Le nuove professioni del vino: diciamo no al wine blogger & seller


Interessante identikit tracciato da Winenews che fornisce una serie di spunti per affrontare il mercato del vino con nuove figure professionali.

E’ la ricerca di un contatto sempre più personale con gli eno-appassionati a spingere il mondo del vino a rivedere le sue vecchie figure professionali e a crearne sempre delle nuove, perché se da un lato sono gli stessi amanti del buon bere a chiederlo, dall’altro le cantine sono sempre più consapevoli che questa sia la via più giusta per raggiungere più consumatori possibili, in modo più diretto e veloce. 

E’ il caso del wine hunter, la nuova figura professionale a cui, con la vendita diretta che non solo si conferma canale privilegiato di acquisto, ma sempre più interessa anche i vini di alta gamma, per accorciare i tempi e rendere più semplici gli affari, si rivolgono cantine ma anche enoteche, alla ricerca di una clientela sempre più precisa ed esclusiva, semplici appassionati ma anche collezionisti - di cui il wine hunter conosce gusti e preferenze personali in fatto di vini - con cui stringere contatti. Una persona di fiducia, esperta di vino a tutto campo ed appassionata, in grado di consigliare etichette, ma anche di raccontare quel valore aggiunto che c’è dietro alla bottiglia, fatto di storie e aneddoti che da sempre affascinano i wine lovers.

Fonte: robertoventurini.blogspot.com
Una tendenza che si fa strada anche fra chi di vino si occupa quotidianamente e in contatto diretto con gli appassionati: il wine blogger & seller, che, abbandonati i ritmi frenetici con cui racconta di vino e vignerons su internet, lascia il mondo virtuale e si mette a vendere direttamente etichette di persona grazie anche ai contatti nati proprio sul web.
Web di cui sempre di più il mondo del vino comprende l’importanza, come strumento fondamentale per essere sempre in contatto con i suoi appassionati: tanto che, tra le nuove eno-professioni, c’è anche il social wine writer, che piace soprattutto ai più giovani, una persona formata all’interno della cantina - ma anche i consorzi delle principali denominazioni italiane ne hanno uno nel proprio staff - di cui conosce non solo tutti i vini, ma anche la storia, le pratiche in vigna e le diverse fasi della produzione, gli eventi a cui partecipa e quelli che organizza, che comunica puntualmente ai wine lovers attraverso i website, ma anche e soprattutto sui principali social network, da Facebook a Twitter, rispondendo a domande e soddisfando curiosità. E poiché non c’è evento al quale il vino, per sua stessa natura, conviviale e di condivisione, non si possa abbinare, il wine promoter è colui che consiglia alle cantine le occasioni per essere protagoniste con le proprie etichette, sposando la cucina nel caso di kermesse gastronomiche, ma anche quando si tratta di eventi culturali, dove il vino può incontrare l’arte, la musica o la letteratura, ma anche la solidarietà, in iniziative di charity, per raccogliere fondi o essere testimonial di cause importanti.

Ma, tra etilometro che incombe e inasprimento di sanzioni per chi guida oltre i limiti di alcol consentiti, come fare per assaggiare vini in tranquillità? Ci pensa il wine driver, l’autista personale che accompagna e riporta direttamente a casa passeggeri, anche con la macchina di proprietà, che sempre più cantine e locali offrono come servizio aggiuntivo per i propri ospiti, ma che, ormai, gli appassionati hanno a disposizione anche in occasione degli eventi. 

Piccolo appunto finale: non mi piace assolutamente la figura del wine blogger venditore perchè chi scrive non può avere rapporti commerciali con nessuno, altrimenti addio indipendenza e addio strappo con quanto faceva qualche giornalista nel passato....


10 commenti:

Rinaldo ha detto...

In questo fermento ci vedo solo cose positive. A mio parere è un modo dinamico di porsi, di fronte alle esigenze mutate del mercato. Anche wine blogger & seller mi sembra un’idea buona. Non è detto infatti che ci debba essere coincidenza tra gli argomenti (vini, aziende) del blog e i prodotti in vendita.

Andrea Petrini ha detto...

Rinaldo su questo non sono d'accordo, chi scrive di vino, anche amatorialmente, dovrebbe non confondersi in questioni commerciali. In tal caso se scrivessi che il vino X è fantastico chi me lo dice che il tuo giudizio non sia influenzato gran parte da questioni di carattere economico? Per me conta la reputazione di chi scrive.

Rinaldo ha detto...

...mi sembra di aver detto che non è necessario che ci sia coincidenza tra argomenti (..tasting in particolare) trattati e prodotti venduti (..al limite anche non vinicoli ma di altri settori). anzi credo che sia ben possibile e conveniente per coloro che svolgano attività di altro genere e che intendano utilizzare un blog vinicolo per intercettare target, offrire a tali wine blog delle forme di collaborazione e sostegno economico.

Andrea Petrini ha detto...

Questa è una cosa che sta succendendo molto nei food blog e personalmente non piace. Farmi usare dalle aziende per fini commerciali non è nelle mie corde, almeno non nel mio blog

jacopo cossater ha detto...

L'argomento è di stringente attualità. Non mi sono ancora fatto un'idea precisa, in linea di massima sono però tentato dal valutare caso per caso, cercando di capire quanto un testo possa essere influenzato o meno. Chiaramente, più il primo caso sembrerà (ai miei occhi) frequente più l'autore inevitabilmente perderà in credibilità.

E succede (quasi) tutti i giorni.

Rinaldo ha detto...

Tanto per portare un esempio concreto: un sito, un brand, che si occupa di vendita di abbigliamento on line, potrebbe avere interesse ad utilizzare un blog del vino o comunque siti che si occupino d’altro, per intercettare clienti. Non vedo il problema sinceramente. Ognuno può continuare a svolgere autonomamente la sua attività, senza condizionamenti di sorta.
Nel momento in cui tale ipotetico sito d’abbigliamento decida di legarsi ad un wine blog ad esempio, già la sua scelta l’ha fatta. Anzi credo che pretenda casomai, che il wine blog prescelto non muti la sua linea editoriale.
Inoltre sottolinerei un altro aspetto. Si parla molto di disintermediazione nei rapporti di mercato e della difficoltà per grandi e piccole aziende di intraprendere nelle nuove comunicazioni. Ritengo importante per superare questi ostacoli, incentivare la collaborazione tra aziende e operatori del web.

Andrea Petrini ha detto...

Rinaldo te pensi davvero che, ad esempio, la Timberland possa essere interessata ad un wine blog? Io penso, invece, che una corazzata come Santa Margherita possa avere maggiore interesse

Filippo Ronco ha detto...

Ciao Andrea, nel tuo secondo commento secondo me ti contraddici. Prima tutta la questione del blogger e del seller e va bene intesa in un certo modo (cioè se le due cose sono intrinsecamente connesse o se l'una è funzionale all'altra) ma poi al termine del commento dici che per te conta la reputazione di chi scrive.

Se davvero credi a questa seconda cosa che dici - di cui io sono convinto - non pensi che tutto il resto del discorso cada?

Come Jacopo, credo anche io che si debba valutare caso per caso. Ti faccio una domanda diretta: io ho diverse attività commerciali legate al mondo del vino e sono potenzialmente in fortissimo conflitto di interessi su più fronti (teoricamente dico), la domanda è: tu credi che io sia una persona di cui ti puoi fidare oppure no?

Te lo chiedo così, senza rete.
Perchè se la risposta è si allora è vero che occorre valutare caso per caso, se la risposta è no allora ho effettivamente sbagliato qualcosa.


Fil.

Andrea Petrini ha detto...

Ciao Fil, l'articolo è stato tratto da Winenews per cui tutta la storia del wine blogger seller non è mia. io, come dico nel secondo commento, non amo per nulla il mix, un Armando Castagno, per me il numero uno del giornalismo del vino in Italia, non si sognerebbe mai di fare di mettersi a vendere vino o avere attività commerciali connesse. come dicevo, la reputazione è fondamentale, non solo on line.
Ovviamente, poi, ci sono le eccezioni e tu sei una di quelle e lo provano i fatti, non le mie parole.

Davide Tanganelli ha detto...

Riporto anche qui il mio pensiero: Lavoro o Passione? Mi capita sentire con troppa facilità che il lavoro va inventato (non solo nel mondo del vino). Personalmente non la penso così. Bella definizione:"social wine writer". Cosa significa? Iilludersi di farne una fonte di reddito, non solo può essere considerata un'utopia, ma alla lunga il fenomeno diventa negativo per il ciclo economico. La tentazione di guadagnare con ciò che piace è universale, ma è idealmente ingiusta. Queste nuove attività hanno un senso solo se vissute per pura passione, senza scopo di lucro, anzi spendendo molto in tempo e denaro, facendo così girare l'economia in modo sano. Quel che dico è che la crescita tra eno-lavoro ed eno-appassionati deve crescere con proporzioni corrette. La mia esperienza è che la percentuale di enoappassionati (chi paga) che si trasformano in enolavoratori (chi vorrebbe guadagnare) raggiunge livelli di rischio per il sistema. Questo naturalmente senza nulla togliere a felici storie e casi personali...