Brunello Biondi Santi Riserva 1995: bere questo Sangiovese, farlo entrare nelle nostre viscere è come mettere un piede all’interno della Cattedrale di Notre Dame de Paris, il senso di maestosità, solennità ed imponenza strutturale che mi ha pervaso l’anima quando ci sono entrato per la prima volta è dello stesso tipo. Questo Brunello è un’opera d’arte firmata Franco Biondi Santi che ha creato in questa un vino duro, monastico, romantico, un Sangiovese per chi ha nel palato la cultura del bello ed essenziale. Da lasciare agli eredi.
Brunello Biondi Santi Riserva 1999: proveniente di un’ottima annata, questo sangiovese si apre da subito su note affumicate e minerali mentre, col tempo, si svelano note più gentile di frutta e fiori rossi alternate a sentori di tabacco da pipa, spezie e un eco mentovato in chiusura. Al palato, il vino, rispetto al precedente, è molto più equilibrato e diretto, le durezze del 1995 sono ben integrate nella struttura del vino. Finale profondo, nobile e di grande lunghezza. In questo Brunello, se pur perfettamente celato, si può notare un leggero cambio stilistico che dona all’opera d’arte linee più morbide, gentili, dirette, senza però entrare nella modernità di un’America lontana, lontanissima.
Brunello Biondi Santi Riserva 2004: non amo mettere voti ai vini, non ho le stesse sicurezze di Daniele Cernilli che gli ha attribuito 100/100, però so che stiamo di fronte all’ennesimo capolavoro dell’azienda. Pura essenza di Sangiovese, al primo assaggio mi viene in mente Robert Parker messo al tappeto da un jab del novantenne Franco Biondi Santi che ha saputo dar vita ad un vino di un’eleganza mostruosa nonostante la sua giovinezza. Tutto dentro al bicchiere è al suo posto, il vortice aromatico molla le briglie immediatamente, prende forma la frutta rossa, la frutta nera selvatica, ritrovo la violetta, la terra, la corteccia, i chiodi di garofani e una sfumatura balsamica di grande impatto e compostezza. Potrei stare ore ad incantarmi davanti a questo sangiovese. La bocca dimostra tutta la struttura di questo vino, c’è tanta roba qua dentro ma la potenza è dolcemente modulata per far durare questo vino nel tempo. Finito il vino mi sono sentito un po’ Michelangelo e, abbracciando la bottiglia, ho esclamato più volte:”Perché non parli”?. Dite che ero ciucco se ho poi visto accanto a me Biondi Santi che gridava, con lo scalpo di Parker in mano, Yes, We Can?