Sandro Sangiorgi sulla presunta crisi dei vini naturali


Sandro Sangiorgi, deus ex machina di Porthos, non è certamente un mostro di simpatia ma di una cosa non lo si può accusare e cioè di non essere attento al fenomeno dei vini naturali che, in tempi non sospetti, ha cercato di seguire, capire, comunicare.

Sandro Sangiorgi. Fonte: Intravino
Leggendo le sue Miniature ho scoperto che a Dicembre su Porthos ha dedicato un editoriale molto interessante sui vini naturali ponendosi degli interrogativi per nulla banali sul fenomeno del vino Bioqualcosa.
Sangiorgi, in particolare, avverte una delusione crescente tra le persone che frequentano le fiere "naturali" sostenendo che, solo tre anni fa, tali sentimenti erano quasi impensabili.

Quali sono le principali cause di questo enoscetticismo tutto al naturale?
  1. Eccesso di severità: la spontaneità e l’ingenuità del vino naturale non aiutano il neofita a capire fino in fondo il vino che, tra l'altro, non è sostenuto dal contesto di degustazione fieristico che non permette di aspettare che il vino emerga in tutta la sua complessità. L'appassionato, pertanto, tenderà a preferire le poche certezze di vino convenzionale. 
  2. La qualità media si è abbassata: gli enofili navigati non provano le medesime emozioni di quando hanno scoperto i migliori vini naturali. Radikon, Massavecchia, Le Boncie, Rinaldi, Valentini, Gravner, Pepe, ecc. sono stati una rivelazione perché hanno "sfruttato" la fine del lungo periodo di conversione Bio.  Molte delle aziende accolte nelle manifestazioni più recenti hanno da poco intrapreso il cammino bio, le loro bottiglie finora non riflettono il cambiamento e, inoltre, si coglie la difficoltà a governare sia la fermentazione spontanea e sia un uso meno ossessivo dell’anidride solforosa. Se, ancora oggi, i vinificatori più esperti fanno errori di valutazione e devono rinunciare ad alcune partite di vino andate a male, potete immaginare chi, fino a qualche mese fa, ha visto lavorare solo lieviti e batteri selezionati. Le critiche più ricorrenti dei degustatori riguardano sia vini instabili e dalla fisionomia sfocata sia vini timidi e poco coinvolgenti. 
  3. Migliorare la selezione delle aziende invitate: sono molti i produttori che si dissetano al grande abbeveratoio della naturalità. Numerosi al di sopra di ogni sospetto, altri decisamente meno trasparenti e impegnati nell’ennesima opzione di marketing. Nonostante le dichiarazioni d’intenti di organizzatori e responsabili di associazioni, non è semplice respingere una richiesta di partecipazione, in fondo basta l’autocertificazione. Considerando la lista dei partecipanti, è difficile credere anche a coloro che asseriscono di assaggiare e analizzare i campioni inviati dagli aspiranti (vedi post VinNatur). 
  4. Aspettative: le persone consumatori sono portate a pensare che ogni assaggio di un vino naturale debba essere indimenticabile. In realtà, accanto a prodotti ottimi, ci sono molti vini non buoni, oppure sbagliati o soltanto mal riusciti. E poi ci sono tanti esemplari che, pur apprezzabili, non possono essere migliori di così perché vengono da posti non eccelsi – il luogo, fino a prova contraria, ha un ruolo predominante nel determinare il talento di un vino e, parafrasando un celebre adagio, se non ce l’hai, non te lo puoi dare.
Sottoscrivo col sangue quanto riportato da Sangiorgi e mi pongo una domanda: i vinoveristi, i vinnaturisti, quelli della Triple A e della Sorgente del Vino stanno tendendo conto di questi allarmi oppure si va avanti come se nulla fosse?


13 commenti:

EnotecaRomani ha detto...

Sinceramente,a mio parere,non gli si può dare torto.. Tanti vini naturali sono caratterizzati da un incostanza chimica,biologica ed organolettica da un'annata all'altra,che scoraggia senza dubbio tanti eno-neofiti che si avvicinano al "Mondo" dei vini naturali.. Non basterebbe solo un pò di buon senso in via produttiva senza arrivare a questi estremi ?

Andrea Petrini ha detto...

Io la vedo così: esistono i vini buoni e quelli meno. Di grandi vini ce ne sono tra quelli convenzionali e quelli naturali così come trovo pessimi prodotti all'interno delle due categorie.

Questione di "manico" e di terroir

EnotecaRomani ha detto...

Ah si questo sicuramente,sono daccordissimo..Però diciamo che tra i buoni convenzionali,riusciamo ad avere anche una costanza qualitativa anno dopo anno (almeno in gran parte delle annate),mentre con i buoni naturali non si sa mai cosa "c'è dentro"!!

Andrea Petrini ha detto...

Ti dirò una cosa: a me la costanza qualitativa mette paura perchè il vino deve rispettare le annate, più o meno calde, più o meno piovose per cui ho sempre paura di vini sempre uguali a se stessi.

EnotecaRomani ha detto...

Su questo punto sono daccordo anche io,sono contro i vini omologati.. In questo è anche giusto che ci siano annate peggiori ed annate migliori,ma recentemente ho notato che con i vini naturali la differenza di annate è molto marcata.. La giusta via di mezzo penso sia il biologico,almeno il contenuto di solfiti c'è ma non è eccessivo e si hanno vini bevibili evitando "succhi di frutta" come a volte accade con i vini naturali.. Mi sembra più che altro una moda !!

cooksappe ha detto...

solo una moda!

Anonimo ha detto...

Ciao Andrea leggo solo ora scusami...io come disse Leone Conti ,grande produttore di vino , dopo i vini naturali ,bio- dinamici noi facciamo vini "sovra-naturali"-così recitava il cartello nel suo stand alla fiera Enologia di Faenza...ciao buona Estate!! ciao GP

EnotecaRomani ha detto...

Beh,se ci darà una migliore spiegazione di sovranaturale saremo più contenti :)

Gianpaolo Paglia ha detto...

E' possibile che ci siano anche altri motivi per una sorta di disamoramento nei confronti dei vini naturali. Io metteri il fatto che esiste una certa propensione per alcuni dei produttori di mettersi un po sul piedistallo e assumere atteggiamenti tra l'intransigente e il portatore della verita rivelata. Come conseguenza di questo vi e' anche stata la frammentazione delle varie associazioni in diversi filoni, che sicuramente non rende comprensibile il messaggio al consumatore finale.
Evitando di fare di tutta l'erba un fascio, ovviamente.

Andrea Petrini ha detto...

Penso che alla fine ci sarà una selezione naturale e rimarranno in sella solo quelli seri. Gli altri, quando cambierà la moda, andranno altrove

EnotecaRomani ha detto...

Si sicuramente !! In tanti casi ho avuto modo di vedere che diversi produttori parlano prima di naturale o biodinamico o biologico,e poi dell'azienda e dei loro prodotti,e spesso si tratta di aziende che non fanno prodotti di prestigio assoluto...Bucci invece,tanto per fare un'esempio,è una di quelle aziende famose più per il Villa Gemma che per il fatto che è biodinamica !!

Andrea Petrini ha detto...

Bucci non fa Villa Gemma, quello è MAsciarelli. Lapsus!

Angelo ha detto...

Secondo me è il fatto stesso a volerlo per forza etichettare con una qualche sigla che ha tolto peso al fenomeno; esistono tanti ottimi interpreti, qualcuno di mediocri, qualche altro, beh... diciamo solo non tanto raccomandabile come esperienza. La questione è sempre la stessa: "da che parte stai?".

Poi i vari distributori italiani e non, pur facendo in effetti il loro lavoro, ci hanno marciato e di gran lunga sopra le righe delle aspettative mantenute. Molti piccoli però hanno saputo maturare una giusta esperienza tanto dall'essere oggi già capaci di fare da soli, senza etichette ne cataloghi che li supporti.