Lo stand di Marisa Cuomo è uno dei più affollati della Regione Campania, ormai le Cantine Gran Furor Divina Costiera da tempo rappresentano una delle punte di diamante dell’enologia campana e non solo. La cosa che mi colpisce di più del loro spazio al Vinitaly sono le foto che ritraggono i vigneti, davvero splendidi e a picco sul mare, e la cantina, scavata interamente nella roccia che dona, naturalmente, freschezza e umidità alle barriques di rovere francese utilizzate per produrre il loro vino. Ci facciamo largo tra la folla, dopo una breve attesa finalmente tocca a noi. Ci accoglie un elegante ragazzo a cui chiediamo di poter degustare solo i vini bianchi dell’azienda. Detto, fatto!
Arriva il Ravello Bianco 2008, un “base” da uve Falangina (60%) e Biancolella (40%) che ci ammalia da subito per la sua freschezza legata a sensazioni di frutta a polpa bianca, specialmente pesca nettarina e melone invernale, agrumi mediterranei e fiori di campo. In bocca il vino è puro territorio in quanto troviamo la sapidità del mare e la bella vena acida che solo le uve coltivate in altura possono avere. Chiude di media lunghezza su ritorni agrumati.
Il secondo vino bianco che gentilmente ci offrono è il Furore Bianco 2008, fratello minore del Fiorduva, che mi sorprende non poco per il suo carattere per nulla prostrato al più blasonato vino aziendale. Qua i colori rispetto al precedente sono più intensi, vividi, e mettendo il naso nel bicchiere non possiamo non tornare con la mente al paesaggio naturale della Costeria Amalfitana: sentori di cedro, arancia e mandarino si fondono su eleganti tocchi di susina gialla, pesca, ginestra, erbe aromatiche e un lieve minerale. In bocca tutto è equilibrato, di grande intensità e persistenza. Un vino di grande beva e con un rapporto q/p estremamente interessante.
Il Fiurduva 2007, la vera star aziendale, prodotto da uve Fenile (30%), Ginestra (30%) e Ripoli (40%), è un vino che Marisa Cuomo chiama estremo. I Vini estremi sono vini eroici, figli della fatica, del sudore, della laboriosità dell'uomo e il Fiorduva, vino proveniente da vigne sdraiate sulle rocce a picco sul mare, rappresenta davvero un vino estremamente difficile da produrre, frutto di una selezione maniacale delle uve che sono raccolte surmature in maniera del tutto manuale (e non vedo come fare altrimenti vista la pendenza del vigneto). Al naso il vino mantiene tutte le promesse con una complessità molto marcata: frutta tropicale, albicocca disidratata, agrumi canditi, fiori di arancio, camomilla, miele di fiori di arancia, fiori gialli essiccati e un tocco di spezie dolci donate dal sapiente uso del legno. In bocca il Fiorduva è denso, con un bilanciamento tra morbidezza e acidità che lascia il palato vellutato e al tempo stesso equilibrato. Vino dalla grande persistenza e dalla bella chiusura sapida.
L’unico neo, secondo me, è che il Fiorduva rappresenta un altro di quei vini “muscolari” che trovo difficile da abbinare a tavola, meglio il Furore Bianco che, nella sua elegante snellezza, rimane il miglior assaggio dei bianchi di Marisa Cuomo.
Il secondo vino bianco che gentilmente ci offrono è il Furore Bianco 2008, fratello minore del Fiorduva, che mi sorprende non poco per il suo carattere per nulla prostrato al più blasonato vino aziendale. Qua i colori rispetto al precedente sono più intensi, vividi, e mettendo il naso nel bicchiere non possiamo non tornare con la mente al paesaggio naturale della Costeria Amalfitana: sentori di cedro, arancia e mandarino si fondono su eleganti tocchi di susina gialla, pesca, ginestra, erbe aromatiche e un lieve minerale. In bocca tutto è equilibrato, di grande intensità e persistenza. Un vino di grande beva e con un rapporto q/p estremamente interessante.
Il Fiurduva 2007, la vera star aziendale, prodotto da uve Fenile (30%), Ginestra (30%) e Ripoli (40%), è un vino che Marisa Cuomo chiama estremo. I Vini estremi sono vini eroici, figli della fatica, del sudore, della laboriosità dell'uomo e il Fiorduva, vino proveniente da vigne sdraiate sulle rocce a picco sul mare, rappresenta davvero un vino estremamente difficile da produrre, frutto di una selezione maniacale delle uve che sono raccolte surmature in maniera del tutto manuale (e non vedo come fare altrimenti vista la pendenza del vigneto). Al naso il vino mantiene tutte le promesse con una complessità molto marcata: frutta tropicale, albicocca disidratata, agrumi canditi, fiori di arancio, camomilla, miele di fiori di arancia, fiori gialli essiccati e un tocco di spezie dolci donate dal sapiente uso del legno. In bocca il Fiorduva è denso, con un bilanciamento tra morbidezza e acidità che lascia il palato vellutato e al tempo stesso equilibrato. Vino dalla grande persistenza e dalla bella chiusura sapida.
L’unico neo, secondo me, è che il Fiorduva rappresenta un altro di quei vini “muscolari” che trovo difficile da abbinare a tavola, meglio il Furore Bianco che, nella sua elegante snellezza, rimane il miglior assaggio dei bianchi di Marisa Cuomo.
Nessun commento:
Posta un commento