Piccoli Appunti dal Vinitaly. Ore 12.00. Allo stand dell'indimenticato Gianni Masciarelli

Allo stand dell’indimenticabile Gianni Masciarelli siamo quasi di casa, infatti dopo aver organizzato la verticale di Montepulciano Villa Gemma in occasione del lutto che ha colpito tutta l’enologia italiana, con Marina Cvetic e Rocco Cipollone (responsabile vendite Italia) è nata una simpatica amicizia fatta di stima reciproca. Difficile dimenticare il loro invito al Castello di Semivicoli dove, con altri amici del Gambero Rosso, siamo stati trattati da veri e propri ospiti d’onore.

Il bellissimo stand della Masciarelli è stracolmo ma, nonostante ciò, Rocco ci trova uno spazio, un tavolino solo per noi che subito viene riempito di piatti stracolmi di pane, olio e buonissimi salumi e formaggi abruzzesi. L’ospitalità di queste persone è commovente, questa è l’accoglienza dell’Abruzzo, Terra ora deturpata dal terremoto ma che, contando su queste persone, non può non risollevarsi in fretta.

Tutti insieme decidiamo di non degustare i vini aziendali (Villa Gemma in testa) perché, oltre a conoscerli molto bene, siamo curiosi di provare la gamma dei vini che Masciarelli seleziona e distribuisce in tutta Italia.

Abruzzo, Piemonte, Borgogna e Mosella sono i territori dove si cercano piccole grandi perle enologiche da poter importare/distribuire nel nostro Paese. Rocco Cipollone ci fa degustare veramente tanta roba, Riesling e Pinot Nero vengono versati nei nostri bicchieri con cadenza estremamente serrata perché la gamma di prodotti è estremamente ampia e noi abbiamo poco tempo e, soprattutto, vogliamo lasciar spazio anche ad altri ospiti che aspettano in piedi.

Tra i vari vini degustati, interessanti sono stati i Riesling “targati” Weingut St.Urbans-Hof.

La cantina, il cui nome si ispira al santo protettore del vino, è stata fondata nel 1947 da Nicolaus Weiss, calzolaio con la passione del vino, a Leiwen, piccolo paese sul fiume Mosella. Oggi la cantina dispone di 35 ettari di vigneto ed è condotta da Nik Weiss che, dopo essere cresciuto nell’azienda, cura ogni suo aspetto, dalla coltivazione del vigneto fino all’imbottigliamento del vino. St.Urbans-Hof produce grande Riesling, uva che Nik coltiva in modo tale da catturare il terroir individuale della proprietà attraverso la coltivazione intensiva del terreno, il posizionamento preciso dei germogli, la potatura verde, le basse rese per ettaro, la raccolta a mano selettiva attraverso l’ausilio di vecchi cesti chiamati “hotten”, la vinificazione attraverso lieviti indigeni e la maturazione nella tipiche grandi botti di legno.

Tra i vari riesling 2008 che Rocco e Marina ci hanno fatto provare, ho trovato il St. Urban-Hof QbA abbastanza elegante, fresco e fruttato e con quel pizzico di residuo zuccherino che lo rende morbido e un po’ “piacione”.

L’Ockfener Bockstein Riesling Kabinett 2008, da uno dei migliori vigneti della valle della Saar, è una delizia al naso con un minerale che si fonde con sensazioni floreali di fiori di sambuco e frutta esotica. Bellissima l’acidità. Un riesling di grade beva.

Il Piesporter Goldtröpfchen Riesling Kabinett 2008, da uno dei migliori cru aziendali, è un riesling più impegnativo di quelli precedenti, si percepisce anche al naso che nel bicchiere c’è più profondità e struttura. Naso vagamente vegetale che si combina con note di ribes bianco, uva spina e pompelmo, scorza di arancia e litchi. In bocca è sapido e fresco e con soli 7,5% di alcol rappresenta un vino che potremmo bere in un attimo durante una fresca sera di estate.

L’ultimo riesling è la versione Auslese del precedente vino. Frutto di uve parzialmente colpite da botrite, presenta un naso più “maturo” dove si possono cogliere le note di nocciola, mela cotogna e miele. Al palato è naturalmente denso, pieno, anche se non manca di eleganza e freschezza. Finale di grande persistenza dove tornano le note di frutta gialla matura, quasi in confettura. Da bere da qui all’eternità.

Piccoli Appunti dal Vinitaly. Ore 11.30. Andiamo in Friuli da Borgo del Tiglio

L’avevo letto, me lo avevano confidato, Nicola Manferrari, dietro i suoi baffoni neri, nasconde un animo schivo, non è fatto per le pubbliche relazioni, ti guarda, ti studia e cerca di rispondere con uno sguardo e io, piccolo wine blogger in erba, riesco solo in quel momento a capire se ho carpito o meno la sua attenzione.

Inizialmente al suo stand ci accolgono con freddezza, ci studiano per vedere se sei un altro di quelli che “scroccano” da bere senza nessun ritegno e rispetto per ciò che c’è dentro il bicchiere. Purtroppo al Vinitaly ce n’è tanta di gente così.

Chiedo di poter provare i loro vini bianchi.

Il gentile ragazzo dietro il bancone inizia con un gesto che penso abbia fatto mille volte in quei giorni: prende il bianco “base” dell’azienda e lo versa con fare quasi automatico, impersonale.

Il Milleuve Bianco 2007, costituito da un blend di cinque uve diverse, viene “creato” con il vino che avanza dopo che questo è stato utilizzato per dare vita alle bottiglie principali. Fresco e sapido, il Milleuve presenta una beva estremamente accattivante. Servitelo fresco e sarà il vostro aperitivo.Facciamo qualche domanda tecnica, ci presentiamo e, soprattutto, presentiamo il Percorsi di Vino ed Enoclub Roma. Dall’altra parte capiscono che forse abbiamo voglia di comprendere veramente, che siamo da loro perché ci interessa veramente Borgo del Tiglio e non perché hanno “er bianco bono”.Altra bottiglia, stavolta spunta il Collio Tocai Friuliano 2007, dai profumi di pera matura, susina gialla, agrumi, biancospino e dalla sapida vena minerale. In bocca tornano le note olfattive, media persistenza. Sono curioso di provarlo con qualche anno sulle spalle.Ormai abbiamo spezzato il ghiaccio, anche Nicola Manferrari ogni tanto viene da noi e con un sorriso approva la degustazione che seguirà: una piccola grande verticale di Collio Chardonnay. Borgo del Tiglio ne produce due tipologie: quelle con l’etichetta chiara (proposte in verticale) sono gli Chardonnay versione “base” mentre l’etichetta scura sta a significare la versione riserva.L’annata 2007 si presenta di un bel giallo dorato scarico e, sorpresa delle sorprese, nonostante la fermentazione e l’affinamento in barrique, non appare un vinone standardizzato dagli aromi di burro, vaniglia, etc. Nicola Manferrari ama la Borgogna e il suo Chardonnay ne segue i passi, elegante e complesso nei sentori di ….Lo Chardonnay 2002 è un’altra delizia al palato con il suo complesso bouquet dove giocano sensazioni di biancospino, tiglio, agrumi, pesca noce, mela cotogna, pera matura, nocciola. Al palato è carezzevole, elegante, con un tensione acido-sapida di discreta levatura nonostante l’età. Chissà alla cieca con qualche Borgogna….

La sorpresa maggiore riguarda lo Chardonnay 1995, grande regalo del produttore al quale, ora, cominciamo addirittura a stare simpatici. Con questo millesimo siamo all’apice delle “goduria” enologica per questa mattina: oro antico, al naso mostra tutta la complessità e l’eleganza che può fornire una giusta ossidazione: terra bagnata, fungo porcino, miele di castagno, cotognata, spezie orientali, crosta di pane, frutta secca tostata. In bocca nonostante un’acidità che stenta a decollare rimane un vino ampio, equilibrato, persistente e dal finale dove si percepisce chiaramente il miele di castagno e la frutta secca. Bella maturità.Proseguiamo la carrellata con due ultimi bianchi, altra piccolissima verticale di Studio di Bianco, che ci fanno degustare nelle annate 2007 e 1999. Il vino, come dice la parola stessa, rappresenta il frutto di vari studi/esperimenti che da anni Nicola Manferrari sta portando avanti sul Tocai Friulano, Sauvignon Blanc, Riesling, sulle loro possibili combinazioni e la loro evoluzione in legno.Il 2007 presenta complessi richiami di arancia candita, pompelmo rosa, frutta tropicale, sambuco e spezie dolci. Bocca sapida, fresca, piena, lo Studio di Bianco lo trovo un vino estremamente equilibrato, dotato di una morbidezza che è ben supportata dalla vena fresco-sapida. Ottima la persistenza.Per quanto riguarda il 1999, ho ritrovato nei miei appunti delle note di degustazione del Maestro. Nulla risulta più esplicativo di quanto scritto da Veronelli nel 2001: “ogni volta che assaggio i vini di Borgo del Tiglio si sovrappongono gioia per il vino in sè e gioia per il ricordo noumenico della bellezza senza uguali della sua osteria in Brazzano di Cormons... un amore puro, solo esaltato dallo studio e dal progetto”.

E su Blog Cafè anche Il Giornale la pensa come me...

Meno male che, sulle polemiche scaturite dopo le nomination di Blog Cafè, non sono il solo a pensare che dovremmo essere tutti uniti senza creare caste di wine blogger.
In tale ambito particolarmente piacere mi ha fatto l'articolo pubblicato su Il Giornale di Domenica 12 Aprile 2009.

Questo il testo integrale: Tra le cento iniziative che animeranno il prossimo Squisito all’interno della Comunità di San Patrignano, dal 1° al 4 maggio, info squisito.org, una premia chi fa informazione golosa in internet. È la terza edizione del Blog Café e, come le precedenti, è accompagnata da polemiche perché c’è sempre chi fatica ad afferrare il lato gioioso delle cose. Tre categorie (miglior blog sul vino, migliore su ristoranti e dintorni golosi, migliore in assoluto) e tutti liberi di inserire i blog preferiti, cosa che ha sconvolto alcune certezze della parrocchia web perché è difficile controllare oltre seimila votanti. Ora il gioco è alla seconda tornata, tutti chiamati a scegliere tra le nomination. I risultati a inizio maggio a Squisito. Chi volesse votare sappia che a livello cibo sono in corsa I Piaceri della Vita; Mediterraneo in Cucina (Marcello Valentino) e Una Finestra di Fronte; per il vino Divino Scrivere, Percorsi di Vino e VinoGlocal; mentre per il Blog dei Blog ecco Andrea Graziano...food & co., Cuciniamo insieme ad Andrea e Maidireristorante.


Piccoli Appunti dal Vinitaly. Ore 11.00. Marisa Cuomo e i vini estremi

Lo stand di Marisa Cuomo è uno dei più affollati della Regione Campania, ormai le Cantine Gran Furor Divina Costiera da tempo rappresentano una delle punte di diamante dell’enologia campana e non solo. La cosa che mi colpisce di più del loro spazio al Vinitaly sono le foto che ritraggono i vigneti, davvero splendidi e a picco sul mare, e la cantina, scavata interamente nella roccia che dona, naturalmente, freschezza e umidità alle barriques di rovere francese utilizzate per produrre il loro vino. Ci facciamo largo tra la folla, dopo una breve attesa finalmente tocca a noi. Ci accoglie un elegante ragazzo a cui chiediamo di poter degustare solo i vini bianchi dell’azienda. Detto, fatto!
Arriva il Ravello Bianco 2008, un “base” da uve Falangina (60%) e Biancolella (40%) che ci ammalia da subito per la sua freschezza legata a sensazioni di frutta a polpa bianca, specialmente pesca nettarina e melone invernale, agrumi mediterranei e fiori di campo. In bocca il vino è puro territorio in quanto troviamo la sapidità del mare e la bella vena acida che solo le uve coltivate in altura possono avere. Chiude di media lunghezza su ritorni agrumati.
Il secondo vino bianco che gentilmente ci offrono è il Furore Bianco 2008, fratello minore del Fiorduva, che mi sorprende non poco per il suo carattere per nulla prostrato al più blasonato vino aziendale. Qua i colori rispetto al precedente sono più intensi, vividi, e mettendo il naso nel bicchiere non possiamo non tornare con la mente al paesaggio naturale della Costeria Amalfitana: sentori di cedro, arancia e mandarino si fondono su eleganti tocchi di susina gialla, pesca, ginestra, erbe aromatiche e un lieve minerale. In bocca tutto è equilibrato, di grande intensità e persistenza. Un vino di grande beva e con un rapporto q/p estremamente interessante.
Il Fiurduva 2007, la vera star aziendale, prodotto da uve Fenile (30%), Ginestra (30%) e Ripoli (40%), è un vino che Marisa Cuomo chiama estremo. I Vini estremi sono vini eroici, figli della fatica, del sudore, della laboriosità dell'uomo e il Fiorduva, vino proveniente da vigne sdraiate sulle rocce a picco sul mare, rappresenta davvero un vino estremamente difficile da produrre, frutto di una selezione maniacale delle uve che sono raccolte surmature in maniera del tutto manuale (e non vedo come fare altrimenti vista la pendenza del vigneto). Al naso il vino mantiene tutte le promesse con una complessità molto marcata: frutta tropicale, albicocca disidratata, agrumi canditi, fiori di arancio, camomilla, miele di fiori di arancia, fiori gialli essiccati e un tocco di spezie dolci donate dal sapiente uso del legno. In bocca il Fiorduva è denso, con un bilanciamento tra morbidezza e acidità che lascia il palato vellutato e al tempo stesso equilibrato. Vino dalla grande persistenza e dalla bella chiusura sapida.
L’unico neo, secondo me, è che il Fiorduva rappresenta un altro di quei vini “muscolari” che trovo difficile da abbinare a tavola, meglio il Furore Bianco che, nella sua elegante snellezza, rimane il miglior assaggio dei bianchi di Marisa Cuomo.

Al wine blogger non piace il premio Blog Cafè?

Sto notando su qualche sito internet che si è scatenata una vera e propria campagna mediatica per spalare un pò di m....a sul premio Squisito Blog Cafè. Le motivazioni? Secondo loro i finalisti non meriterebbero il premio che gli verrà assegnato.

Posso anche essere d'accordo su questo, ci sono blog fatti veramente bene e oggettivamente migliori del mio però, se vogliamo entrare nello specifico, vanno fatti degli opportuni distinguo.

Bisogna evitare di confondere un blog amatoriale fatto da una persona che, come me, fa tutt'altro nella vita, da un blog scritto e diretto da veri professionisti del settore. E' chiaro che un wine blog scritto da Vizzari e Ziliani non potrebbero mai essere confrontati con Percorsi di Vino. E' come se il Corriere della Sera fosse paragonato al quotidiano di quartiere.

La cosa che mi amareggia di più è il corporativismo che vedo nel mondo di internet e, più specificatamente, nel mondo dei blogger/comunicatori di vino. Se non sei loro amico, se non fai parte della loro cerchia, se per loro sei un misero sconosciuto, allora non vali nulla e rischi di essere anche sbeffeggiato.

La cosa che trovo più brutta? In un concorso dove tutti partono alla pari e con le stesse regole, chi non è entrato in nomination ha scritto (a posteriori) che il concorso è tutto da cambiare, che le regole fanno schifo, etc etc.E se invece le cose fossero andate diversamente? Avrebbero detto e scritto quelle cose?

Addirittura c'è qualcuno che sta cercando di creare un concorso parallelo perchè DEVONO vincere certi blog, altrimenti il loro ego come potrebbe sopportare che Davide ha vinto contro Golia?

Finisco dicendo che a me non piace essere il primo della classe, non mi ci sento, l'unica cosa che vorrei trasparisse è che Percorsi di Vino è fatto col cuore. Tutto qua.

Percorsi di Vino augura a tutti i suoi lettori

BUONA PASQUA


Piccoli Appunti dal Vinitaly. Ore 10.30. Cantine Lonardo e il suo Grecomusc' 2007

Ho deciso di destinare la mia mattinata al Vinitaly cercando di bere solo vini bianchi, ricercando però solo quelli che non presentano caratteristiche di banalità e standardizzazione. Abbastanza scontato, con tali premesse e visto che ero in Campania, passare a trovare un altro vero vignaiolo di questa bella Regione: Sandro Lonardo di Contrade di Taurasi.
Questa piccola azienda agricola a conduzione familiare di 5 ettari, produce un solo vino bianco da uve grecomusc' (che non è un clone del greco), provenienti da vigneti a piede franco di età media di oltre 70 anni sparsi nel territorio di Taurasi e che Sandro Lonardo, nel corso degli anni, ha contribuito a salvare dall'oblio e dall'estinzione.
Le uve, vinificate con leggera macerazione sulle bucce, vengono fermentate solo con lieviti autoctoni. In seguito il vino viene affinato in tonneau di 5 ettolitri per circa quattro mesi. Al secondo travaso il vino rimane in acciaio per circa due mesi prima di essere filtrato ed imbottigliato
Per me che ho degustato il Grecomusc' molte volte, anche in verticale, l'assaggio fatto al Vinitaly non è stata una vera e propria novità anche se ho potuto constatare che questo vino, col passare del tempo, migliora sempre più andando a levigare le asperità di gioventù ed acquisendo maggiore complessità.
Il vino, che nella precedente degustazione ad Eat-alia si presentava un pò monocorde, ora si apre con un ventaglio olfattivo molto interessante dove le note di frutta gialla matura, agrumi, erbe aromatiche e fiori di campo si susseguono all'interno del bicchiere in splendida armonia. Bocca equilibrata, fresca, intensa e sapida. Persistenza da vendere. Che dire? Qualche mese di bottiglia gli ha fatto sicuramente bene ed ora, credetemi, è un bel vino che solo il futuro ci dirà quanto sarà grande.

Piccoli Appunti dal Vinitaly. Ore 10.00. Ciro Picariello e il suo Fiano di Avellino

Inizio il mio tour per il Vinitaly dal padiglione della Campania, scelta oculatamente effettuata perché si vuole dedicare la mattinata alla degustazione dei bianchi. Non abbiamo una meta precisa, si gira tra i vari stand ancora semivuoti finchè non passiamo avanti a quello di Ciro Picariello. Del Fiano di Avellino, dell’ottimo Fiano da degustare. Il box aziendale è molto piccolo, di quelli standard, c’è la signora Rita, la moglie, che si occupa di fare le pubbliche relazioni mentre Ciro, il vignaiolo, se ne sta in disparte dietro le quinte, forse non gli piace apparire, fosse per lui starebbe a controllare la sua vigna con le mani sporche di terra. Qua tutto è composto, non ci sono lustrini, cotillons e zone privè con tanto di cordone a separare l’ospite grato dai rompiscatole. Qua c’è solo una cosa protagonista: il Fiano e la passione che ci si mette per produrlo. L’azienda agricola è ubicata a Summonte, in provincia di Avellino, e si estende su una superficie di sette ha di cui 5 coltivati a Fiano di Avellino, e 2 coltivati ad Aglianico, Sciascinoso e Piedirosso. I vigneti si trovano in alta collina, tra i 500 e i 650 metri di altezza, con esposizione sud/sud-est, condizioni tutte che determinano un microclima caratterizzato da forti escursioni termiche (estati molto calde seguite da inverni abbastanza rigidi) la cui influenza è solo positiva per il grappolo d’uva che in tal modo giunge a maturazione tardiva ma completa (fine ottobre per il Fiano ed inizi novembre per l’Aglianico) e ad un bellissimo sviluppo di sostanze aromatiche. Raccontiamo ai signori Picariello del nostro interesse per la loro azienda, del blog e dell’articolo che faremo sulle nostre degustazioni al termine del Vinitaly. La signora Rita, dal canto suo, ci parla della loro passione per la vigna ed il vino ed è estremamente orgogliosa quando ci dice che il loro Fiano 2006 è stato candidato al premio come migliore rapporto qualità/prezzo dall’Ais/Bibenda. E parlando parlando ci tira fuori l’ultima annata del loro bianco, un 2007 molto interessante e che, inizialmente, rispecchia il carattere del produttore. Schivo e un po’ sfuggente nei primi minuti, col passare del tempo si apre e vengono fuori tutte le caratteristiche del grande Fiano di Summonte: grande carica di frutta gialla croccante, agrumi, fiori di campo e una bella nota minerale. In bocca la corrispondenza al naso è ottima e la vena acida tende ad equilibrare in maniera quasi perfetta la struttura e l’alcol del vino. Di grande beva oggi anche se darà il meglio di sé tra qualche anno quando la maggiore complessità fornirà anche una ricercata eleganza. I signori Picariello ormai ha preso confidenza con noi e ci aprono altre due chicche: il Fiano 2006 e il Fiano 2004, prima grande splendida annata. Il primo, candidato come detto come miglior vino dal rapporto q/p, al naso si differenzia dal millesimo 2007 per una maggiore carica di erbe aromatiche e di sentori minerali (molto bella per me la nota di roccia bianca) che rendono il complessivo quadro olfattivo molto più elegante e misurato. In bocca il vino, rispetto al fratello più piccolo, è meno acido anche se lo trovo più ampio e persistente. Tornano vivide le note minerali nel finale. Il Fiano di Avellino 2004 di Picariello è una vera sorpresa, altro grande esempio di come i vini bianchi italiani, se fatti come Bacco comanda, possano dare ottimi risultati. Il naso di questo millesimo ci fa presagire che berremo un vino abbastanza morbido e complesso, privo di ogni asperità di gioventù. Tornano sia al naso che in bocca le caratteristiche del Fiano di Picariello: ci sono gli agrumi, le erbe aromatiche e i toni minerali anche se ora è tutto più maturo e avvolgente. Quel vino imbottigliato un po’ per gioco è cresciuto ed ha superato l’esame di maturità. Ora è diventato davvero grande.

Mobilitiamo il mondo del vino in favore degli amici abruzzesi

Questa settimana, invece di comprarci una bottiglia di vino, usiamo quei soldi per una buona azione. Aiutiamo i nostri amici dell'Abruzzo con una donazione alla Croce Rossa Italiana.

Per effettuare donazioni alla CRI si posso utilizzare i seguenti sistemi:

Conto Corrente Bancario n° 218020 presso: Banca Nazionale del Lavoro-Filiale di Roma Bissolati
Tesoreria - Via San Nicola da Tolentino 67 – Roma intestato a Croce Rossa Italiana Via Toscana, 12 - 00187 Roma.
Coordinate bancarie (codice IBAN) relative sono: IT66 - C010 0503 3820 0000 0218020 Causale: PRO TERREMOTO ABRUZZO
Conto Corrente Postale n. 300004 intestato a: "Croce Rossa Italiana, via Toscana 12 - 00187 Roma c/c postale n° 300004 Codice IBAN: IT24 - X076 0103 2000 0000 0300 004 Causale: Causale PRO TERREMOTO ABRUZZO

Donazioni on line: È anche possibile effettuare dei versamenti online attraverso il sito web della CRI all' indirizzo:http://www.cri.it/donazioni

Volevo parlare del Vinitaly....

ma le ultime notizie dall'Abruzzo mi hanno molto turbato per cui prima di scrivere due righe su come è andata al Vinitaly vorrei dedicare un pensiero a questa bellissima Regione e ai suoi abitanti. Ho tanti amici in Abruzzo, alcuni di questi sono produttori, e il mio abbraccio in questo momento va a tutte le persone che stanno soffrendo perchè hanno perso una persona cara oppure la casa. Posso solo lontanamente immaginare l'angoscia che stanno provando in queste ore. Non so cosa succederà ora al padiglione Abruzzo del Vinitaly, non penso e non credo che i presenti abbiano voglia di bere e brindare con tutti gli appassionati che giustamente visitano i loro stand.
A tutti voi la solidarietà mia e di Percorsi di Vino.


Tornando al futile, io e Stefania siamo rientrati solo ieri notte da Verona e non abbiamo avuto tempo di buttar giù nemmeno una riga sulla nostra presenza al Vinitaly, sulle tante emozioni provate per un vino bevuto o solo per una stretta di mano.
Queste ultime righe le vorrei dedicare proprio a loro, a tutte le persone speciali che ho incontrato durante la mia tappa veronese, uomini e donne che mi hanno lasciato un segno nell'anima, a volte per la loro competenza e professionalità, a volte per il loro calore umano, a volte per la loro umiltà da vignaioli che, per me, rappresenta la massima virtù per chi produce vino.


Ed è per tutto questo che fin da ora ringrazio:

  • Luciano di Podere San Lorenzo per la sua passione e generosità, caratteristiche tutte che ritrovo nel suo Brunello 2004;
  • Ciro Picariello perchè dietro la sua modestia si nasconde un grandissimo Fiano:
  • Contrade di Taurasi perchè il suo Grescomusc' lo trovo sempre più interessante ed espressivo;
  • Marisa Cuomo perchè, nonostante tutte le difficoltà del caso, riesce a creare dei fantastici vini estremi;
  • Paolo Ghislandi di Cascina I Carpini perchè è un amico e il suo Rugiada del Mattino lo berrei anche a colazione;
  • Borgo del Tiglio perchè il suo Chardonnay 1995 è stata pura emozione;
  • Antica Casa Vinicola Garofoli perchè il suo Serra Fiorese rappresenta l'anima del Verdicchio delle Marche;
  • Marina Cvetic, Rocco Cipollone e tutto lo staff della Masciarelli perchè, oltre a fare grandi vini di territorio, sono persone dal cuore grande come una casa. A voi tutto il mio pensiero in questo momento delicato.
  • Anselmo Guerrieri Gonzaga perchè pur incontrandolo per la prima volta mi sembrava di conoscerlo da sempre;
  • Davide Canina di "Terra dei Vini" perchè è un altro "pazzo" come me;
  • Tutto lo staff dell'azienda piemontese Erede di Chiappone Armando perchè il suo Barbera d'Asti Superiore Nizza "Ru" abbinato al salame è pura goduria;
  • Maurizio Fava per avermi fatto conoscere Oscar Bosio dell'azienda vitivinicola La Bruciata. Con loro si può davvero entrare nel mondo del moscato a 360°;
  • Anton Maria Coletti Conti e Giuseppe Mottura perchè, oltre ad essere degli amici, rappresentano il Lazio dal punto di vista qualitativo. Avanti così ragazzi.
  • Cosimo Errede e tutto il suo staff perchè ci vuole davvero passione e tanta tenacia per stare 5 giorni al Vinitaly :-)) Sei er mejo!!
  • Riccardo dell'azienda agricola Le Ragnaie di Montalcino perchè fa del gran Sangiovese pur avendo la moglie americana.....
A presto con gli appunti del Vinitaly 2009!

Tra i primi tre blog di vino!!

Grazie a voi, all'interno del concorso indetto da Squisito!, sono risultato tra i tre migliori blog di vino. Siamo ora alla volata finale. Un solo mese per decidere chi sarà il vincitore.
Votatemi ancora e faremo una grande festa.

Grazie a tutti!!

Al Vinitaly 2009 ricchi premi e cotillons!

Castello Banfi è stato premiato recentemente col Premio Internazionale Vinitaly. Il riconoscimento, nato nel 1996, vuole premiare l'impegno di chi, imprenditore, giornalista, azienda, si è particolarmente distinto a livello internazionale in favore del settore vitivinicolo.

Massima espressione dell'imprenditorialità legata all'agricoltura, e da sempre votata all'eccellenza, cresciuta in oltre venti anni sotto l'egida dell'alta qualità, la Castello Banfi ha vinto il Premio Internazionale Vinitaly "perché rappresenta oggi uno dei principali ambasciatori del made in Italy nel mondo. Forza trainante del "modello Montalcino", indissolubilmente legata al territorio che emerge con intensità ad ogni sorso dei suoi vini, la Castello Banfi è riuscita a coltivare l'innovazione tecnologica, con un'ottica di produzione e di tutela dell'ambiente, senza dimenticare mai l'importanza della tradizione".

Se queste motivazioni fossero lette da Mr. Bean forse sarebbero più credibili. Ma come si fa a dire che Banfi rappresenta tutto ciò che è scritto in neretto??? Vi prego ditemi che non è vero e che ho letto un pesce d'Aprile!!

Gli Antichi Vinai dell'Etna alla corte dell'AIS di Roma

Lo scorso venerdì sera l'Ais di Roma ha organizzato l'ennesima grande degustazione di vino, stavolta presentando i prodotti distribuiti da Carreri dal 1462, storica famiglia che già nel XV secolo iniziò la coltivazione delle viti ed il commercio del vino. Tante le etichette e i prodotti a disposizione, dalla Birra allo Champagne, dal Vino ai Distillati e al Caffè. Ponendo chiaramente attenzione al reparto enologico, i vini che mi hanno destato un certo interesse sono stati il sempre ottimo Brunello di Montalcino 2004 di Podere San Lorenzo ed il Koinè 2004 di Antichi Vinai.
Tralasciando di descrivere le emozioni del Brunello di Podere San Lorenzo, dettagliate in un precedente post sulla recente Anteprima 2009, la vera scoperta di questo evento romano è sicuramente stata l'azienda siciliana Antichi Vinai che, da quattro generazioni, è condotta magistralmente dalla famiglia Gangemi che incentra tutta la filosofia aziendale sulla valorizzazione dei vitigni autoctoni siciliani, soprattutto dell'Etna.
Il Koinè 2004 è un vino del vulcano, un vino ottenuto da uve Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio nate sui terreni vulcanici e sabbiosi delle pendici dell'Etna ed allevate ad alberello. Sono terreni difficili quelli dell'Etna, con una bassissima resa al vigneto, ma che creano un'altissima concentrazione di gusto e personalità delle uve. I grappoli sono raccolti a mano al momento della maturazione tardiva, per esprimere il massimo della struttura e gradazione. Il Koinè viene vinificato con pigiatura soffice e macerazione con bucce, per poi affinarsi in piccole botti di rovere e in bottiglia per almeno un anno.
Di un bel rubino intenso, il Koinè presenta un quadro olfattivo di bella eleganza dopo ci sono belle pennellate di fragola di bosco, ribes, corbezzolo, liquirizia, cacao in polvere e un bel tocco di mineralità che rende ben percettibile il terroir. In bocca forse il vino perde qualcosa perchè, a fronte di un un bell'equilibio generale, forse manca un pò di carattere ed ampiezza, piccoli peccati di gioventù che comunque non creano alcun problema alla piacevolezza e alla grande bevibilità di questo vino.
Resta comunque un gran bel vino che, pur non toccando ancora non tocca le vette qualitative del Calderara Sottana 2004 di Tenuta delle Terre Nere, si propone comunque come una valida alternativa.

Al Vinitaly verrà presentata l'etichetta parlante: voce d'oltretomba o vera novità?

Forse i tradizionalisti preferiranno continuare a farselo descrivere da forbiti sommelier, ma da oggi basta avvicinare una semplice penna elettronica all’etichetta della bottiglia per ascoltare la voce del produttore e scoprire ogni notizia e curiosità sul vino che avete davanti, nonché sulla casa vinicola che lo ha prodotto. L’Ecocoder, a dispetto del nome un po’ astruso, è un’etichetta all’apparenza identica a tutte le altre che grazie ad un semplice lettore a forma di penna – in grado di contenere fino a cento ore di registrazione di dati – decodifica la carta e il particolare inchiostro. Il debutto avverrà al Vinitaly, il Salone internazionale dedicato al mondo dell’enologia, in programma a Verona dal 2 al 6 aprile.A creare la nuova etichetta un’azienda di Castelfranco di Sotto (Pisa) in collaborazione con l’ingegnere svizzero Florentin Doering, mentre la prima bottiglia a sperimentarne in anteprima mondiale le potenzialità sarà “Palazzo della Torre”, un vino ottenuto da un particolare procedimento di vinificazione. La cosa curiosa è che la nuova etichetta “parlante” non è tanto diversa da una normale etichetta standard, in quanto l’applicazione del sistema è mirato esclusivamente ad una particolare spalmatura dell’inchiostro. Il lettore ha la forma di una penna poco ingombrante, viene fornito insieme al vino ed è in grado di interagire e decodificare la carta e l’inchiostro tramite un sofisticato scanner rifrattometro, per poi accedere alla sua memory card.«Questo progetto nasce non solo come uno strumento di marketing – spiega Daniele Barontini, titolare dell’azienda che ha lanciato la nuova tecnologia – ma anche come sofisticato sistema di antifalsificazione, in quanto in esso è contenuto una sorta di “codice genetico”, assolutamente invisibile ad occhio nudo, che può essere applicato non solo al vino bensì a qualsiasi prodotto che necessita di pubblicità innovativa e sicurezza».Di certo, la nuova etichetta permetterà anche ai profani di conoscere qualcosa in più del vino scelto, interagendo in maniera “emozionale” con la bottiglia e ascoltando la voce stessa del produttore, che potrà spiegare tutte quelle cose che non potrebbe mai fare un’etichetta tradizionale, ma potrebbe anche essere l’invenzione decisiva per difendere i prodotti del Made in Italy dalle falsificazioni sempre più frequenti sui mercati esteri (fonte: ifgonline)

Questo dice il comunicato stampa. Non vorrei dare giudizi affrettati però mi viene da pensare una cosa: non è che alla fine l'etichetta parlante ci darà la preziosissima informazione che il vino rosso va con la carne e il bianco col pesce?

Il Vin Santo 1999 di Villa Sant'Anna. Puro edonismo!

E' molto semplice parlare di Vin Santo toscano e riferirsi immediatamente all'eccellenza rappresentata dall'Occhio di Pernice Avignonesi. Meno facile, però, e forse più interessante, è parlare del Vin Santo di Villa Sant'Anna 1999, degustato durante una serata AIS a Roma, che per poco non mi faceva traballare dalla sedia per la sua carica emozionale.
Villa Sant'Anna è un'azienda toscana tutta al femminile dove la titolare, Simona Ruggeri Fabroni, nel nome di una secolare tradizione di famiglia continua a produrre vino aiutata dalle sue valenti figlie Anna e Margherita. Si è formato così un team di donne che con amore e competenza si dedicano costantemente al perfezionamento dei loro vini, impiantando nuovi vigneti ad alta densità per ettaro, rinnovando tempestivamente botti e barriques, riservando la massima diligenza alla cura delle centenarie cantine sotterranee della proprietà dove tutti i vini vengono invecchiati ed affinati a temperatura naturale.
Villa Sant'Anna produce tutti vini di territorio, dal Chianti dei Colli Senesi al Rosso di Montepulciano, dal Vino Nobile di Montepulciano (interessante mi dicono sia il Poldo) al Vin Santo che cercherò di descrivere in queste poche note.
Le migliori uve dell'azienda (40% Trebbiano, 40% Malvasia, 20% vitigno autoctono detto "Pulce in culo") vengono accuratamente selezionate e poi appassite naturalmente su stuoie in ambienti aerati; vengono quindi lavorate fino al raggiungimento della giusta maturazione zuccherina (normalmente a fine marzo dell'anno successivo). Il mosto fiore messo e sigillato con ceralacca in piccoli caratelli di una capacità massima di 80 litri, a contatto della madre, compie una lentissima fermentazione ed un affinamento che a Villa Sant'Anna viene protratto almeno per sette anni.
E nasce così il Vin Santo 1999, denso, viscoso e dal colore molto simile all'aceto balsamico. Al naso il vino esprime tutta la sua complessità e la sua finezza: tamarindo, giuggiole, uva sultanina, fico secco al forno, mallo di noce, nocciola, sono tutti i ricordi olfattivi che il Vin Santo ci trasmette grazie al lungo affinamento e alla maestria e l'amore con cui è stato vinificato ed...aspettato.
Al palato non si può notare il grande estratto e l'estremo equilibrio del vino che, sebbene abbia 16,5 gradi alcolici, scorre nella nostra gola senza alcun problema.
Vino certamente da meditazione da bere magari insieme ad un sigaro toscano. Puro edonismo!

Il crollo dei prezzi dei vini francesi. Fine della bolla speculativa?

Interessante l'articolo pubblicato ieri dall'Ansa a firma di Luana de Micco.

Anche i vini francesi, i grandi "crus", sono vittime della crisi economica che in Francia ha già messo ko il settore immobiliare. Ed il mercato crolla: è successo all'annata più prestigiosa degli ultimi tempi, quella del 2005. Un "premier cru" di Bordeaux che si vendeva a più di 1.000 euro la bottiglia fino allo scorso luglio, sul mercato londinese oggi non costa più di 500 euro. Insomma, dopo l'esplosione delle "bolle" immobiliare e speculativa in Francia, ora tocca anche a quella del vino. Naturalmente si parla dei vini che meritano la definizione di grandi "crus", prodotti straordinari e in alcuni casi unici, sia per provenienza (hanno questa denominazione concessa ufficialmente soltanto alcuni vigneti di qualità superiore), sia per annata. Si tratta di etichette mitiche come Cheval-Blanc, Palmer, Yquem, Haut-Brion, Ducru-Beaucaillou: tutti prodotti che si quotano come in Borsa e i cui prezzi seguono spesso la curva del Dow Jones newyorkese. Bottiglie di Mouton e di Latour 2008 quindi a 100 euro ad esemplare quest'anno? Non è impossibile. Gli esperti parlano di "crollo epocale" con prezzi in calo del 20%-30% per i "cru" medi (venduti intorno ai 10-20 euro alla bottiglia) e fino al 40-50% per i più noti "chateaux". Calo che sembra destinato a durare. Qualche esempio. In sei mesi la quotazione di uno Chateau-Lafite-Rothschild è passata da 1.200 euro a 600. La Revue du vin de France registrava di recente uno chateau Sociando-Mallet 2006, uno dei più grandi Haut-Medoc, a 25 euro. Sono i grandi vini che dettano le tendenze, spiegano ancora gli esperti."Se gli altri chateaux vogliono vendere, tutti dovranno abbassare il prezzo" osserva su Le Journal du Dimanche Francois Leveque, presidente del Sindacato dei broker di Bordeaux. Questo vuol dire innanzi tutto grandi affari per gli amanti del buon vino che possono approfittare del crack. E' quanto succede sul sito di riferimento 1855.com dove, dalla mezzanotte di ieri, è scattata l'operazione "Bordeaux CAC 40" con una trentina di etichette 2006 vendute a prezzi promozionali: una bottiglia di La Dame de Montrose di Saint-Estephe è venduta a 14,95 euro invece di 21,50 mentre un Senejac del 2006 (un Haut-Medoc) a 8,95 euro invece di 15,55.

E gli italiani? Come al solito qua si aumentano i prezzi, basti pensare a quanto verrà venduto il Masseto 2006...

A me il Vino Nobile di Montepulciano.....

...proprio non riesce ad entusiasmarmi. Complice una serata all'AIS di Roma ho potuto degustare gran parte della nuova produzione di Nobile di Montepulciano presentata dal Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano. Tanti i banchi di assaggio, tanti i nomi presenti, da Avignonesi a Tenuta Valdipiatta, da Poliziano a Dei, tantissimi i vini in degustazione così come le annate ma, a parte qualche rara eccezione, pochissimo entusiasmo nei confronti di ciò che si poteva bere. Motivo? Vini troppo spesso marcati dal legno (soprattutto quelli appena usciti in commercio) oppure vini che, nonostante qualche anno sulle spalle, erano ancora squilibrati e caratterizzati da un tannino tutt'altro che elegante. Questo, tra l'altro, non è stato solo un mio giudizio che, chiaramente, potrebbe avere il tempo che trova, ma è stata l'espressione di molte persone presenti in sala (tra cui qualche sommelier di servizio) le quali giudicavano in maniera tutt'altro che entusiasta il Nobile di Montepulciano che avevano appena bevuto e...giudicato.
Tra molte ombre, comunque, qualcosa di buono c'era: Tenuta Valdipiatta ha presentato un vino molto interessante, il Vino Nobile di Montepulciano Vigna d'Alfiero 2005. Dal più importante "cru" aziendale, che prende il nome da Alfiero Carpini, primo cantiniere della tenuta, che nel 1968 piantò in questa vigna il Sangiovese Grosso, nasce questo vino che, durante la serata all'AIS di Roma, è sicuramente quello che mi ha impressionato di più con il suo quadro olfattivo composto da ciliegia, lampone, fragolina, cassis, spezie dolci e un delicatissimo floreale. Finalmente non si sente il legno o, meglio, non è così "terribile" il suo impatto col naso. Bocca molto carnosa, intensa, equilbrata con un finale molto vellutato e persistente.
Non c'è da strapparsi i capelli però è una bottiglia che comprerei. Salute!

Bibenda Day 2009, ma quanto ci costi?

Girovagando sul sito di Bibenda che cosa ho trovato? Ebbene sì, il conto della serva relativo all'organizzazione dell'ultimo Bibenda day. E cosa ho scoperto? Che l'Ais e Franco Ricci ci sono "andati sotto" di oltre centomila euro.
Ora mi chiedo: a quale fine pubblicare per la prima volta il rendiconto dell'evento? L'AIS è sempre andato in perdita oppure negli anni passati non è stato così? Perchè, sapendo di perderci, si è organizzato un evento così maestoso? La risposta potremmo trovarla nel fatto che l'AIS è una associazione culturale? Oppure nella stretta relazione tra AIS e Bibenda? Tante domande ma...qualcuno saprà rispondere?

I vini

Franciacorta Brut Sigillo Teatro alla Scala 2000 / Bellavista Omaggio del Produttore
Trento Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 1993 / Ferrari
euro 2.434,62
Champagne Brut L. d’Harbonville 1996 / Ployez-Jacquemart Euro 3.071,52
Champagne Brut Fuste Rosé Clos des Goisses 2000 / Philipponnat
Euro 7.776,00
Champagne Grand Cru Blanc de Noirs Brut Contraste / Jacques Selosse
Euro 3.024,00
Gavi dei Gavi 1989 / La Scolca Omaggio del Produttore
Vallée d’Aoste Frissonnière Cuvée Bois 2002 / Les Crêtes Omaggio del Produttore
Trebbiano d’Abruzzo 1996 / Valentini
Omaggio del Produttore
Ermitage Blanc Ex-Voto 2005 / Guigal
Euro 2.548,80
Riesling Auslese Wehlener Sonnenuhr 1994 / Joh. Jos. Prüm
Euro 1.505,52
Montrachet Grand Cru 2004 / Domaine Bouchard Père & Fils
Euro 6.300,00
Cabernet Sauvignon Regaleali 1988 / Tasca d’Almerita Omaggio del Produttore
Barbaresco Asili Riserva 1996 / Bruno Giacosa Euro 4.320,00
Barolo Sperss 1988 / Gaja Euro 5.400,00
Torgiano Rosso Rubesco Riserva Vigna Monticchio 1977 / Lungarotti Euro 4.368,00
Chianti Classico Riserva 1971 / Castell’in Villa Euro 2.066,40
Château Angélus 2005 / Château Angélus Euro 11.249,28
Château La Mission Haut-Brion 2001 / Château La Mission Haut-Brion Euro 3.701,38
CdP Hommage a Jacques Perrin 2004 / Château de Beaucastel
Euro 6.604,42
Ribera del Duero Unico 1987 / Bodegas Vega Sicilia Euro 6.868,80
Beaune 1959 / Leroy Euro 22.464,00
Vin de Costance 2001 / Klein Constantia
Euro 1.360,38
Riesling Beerenauslese Erdener Treppchen 2006 / Dr. Loosen Euro 5.166,98
Acininobili 1993 / Maculan Euro 2.203,20

Costo Totale dei Vini Euro 102.433,30

La sala e l’organizzazione

L'affitto del Salone dei Cavalieri Euro 14.000,00
La scenografia, le luci e il suono
Euro 25.200,00
Dépliant informativi e spedizione Euro 15.000,00
Il lavoro dei Sommelier e degli allestitori. È escluso il lavoro dei collaboratori della Sede
Euro 10.310,00

Totale Euro 64.510,00

Il Posto a tavola

Quaderno di degustazione
Euro 2.000,00
Agenda
Euro 4.000,00
La penna
Euro 200,00
Grana Padano Euro 1.820,00
Pane Euro 500,00
Le tre bottiglie di acqua minerale
Euro 1.050,00

Totale Euro 9.570,00

Riepilogo

Totale delle uscite Euro 176.513,30
Ingresso partecipanti (Costo 180 Euro a persona)
Euro 72.000,00
Contributo a carico AIS
Euro 104.513,30

Pertanto, l’Associazione Italiana Sommelier Roma, a favore dei suoi Soci, ha contribuito con Euro 104.513,30 alla realizzazione dell’evento

Una bella realtà del casentino: Poggiotondo

Ormai penso che sia una sorta di “virus”, nel mondo del vino conosco molti dirigenti d’azienda, notai, medici che, stufi dello stress lavorativo e della vita cittadina sono, per così dire, ritornati alle loro origini contadine e alle loro vere e reali passioni: la vigna ed il vino. Uno di questi è sicuramente Lorenzo Massart, un avvocato vignaiolo o, meglio, un vignaiolo con la passione del diritto che nel Casentino, nei pressi di Subbiano, con l’aiuto di sua moglie Cinzia Chiarion (medico con la passione dell’olivicoltura), ha dato nuovo sviluppo all’azienda agricola di famiglia, chiamata Poggiotondo, dove produce sia del buon vino sia dell’ottimo olio.
Nei quattro ettari vitati dell’azienda, gestiti sapientemente dall’agronomo Augusto Zarkis, ci sono solo vitigni autoctoni, sangiovese, trebbiano, canaiolo e malvasia bianca allevati tutti a cordone speronato per un progetto di filosofia qualitativa dove la vigna è il punto cardine e dove il vino deve risultare pura espressione di territorio, senza condizionamenti legati a mode passeggere o altro.
Con il prezioso aiuto dell’enologo Claudio Sala, Lorenzo Massart produce due vini rossi, il Poggiotondo, un IGT molto interessante a base di sangiovese e canaiolo che, nel pieno rispetto della tradizione casentinese, non conosce barrique e Le Rancole, un Chianti Docg prodotto solo nelle annate favorevoli.
Il Poggiotondo 2005, durante una degustazione tenuta con altri amici sommelier, si è rivelato un vino molto timido, ritroso, che sicuramente non ci ha concesso di apprezzare tutto il suo potenziale aromatico che, nel corso di tre ore di degustazione, non si è discostato molto da una timido accenno di ciliegia e frutta di rovo. In bocca migliora le sue prestazioni con un buon equilibrio anche se rimane sfuggente, soprattutto il corpo e la persistenza meriterebbero una marcia in più. Sicuramente una bottiglia “sfortunata” perché di questo vino me ne parlano molto bene.
Altra storia con il suo “fratello maggiore”, Le Rancole 2005, prodotto con uve Sangiovese all’80% e Canaiolo al 20%, la cui maturazione in legno e l’affinamento in bottiglia 12 mesi prima della commercializzazione contribuiscono a dar vita ad un vino di diverso spessore rispetto al precendente. Interessante il naso segnato da note di confettura di ciliegia, fragolina, lampone con eleganti contrappunti floreali di viola. Unica pecca? Forse c’è ancora della vaniglia da assorbire. L’ingresso in bocca è deciso e grintoso, si espande bene al palato, con buon carattere ed equilibrio, mettendo in mostra una frutta rossa matura ed arrivando ad un finale di bella persistenza e aromaticità.


P.S.: se passate per Poggiotondo dovete assolutamente vedere gli asini sardi di Lorenzo Massart

Lucio Dalla vs Sting: piccoli vignaioli canterini crescono!

Sting si prepara a lanciare sul mercato internazionale, principalmente in Gran Bretagna e Stati Uniti, il suo vino rosso, il cui nome è ancora da scegliere, prodotto nella tenuta toscana 'Il Palagio', una collina di trecento ettari tra Chianti e il Valdarno, dove l'ex Police vive e lavora con la moglie Trudie e i loro sei figli. L'annuncio dello stesso musicista in un convegno sull'agricoltura biologica tenutosi martedì scorso a Figline Valdarno ha fatto rapidamente il giro del mondo ed ha destato molta curiosità sia in America che il Inghilterra, dove anche la Bbc se n'è occupata. Sono circa 30.000 le prime bottiglie che verranno commercializzate a settembre: si tratta di un rosso prodotto con uve di Sangiovese e un tocco di Cabernet e Merlot, che riposa da due anni in barrique. Una parte dovrebbe diventare Chianti docg e un'altra Igt Toscana.
«Non per lucro, ma per gioco e per amore» produce invece vino Lucio Dalla, dalle vigne intorno alla sua casa di Milo, nel Catanese, «qualche migliaio di litri, sia bianco sia rosso, destinati alla mia tavola, al consumo sulla barca e soprattutto agli amici. Vedo che piace molto ai miei ospiti, risponde ai miei gusti e questo già mi basta». Perfettamente in linea con tale “filosofia” la scelta del nome, tutt’altro che commerciale: “Stronzetto dell’Etna”. «Mi dicono che quello bianco sia di qualità veramente eccellente e perciò ho deciso di spiantare gradualmente il rosso ed uniformare la produzione su quella che gli esperti definiscono qualità superiore» sostiene l’artista bolognese che sull’etichetta, disegnata dal suo amico Mondino, compare vestito da derviscio.
Ma Sting e Lucio Dalla non sono da soli in questa sfida musical-etilica. Da tempo, infatti, anche Al Bano, Bruno Lauzi, Ron, Mick Hucknall dei Simply Red e Gianna Nannini producono diverse bottiglie di prezioso nettare.
Per moda o per vera passione le nostre enoteche di fiducia col tempo saranno invase di vini "musicali" che, a questo punto, ci auguriamo possiamo scegliere di acquistare così come accade nei negozi di dischi: invece che un pre-ascolto in cuffia, una pre-degustazione non sarebbe male....

Fonte: Adnkronos, Il giornale

Una splendida serata in compagnia di Martino Manetti e Arcangelo Dandini

Arcangelo Dandini e Martino Manetti, ovvero uno dei migliori chef italiani e titolare del ristorante “L’Arcangelo” di Roma, ed uno dei “grandi” del vino italiano, papà del “Pergole Torte”, mitico IGT toscano. Grandissima gastronomia e grandissimi vini insieme per una cena che da tempo sognavo e che si è finalmente realizzata, con la compagnia di Stefania ed altri amici del forum GR, qualche venerdì fa a Roma. Il menù, creato ad hoc, dallo chef non poteva essere meglio: “stuzzichino” a base di polenta cacio e pepe (la farina proviene da una antichissima pannocchia italica chiamata “ottofile”) a cui è seguito un “Viaggio a Rocca Priora”, antipasto della memoria di Arcangelo Dandini a base di frittata di ramolacce, ricotta scottona e panunto. Sapori semplici, del territorio, ormai quasi persi per noi che abitiamo in città, a cui abbiamo abbinato l’M di Montevertine 1999, bianco non più in produzione, realizzato solo nelle migliori annate con uva Trebbiano al 50% e Malvasia al 50% e che effettua un affinamento in botti di rovere di Slavonia per un periodo di circa 24 mesi ed in bottiglia per circa 12 mesi. E’ un vero peccato che la ’99 sia l’ultima annata di questo grande bianco (sono stati estirpati nel 2000 i vitigni da cui era prodotto) perché è veramente interessante il naso dove le note di fiori gialli, mela cotogna e frutta secca si fondono in una scia minerale di grande eleganza. In bocca il vino è ancora giovane, strutturato e dotato di quella fervida freschezza che ben accompagna il nostro antipasto che richiedeva un vino fresco, sapido e dalla discreta persistenza finale. Gran bel prodotto l’M di Montevertine, un vino che a detta di Martino non è stato subito capito e che solo ora sta avendo il meritato successo. Il “primo” primo della serata è uno Spaghettone all'aglio rosso, parmigiano stravecchio e mosto cotto (dedica a Gabriele Bonci). Non sono molto bravo a parole, ma vi posso assicurare che questo piatto è la quadratura del cerchio della classica “ajo e oio”. Cottura divina, profumi perfettamente equilibrati ed un gusto che ti rimette a pace col mondo. L’abbinamento? Un delizioso Montevertine 2006, fratello più piccolo del Pergole Torte, che mi ha incantato per i profumi da “village” della Borgogna e per una freschezza ed un equilibrio da brividi. Un vino che per i suoi 20 euro circa rappresenta un prodotto dall’incredibile rapporto q/p. Il “secondo” primo è un altro piatto tipico della cucina laziale: la Matriciana. Che dire? Ne ho mangiate tante di “matriciane”, a casa o al ristorante, ma vi assicuro che questa fa parte di un’altra galassia per qualità di materie prime, preparazione e sapori. Il Pergole Torte 2006 ha degnamente accompagnato questo piatto. Vino appena uscito in commercio, è ancora giovanissimo e si caratterizza per gli intensi e suadenti profumi di lampone, ciliegia, visciola, viola a cui segue una fresca scia balsamica. Bocca ancora da equilibrare perfettamente, ma la materia prima c’è e la qualità si sente eccome. Dimenticatelo qualche anno in cantina e avrete uno dei migliori Pergole Torte prodotti. Parola di Martino!
Col filetto di bue piemontese in salsa di vino rosso e scalogni stufati, altro splendido piatto cucinato dallo chef e che mi fa capire come la carne buona non si trovi solo in Toscana o in Argentina, abbiniamo due “chicche” portate da Martino: il Novantuno di Sergio Manetti e il Sodaccio 1983. Il primo, dalla bellissima etichetta raffigurante un Sergio Manetti versione ballerino, è praticamente un Pergole Torte declassato visto che, a quel tempo, l’annata non si riteneva all’altezza (un po’ come è successo con il millesimo 2005 dove tutte le uve però sono confluite nel Montevertine). Avevano ragione a quel tempo a sminuire l’annata? Col senno del poi rispondiamo di no, il vino difatti è grandioso con i suoi ricordi di ciliegia matura, viola appassita, sottobosco, erbe aromatiche e una scia balsamica così intensa che la nostra mente ci evoca un campo di eucalipto. Al palato è ancora succoso, grintoso e soavemente armonico. Altro che, questo è un vero Pergole Torte, un grande Pergole Torte!
Il Sodaccio 1983, espressione di una vecchia vigna del 1972 che ora è stata espiantata, nonostante i capelli grigi dell’età che si riflettono nel suo colore aranciato, è ancora oggi un grandissimo vino con i suoi profumi di humus, fiori secchi, rabarbaro, grafite, un po’ di dado da brodo. In bocca il vino è ancora vivo, teso, convince appieno e, a dispetto dei suoi 25 anni, rimane ancora là, bello prepotente e con nessuna voglia di passare la mano.
Gran finale con una sublime cassatina di ricotta a cui abbiamo abbinato un Alsace Pinot Gris Rotenberg Vendange Tardive 1996 Domaine Zind Humbrecht portato dal fido Fabio “Redisasso” che, con questa chicca, ci ha portato dalla Toscana in Alsazia con un vino che alla cieca potremmo facilmente confondere con un riesling. Frutta gialla matura, spezie e un tocco di minerale per un vino che fa della grande freschezza il suo punto di forza e che lo porterà avanti per ancora tanto, tantissimo tempo.
Non saprei che altro aggiungere se non che è stata una serata fantastica, unica, dove la passione per il vino e la grande cucina si sono fuse dando vita a momenti di puro edonismo enogastronomico.
Arcangelo e Martino, che bello conoscervi!