Purtroppo non ce l'ho fatta ad andare quest'anno, ho mancato un'edizione molto bella del Bibenda Day, il livello delle bottiglie era tale che stavolta la banda Franco Ricci deve avere solo elogi. Anche se ho mancato l'occasione, Percorsi di Vino era in qualche modo presente grazie ad un inviato di eccezione, Andrea Andreozzi, una delle anime dei Botri di Ghiaccioforte, bellissima azienda di Scansano che produce uno dei migliori morellino della zona. Ecco il suo racconto di una parte dell'evento....
Mancavano soltanto i nani e le ballerine sabato 20 marzo al Bibenda Day, evento targato AIS Roma ed ospitato nella sontuosa sala del Roma Cavalieri.
25 grandi vini da degustare introdotti da cinque bravi relatori che ci hanno preso per mano e condotto in questo viaggio.
Vorrei trarre spunto da uno di questi, Armando Castagno, per esprimere il senso della serata che ho vissuto: egli ci ha condotto alla scoperta di cinque grandi rossi italiani con una passione che non esiterei a definere commovente, inducendo una riflessione sullla "dirittura morale" di chi produce questo nettare meraviglioso e il "talento" del territorio da cui è prodotto: ebbene il talento è un patrimonio sul quale non si scherza!
Ci si augura che in futuro si accetterà sempre di meno la programmazione, l'aggiustamento e la ruffianeria prendendo esempio dal Don Anselmo, un Aglianico del Vulture assaggiato in una annata straordinaria: il 1995 è una ordalia di mineralità vulcanica, florealità appassita e salinità feroce, una cartolina dal vulcano Vesuvio come lo ha definito Castagno, un vino che rende onore a chi lo ha creato, la famigla Paternoster.
A seguire un mito della enologia laziale: Fiorano Rosso 1988 del Principe Boncompagni Ludovisi. La tenuta si trovava vicino l'Appia Antica, sulle pendici del vulcano laziale (purtroppo la vigna ha subito l'espianto), produzione limitata, forse la prima azienda biodinamica dal 1946, botti vecchie mai sostituite e minima aggiunta di solforosa, al naso il vino di taglio bordolese ti prende subito con la volatile che veicola profumi fini ed eleganti come i vecchi bordeaux, un modello di grazia ed eleganza principesca, senza alcuna deriva ossidativa!
Di corsa, come richiedeva il programma della serata (ma non si poteva avere più pausa tra una serie e l'altra), un altro fuoriclasse: Brunello di Montalcino Riserva 1981 di Biondi Santi : spirito della tradizione, espressione della terra di origine, toscanità se questa espressione potrà mai vedere riconosciuto un suo significato, il vino è un profluvio di ferro, ruggine, pietra focaia, una progressione gustativa che ti viene voglia di mangiare la terra toscana che ha prodotto questo vino.
Proseguiamo con la leggenda di Bartolo Mascarello (non mi sento di aggiungere altro sulla figura di un uomo fantastico) ed il suo Barolo 1986: vinificazione classica delle Langhe, 40 giorni di macerazione sulle bucce per estarre con pazienza tutti i polifenoli, botte rigorosamente grande, no Barriques No Berlusconi, caldisssimo e avvolgente per una annata difficile da dimenticare.
Per concludere questa serie abbiamo bevuto un Amarone 1964 della storica azienda Bertani: da uve selezionate dai vigneti di Villa Novare, il vino in questione ha la particolarità che, prima di essere commercializzato, ha sostato 20 anni in botte e 10 anni in vetro. Dopo tutto questo tempo all'interno del bicchiere trovo il mondo intero: cioccolato, uva sultanina, prugna, terrosità delle radici ed una capagira di alcol e freschezza da consigliare di finirla li ed andare a casa.
Io, tuttavia, ho proseguito la degustazione perchè di sognare non sono mai stanco....
Vorrei trarre spunto da uno di questi, Armando Castagno, per esprimere il senso della serata che ho vissuto: egli ci ha condotto alla scoperta di cinque grandi rossi italiani con una passione che non esiterei a definere commovente, inducendo una riflessione sullla "dirittura morale" di chi produce questo nettare meraviglioso e il "talento" del territorio da cui è prodotto: ebbene il talento è un patrimonio sul quale non si scherza!
Ci si augura che in futuro si accetterà sempre di meno la programmazione, l'aggiustamento e la ruffianeria prendendo esempio dal Don Anselmo, un Aglianico del Vulture assaggiato in una annata straordinaria: il 1995 è una ordalia di mineralità vulcanica, florealità appassita e salinità feroce, una cartolina dal vulcano Vesuvio come lo ha definito Castagno, un vino che rende onore a chi lo ha creato, la famigla Paternoster.
A seguire un mito della enologia laziale: Fiorano Rosso 1988 del Principe Boncompagni Ludovisi. La tenuta si trovava vicino l'Appia Antica, sulle pendici del vulcano laziale (purtroppo la vigna ha subito l'espianto), produzione limitata, forse la prima azienda biodinamica dal 1946, botti vecchie mai sostituite e minima aggiunta di solforosa, al naso il vino di taglio bordolese ti prende subito con la volatile che veicola profumi fini ed eleganti come i vecchi bordeaux, un modello di grazia ed eleganza principesca, senza alcuna deriva ossidativa!
Di corsa, come richiedeva il programma della serata (ma non si poteva avere più pausa tra una serie e l'altra), un altro fuoriclasse: Brunello di Montalcino Riserva 1981 di Biondi Santi : spirito della tradizione, espressione della terra di origine, toscanità se questa espressione potrà mai vedere riconosciuto un suo significato, il vino è un profluvio di ferro, ruggine, pietra focaia, una progressione gustativa che ti viene voglia di mangiare la terra toscana che ha prodotto questo vino.
Proseguiamo con la leggenda di Bartolo Mascarello (non mi sento di aggiungere altro sulla figura di un uomo fantastico) ed il suo Barolo 1986: vinificazione classica delle Langhe, 40 giorni di macerazione sulle bucce per estarre con pazienza tutti i polifenoli, botte rigorosamente grande, no Barriques No Berlusconi, caldisssimo e avvolgente per una annata difficile da dimenticare.
Per concludere questa serie abbiamo bevuto un Amarone 1964 della storica azienda Bertani: da uve selezionate dai vigneti di Villa Novare, il vino in questione ha la particolarità che, prima di essere commercializzato, ha sostato 20 anni in botte e 10 anni in vetro. Dopo tutto questo tempo all'interno del bicchiere trovo il mondo intero: cioccolato, uva sultanina, prugna, terrosità delle radici ed una capagira di alcol e freschezza da consigliare di finirla li ed andare a casa.
Io, tuttavia, ho proseguito la degustazione perchè di sognare non sono mai stanco....
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