Best of Garantito IGP: dieci Pinot Nero altoatesini da scoprire e acquistare!

 

di Lorenzo Colombo


Abbiamo partecipato come commissari a diverse edizioni del Concorso Nazionale del Pinot Nero, se non andiamo errati a ben nove edizioni, non vi partecipiamo più da tre anni, ovvero da quando l’attuale regolamento del concorso prevedere che i commissari sino unicamente tecnici, ovvero enologi e enotecnici. Seppur Concorso “Nazionale” la maggior parte dei vini in competizione proviene dall’Alto Adige e nelle 20 edizione del Concorso quasi sempre i vini premiati appartengono a questa regione.


Nei prossimi giorni pubblicheremo un articolo relativo alle Giornate Altoatesine del Pinot Nero che si sono svolte dal 12 al 14 giugno ad Egna e Montagna e scriveremo anche in merito ai vini premiati nell’edizione 2021 del Concorso, ora invece andiamo a soffermarci sui vini dell’edizione 2020 del Concorso, ovvero quelli relativi alla vendemmia 2017.


Causa pandemia lo scorso anno le Giornate del Pinot Nero non si sono tenute, così non c’è stata la possibilità di assistere alla premiazione dei vini vincitori della scorsa edizione del Concorso e di poterli degustare. 
Gli organizzatori hanno così pensato di inserire la degustazione dei “Top of Pinot Noir 2017” all’interno dell’edizione attuale delle Giornate del Pinot Nero e così domenica mattina, 13 giugno, nella sala culturale J. Fischer di Montagna, alla presenza di quasi tutti i produttori dei vini premiati abbiamo potuto partecipare a questa degustazione.


Sentendo la descrizione dell’andamento climatico dell’annata 2017, che ha creato notevoli problemi in campagna, e di conseguenza anche in cantina, non ci saremmo aspettati una simile qualità da parte dei vini assaggiati, tutti molto buoni con punte d’eccellenza (secondo noi) per almeno un paio di campioni. 
Ecco la nostra personale classifica (tra parentesi la classifica ufficiale del concorso con la relativa posizione ottenuta). C’è da dire che noi abbiamo assaggiato i vini un anno dopo la commissione giudicante e, al di là della nostra opinione personale, in questo lasso di tempo i vini sono certamente cambiati.

Castelfeder - Pinot Nero Riserva "Burgum Novum" (7° - 87,5/100): granato non molto intenso, luminoso. Intenso al naso, balsamico, spezie dolci, elegante, fresco, pulito. Fresco, delicato, succoso, elegante, mediamente strutturato, bel frutto, ciliegia, lunga la persistenza. Vino di finezza, non di potenza. 93-94

Kellerei Terlan - Pinot Noir Riserva "Monticol" (2° - 89,1/100): granato di media intensità con ricordi color rubino. Intenso al naso, speziato, note balsamiche, frutto rosso, pulito. Fresco e fruttato, speziatura delicata, elegante, bella vena acida, buon frutto, lunga la persistenza. 93


Kellerei Andrian - Blauburgunder Riserva "Anrar" (3° - 88,5/100): granato-rubino di media intensità. Buona intensità olfattiva, note floreali, fresco, frutta fresca, leggeri accenni speziati, elegante. Fresco e fruttato, media struttura, leggeri accenni speziati, buona persistenza su accenni di radici. Vino più d'eleganza che non di potenza. 90

K. Martini & Sohn – Blauburgunder "Palladium" (9° - 86,5/100): granato di media intensità. Note balsamiche e vanigliate, legno dolce, spezie dolci, buon frutto speziato. Fresco, fruttato, leggera nota piccante (pepato), discreta struttura, buona persistenza su sentori di bastoncino di liquirizia. 88-89

Kellerei Tramin - Pinot Nero "Maglen" (8° - 86,7/100): granato con riflessi color rubino di discreta intensità. Mediamente intenso al naso, legno percepibile, note balsamiche, speziato. Buona struttura, frutto scuro, speziatura dolce, bella vena acida, lunga la persistenza. 88-89

Weingut Tiefenbrunner Schlosskellerei Turmnof - Blauburgunder Riserva "Linticlarus" (3° - 88,5/100): rubino-granato di discreta intensità. Intenso al naso, speziato, frutto rosso maturo, pulito, buona eleganza. Fresco, di buona struttura, leggeri accenni piccanti, speziato, bella vena acida, chiude con buona persistenza su leggeri sentori di bastoncino di liquirizia. 88-89


Kellerei Bozen Gen. Landw. Ges. – Blauburgunder "Thalman" (9° - 86,5/100): granato di media intensità. Buona intensità olfattiva, note balsamiche e vanigliate, legno dolce. Fresco, bel frutto, note vanigliate, buona eleganza, succoso, lunga la persistenza. 88-89

Elena Walch - Pinot Nero "Ludwig" (1° - 90,3/100): rubino-granato luminoso di discreta intensità. Intenso al naso, balsamico, frutto rosso speziato, leggere note floreali, pulito, di buona eleganza. Fresco e succoso, bel frutto, accenni speziati, chiude con buona persistenza leggermente amaricante. 87


Malojer-Gummerhof - Blauburgunder Riserva (5° - 88,4/100): granato non molto intenso, luminoso. Buona intensità olfattiva, note balsamiche e vanigliate, bel frutto rosso, pulito, leggeri accenni floreali. Fresco e succoso, mediamente strutturato, succoso, buona la persistenza, chiude con leggeri sentori di radici. 87

Weingut Ignaz Niedrist - Blauburgunder "Vom Kalk" (6° - 88,2/100): granato di discreta intensità con ricordi color rubino. Buona intensità olfattiva, speziato, frutto scuro. Buona struttura, legno ancora in evidenza, leggere note tostate-affumicate, chiude leggermente amarognolo. 84-85

InvecchiatIGP: Marotti Campi – Lacrima di Morro d’Alba DOC “Rubico” 2007

Non ne conosco bene il motivo ma ci sono alcuni vini in Italia che per tradizione, ignoranza o poca pazienza, scegliete voi, si pensa debbano essere bevuti solo dopo pochi mesi la loro messa in commercio perché, altrimenti, “non tengono”.

Vitigno Lacrima

Il Lacrima di Morro d’Alba, ahimè, per esperienza diretta, viene spesso inserito in questa categoria ma, se per caso, vi trovate nelle Marche e passate a trovare Lorenzo Marotti Campi, non provate a sostenere davanti a lui la tesi del Lacrima da bere giovane a tutti i costi perché potresti andare incontro a due opzioni: Lorenzo vi scioglie i cani oppure Lorenzo vi apre una verticale di
Lacrima di Morro d’Alba DOC “Rubico” senza precedenti per farvi cambiare idea.

Lorenzo Marotti Campi

Io, che sono stato più fortunato di altre persone che ancora stanno scappando dai maremmani di casa Marotti Campi (ovviamente scherzo), ho avuto il piacere di degustare una bellissima verticale di Rubico e, tra le tante annate che a breve descriverò all’interno di un articolo ad hoc su Percorsi di Vino, ho scelto per la rubrica InvecchiatIGP di parlare di un Lacrima di Morro d’Alba di “appena” 14 anni.


Marotti Campi - Lacrima di Morro d’Alba DOC “Rubico” 2007: dopo aver controllato più volte l’etichetta e essermi fatto garantire da Lorenzo che prima del 7 non ci fosse il numero 1 modificato in 0, devo ammettere che questo Rubico mi ha fatto davvero sobbalzare sulla sedia perché sia al naso che alla bocca non aveva nulla che facesse presagire la sua età. Nulla. All’olfatto è ancora giovane e sfavillante nelle sue classiche sensazioni di visciola, mora, rosa, peonia, spezie nere su incipit di erbe balsamiche. Sorso assolutamente vivo, composto, equilibrato, non sfuma in note eteree e terrose ma ripropone continuamente un finale fruttato, sapido e goloso che, a distanza di mesi, ancora ricordo nitidamente.

E ora, come la mettiamo con queste false credenze? Intanto che pensate alla risposta definitiva il mio consiglio è di continuare a leggere gli articoli di InvecchiatIGP!

Verrone Viticoltori - Vino Spumante Rosé Extra Dry "Le Mille Bolle"


Chi mi conosce sa che non amo gli spumanti, metodo martinotti, soprattutto se extra dry. Motivo? Spesso la “dolcezza” di questi vini che li rende quasi stucchevoli. 


Fortunatamente, Verrone ha dato vita a bollicine rosè da aglianico in purezza di eleganza floreale rossa, beverine e, soprattutto, dal sorso ottimamente bilanciato tanto che alla cieca non diresti mai che questo spumante abbia un residuo zuccherino importante. Bravo Paolo, davvero!

Ritorno in Umbria, a Decugnano dei Barbi, tra certezze e novità!

Sono tornato a Decugnano dei Barbi dopo sette anni e, rispetto alla mia ultima visita, che trovate descritta QUI, qualcosa purtroppo è cambiato visto che Enzo Barbi è rimasto solo alla guida dell’azienda visto che suo papà Claudio, nel 2019, è venuto a mancare. Altri aspetti invece, come ho potuto appurare nuovamente di persona, sono e rimarranno sempre immutati come, ad esempio, la determinazione della famiglia Barbi nell’essere un punto di riferimento per la produzione dell’Orvieto Classico Doc, dell’Orvieto Classico Muffa Nobile Doc, del Metodo Classico e di IGT Umbria bianchi e rossi.



Benvenuti in Umbria, a pochi chilometri dalla splendida Orvieto, più precisamente in Località Fossatello di Corbara, al confine con Toscana e Lazio, dove Decugnano dei Barbi sorge a 350 metri s.l.m., su terreni di epoca pliocenica, caratterizzati da sabbie gialle e conchiglie fossili visto che un tempo questo territorio non era altro che un fondale marino.


L’azienda si estende su 56 ettari di cui 32 vitati ricompresi nella DOC Orvieto. Le varietà coltivate sono: Grechetto, Procanico, Vermentino, Verdello, Chardonnay, Sauvignon blanc e Semillon per le uve a bacca bianca; Sangiovese, Montepulciano, Syrah, Cabernet Sauvignon, Merlot e Pinot Nero per quelle a bacca rossa. In vigna, da anni, non si utilizzano pesticidi, anti-botritici, diserbanti e concimi chimici ed è iniziata la conversione all’agricoltura biologica che terminerà nel 2024.

Claudio ed Enzo Barbi

La storia dei Barbi, in terra umbra, inizia alla fine degli anni '60 del secolo scorso quando il nonno di Enzo, che a quei tempi comprava e vendeva vino per il mercato della Lombardia, decise di acquistare per suo figlio Claudio (papà di Enzo) un pezzo di terreno nell'orvietano che in quel periodo era molto di moda. "Mio papà spesso di scontrava con mio nonno sul tema della qualità del vino così" - mi spiega Enzo sorridendo - "acquistargli tre ettari di terreno ad Orvieto ha significato lasciargli produrre il vino come voleva lui lasciando al tempo stesso in pace mio nonno che poteva proseguire il suo lavoro senza troppe scocciature!!". Decugnano ad inizi del 1970 era in vendita e la famiglia Barbi non c'ha pensato due volte ad acquistare la tenuta, a quel tempo in miseria, non solo per la bellezza del posto ma, soprattutto, per il terreno che, rispetto alla zona sud dell'orvietano, non è di tipo tufaceo ma, come abbiamo scritto in precedenza, di carattere marnoso e argilloso e ricco di fossili di ostriche e conchiglie di epoca pliocenica. "Sai Andrea" - commenta Enzo - "mio madre è amante dello Chablis e questa terra ricorda molto quel particolare terroir francese"

Fossili nel terreno

Era il 1973 quando Claudio Barbi acquistò il podere piantando, in sequenza, i vitigni storici dell'Orvieto Classico (trebbiano, malvasia e grechetto) e alcune piante di sangiovese e canaiolo iniziando un'intensa fase di sperimentazione, che riguardò anche la spumantizzazione delle uve dell'Orvieto, che prese forma nel 1978 quando comparvero sul mercato tre vini: il Decugnano bianco, il Decugnano rosso ed il primo metodo classico prodotto in terra umbra. Otto anni dopo, nel 1981, l'azienda propose sul mercato prima bottiglia italiana di vino da uve botrizzate: Pourriture Noble. Nessuno fino a quel momento si era accorto che la Botrytis Cinerea “attaccava” anche i vigneti di alcune zone dell'Orvietano.

Enzo Barbi

Girando per l’azienda mi accorgo che, rispetto a sette anni fa, la cantina di vinificazione è rimasta più o meno la stessa ovvero popolata da vasche di fermentazione, tutte in acciaio, destinate ognuna ad uno specifico vigneto. L’unica novità vera in questo contesto è che, rispetto alla ultima visita, ora la supervisione enologica è seguita Riccardo Cotarella.


La parte più bella e suggestiva di Decugnano dei Barbi, come sempre, è costituita dalle antiche grotte etrusche scavate nella sabbia, regno di quel metodo classico che Claudio Barbi, originario di Brescia e con ovvie ispirazioni franciacortine, ha voluto porre in essere nel 1978 spumantizzando le uve tipiche dell'Orvieto grazie all'aiuto di Corrado Cugnasco, enologo aziendale dell'epoca.


Con Enzo, visto il caldo di Luglio, decidiamo di dedicarci quasi esclusivamente alla degustazione delle bollicine e dei vini bianchi aziendali. Si inizia, ovviamente, con il grande Metodo Classico di Decugnano dei Barbi!

Metodo Classico “Brut” 2016: da uve chardonnay e pinot nero nasce questo metodo classico la cui seconda fermentazione è avvenuta in grotta dove le bottiglie sono rimaste ad una temperatura costante di 13°C per 42 mesi. La sboccatura del primo lotto è avvenuta a fine Ottobre 2020. Lo spumante, solcato da persistenti catenelle di carbonica, è caratterizzato dal contrappunto fra soavi note fruttate di pesca gialle e mela golden, gelsomino e persistenti richiami iodati. Strutturato con sapidità ben garbata e finale strutturato decisamente sorretto dall’effervescenza che richiama continuamento l’assaggio.


Orvieto Classico Superiore DOC “Mare Antico” 2018 (55% grechetto, 20% vermentino, 20% chardonnay, 5% procanico): ex “Il Bianco” di Decugnano dei Barbi, questo vino nasce dalle migliori uve dei migliori appezzamenti della tenuta e prende il nome, fortemente evocativo, dai terreni sui cui sono piantati i vitigni e che, come scritto precedentemente, sono di origine marina e perciò ricci di fossili marini, argilla e sabbia. La 2018, come mi spiega Enzo, è stata per loro una annata complicata dal punto di vista delle temperature medie (non si arriva ai picchi di calore della 2017) e per questo motivo il vino risulta molto avvolgente ed intenso con la sua complessità fruttata che richiama la nespola, il frutto della passione, la felce e l’elicriosio. Beva suadente, in grande equilibrio sotto la spinta acido-sapida. Una significativa mineralità dona lunghezza gustativa con finale fruttato e carico di richiami olfattivi.


Orvieto Classico Superiore DOC “Mare Antico” 2019
(55% grechetto, 20% vermentino, 20% chardonnay, 5% procanico): rispetto all’annata precedente, la 2019 è stata di gran lunga più equilibrata e di questo ce ne rendiamo conto appena mettiamo il naso nel bicchiere che, stavolta, emana non sensazioni avvolgenti di frutta gialla ma fresche nuance di melone bianco, susina, pompelmo, virando poi verso nette percezioni salmastre che richiamano profondamente il terroir di provenienza del vino. Al sorso una sapidità quasi salina e la percettibile freschezza regalano tanta vivacità, lunghezza ed una beva nobile ma spensierata.


Umbria Bianco IGT “L’Inquisitore” 2019
(100% sauvignon blanc): proveniente da una vecchia vigna di sauvignon blanc, la quale ha dato vita ad un’edizione speciale di 1300 bottiglie nel 2016, l’Inquisitore è un vino che è nato per spazzare via alcuni pregiudizi e alcune polemiche sul sauvignon blanc tanto che, come si vede nella retroetichetta, tutti noi, nella morale di Enzo Barbi, siamo inquisitori visto che giudichiamo spesso e volentieri un vino senza nemmeno assaggiarlo. Chi identifica negativamente il sauvignon blanc solo con alte percezioni pirazine e tioli sarà notevolmente sorpreso da questo sauvignon blanc umbro che gode, anche grazie all’annata decisamente equilibrata, di eleganza e mineralità senza mai strabordare in connotazioni gusto-olfattive naif che, per anni, ci hanno tutte trasformato in (santi) inquisitori.


Umbria Rosso IGT “Il Rosso” - Special Edition A.D. 1212” 2018
(65% syrah, 20% cabernet sauvignon e 15% montepulciano): il vino, che da anni rappresenta un punto di riferimento per i rossi umbri, sfoggia una notevole complessità fatta di mora e prugna matura, seguita da una rinfrescante ed esplosiva successione di cola, radice di liquirizia; un continuo mutamento che sfocia, richiamando il syrah, in una chiusura di spezie nere indiane. Sorso voluttuoso, di sostanza, ma al tempo stesso mai seduto su se stesso grazie ad una freschezza incisiva ed an un tannino di grana fine. Si congeda lentamente e senza fretta su ricordi balsamici. Nota tecnica: la fermentazione avvenuta in acciaio. Un terzo del vino è stato affinato per un anno in barrique di rovere francese (nuove, di secondo e terzo passaggio), mentre i rimanenti due terzi sono rimasti in affinamento in acciaio. Dopo un assemblaggio meticoloso, il vino è stato imbottigliato e fatto affinare in bottiglia per altri 6 mesi.


Orvieto Classico Doc Muffa Nobile “Pourriture Noble” 2016
(55% grechetto, 45% sauvignon blanc, 5% procanico): Claudio Barbi, oltre ad essere stato il precursore del metodo classico ad Orvieto, è stato il primo (1981) a credere nelle potenzialità e nello sviluppo della muffa nobile in questo territorio. Questo muffato, perciò, da sempre rappresenta una vera e propria bandiera qualitativa di Decugnano dei Barbi che si esprime in questa bella annata su sentori di zafferano, legno di faggio, miele millefiori, albicocca disidratata, marmellata di arance. In bocca la dolcezza è sapientemente gestita grazie a sapidità e acidità del vino che, martellando, vanno a riequilibrare la morbidezza di questo muffato da farci l’amore. Nota tecnica: le uve sulle quali si era sviluppata la botrytis cinerea sono state raccolte in due successivi passaggi, nella seconda metà di settembre. Arrivate in cantina, le uve sono state immediatamente pressate in maniera estremamente soffice. La fermentazione è avvenuta in un unico tino di acciaio ed è durata un paio di mesi. Il vino è stato imbottigliato nel Novembre 2020.

InvecchiatIGP: Capitoni - Orcia Doc “Frasi” 2006

di Lorenzo Colombo 

UN MILLESIMO: UNA FRASE

“CIO’ CHE MIGLIORE E’,
CIO’ CHE MIGLIORE SARA’,
…SCELGO.”

E’ questa la “frase” riportata in etichetta per il vino del millesimo 2006. Ogni anno infatti Marco Capitoni riporta una diversa frase sull’etichetta del suo vino più conosciuto e famoso, l’Orcia Doc Frasi, prodotto con 90% di uve Sangiovese, più Canaiolo ed una piccola parte di Colorino, vino che fermenta in acciaio e s’affina per due anni in botti da 33 ettolitri. 


Ed è questo il vino che abbiamo scelto per l’InvecchiatIGP di questa settimana, bottiglia scovata tra i numerosi vini con più di qualche anno sulle spalle sparsi per la cantina. 
Dalla capsula si scorge qualche segno di colatura, infatti fatica a staccarsi dal collo della bottiglia, la superficie del tappo ci pone qualche dubbio sulla tenuta del vino, dubbio confermato quando estraiamo il sughero, imbevuto di vino per buona parte della sua lunghezza. 


Al naso però non presenta nulla d’anomalo e quindi riprendiamo fiducia. Segue poi la decantazione del vino, prevedendo una buona dose di deposito, ipotesi però non confermata dai fatti, sul fondo della bottiglia non c’è quasi traccia di sedimento. 

E’ quindi arrivato il momento dell’assaggio!

Il colore è granato profondo e compatto, l’unghia tende all’aranciato, una corretta definizione potrebbe essere “color prugna cotta”. Mediamente intenso al naso, ampio, complesso e delicato, si coglie il sottobosco, con note d’humus e di foglie bagnate, il tabacco dolce, il frutto scuro (ciliegia e prugna matura) venato da speziature dolci, le note balsamiche e gli accenni di cuoio. 


Alla bocca la struttura non appare massiccia, anzi, pare il tempo l’abbia un poco smagrito, il vino è fresco, intenso e succoso al palato dove ritroviamo le note balsamiche ed i sentori di spezie dolci, il tannino, perfettamente integrato nell’insieme è ancora presente ma quasi con discrezione e lo rende asciutto, si percepiscono accenni di liquirizia e di radici, leggere note mentolate e di caffè e la sua persistenza è più che buona.Un vino che non ha subito alcun cedimento dato dal tempo, né al naso né alla bocca, forse come sopra accennato, negli anni ha perso solamente un poco in volume. 


L’azienda di Marco Capitoni si trova nel comune di Pienza, in Val d’Orcia, una tra le più belle zone della Toscana, se non d’Italia, bella e sfortunata però -se parliamo della Val d’Orcia vitivinicola- si trova infatti compressa tra due tra le più importanti denominazioni italiane: il Brunello di Montalcino ed il Vino Nobile di Montepulciano e, sebbene molti dei vini che vi si producono hanno ben poco da inviare agli ingombranti vicini, faticano un poco ad emergere e ad essere considerati per il loro reale valore. 

Marco Capitoni - Credit: promowine

La famiglia di Marco è sempre stata dedita all’agricoltura, nei 50 ettari del loro Podere Sedime si coltivava grano, seminativi, oltre ad avere oliveti e vigneti. Fu Marco, a metà degli anni Novanta a sviluppare la parte vitivinicola e ad imbottigliare il primo vino nel 2001, ora gli ettari vitati sono sei, per una produzione di 20.000 bottiglie/anno delle quali circa 4.000 di Frasi.

Vigne

I vigneti si trovano ad oltre 450 metri d’altitudine su quello che un tempo era un fondale marino, le caratteristiche del suolo e le notevoli escursioni termiche dovute all’altitudine fanno si che se ne ricavi un’uva dal notevole potenziale, che, ben gestita in cantina, è in gradi di dare vini complessi ed eleganti. A proposito di uva il vitigno principale è il Sangiovese, seguito dal Merlot, utilizzato, quest’ultimo in blend con il Sangiovese nell’Orcia Doc Riserva Capitoni. Terzo ed ultimo vino prodotto è il Troccolone, Sangiovese in purezza affinato in anfora. 

Planeta - Etna Bianco Doc 2017


di Lorenzo Colombo

Da uve Carricante allevate a 700 metri d’altitudine sul versante nord dell’Etna, su suoli costituiti da sabbie laviche, nasce questo vino strutturato e morbido, connotato da sentori di frutta gialla matura, note tropicali ed accenni idrocarburici.


La vinificazione prevede che una piccola parte del mosto fermenti in tonneaux.

C’è il Vermouth e poi c’è il Vermouth di Torino IG


di Lorenzo Colombo

Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto ministeriale 1826 del 22 marzo 2017, il Vermouth di Torino viene riconosciuto come Indicazione Geografica, è questo l’ultimo atto di un lungo percorso volto al riconoscimento dell’unicità di questo prodotto. La prima normativa riguardante il Vermouth è datata 1933 ed andava a stabilire la sua gradazione alcolica minima, il suo tenore zuccherino e la percentuale in volume del vino base e delle sostanze aggiunte. 


Nel 1991, con l’individuazione delle Indicazioni Geografiche Tipiche viene poi riconosciuto e tutelato il Vermouth di Torino, nel 2014, durante un seminario negli Stati Uniti, emerse l’urgenza di una di una maggior protezione del prodotto dato che in quel paese leggi più elastiche andavano a permette la produzione di Vermouth senza le caratteristiche peculiari di questo prodotto. 
I produttori italiani si riunirono quindi in un tavolo comune, ad Asti e grazie anche al sostegno della Federvini si arrivò alla legge italiana inviata quindi per la ratifica alla Commissione Europea per giungere infine al riconoscimento dell’Indicazione geografica del Vermouth di Torino. 

Nel 2017 nasce quindi l’Istituto del Vermouth di Torino e due anni dopo viene costituito il Consorzio del Vermouth di Torino. 

Il disciplinare di produzione del Vermouth di Torino prevede quattro tipologie di prodotto, basate sul colore (Bianco, Ambrato, Rosato o Rosso), altra distinzione tra i prodotti è data dal suo grado di dolcezza che presenta tre livelli: Extra Dry (meno di 30 g/l di zucchero, Dry (meno di 50 g/l) e dolce, riservato ai Vermouth con un tenore zuccherino d’oltre 130 g/l.  La sua gradazione alcolica dev’essere compresa tra il 16% ed il 22% vol., è inoltre prevista la tipologia Superiore che prevede l’utilizzo di almeno il 50% di vino prodotto in Piemonte, come pure prodotte in regione debbono essere le sostanze aromatizzanti, per questa tipologia la gradazione minima sale al 17% vol. 


Lo scorso 16 giugno il Consorzio del Vermouth di Torino si è ufficialmente presentato alla stampa presso il Palazzo Parigi Hotel a Milano. Erano presenti il Presidente del Consorzio Roberto Bava ed il direttore Pierstefano Berta che hanno tenuto la relazione dal titolo “Dai Savoia alla nuova legge di tutela: il racconto del Vermouth di Torino”. 
E’ quindi seguita una degustazione guidata (a bottiglie coperte) della principali tipologie di Vermouth di Torino spiegandone caratteristiche ed utilizzo, sono così stati presentati un Vermouth Dry, uno Bianco, uno Ambrato ed uno Rosso. Questa degustazione è stata condotta da un esperto di mixology e questo c’è un poco dispiaciuto perché avremmo preferito che fosse data maggior importanza al Vermouth di Torino in quanto tale, e non come ingrediente (seppur basilare ed importante) di una bevanda miscelata. 


Infine erano presenti 53 Vermouth di Torino in degustazione libera, prodotti da 22 aziende, purtroppo il poco tempo a disposizione ci ha permesso d’assaggiarne solamente una dozzina, tutti piuttosto interessanti, tra i nostri preferiti andiamo a citare: 

Bordiga - Vermouth di Torino Bianco: dal naso intenso, speziato ed elegante; intenso e morbido alla bocca con sentori piccanti che rimandano nettamente allo zenzero, lunga la sua persistenza. 

Drapò – Vermouth di Torino Rosato: discretamente intenso al naso, agrumato con sentori di scorza d’arancio e leggeri accenni di spezie dolci; fresco alla bocca dove si ripropongono le note agrumate che rimandano al pompelmo, lunga la persistenza. 

Del Professore - Classico Vermouth di Torino Ambrato: dal color giallo-dorato luminoso, intenso ed elegante al naso dove si colgono sentori di radici e d’erbe aromatiche; fresco ed agrumato alla bocca, con accenni piccanti di zenzero e lunga persistenza. 

Tosti 1820 – Taurinorum Vermouth di Torino Superiore Ambrato: color ambrato luminoso, discretamente intenso al naso dove si percepiscono sentori di caramella all’orzo; intenso alla bocca, di nuovo si coglie la caramella all’orzo oltre a sentori di radici dolci e di cannella, buona la sua persistenza. 


Cocchi – Storico Vermouth di Torino Rosso
: color tra il topazio ed il granato, intenso al naso dove presenta sentori di radici dolci e spezie dolci; succoso al palato, vi cogliamo radici dolci e caramella al rabarbaro, lunga la sua persistenza. 

Peliti’s - Vermouth di Torino Rosso: color granato, mediamente intenso al naso dove presenta leggere note di radici e corteccia; succoso e piacevolmente amaricante al palato, caramella al rabarbaro. 

Arudi - Vermouth di Torino Rosso: color granato luminoso, Intenso al naso, con sentori di radice di genziana e rabarbaro; netti sentori di radici alla bocca (sembra un amaro), lunga la sua persistenza. 

Drapò – Tuvè Vermouth di Torino Rosso: color granato, intenso e balsamico al naso dove cogliamo spezie dolci, cannella e noce moscata; di buona struttura, leggermente piccante (pepe), chiude su sentori di rabarbaro.