InvecchiatIGP: Colli di Lapio - Taurasi Vigna Andrea 2007


di Roberto Giuliani

Non vi preoccupate se nella retroetichetta è stampato 2006 e il produttore l’ha sovrascritta a penna con 2007, non era una bottiglia in vendita ma una “donazione” affinché la potessi degustare. Essendo due campioni, uno l’ho conservato in cantina e oggi ho deciso di stapparlo. La fama di Clelia Romano è tale che non mi metterò qui a raccontare la storia dell’azienda nata nel 1994, preferisco immergermi in questo Taurasi di 17 anni, un tempo non lunghissimo ma più che valido per verificare le sue condizioni di salute.


Alla vista non sembra già sulla via del declino, conserva una bella tinta granata con unghia appena velata di arancio; al naso ha indubbiamente un carattere da vino invecchiato, con note di fumo, prugna, legno di cedro, cuoio, ma sono sensazioni che emergono appena versato nel calice. Tempo di prendere un po’ d’aria e già certi slanci terziari vedono sparire la sfumatura ossidativa, restituendo una percezione più sobria e ancora vitale.


Al palato conferma comunque una condizione leggermente in discesa, nei toni di caffè e caramella d’orzo, tabacco da pipa, torba. Vino ancora molto piacevole, con una buona vena acida, ma sicuramente destinato ad essere bevuto ora, non è in grado di reggere ulteriormente.

Fratelli Alessandria - Verduno Pelaverga Speziale 2023


di Roberto Giuliani

Uno spaziale Speziale il Pelaverga dei Fratelli Alessandria di Verduno, un prezioso compagno a tavola in grado di rallegrare l'intera compagnia con i suoi profumi di ciliegia, lampone e pepe. 


Sorso vibrante, che ti riporta le spezie al retrolfatto lasciando una sensazione di assoluto godimento.

L’Amaro Camatti compie 100 anni e noi ce lo beviamo


di Roberto Giuliani

A 99 anni vince il concorso internazionale World Liquers Awars, segno che ancora oggi quella ricetta ideata dal chimico livornese Umberto Briganti, tutt’ora parzialmente segreta, continua a piacere. Tutto ha avuto inizio nel 1924 a Recco, ridente cittadina in provincia di Genova, quando Umberto, con il contributo del fratello Cesare, realizza il liquore dedicato alla moglie, che di cognome faceva Camatti.


La prima fase era la creazione della giusta miscela di ingredienti, selezionando fiori, erbe e radici aromatiche da porre in infusione seguendo una ricetta segreta che viene tramandata da generazioni. Di questa si conoscono solo alcune componenti, come la genziana, il mandorlo, la cinchona officinalis (pianta della china), la menta piperita e l’arancio amaro. Ognuno degli ingredienti viene macerato in base alle caratteristiche botaniche, poi uniti e posti in infusione e il liquido ottenuto viene lasciato decantare in legno o in fusti di acciaio inox.


Dopo il processo di filtrazione, necessario a eliminare le impurità, viene aggiunto uno sciroppo di acqua e zucchero, infine il prodotto viene imbottigliato. La gradazione è contenuta, solo 20% vol. Nel 1935 la ditta guidata da Umberto Briganti viene riconosciuta quale "Fornitore della casa di Sua Altezza Reale il Principe di Piemonte" con la concessione di tenere innalzato sull'insegna dello stabilimento lo Stemma Principesco. Durante la Seconda Guerra Mondiale lo stabilimento di Recco viene requisito dagli Alpini della Monterosa e dai soldati della Wehrmacht, ma appena terminata Umberto Briganti riprende immediatamente l’attività con sempre crescente successo. Muore nel 1964, lasciando il compito di portare avanti l’Amaro Camatti al figlio Cesare.
Nel 1989 il marchio e la ricetta dell’amaro vengono ceduti alla Sangallo Distilleria Cinque Terre di Giovanni Bergamino, che aveva iniziato a lavorare nell’opificio Ballerini di Lavagna, dove si producevano liquori artigianali. Oggi la produzione continua con il figlio Stefano e Marco De Marchi che ne preservano la ricetta segreta. La sede produttiva della Sangallo è a San Colombano Certenoli (GE).

LA PROVA DEL NOVE

Premetto che sono di parte, perché non mi piacciono gli amari che sono troppo morbidi, dolci, per me l’amaro deve essere degno del suo nome e fare davvero da digestivo, più zuccheri contiene e più il suo compito è destinato a fallire. D’altronde ogni ditta deve fare dei compromessi per vendere un prodotto apprezzabile da più gente possibile, la bravura, quindi, è nel dosare le componenti in modo da non far prevalere la nota dolce.


Nel calice vediamo un bel colore ambrato-affumicato, i profumi sono intensi e richiamano subito le note amare di china e genziana, accompagnate da arancia amara, menta, sensazioni tostate, fumo da pipa, noce.
Al palato si fa apprezzare per equilibrio dei sapori, la nota cremosa dello sciroppo non sovraccarica il sorso lasciando percepire gli aromi di radici ed erbe in un contesto piacevole e persistente. Si sente l’ottima qualità della materia, io lo avrei preferito un po’ più aggressivo, amaro, ma non posso negare che ha un certo fascino e si beve davvero con gusto.

InvecchiatIGP: Tasca d’Almerita – Contea di Scaflani DOC “Rosso del Conte 2014”


Nata nel 1830 con l'acquisto della Tenuta Regaleali, Tasca d'Almerita è oggi un'icona dell'enologia siciliana, un'azienda che ha saputo, in tempi non sospetti, “guardare oltre” esprimendo al meglio l'anima di un'isola ricca di cultura e di contrasti. La sua storia è un racconto affascinante, intrecciato con quello del territorio e della famiglia che, per generazioni, ha dedicato la propria vita alla viticoltura. Tutto ha inizio con i fratelli Don Lucio e Don Carmelo Mastrogiovanni Tasca che, in tempi non sospetti, intuiscono il potenziale enologico della Tenuta dotata di caratteristiche uniche e situata sulle colline tra Palermo e Caltanissetta. Questi terreni, ricchi di calcare e argilla, sono infatti l'habitat ideale per i vitigni autoctoni siciliani, come il Nero d'Avola e il Perricone, che diventeranno i protagonisti indiscussi della produzione enologica aziendale dove spicca il blasone del Rosso del Conte, non solo un vino ma un vero e proprio simbolo.


La decisione di creare il questo rosso nasce dalla volontà di valorizzare il territorio e di produrre un vino che esprimesse l'essenza moderna della Sicilia. Negli anni '60, infatti, l'enologia italiana era ancora legata a produzioni di massa e a vini poco caratterizzati. Tasca d'Almerita, invece, aveva una visione diversa: voleva creare vini che raccontassero la loro Sicilia, che fossero un'espressione autentica delle uve e del terroir. Il Conte Giuseppe Tasca, figura carismatica e visionaria, fu il promotore di questo progetto ambizioso tanto da individuare nella vigna San Lucio, a Regaleali, il luogo ideale dove vinificare le prime uve di Nero d’Avola e Perricone destinate a diventare il Rosso del Conte. La prima annata risale al 1970 mentre quella degustata per #invecchiatIGP è la 2014, millesimo che in Sicilia risulta molto migliore rispetto ad altre zone d’Italia.


Stappando il vino, da sommelier, posso dire che il vino era ancora assolutamente perfetto, non c’erano segni di cedimento sia del colore che dell’impatto aromatico ancora giocato su intensi profumi di gelso, prugna, viola, tabacco ed erbe mediterranee. Al sorso mantiene tutte le promesse, il bellissimo equilibrio tra ricchezza di frutto, tannini setosi e vibrante freschezza garantisce una bevibilità pazzesca disegnando un potenziale di invecchiamento degno di un grande vino rosso mondiale. Dalle serie #invecchiatopernullaigp!!!

Henry Fuchs - Crémant d'Alsace AOP Extra Brut


Non c’è bisogno di andare sempre in Champagne per bere delle ottime bollicine francesi, prova ne è questo Crémant prodotto in Alsazia dalla famiglia Fuchs che elabora questo metodo classico (uve bio auxerrois e pinot noir) elegante, saporito, dinamico e dall’ottimo rapporto q\p. 


W le bollicine alternative!!

Il Monastero di Cortona è il lusso che tutti ci meritiamo!


Cortona, affascinante borgo arroccato su una collina che domina la Val di Chiana, è una meta imperdibile per chi desidera immergersi nella storia e nella bellezza della Toscana. Il suo centro storico, un labirinto di vicoli e piazze, è un vero e proprio museo a cielo aperto, ricco di palazzi medievali, chiese romaniche e rinascimentali. Perdendosi in questa bellezza, non è difficile imbattersi nel Monastero di Cortona, risalente al XV secolo, che recentemente la famiglia Poli ha coraggiosamente recuperato e trasformato in un moderno hotel a 5 stelle mantenendo intatto il suo fascino originale. 


In questo luogo incantato, poche settimane fa, mi sono concesso un meritato weekend e, devo ammettere, che varcare la soglia del Monastero di Cortona è stato come fare un viaggio nel tempo. Gli ambienti sono davvero incantevoli e, anche se rinnovati, hanno mantenuto l’antica disposizione della struttura conventuale: soffitti a travi o a volta, imponenti corridoi, loggiati e i magnifici affreschi, alcuni dei quali emersi durante i lavori e riportati alla luce, andando ad arricchire ulteriormente la bellezza del luogo. 


L’hotel attualmente dispone di 36 Camere e Suites, ricavate dalle antiche celle, e per chi desidera concedersi un momento di puro relax, la spa del Monastero di Cortona, situata all’interno di una antica cisterna romana, è il luogo ideale per concedersi, così come ho fatto io, una sauna o un idromassaggio dopo aver percorsi decine di chilometri tra i vigneti di Syrah di Cortona.


Visto che non siamo su una rivista di viaggi ma all’interno delle pagine di Garantito IGP, vorrei sottolineare, cosa non scontata, che il Monastero di Cortona dispone anche di un ottimo ristorante chiamato “Gli Affreschi” dato che in questo ambiente, durante la ristrutturazione, sono stati scoperti sotto l’intonaco affreschi che alcuni esperti dicono riferirsi alla battaglia di Montaperti del 1260 tra Guelfi e Ghibellini. 


La sala, intima e raffinata, conta appena 18 coperti, per seguire al meglio l’ospite. Alla guida della brigata di cucina c’è lo chef Michele Ricci, originario di San Sepolcro, sempre nella provincia di Arezzo. La sua è una passione che nasce in famiglia, poi portata avanti con la scuola alberghiera, con maestri importanti, tra cui Gualtiero Marchesi, Luigi Sartini e Paolo Lopriore, e con esperienze anche in ristoranti stellati.

Chef Michele Ricci

Agli Affreschi porta la sua idea di cucina, ovviamente legata alla stagionalità e al ritmo della natura, fatta di pochi ingredienti nel piatto che vanno a raccontare la tradizione toscana, rivisitata e alleggerita con tecniche moderne con l’obiettivo primario di esaltare la materia prima. Pulizia, freschezza, sincerità: sono queste le parole chiave che descrivono la cucina dello chef Ricci. Aperto tutti i giorni, offre oltre alla Carta due menu degustazione di quattro portate: uno di terra “Sapori Toscani” e uno di pesce “Dal Mare”. Il percorso di pesce, sebbene più insolito per l’entroterra toscano, riscuote il consenso degli ospiti, consolidando piatti come il Calamaro arrosto su crema di piselli e il suo inchiostro.



Ma i cavalli di battaglia dello Chef hanno i sapori delle sue terre, come la pappa al pomodoro servita sia come amuse-bouche che racchiusa all’interno dei plin o i pici (tipica pasta toscana) tirati a mano, o la cacio e pepe su vellutata di zafferano di Cortona e aria di pepe. Ancora sapori regionali nel Patè di fegatini di pollo, albicocche, gel di Vermouth di Cortona e cantuccio salato. Tra i piatti più richiesti, il Controfiletto di manzo con millefoglie di patate e cenere alle erbe, che richiama le vecchie braci; e il Filetto di cervo, spinacino, topinambur e salsa al ginepro. Grande attenzione anche all’elemento vegetale, che oltre ad accompagnare altri ingredienti, in alcuni casi diventa protagonista assoluto: le Verdure dell’orto vengono servite infatti giocando con consistenze e colori. Menzione speciale per i dolci, tra cui spicca il classico tiramisù ma proposto in tre consistenze diverse.


La carta dei vini, recentemente premiata dalla rivista Wine Spectator con Un Calice, è curata dalla Maitre e Sommelier Tiziana Lai. Circa 300 etichette che mettono in luce il meglio di questa parte della Toscana, Cortona, Montalcino, Montepulciano, e poi oltre andando fino al Chianti Classico e Bolgheri. Ben rappresentate anche le altre Regioni di Italia con alcune chicche presenti in carta che faranno felici anche i palati più esigenti.


Verso Pasqua il Monastero di Cortona riaprirà i battenti e il mio consiglio è quello di scappare dalla città e di passare in questa struttura almeno una notte per rigenerarvi nello spirito e….nella pancia. #garantitoigp!

InvecchiatIGP: Cantina Oliena - Cannonau di Sardegna Nepente di Oliena 1998


di Lorenzo Colombo


Il termine Nepente – che nel greco antico ha il significato di “che toglie il dolore- fu coniato da Gabriele D’Annunzio, noto astemio, innamoratosi del profumo che quel vino emanava, durante il suo viaggio in Sardegna nel 1882. Nepente appare però per la prima volta nel 1909, sull’introduzione che D’Annunzio fece per l’edizione italiana del libro “Osteria, guida spirituale delle osterie italiane da Verona a Capri”, di Hans Barth. 


Nella sua lunga introduzione, a proposito di un vino che lui unicamente annusò ma del quale i suoi due compagni di viaggio approfittarono copiosamente così scrive: “Non conoscete il Nepente d’Oliena nemmeno per fama? Ahi, lazo!” “Io non lo conosco se non all’odore; e l’odore, indicibile, bastò a inebriarmi”.
Oliena (o Nepente di Oliena) è una delle tre sottozone - le altre due sono Jerzu e Capo Ferrato - nelle quali può essere declinata la Doc Cannonau di Sardegna.
La sottozona Nepente di Oliena è limitata al solo territorio del comune di Oliena e ad una parte di quello di Orgosolo, in provincia di Nuoro.


La Cantina Oliena è stata fondata nel 1950 da un piccolo gruppo di viticoltori con lo scopo di valorizzare il Cannonau. Attualmente la produzione della cantina è suddivisa su nove etichette di vino, tre delle quali riportano in etichetta il nome Nepente: Nepente di Oliena, Nepente di Oliena Classico e Nepente di Oliena Riserva Corrasi.


Il vino degustato è prodotto con uve Cannonau in purezza provenienti da vigneti situati nel comune di Oliena, il principale sistema d’allevamento è ad Alberello e la resa massima per ettaro è di 60 q.li. Dopo un’accurata selezione delle uve viene svolta la fermentazione in vasche d’acciaio con una macerazione sulle bucce di 10-12 giorni, il vino s’affina quindi in vasche di cemento e d’acciaio. I presupposti alla degustazione di questo vino non sono stati molto favorevoli, la bottiglia presentava decisi segni di muffa sulla capsula e il livello del vino era sotto la soglia cilindrica del collo della bottiglia, segno di perdita evidente di liquido.


Tolta la parte superiore della capsula si è avuta la conferma di quanto si prevedeva, ovvero la parte superiore del tappo era per quasi la metà incrostata. Il tappo è però uscito senza sforzo alcuno anche se si presentava completamente intriso di vino e annusandolo dava segni di evidente evoluzione.


Versato però un piccolo quantitativo di vino nel bicchiere non abbiamo riscontrato anomalie particolari, se non un’iniziale chiusura ed un colore decisamente evoluto, tendente al mattonato non molto intenso ed alla prugna cotta, con un’unghia ormai aranciata. Decantato il vino, temendo notevoli residui, che in realtà non ci sono stati, si è notato all’interno della bottiglia ormai vuota il colore depositato nella parte inferiore della stessa (la bottiglia è rimasta per tutti questi anni in posizione orizzontale).

Ma passiamo all’assaggio.

Del colore abbiamo già scritto, per il resto il vino si presentava limpido. Discreta la sua intensità olfattiva, ovviamente i sentori percepiti sono di natura terziaria, sottobosco con foglie umide, radici, prugna in confettura, spezie dolci, fighi secchi, accenni di polvere di caffè. Mediamente strutturato, ancora fresco (buona la sua vena acida) e sapido, sentori di radici, china, chiodi di garofano, prugne secche, leggeri accenni piccanti e note di frutta dolce, lunghissima infine la sua persistenza.

Feliciana - Lugana Doc Riserva “Sercè” 2021


di Lorenzo Colombo

Dodici camere, sette suites, un ristorante con 160 coperti e 12 etichette di vino prodotte. 


Questo è l’Agriturismo Feliciana, azienda situata a Pozzolengo della quale abbiamo apprezzato il Sercè, un Lugana Riserva prodotto con uve leggermente appassite ed affinato parte in acciaio e parte in barrique.