Il Domaine Tempier, grazie al grande lavoro di Lucien e sua moglie, ha acquisito negli anni '50 due cru di grande importanza qualitativa: la vigna Tourtine e la vigna Migoua. La seconda, localizzata a Beausset-Vieux, si estende per circa 6 ettari e mezzo ed è piantata principalmente a Mourvèdre, sebbene ci siano anche impianti di Cinsalut e Grenache. Il cru Tourtine, invece, localizzato a Le Castellet, è una vigna di 7 ettari piantata in proporzioni simili alla precedente. Dalla questa vigna il Domaine produce due splendide cuvée: La Tourtine, appunto, composta da un 50% di Mourvèdre e il restante formato da Granache, Cinsault e Carignan, e Le Cabassaou (95% di Mourvèdre). Quest'ultima cuvée, che si traduce in scarpata, è prodotta da un solo ettaro di vigneto a Mourvèdre è posto nella parte bassa e ripida del vigneto. L'altra cuvée da singolo cru è la Migoua, formata da un 50 percento di Mourvèdre, 40 percento di Cinsault e una piccola percentuale di Grenache e Carignan. La cuvée classique, invece, è il frutto dell'assemblaggio di diverse uve proveniente da diversi parcelle del Domaine.
Visita al Domaine Tempier - prima parte
Il Domaine Tempier, grazie al grande lavoro di Lucien e sua moglie, ha acquisito negli anni '50 due cru di grande importanza qualitativa: la vigna Tourtine e la vigna Migoua. La seconda, localizzata a Beausset-Vieux, si estende per circa 6 ettari e mezzo ed è piantata principalmente a Mourvèdre, sebbene ci siano anche impianti di Cinsalut e Grenache. Il cru Tourtine, invece, localizzato a Le Castellet, è una vigna di 7 ettari piantata in proporzioni simili alla precedente. Dalla questa vigna il Domaine produce due splendide cuvée: La Tourtine, appunto, composta da un 50% di Mourvèdre e il restante formato da Granache, Cinsault e Carignan, e Le Cabassaou (95% di Mourvèdre). Quest'ultima cuvée, che si traduce in scarpata, è prodotta da un solo ettaro di vigneto a Mourvèdre è posto nella parte bassa e ripida del vigneto. L'altra cuvée da singolo cru è la Migoua, formata da un 50 percento di Mourvèdre, 40 percento di Cinsault e una piccola percentuale di Grenache e Carignan. La cuvée classique, invece, è il frutto dell'assemblaggio di diverse uve proveniente da diversi parcelle del Domaine.
Visita al Domaine de Terrebrune
Camminando sulle orme del padre, nel 1980, anno di produzione della prima bottiglia, Reynal Delille prende in mano le redini dell’azienda dopo aver portato a termine gli studi di enologia. Durante la sua guida l’azienda continua la sua crescita qualitativa sempre rispettando la tradizione enologia del Bandol. Oggi l’azienda si estende per circa 30 ettari, di cui 27 dedicati alla produzione di vini AOC, e vanta una produzione media annua di 1000 ettolitri.
Il Domaine Terrebrune è situato in una zona climatica strategica in quanto è localizzato alle pendici del massiccio calcareo Gros Creveau vantando anche una stupenda vista sul golfo di Bandol: questa fa si che il Domaine benefici durante l'anno di un perfetto microclima dovuto all'influenza dei venti (soprattutto il mistral) che soffiano, anche violentemente in estate, portando aria fresca e asciutta, quindi favorevole al buon mantenimento dell'uva, Mourvèdre in particolare, che come dice proprio il nome del Domaine poggiano su un terreno marrone scuro di età antichissima.
Il Domaine Terrebrune rispetta moltissimo l’ambiente in quanto sono vietati pesticidi ed insetticidi, è permesso il solo uso di zolfo o solfato di rame. A giugno viene praticata la potatura verde che permette di raggiungere l’obiettivo di qualità di un grappolo per ogni tralcio (produzione di 35/38 ettolitri per ettaro). Vendemmia totalmente manuale al fine di preservare al massimo l’uva. A tal fine ogni singolo cru viene vendemmiato singolarmente e ciò fa si che la raccolta, che teoricamente si potrebbe fare in 12 giorni, termine quasi sempre in 30. Durante la vinificazione, le uve subiscono una pressatura soffice e la fermentazione del mosto avviene a temperatura controllata. La maturazione, per i rossi, avviene in botti da 50/60 ettolitri per 18 mesi: tale periodo permette al vino di stabilizzarsi e di chiarificarsi naturalmente. Una volta imbottigliato, il vino dovrà affinarsi per un ulteriore anno all’interno delle buie cantine aziendali.
Durante la mia visita all’azienda, effettuata grazie ad una gentile e bionda signora, ho degustato una batteria di splendidi vini:
Bandol Terrebrune 2006 bianco: da uve 40% Clairette, 35% Ugni Blanc, 15% Bourboulenc, 5% Rolle and 5% Marsanne, è un vino che al naso esprime sensazioni di frutta esotica e fiori bianchi ma, soprattutto, una mineralità soprendente. Un bianco che svolge la malolattica e che a detta della nostra interlocutrice è molto territoriale.
Bandol Terrebrune 2004 rosso: da un 85% di uva Mourvèdre con il restante di Grenache e Cinsault, questo vino presenta al naso sentori di frutti rossi di rovo, ciliegia, tabacco e liquerizia. Giovane in bocca visto l’elevata tannicità, presenta un finale lungo e fruttato giocato su sentori di prugna matura e mora. Gran bel vino che potrà dare il meglio tra qualche anno…
Bandol Terrebrune 1998 rosso: contrariamente M precedente il vino ha un 80% di Mourvèdre, e presenta al naso sentori molto più complessi che vanno dalla prugna secca al mallo di noce, dal tabacco per pipa all’humus, dalla grafite al foxy. Bocca estremamente elegante ed equilibrata con un tannino che si fa ora setoso e carezzevole. Grande persistenza finale per un vino da applausi.
Bandol Terrebrune 1987 rosso: la mia sorpresa in questo caso, oltre al vino, è legata all’estrema gentilezza della nostra interlocutrice che apre al pubblico bottiglie così importanti e preziose. Magari lo facessero le altre aziende, italiane incluse! Vino sublime prodotto con solo il 60% di Mourvèdre. Naso caleidoscopico:sottobosco, fungo porcino, humus, tabacco e torrefazione si intrecciano uno nell’altro creando un impatto olfattivo di grande eleganza. Raffinato il tannino e, nonostante i venti anni, il vino presenta ancora un’acidità che promette ancora lunga vita. Chapeau!
Bandol Terrebrune 2007 rosè: 50% Mourvèdre e il resto diviso equamente tra Granache e Cinsault, presenta all’olfattiva note di pompelmo rosa, ciliegia acerba, mandarino, susina e burro. Vino dotato inoltre di una spiccata mineralità data dal terreno calcareo-argilloso di epoca preistorica. Vino che costa circa 14 euro e che, per questo, rappresenta un prodotto dall’elevato rapporto qualità/prezzo.
Bandol Terrebrune 1994 rosè: mi avevano detto che Bandol era terra di grandi rosati da invecchiamento e questo 1994 me ne ha dato la prova. Naso splendido giocato su note di miele, cera d’api, frutta secca e cannella. Bocca di un equilibrio strepitoso. Finale lungo e persistente giocato su note di miele e uva passita. Grande sorpresa per uno dei rosati a più alta longevità della Francia (e non solo….)
BANDOL: UNA TERRA DI GRANDI VINI
La storia più recenti invece ci dimostra che i vini di questa zona erano molto famosi a corte già nel XVI secolo e furono molto apprezzati da Luigi XV che era solito ordinare del vino proveniente dall’area di Rouve, un territorio compreso nel comune BEAUSSET.
Col passare dei secoli continua a crescere la fama dei vigneti e dei vini del Bandol anche se tutto questo, come la storia ci insegna, ebbe una tremenda e netta frenata quando le devastazioni di oidio nel 1868 e la phylloxèra nel 1870 devastarono e distrussero tutti i vigneti francesi. Rovinati completamente, la maggior parte dei viticoltori capitolò per l'immenso costo della ricostruzione dei vigneti, la cui redditività era resa ancora più incerta con l'avvento della ferrovia che sconvolse il mercato dei vini francesi. Un piccolo gruppi di intrepidi coloni, tuttavia, ebbe l'ardire di reimpiantare in quelle aree così depresse Cinsault, Grenache e soprattutto Mourvedre, l'uva tradizionale della regione. I vigneti ricrebbero lentamente e nuove generazioni di viticoltori, attraverso la formazioni di un sindacato, optarono all’unanimità verso una produzione di qualità. I loro sforzi vennero premiati nel 1941 quando ai vini del Bandol fu riconosciuto il titolo di Appellation d'Origine Contrôlée, una delle prime in Francia concesso per decreto.
Bandol è un'area vinicola relativamente piccola - appena 1480 ettari – e si estende su 8 comuni: Bandol, Le Bausset, Le Castellet, La Cadière d'Azur, Saint Cyr sur mer, Sainte Anne d'Evenos, Sanary e Ollioules.
Protetto dagli sbalzi termici data dalla vicinanza del Mediterraneo, il vigneto gode di 3000 ore di sole all’anno e il Mistral aiuta a mantenere un clima perfettamente sano anche dopo le abbondanti precitazioni. Il suolo anch’esso è importante per la qualità dei vini: nell’area troviamo un terreno arido di tipo marno-calcareo-arenoso che conferisce al vino grande struttura e complessità.
A Bandol si producono sostanzialmente due tipologie di vino: rosè giovani e freschi (anche se non mancano esempi di rosati da invecchiamento come vedremo quando parlerò del Domaine de Terrebrune) e rossi di grande complessità e struttura da conservare in cantina per anni. I vini bianchi, da uve Clairette, Bourboulenc e Ugni blanc, rappresentano una sparuta minoranza in quanto rappresentano solo il 5% della produzione totale.
L'uva principale utilizzata per la produzione dei vini di Bandol, sia rosati sia rossi, è il Mourvèdre, che in questa area si esprime ottimamente soprattutto grazie alle base rese (circa 30hl/ha). I vini rossi di Bandol prevedono almeno il 50% di Mourvèdre, mentre la restante parte può essere costituita da Grenache e Cinsault. E’ammessa la possibilità di utilizzare come vitigni secondari anche Syrah, Carignan, Tibouren, e Calitor per un limite massimo del 20%. Le stesse uve sono utilizzate anche per la produzione dei vini rosati. Il disciplinare prevede per i rossi almeno 18 mesi di invecchiamento in botte mentre i rosati e i bianchi possono essere ammessi alla vendita già a partire dall’anno successivo.
Mega gaffe di Wine Spectator
Per il menu l'Intrepido propone una selezione dei migliori piatti della tradizione italiana, riletti in chiave contemporanea e con l'aggiunta di dettagli alla moda. Si va dal culatello di Zibello al fois gras con brioche e miele di castagna, dall'uovo in raviolo al risotto con pancetta croccante, per concludere con il raffinato soufflé di parmigiano reggiano. E, nel rispetto delle consuetudini dei ristoranti più glamour, i prezzi sono naturalmente alti. Ma è soprattutto nella carta dei vini che Goldstein dà il suo meglio, inventando una selezione ad hoc di rossi italiani scelti tra i peggiori vini segnalati proprio da Wine Spectator. Così a suon di bottiglie di Amarone del 1998, definito "not clean", di un "aggresive" Barolo, di un "wrong" Cabernet Sauvignon, e di tanti altri vini giudicati mediocri, una finta osteria, con un finto menu, si aggiudica l'Award of Excellence del Wine Spectator. L'assegnazione del premio viene formalizzata con la pubblicazione sul numero di agosto della rivista cartacea e subito dopo l'Intrepido viene inserito nel database del sito. Ma da qui scompare il 15 agosto, data nella quale Robin Goldstein presenta l'eccezionale risultato della suo "grande bluff" al consueto meeting dell'America Association of Wine Economists tenutosi a Portland. "Naturalmente è preoccupante che un ristorante inesistente possa vincere un premio di eccellenza - ha commentato Goldstein - ma è ancora più preoccupante che il premio non sembri affatto legato alla qualità delle liste vini dei presunti ristoranti". Ancor più grave poi che, nonostante i vini inseriti nella carta de l'Intrepido fossero stati giudicati totalmente mediocri dallo stesso Wine Spectator, il premio sia stato ugualmente assegnato. Insomma sembra proprio che il business del vino sia molto più interessante della qualità del nettare, soprattutto per un colosso del settore come Wine Spectator che da questo giro di assegnazione premi sembra incassare qualcosa come 700 mila dollari annui.
Tornato........!!
Percorsi Di Vino va in vacanza....
Il Vinsanto Toscano: un mito mondiale. Terza parte: la realizzazione
Il Vinsanto Toscano: un mito mondiale. Seconda parte: l'appassimento
Il Vinsanto Toscano: un mito mondiale - prima parte
In realtà il termine deriva quasi sicuramente dal fatto che veniva usato per la messa, visto che il vino normale, tenuto all'aria aperta, si ossidava velocemente e diveniva imbevibile.
CALICI ALLE STELLE 2008: BRINDIAMO ALLA NOTTE DI SAN LORENZO
Al Bioparco del Giardino Zoologico di Villa Borghese tanti gli appuntamenti messi in programma da Movimento Turismo del Vino Lazio e Città del vino per la manifestazione. A partire dalle ore 21.00, si apre l’imperdibile due-giorni con banchi d’assaggio e degustazioni di vino, spettacoli e musica dal vivo per la gioia dei tanti turisti che affolleranno la capitale per le vacanze estive.
I visitatori potranno essere anche accompagnati dagli esperti astrofili dell’Associazione Astrofili di Roma in un viaggio alla scoperta della volta celeste, grazie a potenti telescopi posizionati nel parco.
Nella notte delle stelle cadenti, saranno molti gli enoturisti che, in visita alla città eterna, non vorranno perdere l’occasione di una serata romantica, con gli occhi al cielo a contare le scie luminose, assaporando aromi e profumi di un buon bicchiere di vino. Per chi, invece, si appresta a vivere Calici di Stelle fuori città, due imperdibili appuntamenti in provincia di Latina. Prima che faccia notte, la romantica luce del tramonto sul lago di Fogliano, e il verde rigoglioso dei filari faranno da sfondo ad un ricco buffet nella Cantina Ganci (Borgo Isonzo), con i prodotti genuini della fattoria, e la passione della cucina siciliana. Il tutto accompagnato naturalmente dai vini dell’ azienda. Poi tutti sul prato con gli occhi “all’insù” per gustare lo spettacolo del cielo d’agosto.
Gli astrofili dell'Associazione Tuscolana di Astronomia, esperti conoscitori del cielo, accompagneranno gli ospiti in una fantastica passeggiata attraverso le stelle, le galassie e le costellazioni più belle e interessanti del cielo estivo, per passare insieme una serata indimenticabile.
Presso l’azienda I Pampini (Acciarella) sarà, invece, proposto su prenotazione un buffet vario e gustoso accompagnato a calici di vino; alzando gli occhi, attratti dalla bellezza della volta celeste, si potranno vedere quelle lontane scie luminose e in un momento così suggestivo esprimere un desiderio…Per maggiori informazioni: Movimento Turismo del Vino Lazio:Tel. 06 8604694
Vino e Finanza: Avignonesi diventa di proprietà belga
Non so a voi, forse sarà troppo campanilista, ma che una società belga acquisti una impresa italiana fa un pò rabbia. Possibile che, tra le mille aziende italiane che vengono acquisite da capitale straniero, non riusciamo a mantenere sotto il tricolore nemmeno Avignonesi, vanto dell'enologia italiana?
Grattamacco 1999: ancora magie da Bolgheri.....
Un tuffo nel Mediterraneo con lo Scrio 2004 Le Macchiole
Lo Scrio è un bellissimo Syrah in purezza, la cui prima annata risale ormai al 1994, che con l'annata 2004, secondo me, ha raggiunto l'apice della sua fase qualitativa. E' un vino Mediterraneo, dove eleganza e potenza sembrano aver raggiunto un perfetto equilibrio. Se provate a chiudere gli occhi e a mettere il naso nel bicchiere, vi sembrerà di essere in mezzo ad un campo di erbe aromatiche dove timo, alloro, eucalipto, rosmarino, ginepro, sembrano fondersi una unica carezza aromatica. Bellissima anche la nota fruttata e la speziatura tipica del syrah. In bocca il vino ha grande struttura ed equilibrio, con un tannino dolcemente integrato e ben supportato dall'acidità tipica del syrah. Finale di grande persistenza e balsamicità. Da berne a secchi abbinato a salumi di cinta senese......
Gianni Masciarelli e il suo Montepulciano Villa Gemma...
Credo che chiunque si sia chiesto almeno una volta "Chi me lo fa fare?". Io trovo la risposta nel destino della mia famiglia, nell'amore che porto alla mia terra e nelle soddisfazioni che ricevo dal mio lavoro.
Gianni Masciarelli
Ornellaia 2005: festeggiamo davvero il ventennale della Tenuta dell' Ornellaia?
L'Ornellaia è vino simbolo dell’azienda, nato nel 1985 e risultato di un’attenta selezione di Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc. Il prezioso rosso è affinato in barriques di rovere francese per un periodo di 18 mesi, con affinamento in bottiglia per 12 mesi. L’annata 1998 è stata consacrata dal Wine Spectator “Miglior Vino al Mondo” e l’annata 2001 ha ricevuto i massimi riconoscimenti delle principali guide enologiche italiane e internazionali.
Sagrantino Passito 2003 Scacciadiavoli: un sorso "dolce" di Umbria
- colore: rosso rubino carico talvolta con riflessi violacei e tendenti al granato con l’invecchiamento;
- odore: delicato caratteristico che ricorda quello delle more di rovo;
- sapore: abboccato, armonico, gradevole;
- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 14,5%;-
- residuo zuccherino minimo: 30 gr.;
- acidità totale minima: 5 per mille;
- estratto secco netto minimo: 30 per mille.
Soave La Rocca 2000 Pieropan: piccoli appunti di degustazione
E' stato il dottor Leonildo Pieropan a fondarla nel 1890 . I figli, Fausto e Gustavo, hanno continuato l'opera con infinita passione, ma è stato il nipote, di cui porta il nome, che con l'entusiasmo dei suoi giovani anni ha rivoluzionato l'azienda.
Leonildo e Teresita Pieropan la conducono con la passione e la competenza dei veri vignaioli amanti del loro mestiere e sono universalmente considerati gli interpreti migliori della loro zona, Soave, tra le più vocate d'Italia. Il legame con il territorio soavese, il rispetto delle tradizioni e della cultura del luogo sono tutt'uno con la storia della famiglia Pieropan e anche la ragione profonda che anima tutte le attività aziendali. Così come l'idea della centralità del vigneto che Leonildo concepisce di fondamentale importanza per raggiungere il vertice qualitativo dei prodotti. Ecco allora l'acquisizione, nel corso del tempo, di prestigiosi cru di collina, tra cui Pigno, Palestrello, La Santa, e l'aumento di superficie dei fondi di famiglia Calvarino e La Rocca, gli innovativi sistemi di coltura , la ricerca e la salvaguardia dei vitigni in via di estinzione, la valorizzazione ostinata della garganega, le potature corte, il diradamento, l'utilizzo convinto delle concimazioni esclusivamente organiche.
A ciò si accompagnano i caratteristici spazi per l'appassimento dell'uva per il vino Recioto ed una cantina che è un piccolo grande gioiello: moderna ed assieme sintesi felice della sapienza delle passate generazioni. Concreto simbolo di questo amore per il passato è la sede dell'Azienda PIEROPAN, l'antico Palazzo Pullici, perfettamente ristrutturato, la cui origine risale addirittura al 1460 e che ha ospitato fra le sue mura uno scrittore e poeta quale Ippolito Nievo, negli anni della sua infanzia. Il Soave La Rocca proviene dall'omonimo vigneto che si trova a ridosso del Castello Scaligero di Soave, dalla cui Rocca appunto prende il nome. Il terreno è di origine “eocenica”, ricco di microelementi con struttura calcarea, in parte argillosa. Il vino è prodotto esclusivamente con garganega raccolta in fase di surmaturazione per ottenere maggior volume estrattivo e fatto maturare per un anno in botti di legno di rovere.
STILTON E PORTO: ABBINAMENTO VINCENTE
L'abbinamento tradizionale dello Stilton è con il Porto, binomio che la storia ci insegna è stato posto in essere più per necessità che per golosità. Non essendoci infatti, in passato, la possibilità di conservarlo al meglio per lungo tempo, gli insetti proliferavano al fondo dei contenitori di porcellana in cui veniva tenuto. Il Porto, in questo ambito, veniva versato periodicamente per annegare le simpatiche bestiole e, in generale, per preservarlo da agenti patogeni. Qualcuno poi ha scoperto che dava anche molto gusto al formaggio. Il modo più caratteristico oggi di degustare Stilton e Porto è prendere una forma di Stilton, togliere la crosta e scavare un buco a forma conica per 3/4 della profondità, versare il Porto e lasciare macerare per qualche giorno sino a completo assorbimento del vino da parte del formaggio. Da consumare con crostini caldi e un bel bicchiere dello stesso Porto versato nello Stilton.
Quale Porto utilizzerei? Un Porto Vintage 1997 di Quinta do Tedo dai bei profumi di rosa canina, frutta secca, prugna, chiodi di garofano, cioccolato e tabacco da pipa. Grande vino per un grande formaggio.