Percorsi Di Vino va in vacanza....

Due settimane di meritato riposo che passerò in Francia, zona Bandol e Chateauneuf du Pape. Andrò a visitare interessanti aziende vitivinicole e a scoprire grandi vini francesi. Prometto al mio ritorno un reportage dettagliato.Un saluto.
Andrea Petrini

Il Vinsanto Toscano: un mito mondiale. Terza parte: la realizzazione

Nella seconda parte abbiamo parlato della pressatura. Proseguendo, diciamo che il mosto ottenuto viene messo in piccole botti (quasi sempre di rovere, ma anche di castagno) chiamate caratelli, di una capacità che mediamente varia dai 50 ai 90-100 litri. I caratelli non sono come le barriques, non si cambiano dopo 3-4 anni ma devono durare moltissimo e venire cambiati solo quando perdono in maniera irreparabile oppure danno odori sgradevoli al Vinsanto. All'interno del caretello viene immesso il mosto dopo decantazione e (ma qui ci addentriamo in uno dei misteri del Vinsanto) "la madre". Questa è una specie di sedimento scuro e denso. E' formato da famiglie di fermenti e/o lieviti che hanno la capacità di vivere e moltiplicarsi in un ambiente così ricco di zucchero come, appunto, il mosto. Chi usa la madre non la getta mai, ma la travasa da un caratello all'altro.
I produttori si dividono in due famiglie: quelli che usano la madre e quelli che la ritengono inutile. In effetti il mosto fermenta anche senza la madre, ma i suoi sostenitori danno per certo che il suo apporto dia caratteristiche uniche e soprattutto una certa omogeneità, anno dopo anno, al prodotto.
Il caratello non viene colmato ma riempito al massimo per due terzi, altrimenti il mosto, fermentando, lo farebbe esplodere. Molto sigillano ermeticamente la botticella, addirittura murandone l'apertura. Altri, più modernisti, si limitano a tapparla, mantenendosi la possibilità di controllare l'andamento della fermentazione. Una volta nel caratello il mosto viene messo in una zona soggetta a sbalzi termici. Di solito si usano delle soffitte o i soppalchi. Qui, fermentando quando il calore esterno lo permette e fermandosi quando il freddo blocca i lieviti, il nostro futuro Vinsanto nasce con tutta la calma del mondo. Mediamente ci vogliono infatti oltre 5 anni per ottenere un buon prodotto, ma vi sono cantine che allungano l'invecchiamento sino ai dieci.
Un momento particolare è l'apertura dei caratelli. Si tratta di una vera e propria festa. In religioso silenzio si rimuove la muratura o la ceralacca, poi si toglie il tappo e si annusa. Se l'odore è quello giusto si tira un sospiro di sollievo anche se, può capitare, che dopo anni di attesa si debba buttare tutto il contenuto, madre compresa. Per evitare questo, forse, si è creata una scuola "moderna" di fare Vinsanto. Si parte dalle stesse uve e dagli stessi sistemi di appassimento, le cose cambiano durante la fermentazione che avviene anche in barriques (rigorosamente senza madre) aperte, per poter meglio controllare il processo. I tempi di maturazione e fermentazione sono più brevi anche se per i Vinsanti DOC si deve sempre rispettare il disciplinare.

Il Vinsanto Toscano: un mito mondiale. Seconda parte: l'appassimento

Come già detto le uve vengono raccolte sia "a prenzoli" sia "a grappoli". Nel primo caso si tratta di due grappoli collegati da un tralcio, nel secondo di grappoli singoli staccati normalmente dalla pianta. La differenza tra i due sistemi di raccolta si ripercuote sul tipo di appassimento. I prenzoli appassiscono attaccati a dei ganci di ferro che formano delle catene verticali sino quasi a toccare terra, i grappoli sono stesi su cannicci e questi vengono posti l'uno sopra l'altro sino a formare dei "castelli" di 7-8 piani,a lti più di 2 metri. La differenza è tutta nella tradizione: con i ganci si riesce ad appassire più uva nello stesso spazio, con i cannicci i grappoli stanno più distanziati e forse possono appassire meglio. L'appassimento si svolge naturalmente grazie ai finestroni degli appassitoi che vengono aperti quando il clima è secco e chiusi quando piove o c'è umidità. Non esiste tradizione di usare la ventilazione forzata, anche se qualcuno ha messo dei grossi ventilatori sul soffitto. L'uva rimane ad appassire per alcuni mesi: c'è chi pressa (in gergo si dice "stringe") le uve alla fine di novembre, chi intorno a Natale e chi arriva addirittura ad aprile. La differenza sta tutta nel grado zuccherino che raggiunge il mosto. Più avanti si va col tempo, più il processo di appassimento toglie acqua e concentra le sostanze nei chicci (zuccheri, ma anche sostanze acide, altrimenti il risultato finale sarebbe uno sciroppo) ottenendo così un mosto e, dopo molto tempo, un vino più dolce. Si potrebbe dire che, essendoci più zuccheri nel mosto, si avrà un vino più alcolico. Questo è vero sino ad un certo punto, perchè se la concentrazione zuccherina nel mosto è elevatissima i lieviti non riescono a trasformare che pochi zuccheri in alcol. Avremo così un vino con gradazione alcolica bassa (anche sotto gli 11°) ed un residuo zuccherino elevatatissimo. Tradizionalmente i Vinsanto toscani hanno una gradazione che varia tra i 15° e i 19° ed una dolcezza che cambia da zona a zona. In Chianti si fanno Vinsanti più secchi, mentre verso Montepulciano si prediligono più abboccati o dolci.

Il Vinsanto Toscano: un mito mondiale - prima parte

Gira da sempre una grossa frottola pseudo storica sul come sia nato il nome Vinsanto. Pare sia stato coniato addirittura nell'unico Concilio Ecumenico tenutosi a Firenze nel 1439. Narra la leggenda che durante uno dei banchetti ufficiali il Patriarca Bizantino, assaggiando uni vino dolce locale esclamasse estasiato "Ma questo è come il vino di Xantos!", riferendosi a quello prodotto nella Licia (oggi Turchia) di cui Xantos era capitale storica. Altra variante, puramente senese, parla di un frate francescano che durante la peste del 1348 curava le vittime con il vino normalmente usato per celebrare la messa. Sembra che avesse ottenuto buoni risultati visto che subito si diffuse la convinzione che tale vino possedesse proprietà miracolose, fosse cioè un Vino Santo.

In realtà il termine deriva quasi sicuramente dal fatto che veniva usato per la messa, visto che il vino normale, tenuto all'aria aperta, si ossidava velocemente e diveniva imbevibile.

Ma come si produce tale vino? Il Vinsanto è figlio di una tradizione che si declina in centinaia, forse migliaia di modi, tanti quanti sono e sono stati i produttori di questo vino. Se infatti l'enologia moderna ha preso fortemente piede nella produzione di vini rossi e bianchi, standardizzando talune procedure, per il Vinsanto il discorso è completamente diverso. Come dice un famoso produttore di Montepulciano "Sul Vinsanto si può dire tutto e il contrario di tutto: è un mistero, dopo quelli ecclesiali, tra i più incomprensibili." Non esistono studi che raccolgano dati cercando di trarne un senso comune ed anche se ci fossero nessun produttore accetterebbe di cambiare il proprio modi di fare il Vinsanto seguendo teorie altrui.

Per questo vedremo per prima cosa di spiegare il processo in grandi linee e poi cercheremo di presentare le principali "scuole di pensiero".
In primo luogo parliamo dell'uva. Storicamente il Vinsanto toscano nasce da un uvaggio di Trebbiano e Malvasia Bianca. C'era pure un terzo vitgigno, il San Colombano, ormai praticamente estinto. In alcune zone, tipo Montepulciano, viene usato anche il Grechetto. Di questa triade l'anello debole è sicuramente il Trebbiano, con grappoli troppo grossi e dalla buccia troppo sottile per reggere bene l'appassimento. Le uve vengono raccolte prima della vendemmia dei rossi e scelte con attenzione: solo i grappoli migliori, quelli che non hanno nessun chicco mangiato o schiacciato vengono presi per il Vinsanto. Sono raccolte in due modi: "a prenzoli" o "a grappoli".


Continua...............

CALICI ALLE STELLE 2008: BRINDIAMO ALLA NOTTE DI SAN LORENZO

Arte, musica, tutto il romanticismo delle stelle, a Roma il 10 e 11 agosto per Calici di Stelle, il tradizionale appuntamento estivo firmato dal Movimento Turismo del Vino e dalle Città del Vino.
Al Bioparco del Giardino Zoologico di Villa Borghese tanti gli appuntamenti messi in programma da Movimento Turismo del Vino Lazio e Città del vino per la manifestazione. A partire dalle ore 21.00, si apre l’imperdibile due-giorni con banchi d’assaggio e degustazioni di vino, spettacoli e musica dal vivo per la gioia dei tanti turisti che affolleranno la capitale per le vacanze estive.
I visitatori potranno essere anche accompagnati dagli esperti astrofili dell’Associazione Astrofili di Roma in un viaggio alla scoperta della volta celeste, grazie a potenti telescopi posizionati nel parco.
Nella notte delle stelle cadenti, saranno molti gli enoturisti che, in visita alla città eterna, non vorranno perdere l’occasione di una serata romantica, con gli occhi al cielo a contare le scie luminose, assaporando aromi e profumi di un buon bicchiere di vino. Per chi, invece, si appresta a vivere Calici di Stelle fuori città, due imperdibili appuntamenti in provincia di Latina. Prima che faccia notte, la romantica luce del tramonto sul lago di Fogliano, e il verde rigoglioso dei filari faranno da sfondo ad un ricco buffet nella Cantina Ganci (Borgo Isonzo), con i prodotti genuini della fattoria, e la passione della cucina siciliana. Il tutto accompagnato naturalmente dai vini dell’ azienda. Poi tutti sul prato con gli occhi “all’insù” per gustare lo spettacolo del cielo d’agosto.
Gli astrofili dell'Associazione Tuscolana di Astronomia, esperti conoscitori del cielo, accompagneranno gli ospiti in una fantastica passeggiata attraverso le stelle, le galassie e le costellazioni più belle e interessanti del cielo estivo, per passare insieme una serata indimenticabile.
Presso l’azienda I Pampini (Acciarella) sarà, invece, proposto su prenotazione un buffet vario e gustoso accompagnato a calici di vino; alzando gli occhi, attratti dalla bellezza della volta celeste, si potranno vedere quelle lontane scie luminose e in un momento così suggestivo esprimere un desiderio…Per maggiori informazioni: Movimento Turismo del Vino Lazio:Tel. 06 8604694


www.mtvlazio.com

Vino e Finanza: Avignonesi diventa di proprietà belga

La famiglia Falvo, fondatrice di Avignonesi, una delle più importanti realtà produttive di Montepulciano (il Vin Santo e l’Occhio di Pernice sono due must nel mondo, come pure il Nobile), ha ceduto il pacchetto di maggioranza dell’impresa vitivinicola a Virginie Saverys, componente dello staff dirigenziale della compagnia marittima con sede ad Anversa Compagnie Maritime Belge NV.La Saverys, attraverso la società di capitale belga “Victrix”, era già in possesso di una quota (30%) di Avignonesi, rilevata esattamente un anno fa, quando Ettore Falvo decise di lasciare l’azienda. L’affare, di cui non si conosce l’entità in termini di cifre, è stato chiuso a metà luglio e comprende anche la cessione della società di distribuzione di vini e distillati “Classica”, sempre proprietà di Avignonesi.La famiglia Falvo resta proprietaria della Masseria Li Veli, l’azienda vitivinicola pugliese acquistata nel 1999 e del 10% di Avignonesi, che continuerà a gestire nei prossimi cinque anni, mantenendo alla presidenza Alberto Falvo.

Fonte: winenews

Non so a voi, forse sarà troppo campanilista, ma che una società belga acquisti una impresa italiana fa un pò rabbia. Possibile che, tra le mille aziende italiane che vengono acquisite da capitale straniero, non riusciamo a mantenere sotto il tricolore nemmeno Avignonesi, vanto dell'enologia italiana?



Grattamacco 1999: ancora magie da Bolgheri.....

Grattamacco, nata nel 1977, si trova sulla sommità della collina che si affaccia sul mare tra Castagneto Carducci e Bolgheri a 100 metri s.l.m. in una zona particolarmente vocata per la produzione di grandi vini e gode di un clima asciutto, mite e con notevoli escursioni termiche alla fine dell'estate. L'azienda si estende su un'area di circa 30 ettari di cui 11 ettari sono di vigneto e 3 ettari a oliveto. L'area rimanente è coperta da boschi.

Il Grattamacco, vino di punta aziendale, nasce da una vigna di 10 ettari posta a 100 metri s.l.m., i terreni presenti sono arenarie calcalifere, argille miste a flysh calcareo marnoso e argille calcaree. La densità di impianto varia tra 4500 e 5400 ceppi per ettaro con una resa di circa 55 quintali. La potatura viene effettuata a cordone speronato e guyot semplice, la raccolta delle uve totalmente manuale. L'eta media dell'impianto è di circa 15 anni. La vinificazione inizia con la fermentazione alcolica in tinelli di legno tronco conici aperti mentre la malolattica avviene in acciaio. L'invecchiamento prosegue per 18 mesi in barrique di primo e secondo passaggio. Affinamento di almeno 12 mesi in bottiglia.
Il vino è un riuscitissimo blend composto da un 65% di caberne sauvignon, 25% di merlot e il restante 15% di sangiovese.

Il 1999 da me degustato, di un bel colore rubino con unghia granata, si presenta con un impatto olfattivo di tutto rispetto dove le note di frutta rossa matura (prugna e marasca) lasciano subito spazio a sentori di spezie scure, grafite, cuoio, terra e tabacco. Se l'olfattiva è di tutto rispetto, il palato è invece spettacolare grazie ad bellissimo equilibrio tra componenti dure e morbide che sembrano fondersi perfettamente. Lunghissimo il finale giocato su note di confettura e humus.
Perfetto su uno spezzatino di cinghiale toscano. Alla prossima....

Un tuffo nel Mediterraneo con lo Scrio 2004 Le Macchiole

L’Azienda Agricola le Macchiole, il cui nome ha origine dal luogo in cui inizialmente sorgeva, è nata nel 1975 quando Ottorino e Umberto Campolmi, decisero di vendere il vino prodotto dalle proprie vigne applicando metodi di vinificazione della tradizione contadina locale. La produzione era limitata e la qualità scarsa a causa della posizione del vigneto e della composizione del terreno, entrambe poco adatte ad una produzione di prestigio; ma lo scopo di vendere un vino genuino, era ragginto e questo bastava. Nel 1981 subentra il nipote Eugenio Campolmi che, nell’arco di pochi anni, cambia totalmente l’impostazione aziendale. Per prima cosa trasferisce i vigneti in una zona (quella attuale) ai piedi delle colline bolgheresi dove i terreni sono più adatti. Purtroppo la realtà vitivinicola della zona è troppo giovane per consentire delle scelte giuste senza dover ricorrere a fasi sperimentali sia per quanto riguarda la scelta del cloni che per quanto riguarda i sesti di impianto: per questo gli impianti non sono tutti uguali. Dal 2002 Cinzia, moglie di Eugenio, scomparso tre anni fa, dirige l’azienda con un tale entusiasmo e capacità che si può tranquillamente annoverare tra le grandi donne del vino italiano. La tenuta de Le Macchiole si estende per 22 ettari e sorge su terreni argillosi, profondi, elastici e dotati di un ottimo scheletro, che nutrono le viti esaltandone la peculiarità. La tenuta si compone di vigneti molto stretti, circa 10.000 piante per ha, caratterizzate da potature molto corte a cordone speronato doppio guyot e diradamento delle uve in modo tale che la produzione per pianta non superi gli 800/1000 gr. per pianta. Ogni fase di lavorazione viene eseguita a mano o con le forbici. Con la stessa professionalità con cui si dedicano al al lavoro in vigna, l'azienda si occupa dei vini durante il processso di vinificazione ed affinamento in cantina. Qui Le Macchiole, grazie a tecniche innovative e la ricerca di legnami selezionati, cerca di esaltare al massimo le caratteristiche dell'uva ottenendo un vino di grande espressione, caratterizzato da aromi e fragranze uniche.

Lo Scrio è un bellissimo Syrah in purezza, la cui prima annata risale ormai al 1994, che con l'annata 2004, secondo me, ha raggiunto l'apice della sua fase qualitativa. E' un vino Mediterraneo, dove eleganza e potenza sembrano aver raggiunto un perfetto equilibrio. Se provate a chiudere gli occhi e a mettere il naso nel bicchiere, vi sembrerà di essere in mezzo ad un campo di erbe aromatiche dove timo, alloro, eucalipto, rosmarino, ginepro, sembrano fondersi una unica carezza aromatica. Bellissima anche la nota fruttata e la speziatura tipica del syrah. In bocca il vino ha grande struttura ed equilibrio, con un tannino dolcemente integrato e ben supportato dall'acidità tipica del syrah. Finale di grande persistenza e balsamicità. Da berne a secchi abbinato a salumi di cinta senese......

Gianni Masciarelli e il suo Montepulciano Villa Gemma...

E' il 1984 quando Gianni Masciarelli crea il suo Villa Gemma, un Montepulciano innovativo a suo tempo visto che veniva prodotto con tecniche innovative per il tempo scegliendo di affinare il suo vino per lungo tempo in barrique.
E' subito un grande successo e insieme agli altri grandi d'Abruzzo come Edoardo Valentini e Emidio Pepe, contribuisce al rilancio della tipologia non solo in Italia ma in tutto il mondo.
Il Villa Gemma, proviene da uve del vigneto di San Martino sulla Marrucina, posto a 350 metri e considerato dallo stesso Masciarelli uno dei migliori 50 cru del mondo. La fermentazione, della durata di 15-20 giorni, avviene a temperatura libera fino a 30° mentre la macerazione, al fine di estrarre tutte le componenti fenoliche dell'uva, può arrivare anche ad un mese. Come detto in precedenza, il montepulciano viene poi invecchiato in barriques nuove per 18-24 mesi e successivamente affinato in bottiglia per altri 12 mesi.

Il Montepulciano Villa Gemma 1997 da me degustato qualche mese fa si presentava alla vista, nonostante oltre dieci anni, ancora di un bel rosso rubino intenso, cupo. I profumi sono intensi, avvolgenti di mora, prugna, tabacco, grafite, liquerizia, carrube, tamarindo, cioccolato fondente. In bocca il Montepulciano esprime tutto il suo carattere e la sua forza tannica ora, forse, leggermente più controllata grazie all'età. Vino che chiude lunghissimo su ricordi di frutta rossa e goudron e che potrà evolvere in bottiglia per alcuni decenni.Vino di vero terroir, vino di Masciarelli!


Credo che chiunque si sia chiesto almeno una volta "Chi me lo fa fare?". Io trovo la risposta nel destino della mia famiglia, nell'amore che porto alla mia terra e nelle soddisfazioni che ricevo dal mio lavoro.


Gianni Masciarelli