibile per via della sua nitida definizione territoriale e intramontabile sobrietà. Il vino, anche in questo millesimo difficile, non può che affascinare il degustatore grazie alla sua componente fruttata, dal colore rosso, che perfettamente amalgama i suoi profumi con le sensazioni balsamiche, floreali e minerali del sangiovese che non smette di sbuffare ricordi di asfalto e ghisa. Al palato colpisce per equilibrio e tattilità, per classicismo e vigore. Lunghissimo il finale, sapido ed austero che disegna un quadro in bianco e nero  della Rùfina destinato ai nostri nipoti.