Dieci anni di Brunello di Montalcino Biondi Santi Riserva


Bere Biondi Santi significa entrare nell'anima del Sangiovese, quello vero, quello emozionale, lontano mille anni luce dalla moda del momento perchè questo vino è fatto per durare nel tempo e non per essere declassato. Tre annate di Riserva Biondi Santi possono rimettere al mondo chiunque, anche Parker.



Brunello Biondi Santi Riserva 1995: bere questo Sangiovese, farlo entrare nelle nostre viscere è come mettere un piede all’interno della Cattedrale di Notre Dame de Paris, il senso di maestosità, solennità ed imponenza strutturale che mi ha pervaso l’anima quando ci sono entrato per la prima volta è dello stesso tipo. Questo Brunello è un’opera d’arte firmata Franco Biondi Santi che ha creato in questa un vino duro, monastico, romantico, un Sangiovese per chi ha nel palato la cultura del bello ed essenziale. Da lasciare agli eredi.



Brunello Biondi Santi Riserva 1999: proveniente di un’ottima annata, questo sangiovese si apre da subito su note affumicate e minerali mentre, col tempo, si svelano note più gentile di frutta e fiori rossi alternate a sentori di tabacco da pipa, spezie e un eco mentovato in chiusura. Al palato, il vino, rispetto al precedente, è molto più equilibrato e diretto, le durezze del 1995 sono ben integrate nella struttura del vino. Finale profondo, nobile e di grande lunghezza. In questo Brunello, se pur perfettamente celato, si può notare un leggero cambio stilistico che dona all’opera d’arte linee più morbide, gentili, dirette, senza però entrare nella modernità di un’America lontana, lontanissima.


Brunello Biondi Santi Riserva 2004: non amo mettere voti ai vini, non ho le stesse sicurezze di Daniele Cernilli che gli ha attribuito 100/100, però so che stiamo di fronte all’ennesimo capolavoro dell’azienda. Pura essenza di Sangiovese, al primo assaggio mi viene in mente Robert Parker messo al tappeto da un jab del novantenne Franco Biondi Santi che ha saputo dar vita ad un vino di un’eleganza mostruosa nonostante la sua giovinezza. Tutto dentro al bicchiere è al suo posto, il vortice aromatico molla le briglie immediatamente, prende forma la frutta rossa, la frutta nera selvatica, ritrovo la violetta, la terra, la corteccia, i chiodi di garofani e una sfumatura balsamica di grande impatto e compostezza. Potrei stare ore ad incantarmi davanti a questo sangiovese. La bocca dimostra tutta la struttura di questo vino, c’è tanta roba qua dentro ma la potenza è dolcemente modulata per far durare questo vino nel tempo. Finito il vino mi sono sentito un po’ Michelangelo e, abbracciando la bottiglia, ho esclamato più volte:”Perché non parli”?. Dite che ero ciucco se ho poi visto accanto a me Biondi Santi che gridava, con lo scalpo di Parker in mano, Yes, We Can?

Blog Cafè: Appunti di gola mi succede come miglior blog di vino


Quest'anno nessuno dice nulla? Soltanto Percorsi di Vino non andava bene?

Scusate ma ce l'avevo in pancia....

La beneficenza cinguetta su Twitter: evviva la TwitAsta!

Dopo l'iniziativa benefica organizzata dal CCCP del Gambero Rosso sembra che il web 2.0 sia, tra le varie cose, una fucina di idee benefiche che questa volta hanno preso la forma di un uccellino chiamato Twitter.

Ma di che si tratta? Vi ricordate i promotori di TweetYourWines? Sì? Bene, perchè questa allegra banda ne ha combinata un'altra: tweet dopo tweet , infatti, ha fatto nascere un’altra bella iniziativa di cui vanno orgogliosi e che, con grandissima fantasia, hanno battezzato ‘Twit Asta’.

Facendo uno sfacciato copia ed incolla dal loro sito si riporto tutte le info. Leggiamo insieme.

Stiamo organizzando un’asta di beneficenza a favore di una neonata associazione dell’ospedale Gaslini che si occuperà di dare cure e sostegno ai bimbi nati prematuri e alle loro famiglie.

All’asta andranno le Cromobox che Roberto Colombo ha preparato per Vinitaly: all’interno delle Cromobox alcune bottiglie dei nostri prodotti, selezionati tra quelli delle cantine che hanno aderito al progetto #TweetYourWines e sapientemente distribuiti.

Abbiamo voluto contribuire donando le nostre Cromobox, ricordo di un Vinitaly twittato, e i nostri prodotti, perché vogliamo, nel nostro piccolo, donare un sorriso a questi piccolini e ai loro genitori.

Al di la’ del valore economico delle confezioni, il valore vero sta nel gesto di donare.

L’asta avrà inizio e proseguirà esclusivamente sul web via Twitter dalle h 10 di domenica 30 Maggio alle h 22 di sabato 5 giugno.

Lunedì 7 Giugno, durante la manifestazione Terroir Vino presso il Centrocongressi Magazzini del Cotone (Porto antico di Genova), avverrà l’assegnazione delle confezioni e la consegna ‘virtuale’ del ricavato all’Associazione.

Abbiamo fissato la base d’asta in 50€, senza rispettare l’effettivo valore economico di ciascuna confezione.

Coloro che si aggiudicheranno le Cromobox dovranno effettuare il versamento dell’importo direttamente all’associazione e avranno tutti i nostri più sentiti grazie!

Per agevolare l’asta (e perché siamo twitterAddict) abbiamo pensato di attribuire un # ad ogni confezione, andando così a creare una pagina dedicata ad ogni confezione sulla quale seguire in real time l’aggiudicazione.

Per tenere traccia di quello che stiamo facendo abbiamo aperto un account Twitter (@TweetYourWines), un account FriendFeed (TweetYourWines), una Fan Page su FaceBook e questo blog sul quale verranno presentate nel dettaglio le singole confezioni a partire da settimana prossima.
Per seguire tutta l’iniziativa su Twitter usiamo #tyw, hashtag che ha sostituito quello usato a Vinitaly #tweetyourwines.

Ricapitolando:

Twit Asta dalle h 10 di domenica 30 Maggio alle 22 di sabato 5 giugno, seguendo gli # di ciascuna Cromobox.

Alle h 19 del 7 giugno, consegna del ricavato all’Associazione e delle confezioni ai vincitori dell’asta (prevediamo anche la diretta streaming).

Noi facciamo questo: e tu #cosaseidispostoafare ?

Come saranno i Bordeaux 2009? Chiedetelo a Parker o ai cinesi!


Non sono più vini avvicinabili, almeno per noi poveri mortali che delle valutazioni Parkeriane ce ne freghiamo e che il vino lo beviamo e non lo conserviamo all’interno dei caveau bancari.
L’annata 2009, secondo Wine Advocate, è un millesimo da non mancare soprattutto se esaminiamo alcuni dei punteggi assegnati da Parker:

Angelus 96-100
Lafite 98-100
Latour 98-100
Petrus 96-100
Le Pin 95-98
Clinet 97-100
Clos l''Eglise 96-100
Mission Haut Brion 98-100
Montrose 96-100

Secondo James Suckling, altro sedicente guru del vino d’oltreoceano, i prezzi dei grandi premier cru saranno elevatissimi, molto simili a quelli stabiliti in passato col millesimo 2000 o 2005, con punte di ordinaria follia, aggiungo io, nel caso volessimo acquistare un Lafite 2009. Questo sarà il vero vino cult, un bordeaux talmente ricercato ed apprezzato dai cinesi che, in questa annata, hanno preordinato circa 100.000 casse, ovvero una domanda che supera di tre volte l’offerta. Che gli andasse di traverso!

Se quanto detto finora non vi ha fatto scappare e siete ancora intenzionati ad acquistare qualche grande premier cru 2009, allora seguite i consigli che Paolo Repetto, responsabile di Vinifera, ha messo on line per tutti noi:

Il 2009 a Bordeaux è un'annata veramente eccezionale su tutta la linea.

Tutti i vini sono già stati eccezionalmente quotati dalla critica internazionale (James Suckling di Wine Spectator ha segnalato 14 vini a un potenziale di 100/100).

Ciò significa che la domanda sarà estremamente elevati per questa annata (simile alle annate 2000 e 1982).
I produttori di Bordeaux sono ottimisti sull’annata 2009, confrontandola con l’annata “epica”del 2005, nella convinzione che il 2009 potrebbe essere addirittura migliore. Questi giudizi sono basati sulla superba qualità delle uve portate in cantina.

Christian Moueix, che gestisce Petrus, ha affermato: “Non ho mai visto niente di simile nella mia carriera, una carriera che dura dal 1971!”

Jean-Charles Cazes, la cui famiglia gestisce Lynch-Bages, è ugualmente fiducioso e colpito dalla qualità. Dopo aver degustato i vini il 1 ° dicembre, li ha descritti come “ricchi e potenti, morbidi e raffinati allo stesso tempo” come il padre si ricordò della grande vendemmia 1982!
Soprattutto, considerando l'attuale domanda di Lafite e Mouton, i rapporti provenienti da Baron de Rothschild sono molto buoni, con enologo Philippe Dhalluin che dichiara di aver visto raramente frutto perfetto come quest'anno.


Qual è la migliore strategia di acquisto per il 2009?

Le indicazioni suggeriscono i prezzi di rilascio saranno sostenuti, vicini a livelli dell’annata 2005.
Nonostante questo, si suggerisce agli investitori di attivarsi il più presto possibile al fine di ottenere il miglior ritorno sui loro investimenti. Si prevede che questa annata “blockbuster” attirerà grandi patrimoni da nuovi investitori sul mercato.
Consigliamo in particolare di concentrarsi su Latour, Lafite Rothschild e Mouton Rothschild.
Rapporti provenienti da Bordeaux suggeriscono che Latour avrà le migliori performance nella classifica di punteggi, seguito da vicino dal sempre performante Lafite Rothschild.

Latour e Lafite: note per il 2009

La reputazione Lafite Rothschild ha continuato a salire nei primi mesi del 2010 e la domanda per il famoso Bordeaux Grand Cru Classé non mostra segni di cedimento. Lafite Rothschild è in vetta alle classifiche di investimento Liv-ex per il 2009, con una crescita di oltre il 17% in tutte le annate. In particolare, la performance del 2008 En Primeur è stata incredibile. Al secondo posto Chateau Latour (+12% di crescita).
Con Latour ora più presente che mai nei negozi di vino a Hong Kong (che ricordo dal 2009 ha azzerato i dazi doganali sul vino), i primi mesi del 2010 hanno visto i suoi prezzi aumentare notevolmente.
Considerando che il 2009 è già stato lodato come un 'vintage blockbuster' con i punteggi a tutti i livelli attesi a livello dell’annata 2005, i prezzi futuri di questi vini saranno simili a quelli attualmente oggetto di scambi commerciali per il 2005.

E’ presumibile che il prezzo di Latour e Lafite 2009 sarà intorno agli 11.000/12.000 euro la cassa (x12) al momento della consegna (primavera 2012).

Questo potrà offrire agli investitori un rendimento straordinario nei 24 mesi.

Per capire il potenziale di investimento della vendemmia 2009, bisogna guardare la “grande” vendemmia più recente, che è stata la 2005. Analogamente a quest'anno, la vendemmia 2005 è stata rilasciata a prezzi molto elevati (in effetti la 2005 è utilizzata come riferimento per i prezzi di quest'anno), e così fare una comparazione 2009-2005 dovrebbe dare una buona indicazione la possono aspettarsi i rendimenti degli investitori.
Con l'inflazione e l'afflusso di cinesi e compratori asiatici nel mercato, bisogna aspettarsi che la maggioranza dei vini del 2009 potrà superare le prestazioni della 2005. Inoltre, anche i punteggi dovrebbero superare quelli relativi all’annata 2005.
Riservando ora l’acquisto, gli investitori possono garantirsi il prezzo di emissione iniziale. Ogni anno i prezzi tendono ad aumentare molto rapidamente nel corso delle settimane, soprattutto a ridosso del rilascio, pertanto, è di grande importanza per l'investitore garantirsi il loro vino il più presto possibile.

E voi che fate? Investite in vino?

Il CCCP, Gianfranco Fino e la verticale di ES. Sapori di Puglia su Percorsi di Vino

Il Circolo Conviviale Colonna Pugliese (CCCP) rappresenta il braccio politicamente scorretto del forum del Gambero Rosso. Luciano Lombardi, meglio conosciuto col nick di Vignadelmar, ha organizzato presso la sua Osteria un’interessante verticale di ES, un Primitivo di Manduria da impazzire prodotto da grande artigiano del vino: Gianfranco Fino.
Ecco il risultato della splendida verticale che Avvonico, uno degli amici pugliesi presenti, ha scritto per noi:


Es 2004


La prima annata prodotta, e quella in cui la terziarizzazione si sente sensibilmente - pur avendo il vino ancora molto da dare - sotto forma di cuoio e tabacco biondo. E poi le spezie, sempre presenti in tutte le annate di questo Primitivo. Un distinto signore inglese di mezza età, con la sua pipa a caratterizzarne l'olfatto. E un abbinamento strariuscito con i pecorini stagionati - ed anche affinati in fossa - propostici dall'Oste.


Es 2005


Annata un po' sotto tono rispetto alle altre: niente di storto in assoluto, ma bevuto assieme a 2007 e 2008 ha dovuto cedere, sia pure con l'onore delle armi. Le caratteristiche organolettiche sono all'incirca le medesime degli altri, ma con qualcosina in meno sia a livello di intensità che di complessità. Intendiamoci, bevuto da solo sarebbe comunque risultato un grande vino, ma...le verticali mettono in evidenza anche queste particolarità.


Es 2006


Si avverte un cambiamento di marcia, un allungo rispetto alle annate precedenti. Natura più benevola, affinamento delle tecniche di allevamento e vinificazione? Rimane il dubbio; dubbi che invece non possono rimanere sulla riuscita di questa versione, che segna appunto come una cesura tra la prima produzione e quella più recente. Un punto di svolta. L'Es viene fuori dalla fase giovanile, e diventa adulto. Il preludio alla versione che verrà l'anno dopo, e che costituirà il capolavoro della breve serie fin qui eseguita. Grande con l'agnello al forno con patate.


Es 2007


Immenso. Questo campione merita davvero tutti i riconoscimenti attribuitigli, e forse anche altri. In quest'annata il bravissimo produttore è riuscito a sintetizzare al meglio, e ad armonizzare alla perfezione, tutte le caratteristiche del suo vino. Colore impenetrabile, acidità straordinariamente elevata, tannino poderoso ma elegante, struttura "sferica", che riesce cioè a racchiudere ogni elemento senza che nessuno possa fare gioco a sè, o tentare un fuga in avanti. Tutto è stabilmente al suo posto, come in un ordine precostituito. Come le ballerine del Moulin Rouge, tutte della stessa altezza. Un equilibrio quasi magico, una corrispondenza perfetta tra vista, olfatto e gusto. Amarene, un accenno di tabacco, leggere note vegetali di foglie d'olivo a tenere stretta la relazione con la sua terra, tante spezie morbide. Persistenza lunghissima. Abbinamento valido con tutte le pietanze preparate da Luciano. Se può essere un indice di piacevolezza, non riuscivo a berlo senza socchiudere gli occhi. Tiene fede al suo nome, Es, il piacere secondo Freud. E lancia definitivamente le ambizioni di questo giovane, ma già grande, produttore.


Es 2008


Un bimbo in fasce. Ciliegiona in evidenza, poi spezie dolci, e poi tannini e acidità a bilanciarne le morbidezze. Ruota piano nel bicchiere, archi e lacrime a testimoniarne la struttura e la vena alcolica importante. L'alcol, appunto: tanto ma ben integrato, così come la struttura che lo regge: per l'insieme delle caratteristiche organolettiche il vino scende giù senza fatica, e si beve con grande facilità. Un plus con le lasagne al ragù di cavallo preparate da Vignadelmar. Sono d'accordo con Luciano quando ne pronostica un grande avvenire, insieme al bel presente.


Le foto sono di Nico Morgese. Bravissimo.

Il buono, il brutto ed il cattivo del Gewürztraminer dell'Altro Adige

IL CATTIVO

La domanda è: perché? Perché da un po’ di tempo non mi piace più il Kastelaz di Elena Walch? Tristemente mi rispondo che sicuramente è cambiato qualcosa, esigenze di marketing, altro manico in cantina, non so, però qualcosa è cambiato e, a mia opinione, in peggio. Ormai questo Gewürztraminer è una caricatura di sé, troppo grasso e pomposo già al naso dove esce inizialmente una salamoia poco varietale che solo dopo qualche minuto lascia il passo a note di frutta esotica matura, frutto della passione soprattutto, e note oleose di frutta secca. Non c’è leggerezza, i fiori non si sentono, c’è una mineralità compressa che non aiuta a fornire eleganza e complessità.
Al sorso il vino è pesante, il residuo zuccherino di 8 g/l si fa sentire e rende la bocca quasi impastata, pesante, e la media freschezza del vitigno non aiuta certa a rendere pulito il cavo orale. Finale comunque lungo e persistente. Anche troppo. Non ce lo vedo come vino da tavola, coprirebbe tutto e stancherebbe dopo un bicchiere.

IL BRUTTO

La bruttezza qua riguarda solo la bottiglia, con una etichetta ed un collarino verde acido che ha qualcuno, durante la degustazione, ha fatto ricordare l’austera bruttezza di alcune bottiglie di vino austriaco che hanno un’acidità pari al colore della loro etichetta.
Detto ciò vorrei parlarvi di Christian Kerschbaumer, dal nome tipicamente siciliano, giovane viticoltore e cantiniere dell’azienda vinicola Garlider a Velturno che produce un Gewürztraminer da agricoltura biologica e in cantina utilizza soprattutto lieviti autoctoni.
Questo vino, figlio della Valle d’Isarco, si stacca nettamente come profumi e corpo dal Kastelaz e, più in generale, sembra avere delle caratteristiche più ad un Sylvaner o da Grüner Veltliner che da Gewürztraminer. Il suo bouquet aromatico si presenta infatti di grande austerità, minerale, quasi fumè, con tocchi di rosa e chiodo di garofano. In bocca torna la bella nota minerale, è equilibrato, ampio, rotondo, sicuramente elegante anche se non ha quell’aromaticità e quell’intensità che spesso ritroviamo nella tipicità del vitigno. Ottima la persistenza. Beva compulsiva.

IL BUONO

La scelta è stata dura, potevo scegliere il solito
Kolbenhof di Hofstatter, oppure il sorprendente Brenntal di Cantina Cortaccia, invece la palma del più buon Gewürztraminer degustato la scorsa settimana all’AIS Roma l’ho data al Feld di Armin Kobler, piccolo viticoltore della Bassa atesina che dai suoi due ettari di vigneto, di cui il Feld rappresenta un cru, fa uscire dei prodotti davvero interessanti e dall’incredibile rapporto q/p. Questo Gewürztraminer, con solo 3,5 g/l di zucchero residuo, rappresenta un piccolo capolavoro enologico, un vino non per stancare ma per fornire piccole emozioni. Nel Feld non c’è nulla di pomposo, non passano le majorette e non ci sono i clown americani, qua c’è solo eleganza, uno stile aromatico giocato su note di rosa, il litchi, agrumi, pesca, noce e un garbato minerale di contorno.
Al palato il Feld è solo progressione, eleganza, garbata potenza e grande persistenza. Chiude rotondo, senza la classica nota amarognola del Gewürztraminer che molti tendono a contenere con residui zuccherini al limite dello stucchevole.
Beva fantastica. Prezzo f.c. circa 11 euro. Ne voglio un bancale!

Quel (vino) rosso di D'Alema!

L’idea c’era da tempo. I dettagli sono stati messi a punto qualche tempo fa nel corso di una cena che non è sbagliato definire di «vertice», anche se atipica. Al tavolo c’erano, il líder máximo Massimo D’Alema, l’allora governatrice dell’Umbria Maria Rita Lorenzetti e il «re» degli enologi Riccardo Cotarella. Tre personaggi di spicco a discutere, non di guerra tra le fondazioni democratiche e nemmeno dei riflessi occupazionali della crisi del comparto lusso o di disoccupazione umbra, ma di technicality; dettagli burocratici e produttivi relativi alla prossima impresa dalemiana: una tenuta di viti per produrre un vino. Rosso e di lusso, si intende.

La notizia l’ha data ieri il Giornale dell’Umbria che ha individuato in Montecastrilli, tra Todi e Terni, l’area scelta da D’Alema per il suo esordio tra i produttori di vini. Ma in ballo ci sarebbe anche un’altra proprietà, dalle parti di Otricoli, al confine con il Lazio. Alla fine entrambi i vigneti potrebbero finire tra le proprietà di D’Alema.
Nessuno nel Ternano si è sorpreso della scelta di Massimo D’Alema. Sono ormai storia le sue incursioni culinarie che hanno contribuito a lanciare il cuoco Gianfranco Vissani. Ed è noto che D’Alema apprezzi questa zona, che si trova a pochi chilometri dalla Capitale, ma dentro la macro regione rossa composta da Emilia-Romagna, Toscana e Umbria.
I dettagli sono ancora da definire. Il riserbo sull’operazione è totale. Il nome dell’ex premier non risulterebbe nemmeno tra i proprietari del vigneto che dovrebbe essere intestato a uno studio legale romano per essere poi gestito dai figli del presidente del Copasir. Si sa che il terreno non supererà i 4-5 ettari perché l’obiettivo non è tanto fare produzione di massa, magari da regalare alle feste del Pd, quanto portare poche bottiglie sulle tavole che contano.
I tempi comunque non saranno brevissimi e non per colpa della politica. Per maggio è in programma l’impianto delle viti. Questo significa che prima di avere bottiglie della premiata ditta D’Alema, bisognerà aspettare almeno cinque anni. Prima di allora, sarà costruita la cantina, dove si imbottiglierà il rosso.

Ancora non è stato deciso il nome. Scelta importante, con possibili ricadute anche politiche. Ogni riferimento al rosso, tanto per dirne una, finirebbe per assumere connotati politici e rischierebbe di imbarbarire un’operazione che invece punta tutto sul livello alto.
L’obiettivo di collocare il vino tra quelli di lusso è dimostrato anche dalla scelta dell’enologo, che sarà quasi sicuramente Riccardo Cotarella, orvietano che si è imposto nel mondo ed è diventato il tecnico di fiducia di personaggi del calibro di George Clooney, Roman Abramovich e anche di Silvio Berlusconi.
E questo è l’altro dato sensibile, che potrebbe rendere più amaro il vino dalemiano. Cotarella è un enologo di fama mondiale e non bada di certo all’appartenenza politica dei clienti e tantomeno dei vip che si affidano ai suoi consigli. Ma i tempi sono quelli che sono, e c’è da scommettere che, quando la cosa diventerà ufficiale, qualcuno griderà al complotto, applicando la proprietà transitiva al terzetto D’Alema-Cotarella-Berlusconi.
Due politici, un premier e un ex premier; il leader del centrodestra e uno degli azionisti di maggioranza del Pd; con lo stesso enologo. Roba da scatenare retroscena su un nuovo «dalemone», ma in versione country chic. Un inciucio innaffiato da un vino rosso umbro. Costosissimo però.

Fonte: Il giornale

Luciano Pignataro e la carica dei 101....vini da bere

Non ci sono dalmata ma solo storie di piccoli grandi vignaioli nell’ultimo libro di Luciano Pignataro intitolato “101 vini da bere almeno una volta nella vita”, un libro e non una guida, come ci tiene a precisare lui stesso, all’interno della quale il lettore troverà più di cento etichette di vini selezionati che, tranne rare eccezioni, non superano il prezzo di 10 euro franco cantina.
Storie di vino quotidiano che il giornalista de “Il Mattino”, nonché prossimo curatore di Slow Wine, ha voluto condividere la scorsa settomana col pubblico romano dell’AIS che si è ritrovato nel bicchiere interessanti vini quotidiani. Dei nove presenti quel giorno ho scelto di scrivere su:

Cantopassi - Terre Rosse di Giabbascio Catarratto 2009: Centopassi è un marchio vitivinicolo che raggruppa varie cooperative che aderiscono alla rete Libera di Don Luigi Ciotti e che producono vino dalla terre confiscate alla mafia. Solo per questo comprerei questo vino, da vigne di oltre venti anni di età, che presenta un naso dolce, giocato su toni di frutta bianca mediterranea, melone bianco su tutti, e fiori di acacia. Dolcezza che in qualche modo è stemperata da un fondo sapido che rende il tutto più elegante e meno stucchevole. In bocca c’è perfetta sintonia col naso, si ripropone questa morbida dolcezza a cui si affianca una sapidità che rende il palato abbastanza armonico ed equilibrato. Bello il finale dove ritorna il floreale bianco (mandorlo) e la frutta bianca matura. Costo f.c. circa 10 euro

Azienda Agricola Petrussa - Pinot Bianco 2008: da una piccola azienda familiare friulana, attenta da sempre al biologico, nasce questo interessante pinot bianco dall’impostazione severa, tradizionale, che si apre su note minerali, quasi fumè, intervallate da sbuffi di frutta bianca, fiori di sambuco e fieno. Al palato è fresco, puro, riempie senza sbavature e con una progressione minerale davvero interessante. Costo f.c. circa 10 euro

Ciro Picariello – Fiano di Avellino 2007: non è una sorpresa per me, stiamo parlando di uno dei migliori bianchi italiani in circolazione. Questo fiano ha un intrigante naso floreale dove percepiamo nettamente la ginestra ed il tiglio, poi escono le note minerali, di bergamotto e di macchia mediterranea (ruta). Il sorso rivela una grande freschezza giovanile, la spalla acido-sapida tiene in equilibrio una importante struttura. Grande persistenza finale per un vino giovanissimo che potrà sicuramente regalare emozioni in futuro. Costo f.c. circa 8 euro

Azienda Vinicola CarboneTerra dei fuochi 2007: di questa azienda ne avevo sentito parlare positivamente si Vinix e devo dire che non si sbagliavano. Il monte Volture, terreno lavico ricco di potassio ed estremamente fertile, regala questo Aglianico di grande espressione territoriale che colpisce per la sua anima nera, minerale, selvatica, dove la grafite si fonde al catrame, alla china, alla radice di liquirizia e alla frutta nera di rovo. La bocca è armonica, 12,5° di alcol sono un piacere per il palato che rimane basito per l’estremo equilibrio di questo vino del quale non possiamo non apprezzare l’estrema facilità di beva. Un sorso dal vulcano. Prezzo f.c. circa 7 euro

AR.PE.PEGrumello riserva Rocca de Piro 2004 : L'azienda vitivinicola Ar.Pe.Pe., che prende il nome da Arturo Pelizzatti Perego, si trova nel cuore della Valtellina e produce da sempre “nebbiolo (chiavennasca) di montagna” di grande classe che viene commercializzato solo quando si pensa possa essere alla sua massima espressione. Non bisogna perciò stupirsi se ora in commercio troviamo il Sassella Riserva Rocce Rosse 1997 o questo interessante Grumello Riserva 2004. Di un rosso rubino vivo, con riflessi rosa corallo, offre aromi eleganti di arancia amara, rosa, lampone, cuoio, tabacco, liquirizia. L’assaggio non delude per equilibrio e coerenza. L’ottimo tannino supportato da una buona freschezza rendono il sorso godibile, ampio, di bella persistenza. Un vino che non smetterei mai di bere per la sua leggerezza ed armonia. E se questo è il vino base…..

Le Macchiole: verticale storica di Paleo

Ancora una volta una interessante verticale, stavolta vi (ri)porto a Bolgheri, a Le Macchiole, per parlarvi di come il Paleo, il vino più amato da Cinzia Merli Campolmi, sia cambiato nel tempo snaturando quello che una volta era un “semplice” blend di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc.

In occasione del Roma Vino Excellence & Merano Wine Festival e alla presenza non solo di Cinzia ma anche dell’enologo Luca D’Attoma, abbiamo valutato il vino, anno dopo anno, partendo dal 2000, tralasciando in questo excursus solo il millesimo 2002 per il solo fatto che in azienda ne avevano poche scorte residue.

Paleo 2000 (CS 70% - CF 30%): eccellenti condizioni climatiche in primavera. Invasatura anticipata di circa 10 giorni. Estate inizialmente regolare, poi torrida da metà agosto a metà settembre. Maturazioni anticipate che hanno portato ad anticipi di vendemmia anche di dieci giorni di media. Il Paleo, in tale annata, è estremamente sapido, marino, il profilo olfattivo è rappresentato da erbe aromatiche, frutta nera, note minerali e vegetali che, come ha affermato D’Attoma, col tempo si sono stemperate.
Bocca compatta, lievemente salmastra, manca un po’ la spinta acida che non riesce ad equilibrare la verve alcolica. Le note minerali prolungano a sufficienza la persistenza.

Paleo 2001
(CF 100%): il passaggio totale al Cabernet Franc non poteva avvenire in una stagione migliore, un inverno mite, una primavera fresca ed un’estate non troppo calda hanno permesso alle uve di raggiungere una maturazione ottimale. Naso ricco di frutta nera di bosco, spezie ed erbe officinali che lo rendono estremamente deciso e dai profumi intensi. Al gusto ampiezza, complessità ed equilibrio si fondono come strumenti in una grande orchestra. Lunga la chiusura finale.

Paleo 2003
(CF 100%): autunno ed inverno molto piovosi e rigidi, primavera ed estate calde e siccitose hanno generato, come sappiamo, anticipi di maturazione e problemi i maturità fenolica delle uve. Il vino, nonostante tutto, riesce a mantenere una certa personalità e una discreta profondità olfattiva giocando su opulenti note di frutta rossa, cacao e caffè. Non avrà certo lo spessore e la lunghezza del 2001 però rappresenta sempre una ottimo risultato in una zona non proprio fresca come la costa bolgherese.

Paleo 2004
(CF 100%): non c’è nulla da fare, la 2004 a Bolgheri è stata una grandissima annata, l’andamento climatico è stato il più regolare degli ultimi venti anni e così come accaduto per il Sassicaia, anche per il Paleo siamo di fronte al miglior vino della giornata. Naso ampio e ricco di sensazioni balsamiche, minerali, c’è un cesto enorme di frutta rossa dentro il bicchiere, poi esce tutto il mediterraneo di Bolgheri e qualche effluvio di spezie nere. Al palato è ineccepibile, avvolgente, pieno, sapido, equilibrato, è un vino che possiamo aprire con sommo gaudio ora come nei prossimi dieci anni.

Paleo 2005
(CF 100%): questa annata è stata caratterizzata da un inverno abbastanza rigido, una primavera mite e un’estate con temperature fresche soprattutto in Agosto dove, a metà mese, si sono avute piogge copiose. Questa freschezza climatica la possiamo risentire anche nel vino che è meno potente dei precedenti ma sicuramente più fine, elegante, si apre con sensazioni di mora, cassis, tabacco da pipa, spezie nere e delicati effluvi vegetali. In bocca non manca certo di materia e di equilibrio, il tannino spinge meno rispetto al 2004 e questo regala una fluidità di beva non indifferente. Persistenza finale di buona qualità.

Paleo 2006
(CF 100%): andamento stagionale molto regolare, le temperature non sono state mai né troppo fredde né troppo calde, consentendo la conservazione delle risorse idriche necessarie e uno sviluppo ottimale del potenziale aromatico e produttivo. Naso ben rifinito, cristallino nelle sensazioni di frutta nera (non rossa come il precedente), rosmarino, yogurt al mirtillo, polvere di cacao. Al palato c’è molta concentrazione e meno freschezza rispetto alla 2005, si sente la tanta polpa e forse un’influenza del legno che non si era notata nelle altre annate. Da aspettare nell’evoluzione.

Paleo 2007
(CF 100%): anteprima assoluta per i presenti. Si ritorna verso una maggiore finezza, nonostante il vino sia ancora in fase di affinamento, si intravedono belle potenzialità sia aromatiche che gustative con una bocca già ottimamente equilibrata, senza eccessi né sbavature. Dopo la 2004 forse rappresenta il miglior Paleo in prospettiva. Chi vivrà vedrà!

Tutti contro l'highlander del vino. Il caso Fiat Doblò.



C’ho messo un po’ a pubblicare sto post, molti prima di me mi hanno anticipato, però volevo essere sicuro che lo spot del Fiat Doblò non faceva cagare soltanto a me. E così è stato.

Anzitutto, e lo dico da consumatore, lo spot è ridicolo e non me ne frega un emerito che sia stato diretto da Gabriele Muccino. Anzi, peggio mi sento, visto che si sarà preso fior di quattrini dalla Fiat che, invece di pagare gli operai in cassa integrazione, spende fior di euro per ste scemenze.

Lo spot, mi ripeto, è ridicolo. Guardatelo e poi vedete se facendo queste considerazioni sbaglio:

  • Lambert ormai assomiglia a Babbo Natale, non è più il figo di una volta, e con la spada ormai fa solo che ridere. Mi mette più paura topo gigio cavaliere.
  • Lambert è francese. Cavolo. Ma che a noi i francesi fanno fare la pubblicità della Renault? Ce lo vedete l’A.D. della casa automobilistica francese che chiama Verdone (che è mille volte meglio di Lambert come bravura) che promuove la Scenic facendo il coatto romano che va a prendere Carla Bruni all’Eliseo?
  • Non sono nazionalista ma….la Fiat è italiana, piemontese, Muccino è italiano, e loro che vino vanno a reclamizzare nello spot? Piedra Negra, un vino da uva Malbec. Argentino. Porca misera, e qua riprendo gli amici di Sapori del Piemonte, ma non potevate valorizzare uno dei tanti splendidi vini piemontesi mettendo come panorama le Langhe? Quelli della Leo Burnett, cioè i signori del marketing made in Fiat, sono mai stati a La Morra? Avete visto che razza di panorami che ci sono là? Altro che Mendoza….
  • Almeno, si dirà, Lambert si promuove come produttore di vino….. Sicuri? Il tanto sospirato vino Piedra Negra non lo produce Lambert ma François Lurton. Francese che ha proprietà in Argentina, Cile, Francia, Portogallo e Spagna.

Vogliamo ancora farci del male?

Ah, ecco un vecchio spot. Notare la differenza.


Giovedì 22 Aprile 2010. Podere San Lorenzo all'Antica Osteria l'Incannucciata di Roma

Luciano Ciolfi è sicuramente uno dei giovani e talentuosi produttori di Brunello di Montalcino. La sua piccola azienda, Podere San Lorenzo, sarà ospite dell'Antica Osteria l'Incannucciata in una serata dove scopriremo tutti i segreti del più importante e famoso vino italiano al quale saranno abbinate le creazioni di Dino De Bellis.

In degustazione: Rosso di Montalcino 2007 e 2008 e Brunello di Montalcino 2004 e 2005.

Menù

La trippa non c’è più (omaggio ad Arcangelo Dandini)
La vignarola a modo mio

Carrè di maialino croccante con purè di mele e mosto cotto
ù
Coda di vitello alla vaccinara su tortino di sedano rapa

TiraTisu

Costo della cena: 35 euro

Inizio della cena ore 20.30

Info e prenotazioni: 389/6726923 oppure 06/45424282

Perchè quando parliamo di guide del vino ci facciamo del male?

Dopo la presentazione ufficiale di Slow Wine durante l’ultimo Vinitaly la bomba è stata innescata e, complice il clima spesso poco amichevole tra gli esperti di vino, sia essi giornalisti o blogger, ci è voluto pochissimo per far esplodere la polemica.
Dal mio punto di vista, vecchi rancori e una certa dose di insana competizione, hanno portato Slow Food, Porthos e Gambero Rosso ad attaccarsi tra di loro in una guerra fratricida che non porta a nulla se non a convogliare forze in direzioni sbagliate non capendo che il mondo del vino ha bisogno di tutto tranne che di rivalse, risentimenti ed animosità. La lotta si svolge su più fronti.

C’è Luciano Pignataro (Slow Food) che dalla pagine del suo wine blog attacca Daniele Cernilli, deus ex machina della Guida ai Vini d’Italia, per l’editoriale apparso sulla rivista Gambero Rosso.
Un editoriale, se leggete bene, in cui si critica Carlin Petrini per alcune sue recenti prese di posizione (vedi Repubblica o la trasmissione di Fazio "Che tempo che fa"). Sarò ingenuo, ma leggendo bene non ho visto attacchi diretti alla nuova guida della chiocciolina anche se, temporalmente, l’editoriale potrebbe creare inutili dietrologie.
Ultim'ora: dai commenti che leggo sul blog noto che Pignataro e Cernilli abbiamo sotterrato l’ascia di guerra. Meglio così.

E Porthos in tutto questo? La cellula di resistenza creativa con a capo Sandro Sangiorgi, dalle colonne della sua (bella) rivista, pubblica un editoriale a firma di Gianpaolo Di Gangi, dove si critica in maniera più o meno costruttiva Slow Food accusando l’associazione di non essere così innovativa e trasparente, soprattutto per quanto riguarda la correlazione tra l’incarico di Giancarlo Gariglio e la FIVI, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, con sede in Bra (Cuneo) in Via della Mendicità Istruita 45 (pochi civici dopo la porta di Slow Food, al numero 14).
Giancarlo Gariglio, che conosco personalmente come persona competente e corretta, risponde punto su punto a tutte le perplessità, soprattutto di carattere personale, lanciate dalle Di Gangi che rilancia, a mio modo di vedere positivamente, invitando lo stesso Carlin Petrini a “parlare con loro” al fine di chiarire tutti i punti aperti (che potete leggere qua) e raggiungere assieme, finalmente, un nuovo punto di equilibrio. Speriamo l’incontro si faccia a breve.

In tutta questa “guerra delle guide” fortunatamente manca l’Espresso. Vizzari sarà come la Svizzera? Beh, chi vivrà vedrà anche se auspico, di tutto cuore, che Pignataro, Cernilli, Ziliani, Gariglio, Sangiorgi (o chi per lui) la smettano di litigare tra loro visto che noi, semplici utenti finali, abbiamo bisogno di vera cultura del vino e non di cultori della polemica del vino.

Ultimissima ora: stai a vedere che anche la Svizzera...

Le foto sono tratte dal wine blog di Luciano Pignataro

A Sud del Vinitaly c'è anche Nanni Copè e il suo "Sabbie di sopra il bosco" 2008

Per inquadrare l’azienda non posso far altro che prendere a prestito le bellissime parole del produttore stesso.

Nanni Copè nasce dalla passione viscerale per il vino di Giovanni Ascione e dall’incontro con u
na vigna straordinaria, a Castel Campagnano, nell’alto casertano. La zona è bellissima, incontaminata, con vigneti intervallati da macchie di bosco, suoli di sabbie arenatiche estremamente drenanti, pendenze che raggiungono il 25% e correnti d’aria tutti i giorni, tutto l’anno. Il massiccio del Taburno e quello del Matese sono vicini, con il mare a circa trenta chilometri ed il corso del medio Volturno che scorre non lontano.

Vigna Sopra il Bosco
ha un’estensione di due ettari e mezzo ed è collocata a circa 215 metri s.l.m., con un’esposizione prevalente a nord-ovest. L’età media delle piante
è intorno ai venti anni. Il vitigno principe è il Pallagrello Nero, tardivo, dalla buccia spessa, austero, dai tannini finissimi, in grado di dare vini dalla personalità estremamente marcata. Nei suoi filari, orientati da oriente ad occidente, si trova anche dell’Aglianico, per dare il suo contributo alla struttura ed alla spalla acida del vino; completa il quadro una piccolissima dose di Casavecchia, proveniente da vecchi ceppi ultracentenari a piede franco di proprietà, a pochi passi dalla cantina di vinificazione, nell’area di Pontelatone.

Quella per la Vigna Sopra il Bosco è una vera e propria ossessione. Le piante sono censite una ad una e l’intero vigneto è se
parato in settori, con potatura, gestione del verde, gestione della superficie e raccolta nettamente differenziati.
L’intera gestione agronomica mira a limitare al minimo possibile gli interventi, bandendo del tutto diserbanti e insetticidi. La vendemmia avviene filare per filare, a volte pianta per pianta, in base alla maturazione voluta, in un arco di tempo che va da fine settembre a metà ottobre. L’uva viene selezionata
grappolo per grappolo e vinificata in uvaggio, senza distinzione di vitigno, con masse omogenee solo per maturazione.

La vinificazione si basa sul controllo della temperatura costante, una macerazione non inferiore alle due settimane ed una fermentazione malolattica svolta in legno nuovo, in tonneau da 500 litri, dove poi il vino matura per un anno, prima di un lungo affinamento in bottiglia di circa otto mesi. Alla base di tutto, sola la ricerca della massima eleganza possibile. Nessuna surmaturazione, nessuna concentrazione eccessiva, solo l’espressione più pura di due vitigni nobili, piantati su suoli estremamente vocati alla viticoltura di qualità.

Ho incontrato Giovanni Ascione lo scorso sabato, durante il Vinitaly, era seduto un po’ in disparte perché temeva un po’ timidamente il grandissimo afflusso di gente che
solitamente c’è in feria durante il week end.
Il suo unico vino, il Sabbie di Sopra il Bosco 2008, è il vino che non ti aspetti, presenta sensazioni nette ed intense all’olfatto, correlate ad accattivanti note dolci di fiori rossi macerati, frutti di bosco, cannella, chiodi di garofano, grafite, terra vulcanica.

In bocca si conferma nitido, freschissimo, il vino circonda il palato carezzevolmente, sorretto da una struttura significativa e una trama tannica di buona qualità. Quello che colpisce è la totale assenza di qualsiasi nota vanigliata da legno nuovo. Un vino piacevolissimo che sono curioso di sentire tra qualche anno. Ah, mi sono dimenticato una cosa importante: si beve che è un piacere ed è l’unico vino che ho bevuto due volte nel giro di pochi minuti.


Vorrà dire qualcosa tutto ciò?


Le foto sono tratte dal sito dell'Ais Napoli e dal wine blog di Luciano Pignataro

Slow Wine, la nuova guida ai vini di Slow Food - Al Vinitaly svelati titolo, copertina e filosofia

Slow Wine, la nuova guida ai vini italiani di Slow Food che uscirà in ottobre, è stata presentata oggi in anteprima nazionale al Vinitaly. All’appuntamento sono stati svelati titolo, copertina, filosofia e collaboratori.

Ha aperto la serie di interventi Roberto Burdese, presidente Slow Food Italia: «Questa guida è figlia dei numerosi stimoli che continuamente ci giungono dagli amanti del vino della nostra rete associativa: l’enologia è sempre presente nel pensiero e nelle iniziative Slow Food. Voglio perciò sottolineare che questa pubblicazione è solo una parte del nostro impegno dedicato alla vitivinicoltura. Abbiamo infatti altre iniziative editoriali, i Master of Food, il sito slowine.it, ripartiranno i Presìdi del vino, il vino è protagonista in tutti gli eventi dell’associazione… La guida è un progetto che nasce con molte nuove idee e il contributo di molte nuove persone».

Marco Bolasco, direttore Slow Food Editore: «Slow Wine è anche il frutto del notevole sforzo e lavoro della nostra casa editrice, con l’impiego di risorse e intelligenze nuove e un partner importante come Giunti. A prova di questo voglio annunciare che ci saranno le edizioni in inglese e tedesco, il formato elettronico e le relative applicazioni per smartphone, e il libro avrà grafica e linguaggio innovativi. Slow Wine uscirà con una presentazione ufficiale il 20 ottobre, degna anteprima del Salone Internazionale del Gusto (21 – 25 ottobre, Torino)».

Introdotti da Gigi Piumatti, Presidente di Slow Food Editore, sono quindi intervenuti i curatori della guida.
Giancarlo Gariglio: «Era necessaria una riflessione e un sostanziale cambiamento nell’affrontare il mondo vino, un panorama molto dinamico. Secondo noi bisogna spostare l’attenzione dal mero bicchiere a tutto ciò che sta dietro, a partire dalle cantine, per avere una valutazione completa, precisa e affidabile. Slow Wine scaturisce da questo nuovo approccio, grazie al quale il vino è diventato veicolo per descrivere il territorio. Infatti la vera svolta che c’è dietro alla guida sono le 2000 visite in cantina con più di 150 collaboratori coinvolti. Un fatto unico nel panorama delle guide enologiche nazionali e possibile grazie alla rete associativa Slow Food. Abbiamo voluto conoscere le donne e gli uomini che lavorano in vigna».
«Adottando questo nuovo approccio» continua Gariglio «abbiamo voluto mettere in campo una diversa metodologia di valutazione, che si basa su tre parametri: rapporto qualità prezzo, eccellenza del prodotto e vicinanza alla filosofia Slow Food nelle pratiche dell’azienda (ecosostenibilità, legame con il territorio, valori socio-culturali quali il recupero di vitigni autoctoni o impianti tradizionali, l’appartenenza a realtà territoriali particolari quali la montagna…). Siamo così riusciti a esplicitare nella guida il vino in tutta la sua complessità, valore e peculiarità unici di questo mondo. E con i tre parametri valuteremo anche le cantine. Non utilizzeremo però punteggi, ma giudizi. Un metodo che garantisce completezza e profondità alla valutazione per conoscere gli uomini, le vigne e i vini, le tre parole chiave di Slow Wine».

L’altro curatore, Fabio Giavedoni: «Abbiamo organizzato incontri su tutto il territorio italiano per definire il format dei giudizi. Slow Wine si basa sulle visite in cantina per un rapporto diretto con i produttori. Ma non si sono abbandonate pratiche assodate. Successivamente infatti si passerà alla fase dell’assaggio, che si è svolgerà in maniera tradizionale (alla cieca). Novità e continuità accompagnano così il giudizio. Nelle schede ci saranno inoltre “carte d’idenità” delle cantine con le informazioni che i vignaioli ci hanno fornito sotto propria responsabilità, una sorta di autocertificazione, ma con la garanzia del rapporto che abbiamo instaurato con loro. Oltre ai 150 collaboratori, al panel di valutazione si è aggiunto un team di “ospiti” italiani ed esteri, costituito da giornalisti, grandi appassionati, enotecari, blogger e importanti sommelier. Segno che Slow Wine è un’opera aperta: novità, tradizione e contaminazione».

Fonte: Slow Food

Palari, Elena Fucci, Gianfranco Fino, Cantine Viola: il mio Vinitaly rotolando verso Sud

Il mio cuore, nell’unica giornata passata al Vinitaly 2010, si è fermato più volte presso lo stand di Volpe Pasini, importante produttore friulano di cui ho parlato anche qua, dove erano presenti tutti i produttori che la stessa azienda distribuisce Palari, Elena Fucci, Gianfranco Fino e Cantine Viola. Un tuffo nel profondo sud dove l’uva è solo frutto di passione e grande tradizione.

Salvatore Geraci, vestito come un gentleman inglese, ci illustra brevemente le sue due perle: il Rosso del Soprano 2007 ed il Faro Palari 2006. Qua non c’è nulla da scoprire, semmai ogni volta che li bevo riscopro il rammarico di non berli mai abbastanza questi vini, così simili e così diversi tra loro. Il Rosso del Soprano non è e non deve essere considerato il “secondo vino” di casa Palari, incanta i miei sensi con la delicatezza floreale della rosa e della viola e con una freschezza che da un siciliano verace non ti aspetti. Il Faro Palari è sempre il solito, complesso, ampio, grandioso nelle sue note di frutta rossa selvatica, tabacco, cuoio e note eteree.
La bocca è ricca, fruttata, fresca, incantevole se penso alla trama tannica finissima e alla persistenza da applausi.

Elena Fucci non è nemmeno trentenne ma ha una caparbietà ed una forza da grande veterana del vino. Da quattro generazioni la sua famiglia produce Aglianico, prima conferito ad altri produttori della zona e poi, a partire dal 2000, utilizzato per produrre in proprio l’unico vino aziendale, il cui nome, Titolo, da sempre si identifica col territorio dove sono ubicati i vigneti aziendali, collocati nella parte più alta tra i 250 ed i 600 metri della collina di Barile, nella contrada di Titolo, una delle zona più vocate all’interno dell’area DOC dell’Aglianico del Vulture. Elena, che tra l’altro è anche enologo aziendale, ci presenta l’annata 2008 del suo Aglianico, un vino di grande impatto olfattivo, minerale come il suolo vulcanico e di grande respiro fruttato e speziato. In bocca è caldo, intenso, caratterizzato da un tannino di grana pregevole e da una persistenza minerale che richiama ancora una volta il terroir di riferimento. Da oggi anche l’Aglianico è donna.

Simona e Gianfranco Fino rappresentano il sorriso della Puglia, terra di passione, terra di Es, termine col quale Freud identifica la parte del nostro Inconscio dove si ritrovano fattori ereditari, istinti, impressioni e pulsioni che soggiaciono al principio del piacere e che trovano sfogo attraverso immediate rievocazioni dell'oggetto libidico (sogni, fantasie diurne, fantasticherie). Un nome, un destino. L’ES 2008 è puro edonismo mediterraneo, è l’anima del Primitivo di Manduria disciolta nel bicchiere: marasca sotto spirito, prugna, carruba, liquirizia, terra rossa, soffi marini, sono solo una minima parte dei riconoscimenti aromatici di questo vino di territorio che, al palato, incanta soprattutto per l’equilibrio (siamo quasi a 17 gradi alcolici) e la persistenza. Come perla finale non poteva mancare un bicchiere di quel prezioso nettare chiamo Es più Sole, un primitivo dolce naturale che avevo recensito qualche tempo fa durante l’evento “Dolce Puglia”. Alle mie precedenti lodi non saprei altro che aggiungere se non che il vino, con qualche mese più di bottiglia, ha acquisito ulteriore complessità e finezza , caratteristiche che mi hanno permesso di esclamare al primo sorso la seguente frase:”E’ puro velluto rosso quello che sto deglutendo”.

Passiamo alla Calabria ed ad un grandissimo prodotto della sua terra: il Moscato Passito di Saracena. Presidio Slow Food e presente da tempo immemore presso l’enoteca pontificia, questo vino dolce è alquanto insolito perché prodotto da due mosti ottenuti con tecniche diverse. Il primo si ottiene facendo appassire le uve di moscato per 2 o 3 settimane su graticci, l’altro si ottiene invece sottoponendo a riduzione mediante riscaldamento (bollitura) il mosto ottenuto da uve di malvasia bianca, odoacra e guarnaccia, cioè uve a maturazione tardiva, riducendolo d’un terzo. I due tipi di mosti così ottenuti vengono riuniti e lasciati fermentare lentamente e naturalmente in botti di legno o acciaio (a seconda del produttore), senza aggiunta di lieviti.
Quello che ho bevuto al Vinitaly è il Moscato di Saracena 2007 delle Cantine Viola (miglior vino dolce d’Italia 2008 per il Gambero Rosso), è un nettare davvero delizioso, unico nel suo genere con un profilo aromatico giocato su note di succo di albicocca, frutta esotica, cedro, scorza di arancia, resina, erbe aromatiche, mandorla amara. Al palato è denso, intenso, grasso e di persistenza infinita.
Ottimo il suo rapporto qualità/prezzo: con 30 euro circa lo portiamo a casa con grande goduria.

Ad avercene di artigiani del vino così!

Vinitaly 2010, alle ore 17.00 di ieri

Ore 17.00, padiglione del Lazio. Una voce lontana ma solenne annuncia la vittoria della Roma sull’Atalanta, pochi millesimi di secondo dopo si sente un boato degno della curva Sud.
Tutto viene riportato allo stato primordiale, produttori biologici e amici del pesticida, tradizionalisti e barricaderi, rossisti e bianchisti si abbracciano commossi, in delirio per il primato della loro squadra del cuore.
Tutto è azzerato, tutti solo per un attimo sono tornati amici, fratelli, vignaioli con una grande fede: l’A.S. Roma.
Inizia la festa, a Roma suonano i clacson, al padiglione del Lazio la radio intona Grazie Roma di Antonello Venditti.

P.S.: mercoledì, lo giuro, scrivo qualcosa di più sensato sul vino.