Addio a Lucio Dalla


Fonte: agorascuolalaterza.it
Sull’etichetta ci sono io vestito da derviscio, l’ha disegnata l’amico Mondino, e il nome del vino: "Stronzetto dell’Etna". Ne produco ormai da diversi anni, attorno alla mia casa di Milo, qualche migliaio di litri sia bianco che rosso; lo destino alla mia tavola, al consumo sulla barca e soprattutto agli amici. Mi dicono che quello bianco sia di qualità veramente eccellente e perciò ho deciso di spiantare gradualmente il rosso ed uniformare la produzione su quella che gli esperti definiscono "qualità superiore". Io non sono un vero intenditore: vedo che lo Stronzetto piace molto ai miei ospiti, risponde ai miei gusti, e questo già mi basta. 

Bologna, interno notte; siamo in uno dei due o tre posti in cui possiamo trovare, tra gli altri amici, Lucio Dalla.
E’ tardi quando arriva, di ritorno da chissà dove. Il discorso è già sul vino; è facile farci scivolare dentro anche lui.
 
Eccolo a descrivere come sarà l’etichetta del suo vino di Sicilia che produce, tiene a sottolineare: "Non per lucro, ma per gioco e per amore".
Ed è proprio vero; cantautore di fama internazionale ed insieme insospettabile produttore di vino per affezione, Lucio riesce a coniugare le due cose con grande soddisfazione e a trarre dalla sua terra risultati simili a quelli che ottiene sui palcoscenici di tutto il mondo.
 
Ha avuto anche riconoscimenti importanti in proposito.

"L’anno scorso il mio vino è stato premiato da Carmelo Bene al Festival di Taormina come il migliore della Sicilia: Ma Carmelo ha esagerato... Scherzava. Comunque è ottimo, ti assicuro. Vitigno puro dell’Etna, è una gioia poterselo bere durante l’estate, nel caldo del sud, magari nei momenti d’ozio a bordo della barca in quel mare incredibile".
 
Già, i momenti d’ozio e le vacanze; perché Lucio riserva al vino i suoi momenti di pace: il lavoro li separa invece in maniera totale.
"Ritengo, a differenza di altri, che il vino sia incompatibile con il mio lavoro. Quando sono impegnato in un progetto o in un’attività non ne consumo assolutamente, anche prima di un concerto non ne bevo mai: preferisco concentrarmi una ventina di minuti, una sorta di training, ed assumere in genere frutta, mele tagliate, uva. Anche quando sono solo e soprattutto al di fuori dei pasti il vino non è importante: non guarderei certo la televisione con un bicchiere di vino in mano. Il vino lo intendo come socialità, come stare insieme, è sinonimo di benessere e di amicizia".
 
La sua è una frequentazione nata soprattutto all’inizio dell’attività artistica. "Cominciai a bere vino soprattutto ai tempi delle prime formazione jazz, nelle cantine; in casa non era importante. Da allora è stata una presenza costante: in ogni occasione di rilievo non è mai mancato, nei momenti di gioia c’è sempre stato. Anche nei testi delle mie canzoni il vino è molto presente, come il cane, la luna, le stelle. Sono cose che ci sono, che esistono perché sono presenti in tutti noi. Non possiamo immaginare la nostra vita senza cose come queste.
Questo era vero soprattutto quando eravamo un po’ più giovani, ma non mi sento di essere troppo pessimista pensando ai giovani di adesso
".

Fonte: ischiamondoblog.com
Premiato nel 1994 col Dioniso d’Oro dall’Enoteca Italiana di Siena per la sua attività artistica, Lucio ha gusti abbastanza semplici, ma ben definiti in fatto di vino. Gli piacciono soprattutto i bianchi di media gradazione, anche se non disdegna un prodotto ben strutturato e passato nel legno, non ama lo Champagne - beve frizzante soltanto quando è dalle nostre parti, e in questo caso preferisce il Pignoletto, meglio se moderatamente frizzante - ha una predilezione per alcuni vini alsaziani e della Valle del Reno e tiene in grande considerazione lo Chardonnay californiano.
In ogni caso è sempre un piacere vederlo qui, in questo posto che non cambia mai, a parlare di vino, una presenza che per noi non cambierà mai. 


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