Castello di Monsanto Chianti Classico Riserva Il Poggio 1982


La coscienza di camminare sopra un tesoro ha accompagnato Fabrizio Bianchi fin dall’inizio della sua avventura, non si trattava però di miniere d’oro, ma di semplice terra….
Così è scritto sul loro sito internet e nulla di più vero può esistere.
Castello di Monsanto è un’altra perla toscana dove il sangiovese ruggisce dal 1962, la prima vendemmia dove il Vigneto Il Poggio, ripulito sasso dopo sasso, diventa il primo Cru del Chianti Classico.

Il Castello di Monsanto - Fonte Freevax.it
Parlavamo di terra prima. I 72 ettari di vigneto che compongono la tenuta sono caratterizzati da due tipi di terreno: suolo di origine cretacica composto da argille pietrificate e stratificate a filaretto (c.d. galestro toscano). Un’altra parte della proprietà, nel versante a sud della zona di Valdigallo, è caratterizzata da terreni di origine pliocenica composti da banchi sedimentati di sabbie marine, detti “tufi”, intercalati da leggere lische di argille composte.
A 350 metri s.l.m., su un terreno galestroso, si estende in tutta la sua bellezza Il Poggio, vigneto dal quale nasce l’omonimo vino, un Chianti Classico Riserva, prodotto solo nelle migliore annate, composto da Sangiovese al 90% e da un 10% di Colorino e Canaiolo.

Laura Bianchi mentre mostra il vigneto Il Poggio



Nel mio bicchiere ho la Riserva 1982, l’anno della vittoria ai mondiali di calcio in Spagna anche se in Toscana, almeno per il vino, non è stata una grandissima annata, non ci sono le urla di Tardelli nei Chianti di questo millesimo che, nonostante tutto, rimangono decisi e profondi come la galoppata di Bruno Conti sulla fascia destra del Bernabeu prima del 3-0 di Altobelli.
Torniamo al vino e ai suoi profumi, territoriali, viscerali, e dotati, ad un primo impatto, di una grande mineralità che si esprime su sensazioni di ferro e sangue molto austere, da uomini duri.
 
Cantina di maturazione

Col tempo il quadro olfattivo diventa più complesso: inizialmente si alleggerisce esprimendo delicate note vegetali di erba medica, fieno e camomilla, a cui fanno seguito echi di frutta matura e sensazioni empireumatiche che forniscono al vino una veste scura, solenne, giocata su aromi di china, catrame, frutta secca tostata e legni nobili. Sembra davvero di mettere il naso nelle segrete del Castello di Monsanto.
Al sorso il vino sembra subire una scissione perché si coglie nettamente una leggera rottura tra la componente fresca e sapida del sangiovese, vibrante e a sé, e una nota di cera e di agrume amaro dall’altra che fanno fatica ad integrarsi e ad accompagnarsi mano nella mano nel finale gustativo che rimane comunque di buona persistenza.
Visto che rimango nel dubbio che la bottiglia possa essere “sfigata”, non mi rimane che andare al Castello di Monsanto e comprarmene un’altra. Tutto questo per amor di verità…eccerto!

Vecchie bottigle

Per le foto, tranne la prima, la fonte è Weimax.com


Sunday wine news: è in vigore l'accordo sul commercio del vino fra Ue e Australia


Il 1° settembre 2010, è entrato in vigore un nuovo accordo che disciplina il commercio del vino fra l’Australia e l’Unione europea. Questo nuovo accordo, che sostituisce quello firmato nel 1994, protegge il regime di etichettatura del vino adottato nell’Ue, garantisce la piena protezione delle indicazioni geografiche dell’Ue, anche per i vini destinati all’esportazione in paesi terzi, e include un esplicito impegno da parte dell’Australia a proteggere le espressioni tradizionali dell’Ue. In aggiunta, entro un anno dall’entrata in vigore dell’accordo e dopo un periodo di transizione, l’Australia non utilizzerà più per i propri vini alcune importanti denominazioni dell’Ue, quali “Champagne” e “Porto”.


L’accordo offre garanzie importanti al settore vinicolo dell’Ue. Assicura la protezione delle indicazioni geografiche e delle espressioni tradizionali per i vini dell’Ue in Australia e in altri paesi”, ha dichiarato Dacian Ciolos, commissario responsabile dell’agricoltura e dello sviluppo rurale. “L’accordo offre vantaggi a entrambe le parti firmatarie e rappresenta un risultato equilibrato per i produttori di vino europei e australiani. Un traguardo essenziale è costituito dall’impegno in base al quale i produttori vinicoli australiani rinunceranno progressivamente a usare indicatori geografici fondamentali ed espressioni tradizionali utilizzati per i vini dell’Ue. Questo risultato è di vitale importanza per i produttori europei”.

L’accordo prevede la protezione immediata di altre indicazioni geografiche dell’Ue usate per i vini. Per alcune denominazioni è stato concordato un periodo di transizione. In particolare, a partire dal 1° settembre 2011, vale a dire un anno dopo l’entrata in vigore dell’accordo, i produttori australiani non potranno continuare a utilizzare certe importanti denominazioni tipiche dell’Ue quali “Champagne”, “Porto”, “Sherry” e altre indicazioni geografiche europee, fra cui alcune espressioni tradizionali quali “Amontillado”, “Claret” e “Auslese”.

Il nuovo accordo protegge il regime di etichettatura dei vini dell’Ue elencando le menzioni facoltative che possono essere utilizzate per i vini australiani (per es. indicazioni riguardanti le varietà di viti usate, i premi e le medaglie ottenuti o i concorsi vinti oppure un colore specifico, ecc.) e regolamentando l’indicazione delle varietà di viti sulle etichette dei vini.
Il nuovo accordo delinea inoltre le condizioni che i produttori vinicoli australiani devono rispettare per continuare a usare un certo numero di termini per vini di qualità, fra cui “vintage”, “cream” e “tawny” per descrivere i vini australiani esportati in Europa e venduti sul mercato nazionale.

L’accordo è stato firmato a Bruxelles il 1° dicembre 2008. Il 27 luglio 2010 le autorità australiane hanno informato l’Unione europea di avere completato le procedure di ratifica necessarie.
Nel 2009 le esportazioni di vino dall’Ue verso l’Australia hanno rappresentato 68 milioni di euro, mentre quelle dall’Australia verso l’Ue sono state pari a 643 milioni di euro.


Metti una sera a Castelvenere tra vignaioli e vini del Sud - 2° tempo


Non potevo finire il mio report da Castelvenere col precedete post perchè a fine Agosto, nel Sannio beneventano,si beve veramente bene. Segnalazione d'obbligo, pertanto, per le seguenti cantine.

Cantine Luigi Tecce – Paternopoli (Avellino): è uno dei nuovi volti dell’aglianico, anarchico ed imprevedibile, coltiva i suoi quattro ettari di vigneto in zona Taurasi come si faceva una volta, nella classica forma della raggiera avellinese, viti del 1930 dalle quali possono nascere due tipologie di vino: Poliphemo o Satyricon. Il primo se è figlio di annate ricche ed opulente, il secondo se nasce da annate che rendono il vino più bevibile nell’immediato. A Castelvenere  ho avuto la fortuna di assaggiare il Poliphemo 2006, un vero “coup de coeur” per dirlo alla francese, un Taurasi come pochi me ne ricordavo, potente ed avvolgente nello stesso tempo che, didatticamente, fa capire a tutti, principianti ed esperti, come deve essere un grande vino. Il miglior assaggio della giornata senza dubbio. 

Luigi Tecce in posa per noi
Nanni Copè – Vitulazio (CE): di Giovanni Ascione ne avevo parlato ampiamente durante il mio report sul Vinitaly. E’ stato un piacere incontrarlo di nuovo qua, soprattutto è stato una soddisfazione degustare di nuovo assieme il suo Sabbie sopra il bosco 2008 (Pallagrello Nero, Aglianico e Casavecchia) che, come sempre, incanta il mio palato per le sue evidenti note di fiori rossi macerati, frutti di bosco, cannella, chiodi di garofano e terra vulcanica. Se lo assaggerete anche una sola volta non lo dimenticherete. 

Ah, Giovanni Ascione è questo simpatico signore… 




Azienda Agricola Gennaro Papa – Falciano del Massico (Caserta): l’azienda, che affonda le sue radici nei primi anni del ‘900, è condotta da Gennaro Papa e da suo figlio Antonio. I vigneti, 4 ha in totale, sono ubicati nelle colline argillose del comune di Falciano del Massico. Su questi generosi terreni spicca una vigna di Primitivo con cui si produce il Campantuno - Falerno del Massico Doc, vino di origini antichissime, apprezzato dagli antichi romani, che ne garantivano l’origine e l’annata, e lodato da Plinio, Orazio e Cicerone.
Il Campantuono 2006 degustato a Castelvenere è il figlio della tradizione associata all’innovazione che ha portato l’azienda, a partire dal 1990, a ridurre le rese (ora siamo a circa un Kg per pianta) e ad usare la barrique per la maturazione del vino (almeno 13 mesi) che, lo scrivo prima che lo pensiate, non ha un tratto spiccatamente moderno nonostante sia ricco e potente.
Del Falerno del Massico di Antonio Papa mi ha affascinato la dolce eleganza del naso, un mosaico di frutta rossa matura, fiori, spezie, note balsamiche ed eteree, e l’opulento equilibrio gustativo, dove tutte le sensazioni, dure e morbide, sono ai massimi livelli senza però creare problemi alla bevibilità finale del primitivo che rimarrà per tanto, tantissimo tempo tra i vostri ricordi gustativi.

E questo è Antonio….

Il bottone di voto di Wikio


Guardate bene questo bottone!!


Da ora in poi sul mio blog, alla fine di ogni articolo, troverete questo pulsante che vi permetterà di votare gli argomenti più interessanti di Percorsi di Vino per portarli in evidenza su Wikio,  il sito più importante d'attualità dei blog.

Grazie

Metti una sera a Castelvenere tra vignaioli e vini del Sud - 1° tempo

E’ sempre bello tornare a Castelvenere, in questo paesino a pochi passi da Benevento si respira ancora un’aria rurale, d’altri tempi, dove ogni movimento, anche il più semplice, è fatto con lentezza, ponderato, perché l’orologio del contadino scorre lento, nulla si butta e nulla è lasciato al caso. 
Pochi banchetti al centro del paese hanno ospitatato i produttori facenti parte della locale Fiera del Vino a cui si sono aggiunti, per il secondo anno consecutivo, quelli selezionati da Pignataro & Co. appartenenti alla “squadra” dei “Grandi Vini da Piccole Vigne”, piccola fiera nella fiera dove si mostra in tutto il suo splendore tutta la biodiversità enologica del Sud Italia.
All’interno di questa festa antiparkeriana molti sono stati i vignaioli e i vini di frontiera da me apprezzati e selezionati, una sorta di Best of The Best che troverete dettagliato nelle righe seguenti, "interviste" comprese.....

‘A Vita – Cirò Marina (Crotone): Francesco de Franco l’ho conosciuto a Roma a Dicembre 2009 quando, in tour per l’Italia, stava facendo conoscere il suo gaglioppo in purezza, ‘A Vita, di cui ho tessuto lodi sperticate in questo articolo. A Castelvenere non ho potuto far altro che confermare quella emozione. Anzi, qualche mese di affinamento in più ha reso sicuramente ancora più complesso il vino. Durante la serata Francesco, accompagnato dalla sua Laura, mi ha fatto provare un nuovo vino, l'F37 P26, altro gaglioppo in purezza da vigne giovani la cui particella catastale è anche il nome del vino. Grande riuscita anche questa, si sente la gioventù della vite ma i profumi e la tensione del vino sono davvero esaltanti. Avanti così!


Azienda Agricola Bonavita – Faro Superiore (Messina): questa piccola azienda, incastonata in una lingua di terra chiusa tra il mar Tirreno e il mar Ionio, che si specchia nello Stretto di Messina, produce un Faro (Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Nocera) di grande espressione territoriale. L’annata 2007, abbastanza calda da quelle parte, dà vita ad un vino molto verticale, frutta e spezie scure sono i principali descrittori di un vino che dovremmo aspettare più degli altri per placare il suo lieve eccesso di alcol. 
Il Faro Bonavita 2008, invece, è un piccolo gioiello già pronto, profuma di frutta di rovo, di fiori rossi, di minerale, di spezie esotiche. E’ un vino che mi fa pensare a terre lontane, la sua balsamica eleganza e setosità mi fanno tornare in mente il Marocco, le sue stoffe e i suoi arredi. Non mi sono fumato qualcosa di strano ma certi odori li riconduco alle mie esperienze di viaggio. So strano eh!!???



Azienda Agricola Ciro Picariello – Summonte (AV): qua c’è poco da dire, il Fiano “made in Summonte” prodotto da questo piccolo vignaiolo campano è uno dei più grandi vini bianchi d’Italia, senza se e senza ma. Il millesimo 2007 è ancora tanto giovane, lo dice lui stesso, ma a me e ai miei compagni di bevute è piaciuto un sacco questo Fiano dalle evidenti note minerali, c’è chi scrive fumè, che ha nella vena acida e nella persistenza finale il vero nirvana enologico. Alla faccia di chi beve solo l’ultima annata perché le altre sono “vecchie”!

I coniugi Picariello

L'attesa del buon vino


«Si dice che l'attesa sia lunga, noiosa. Ma è anche, in realtà, breve, poichè inghiotte quantità di tempo senza che vengano vissute le ore che passano e senza utilizzarle.»
 
Thomas Mann

Ci sono vini che nascono e passano in un istante, semplici e fugaci comparse in bicchieri distratti che nessuno si volterà a cercare. 
Ci sono vini che si attendono, impazienti facciamo finta di non guardare il calendario sulla nostra parete, le date significative hanno un cerchietto rosso fatto col pennarello rubato dalla scrivania del nostro produttore di riferimento.
A volte è simpatica la vita del wine blogger, i vignaioli ci considerano grandi esperti, grandi palati, altrimenti nessuno ci farebbe degustare in anteprima le loro creature ancora in affinamento. E’ un grande privilegio assaporare il vino che ancora smania in botte o in acciaio, è come un neonato i cui gesti devono essere attentamente valutati per capire in prospettiva che uomo sarà. Difficile, a volte, confessare al genitore che, secondo la propria opinione, quel bambino non diventerà mai Einstein. Bellissimo, invece, essere il padrino enologico di un presente e futuro capolavoro.
Tra qualche mese l’attesa finisce, strapperò il calendario, quei vini che mi avevano emozionato degustandoli “en primeur”, in cui spero e ho sperato, vedranno la luce del mercato, potranno essere apprezzati da tutti.
Basta preamboli, tiro fuori i nomi.
 
Coletti Conti – Hernicus 2009: sarebbe facile, facilissimo, parlare del Romanico 2008 che anche quest’anno ha tutte le carte in regola per diventare uno dei migliori rossi d’Italia. Nel 2009, però, questo grande cesanese non verrà prodotto, Antonello non lo ritiene all’altezza, per cui tutte le uve verranno convogliate per la produzione del suo “fratellino minore”, l’Hernicus, che rappresenterò all’uscita uno dei migliori vini col rapporto q/p in circolazione (stiamo sotto i 10 euro). Parliamo di un vino stupendo che che profuma Mediterraneo e di Oriente. Dovrebbe essere il vino quotidiano di tutti.


Monteraponi - Chianti Classico Riserva Baron Ugo 2006: Michele Braganti nella sua cantina probabilmente ha il Chianti Classico che chiude il cerchio, sicuramente il mio punto di riferimento tra i sangiovese di Radda in Chianti. Vino spettacolare, da vecchie vigne poste in altura, se lo versate nel bicchiere dopo un minuto la vostra stanza odorerà di fiori rossi, arancia amara e spezie. Raddese nell’anima con la sua vibrante acidità, è un Chianti che non smetteresti mai di bere. Commovente.
 
Podere San Lorenzo – Brunello di Montalcino 2006: insieme a “Le Ragnaie” (di cui parlerò approfonditamente a Settembre), San Lorenzo è una delle mie piccole aziende di riferimento del territorio ilcinese. Dagli assaggi in botte ho potuto notare che 2006, 2007 e 2008 sono tre buone/ottime annate a Montalcino. Luciano Ciolfi, da bravo interprete del sangiovese, ne ha approfittato sfoderando un Brunello annata davvero emozionante anche se il vero pezzo forte uscirà nel 2012 con una Riserva 2006 che, e qui mi sbilancio, rappresenterà un punto di riferimento per molti. L’attesa sta per finire.
 
Cascina I Carpini - Bruma d'Autunno 2007 Riserva Speciale "2012 La fine del Mondo": figlio di una selezione di grappoli provenienti dalla vendemmia di sole vigne vecchie, già dal nome si capisce che questo è un vino speciale. Dopo averlo sentito in vasca lo scorso anno, ho capito che questa era il mio barbera. Paolo Ghislandi ha fornito a questo vitigno complessità e profondità rilanciando quello che, prima del Bruma d’Autunno, era un “semplice” vino da tavola. Prenotatelo, non vi pentirete.

Paolo Ghislandi

Gianfranco Fino - ES 2010: ci vorranno ancora due anni per far uscire questo gioiello, le uve che stanno raccogliendo sono le migliori mai avute nella sua (breve) carriera di produttore di vino. Tanta polpa ed equilibrio già sono presenti nell'acino. E se lo dice lui che sarà fantastico, c'è da crederci no?

Pochi Grilli per la testa a La Palazzola


Vascigliano di Stroncone, in provincia di Terni, rappresenta il piccolo regno di Stefano Grilli, il deus ex machina de “La Palazzola”, un baluardo enologico che si inspira ad una ricerca continua di qualità, alla curiosità di sperimentare nuove tecniche ormai dimenticate, alla capacità di saper “raccontare” i suoi vini come qualcosa di animato, qualcosa che fa ricordare di se. 

L'azienda
Venticinque ettari vitati situati su una collina molto dolce con terreni ricchi d’argilla a tessitura compatta con esposizione a sud – sud ovest,  più di venti tipologie di vino diverse, anche questo è un merito di Grilli che definisce la situazione attuale "work in progress", ogni anno sapori nuovi, nuove sperimentazioni, nuovi vini e uve locali da valorizzare.
La Palazzola, così come specificato nel sito internet aziendale, ha un indirizzo prevalentemente rossista anche se, e qui arriviamo al cuore della degustazione effettuata, non disdegna di “creare” vini passiti e, soprattutto, grandissimi spumanti metodo classico.
La caratteristica più curiosa è quella di utilizzare un antico metodo chiamato “metodo ancestrale” consistente nel bloccare la fermentazione alcolica tramite uno scambiatore a freddo per far sì che la presa di spuma sia ottenuta dai zuccheri provenienti dall’uva di partenza.

La Cantina
Il Sangiovese Brut Rosè 2006 de “La Palazzola” rappresenta, insieme al loro Riesling Brut, il punto più alto della loro produzione spumantistica e si presenta nel bicchiere di color rame, brillante ed elegante col suo olfatto giocato su toni di confetto, violetta, ribes, melograno, petali di rosa e melone bianco.
Bocca fresca, sapida, molto pulita ed in armonia col il naso. Uno spumante da tutto pasto che qualcuno ha indicato come perfetto alleato per una carbonara da sballo. Costo allo scaffale circa 15 euro. In futuro spero di provare tutta la produzione di Stefano Grilli, penso mi aspettino molte sorprese…

Sangiovese Brut Rosè

Forbici mafiose a Poggio Velluto - l'intervista ai proprietari


Lascio spazio all'intervista ai titolari di Poggio Velluto.

I fatti e il dolore parlano da soli.




Intervista di Tv9 Telemaremma

Grandi vini da piccole vigne 2010. E io faccio il bis!!


Oggi tornerò con piacere a Castelvenere (BN) per la seconda edizione di Grandi Vini da Piccole Vigne, uno dei pochissimi, se non l'unico, festival del Sud dedicato alla biodiversità enologica.


Ecco le Piccole Vigne ospiti della Manifestazione di quest’anno:

Azienda Agricola Ciro Picariello – Capriglia Irpina (Avellino)
Cantina Contrada Salandra – Pozzuoli (Napoli)
Azienda Agricola La Sibilla –Bacoli (Napoli)
Cantina Bambinuto – Santa Paolina (Avellino)
Cantine Luigi Tecce – Paternopoli (Avellino)
Nanni Copè – Vitulazio (Caserta)
A Vita di Vigna De Franco – Cirò Marina (Krotone)
Azienda Agricola Bonavita – Faro Superiore (Messina)
Azienda Agricola Gennaro Papa – Falciano del Massico (Caserta)
Cantina dei Monaci – Santa Paolina (Avellino)
Cantina del Barone – Cesinali (Avellino)
Tenute del Fasanella – Sant’Angelo a Fasanella (Salerno).

Programma
Venerdì 27 Agosto
Ore 18,00
Palio della “Barbera Contadina”
Degusta con il gruppo Slow Wine Campania
Posti limitati – Prenotazione obbligatoria*

Ore 20,00
Apertura Banchi d’assaggio

Ore 23,30
Piccole Vigne Music Fest
DJ Set Salvatore Magnoni from Rutino
Il dj in vigna

Per info e prenotazioni Palio della Barbera Contadina: Pasquale Carlo 3297333423

Come sempre grazie a Luciano Pignataro e Mauro Erro per l'organizzazione. 

Seguite Percorsi di Vino per tutti gli aggiornamenti.  A presto!

Poggo Velluto e la mafia in vigna


Sono senza parole, ho letto la notizia sul blog di Davide Bonucci che a sua volta ha ripreso questa notizia sul Tirreno. In pratica l'azienda Poggio Velluto, sita a Seggiano, sul Monte Amiata, in provincia di Grosseto, non ha più un vigneto.

Poggio Velluto
Qualche bastardo con forbici laser ha distrutto ogni pianta, 2700 viti  sono state tagliate fin sotto l'innesto, sottto terra, alle radici.

vite recisa
Queste viti non cresceranno mai più e l'azienda, è facile comprendere, ha avuto un danno decine di migliaia di euro. Un’enormità per una piccola azienda che proprio quest’anno aspettava la gloria di imbottigliare, per la prima volta, il Montecucco doc e rientrare dell'investimento.
Secondo il Tirreno sarebbero stati tre, forse quattro attentatori che hanno impiegato due ore, tra venerdì e sabato, per recidere circa 2700 viti in un'azienda agricola di Seggiano usando delle forbici laser. È questa la ricostruzione dei carabinieri del nucleo investigativo al termine dei tre sopralluoghi effettuati negli ultimi giorni.

Ora gli investigatori scavano nel passato dei proprietari e nelle persone che ultimamente si erano fatte avanti per rilevare l'azienda. E intanto emergono due episodi inquietanti: il giorno dell'attentato i cani dell'azienda vicina sono stati uccisi, cani che che non avrebbero fatto la guardia soltanto alla loro azienda, ma che stavano in un pezzo di terra al confine con quella dove la vigna è stata completamente distrutta.
Cani quindi, che avrebbero potuto abbaiare, per avveritre e che avrebbero fatto scattare l'allarme se durante la notte qualcuno si fosse avvicinato a quegli appezzamenti di terreno
La proprietaria del fondo fortunatamente andrà avanti nel suo lavoro, non cederà all'intimidazioni di qualche mafioso interessato al suo fondo.

vite recisa
Insieme all'Enoclub Siena cercheremo di organizzare qualche iniziativa di sostegno, voi, se potete, comprare il loro vino o andate nel loro agriturismo. 

Il minimo è fornire loro sostegno morale!
 

I "cosi" del vino


Cosa è sto coso?


Dicono che serve a mantenere fresco il vino, dicono che i piccoli fori disposti sulla parte superiore creano un sistema di ventilazione e di protezione del vino contro agenti esterni, dicono che per realizzarli sono stati usati materiali preziosi come oro, platino e diamanti incastonati nella parte centrale. 
Dicono che Eckhart Cullman, che lo ha progettato, vuole indietro tra i 2.845 dollari e i 4.453 dollari per vendervi sto coso. 

Costano così care le padelle per fare le caldarroste?

Da Homo erectus a...Vino erectus


Franco Ariano, assicuratore di Cattolica, è una sorta di Eugène Dubois della viticoltura perché quello che andremo a descrivere, se confutato scientificamente, potrebbe essere una sorta di piccola “rivoluzione verde”.
Oggi parleremo del c.d. “metodo erectus” col quale quest’anno verrà prodotto il primo vino da “grappoli erectus”, cioè da grappoli che nascono e crescono dall’alto verso il basso, come Madre Natura vorrebbe.


Secondo Ariano, la pianta della vite, essendo un rampicante, striscerebbe a terra alla ricerca di un albero da colonizzare su cui crescere. Nel corso dell'evoluzione, per evitare che i grappoli marcissero a terra, l'uomo ha pensato di venirle in aiuto costruendole filari e pergolati. Un aiuto però incompleto, a detta di Ariano, perché nessuno ha mai pensato di aiutare anche i grappoli, oltre che il fusto della pianta e i germogli, a guadagnare la posizione verticale.
Come si può vedere nella fase della nascita, i grappoli di uva, nella maggioranza dei casi, nascono rivolti e tendenti al cielo ma, durante la maturazione, a causa dell’ aumentare del loro peso, questi grappoli calano verso il basso, curvano il rachide che li sostiene e nel punto di curvatura si creano degli ingrossamenti , che uniti alle depressioni vascolari interne , sempre in quel punto, ostacolano la fluida circolazione e lo scambio della linfa tra pianta e grappolo.


Per permettere un migliore scorrimento delle sostanze nutritive Ariano ha messo i grappoli all’insù, capovolgendo la tipica struttura a piramide rovesciata che si forma nella crescita, non grazie ad una magia ma attraverso semplici spirali di metallo e sistemi di ancoraggio telescopici.

Così come l’uomo scimmia si e’ evoluto in Homo erectus, da oggi potremo passare dal grappolo scimmia al grappolo “erectus”.

Il metodo, che a più di qualcuno ha fatto storcere il naso, sembra però il preludio ad un’operazione di marketing che porterà a vendere vino “erectus” a oltre 2000 euro a bottiglia.
Tutto il metodo di produzione, infatti, sembra essere curato nei minimi dettagli, anche troppo. La fermentazione, alcolica e malolattica, avviene con reale selezione manuale, uno ad uno, dei migliori acini, senza l’ inoculo di lieviti alloctoni. La vinificazione prevede l’uso di pregiatissime  anfore  in vetro farmaceutico ad uso alimentare, appositamente realizzate per il vino “erectus”, mentre per la maturazione e l’affinamento si è previsto l’utilizzo di in piccole anfore, interrate in grotta, realizzate in vetro farmaceutico ad uso alimentare. Totale assenza di prodotti chimici.


Le prime cento bottiglie, e qua arriviamo alla parte più frivola del progetto, verranno vendute all’interno di apposite casseforti appositamente create per il vino in modo tale che questi, in ogni occasione, sia dotato di giusta temperatura (attraverso l’uso di impasto che avvolge la bottiglia composto dai diversi terrori di origine), corretta umidità (attraverso l’uso i 2 sfiati laterali e ad un sistema idraulico interno a ciascuna cassaforte, alimentato ogni 2 anni circa dal proprietario, mediante la pompa in dotazione annotando sul lato della cassa, sia data che quantità di acqua aggiunta), assenza di luce e di rumori, assenza di vibrazioni ambientali (attraverso l’uso della tecnica del disaccoppiamento) e protezione (attraverso l’uso di una robusta serratura a doppia mappa con sei leve asimmetriche).


Finisce qua? No! Ogni cassaforte, dal peso di oltre 30 Kg, ha in dotazione alcuni strumenti, ideati appositamente, per poter gestire il progetto “erectus”: prima di tutto la pompa/siringa che permette l’alimentazione periodica del sistema idraulico regolatore di temperatura ed umidità, poi lo speciale cavatappi estrattore, notevolmente più lungo, ricavato da barre piene di ottone nichelato senza il quale sarebbe impossibile aprire la chiusura della bottiglia “erectus”ed, infine, il coltello/spazzola e il ditale in pelle di protezione del pollice utili alla rimozione della gomma/cera lacca a protezione della chiusura della bottiglia.


Basta vedere questo video per capire di cosa sto parlando.

Ah, e se dopo aver speso 2.500 euro il vino “erectus” fa schifo? Usate l’apposita cassaforte, semplice no?!?


Gaspare Buscemi e il suo Alture 2004

L’occasione era il compleanno di Stefania e la Mucca Golosa, bellissimo ristorante sul lago di Bracciano, ha fatto da cornice ad una serata fatta di ottimo cibo e grandi vini.
L’occasione era troppo ghiotta, in carta avevano alcune bottiglie di Gaspare Buscemi, l’enologo artigiano, e non mi sono fatto sfuggire l’occasione di capire e valutare finalmente il suo lavoro. 
Gaspare Buscemi
Leggendo qualche nota su Buscemi mi è venuto in mente un personaggio di Ritorno al Futuro, il professor Emmett "Doc" Brown, l’inventore della bizzarra macchina del tempo. Similitudine azzardata certo ma, se si parla di invenzioni in campo enologico, Buscemi non è secondo a nessuno visto che può vantare la paternità di soluzioni tecniche come la pigiadiraspatrice che rispetta le uve, la pressa che rispetta la vinaccia, la “sbottigliatrice” per spumanti fino ad arrivare all'impianto di depurazione per i tappi di sughero. 

Soluzioni uniche che rendono attente e sicure le manualità operative ma che assicurano anche condizioni idonee allo svolgimento dei naturali processi della formazione del vino, presupposti che l’industrializzazione ha necessariamente sacrificato ma che sono fondamentali per l’artigianato. Ecco la parola magica, artigianato, ovvero rispetto della natura e della tradizionale cultura, indiscutibilmente contadina e artigiana, dalle quali derivano, perché solo così possono esserne autentica espressione. 
La cantina
Gaspare Buscemi è un artigiano del vino e produce nettari destinati a dare emozioni non standardizzate. Ordinando l’Alture 2004 ho capito cosa significhi il suo lavoro.
Il vino è espressione delle colline goriziane e udinesi, un mix dei vari pinot (bianco in prevalenza) più friulano e ribolla gialla. Annusando e bevendo il vino ho capito cosa significhi il termine purezza territoriale perché tutto riconduce a quelle colline e al loro terroir. C’è nitidezza minerale, la roccia bianca è come se l’avessi sul mio tavolo, c’è la casta luminosità dei fiori bianchi, c’è la limpidezza della frutta bianca, pera e pesca su tutti.
Questa leggerezza caratteriale la ritrovo anche al sorso, pulito, lineare, di grande vena acida e, soprattutto, di bella persistenza e chiusura su note minerali e di glicine. Bottiglia finita in un attimo ma che faremmo bene a tenerci in cantina per anni.
Se seguirete il mio consiglio sappiate che Buscemi, convinto della capacità del suo vino di reggere gli anni, imprime sulla bottiglia, un po’ per sfida, anche la data di imbottigliamento…

Pensieri di Agosto: gli U2, la multa e il Barolo


Immaginate di prendere una multa da mille euro, cosa fareste un attimo dopo che vi è stata notificata?


Come minimo fareste un elenco di tutti i vari vizi e vizietti a cui dovreste rinunciare per via di quel tremedo pezzo di carta che vi ha infranto in un attimo tutti i sogni di questa calda estate. Vino compreso.


Se foste invece dei VIP le cose andrebbero diversamente e non dovreste più rinunciare al vino. Anzi, lo berreste di più e anche di ottima qualità.
Siamo al paradosso, è vero, ma in Italia succede anche questo, soprattutto se siete la rock band più famosa del mondo.
I fatti: Bono Vox & Co., prima del loro recente concerto di Torino, hanno dovuto pagare una multa di mille euro per aver protratto oltre le 23 le prove

Hanno violato la legge italiana e,di conseguenza sono stati puniti.

Puniti??????? Ma vaaaaaaaaaaaaaaaaaa!

La Regione Piemonte, per farsi perdonare l’irriverente contravvenzione ha donato cinque bottiglie di Barolo Borgogno d'annata (ciascuna corrispondente all'anno di nascita dei membri della band) e del «quinto» U2, il produttore Paul McGuinness. 
Ah,  però, e tutto questo per aver violato la legge.......


Il gruppo, con Bono in testa, si è detto molto contento del regalo. Anche perchè si tratta dell’inizio di una storia d’amore tra i 4 musicisti, più il loro manager, e il Barolo, vino da sempre osannato oltreoceano. 
I cinque hanno accolto l’invito dei due assessori regionali, Michel Coppola alla Cultura e Alfredo Cirio al Turismo, dal produttore di Barolo Borgogno e di Andrea Farinetti (figlio di Oscar Farinetti, il guru di Eataly, che ha appena aperto una sede anche a New York) a venire nei prossimi mesi a Barolo per firmare ognuno una barrique di vino. In cambio i cinque riceveranno a testa, tra due anni, il tempo necessario al vino per “farsi”, 250 bottiglie con il proprio nome sull’etichetta.



La prossima volta che un vigile vi multa a Roma provate a chiedergli una bottiglia di Frascati, tanto che importa, quest'uomo dovrà pagare l'affronto o no? Magari Fontana Candida vi regala anche ua barrique usata...

Fonte: Corriere.it e Winenews.it

"Gomiti alle stelle"!!


Il Movimento Turismo del Vino sicuramente è un'istituzione che nasce nel 1993 con l’obiettivo di promuovere la cultura del vino attraverso le visite nei luoghi di produzione. Fine meritevole se spesso rimane puramente teorico. Spesso tutte le feste organizzate dalla suddetta istituzione,  Cantine Aperte o Calici alle Stelle non fa differenza, alla fine finiscono con una ubriacatura collettiva dei cosiddetti enoturisti che, nella maggior parte dei casi, tutto sono meno che  appassionati della cultura del vino. 


Non nascondiamoci dietro un dito, a Calici alle Stelle le persone ci vanno per passare una nottata per mangiare e bere gratis mentre le aziende, sì la colpa è anche loro, aderiscono per cercare di vendere qualche bottiglia in più.
Il risultato di questa alchimia enogastronomica lo possiamo leggere nelle pagine della cronaca del Corriere del Mezzogiorno di qualche giorno fa. 

Eccola la cultura del vino!

LECCE — Oltre cento persone sono state soccorse nella notte di San Lorenzo. Reduci dal vino servito a «Calici di stelle», la festa enogastronomica nel centro storico di Lecce e dai falò sulle spiagge vicine, in tanti sono finiti al pronto soccorso per il troppo alcool. 

LA FESTA E L'ALCOOL - Musica, divertimento e qualche bicchiere di troppo hanno avuto effetti devastanti. Tanto da trasformare la festa in una disavventura. Così molti giovani e anche adulti hanno trascorso la notte delle stelle all’ospedale Vito Fazzi di Lecce per disintossicarsi da vino e cocktail di ogni genere. Gran lavoro quindi per i medici del 118 che soltanto in città hanno soccorso ben centodieci persone completamente ubriache. 
Ad accusare i malori sono stati soprattutto gli ospiti di «Calici di stelle», la manifestazione dedicata all’enogastronomia che nella notte tra martedì e mercoledì ha riempito di gente i vicoli del centro barocco. 
Qui molti appassionati di vino, tra cui folle di turisti, hanno esagerato nell’assaggiare bianchi e rossi insieme, bevendo a volontà per ore. Poi sono arrivati i primi malori e le chiamate al pronto soccorso. C’è stato addirittura chi è svenuto per strada dopo aver alzato troppo il gomito. Alle prime richieste di aiuto sono subito intervenuti gli operatori del 118. 


Eppure la manifestazione, organizzata da Movimento turismo del vino e Apt Lecce, aveva uno slogan ben preciso: «Bevi responsabilmente».  
È stato l’assessorato al Turismo della Regione Puglia ad organizzare la campagna di sensibilizzazione alla sicurezza che evidentemente è stata ignorata da quanti hanno preferito fare il pieno di cibo e vino


E' questo il prezzo della cultura del vino?

Che ne pensa Chiara Lungarotti, presidentessa del Movimento del Vino?

Sono questi i veri appassionati oppure i veri enoturisti sono quelli che rifuggono queste manifestazioni perchè loro in cantina ci vanno tutto l'anno (magari trattati anche come tali)?

Domande alle quali chiederò risposta, prima o poi.

Anche il vino è una questione di sinistra e di destra. Parola de "Il Giornale"

E lo sapevo che alla fine la si buttava in politica, ancora destra contro sinistra e io ne ho le …… piene.

Non sono un militante di sinistra ma Carlin Petrini (stesso mio cognome anche se non è nemmeno un lontano parente) ha ragione: basta con le mega produzioni che non fanno altro che alimentare il mercato dei bottiglioni di vino che fa cagare venduto nei discount.
Non sono un enogastro-chic, non pretendo vino buono solo per i ricchi, voglio solo produzioni rispettose di tre componenti: lavoro, vigna e cantina. La qualità sarà una conseguenza logica sia per i vini da ricchi sia per i vini sfusi, da “poveri”.

Tratta da Sorgentedelvinolive.org
Luigi Mascheroni, nel suo articolo su “Il Giornale”, critica l’uomo d’affari Petrini incolpandolo di volere prezzi alti per il vino buono che, in tal caso, rappresenterebbe solo un prodotto di elite, la stessa alla quale appartiene il fondatore di Slow Food.

Questo è un estratto dell’articolo di Mascheroni:

Che gusto c’è a poter bere tutti meglio? A pensarci bene, nessuno. Almeno per i veri vignerons, per i gourmet più raffinati, per gli enogastro-chic... per quelli che il cibo e il vino li vogliono di qualità ma non di quantità, per pochi e non per tutti, «bio» ma non anche tuo, di lusso ma non di massa, quelli del «che bello stare a tavola ma solo con chi dico io»... Lo insegnano due-tre millenni di civiltà: le cose, più sono per pochi più sono ricercate. E quindi inevitabilmente più buone. Se sono alla portata di tutti, perdono «sapore». Da chic diventano cheap. Così, che il 2010 si preannunci un’annata speciale, con tanto vino e di buona qualità, ai radical-food and wine la cosa non va giù”.

Carlin Petrini
Che strano, Il Giornale vuole più vino per tutti mentre Slow Food lo nega. Si è invertita la politica oppure qualcuno distorce la realtà?

Diciamo che forse Mascheroni non ha capito o letto alcuni passaggi dell’articolo di Petrini.
Sulle colonne di Repubblica si sostiene che produrre tanto non conviene perché le cantine sono piene di vino che non si vende, cosa che favorirebbe la diffusione di commercianti spregiudicati e industriali che speculano sul lavoro dei vignaiolo e che mettono in giro vino a basso costo tutt’altro che ottimo. Volete bere mondezza? Prego, accomodatevi, tanto c’è vino per tutti.

Quanto al presunto rialzo dei prezzi auspicato da Petrini è possibile che non sia stato letto questo suo passaggio:”in realtà, in un momento così drammatico, i vigneron italiani dovrebbero prendere esempio dai cugini francesi: qualche anno fa, in un momento di vacche magre, i produttori di Champagne decisero di diminuire la produzione del 30%. Una scelta come quella francese sarebbe non solo auspicabile, ma anche possibile, perché i produttori potrebbero declassare una parte dei loro grandi vini potendo contare su denominazioni meno importanti che in gergo vengono chiamate di ricaduta: basti pensare al Langhe Nebbiolo, al Rosso di Montalcino o di Montepulciano, così come al Valpolicella Rosso”.

Caro Mascheroni sai questo cosa vuol dire? Bere meglio, tutti, e a basso prezzo. Strano che ti occupi di vino dopo aver letto le tue perle nell'articolo su Balotelli apparso sempre su Il Giornale. Di cosa ti occupi? Di vino o di calcio?


Per concludere inviterei i lettori a dare uno sguardo anche al blog Sapori del Piemonte e a questo manifesto. Forse prima di prendere la penna bisognerebbe informarsi ed accendere il cervello?