Street Food ad Istanbul

Questa volta parlo di gastronomia, da tempo volevo pubblicare e commentare alcune foto "immagazzinate" nella mia Kodak da quattro soldi. Oggi è di scena lo street food turco, in particolare di Istanbul!

Grazie ai miei amici di Scoprire Istanbul, a cui ho chiesto qualche consiglio, ho potuto testare, con tutti i sensi, quanto sia importante culturalmente per questa città il cibo di strada. 
Dove ti giri, dal centro fino alle periferie, è un proliferare di banchi e chioschi, più o meno spartani, dove mangiare rapidamente ed avidamente piccole bontà.

Oltre all'immancabile Kebap, a cui dedicherò magari un post a parte, ad Istanbul è immancabile prendere il balik ekmek, cioè il panino col pesce (sgombro o maccarello).
Il posto più turistico dove prendere questa prelibatezza è rappresentato da Eminönü, sotto il ponte di Galata. Per 5 LT (due euro circa) ci sono le famose barchette adornate che, di contunuo, sfornano panini per la folla di turisti in cerca di sapori tradizionali che ignorano, come mi dicono, che quello sgombro appena scottato sulla griglia con un filo di olio spesso non ha origini turche ma...scandinave. 


Ponte di Galata
Uno dei posti migliori per mangiare un vero balik ekmek è il quartiere di Besiktas dove, accanto al piccolo mercato del pesce (freschissimo), si trova una sorta di chiosco, il Balicka,  che a tutte le ore sforna panini col pesce, non solo sgombro, a dir poco fantastici. Pane fresco, ottima materia prima, un pò di insalata, un filo di limone (cipolle, no grazie) e il gioco è fatto. Prezzo? 4 LT, meno di due euro....




Se, poi, avete la fortuna di passare da quelle parti dopo le 21, noterete in un angolo della strada questo signore con tanto di barbecue "insalsicciato". La sua è una presenza fugace ma, quello che vende, il suo panino, è davvero strepitoso!! Non domandatemi di cosa sono fatti questi salami perchè, a volte, è meglio non sapere........






Peccato che a Roma non ci sia nulla paragonabile a tutto ciò. Lo street food capitolino è ancora relegato all'interno di spazi chiusi che nulla hanno a che fare con la vera anima del cibo di strada. O sbaglio?

La Slovenia in un sorso

Andreja Lajh anche quest'anno ha organizzato a Roma una interessante degustazione sui vini della Slovenia
All'interno della sala Ailanto del rooftop del Marriott Grand Hotel, sui tetti di via Veneto per intenderci, erano presenti nove produttori selezionati dalla stessa Andreja che, in questo modo, ha voluto creare per gli ospiti una sorta di introduzione al mondo dei vini sloveni, troppo spesso sottovalutati all'interno di un mercato italiano, parlo della massa di consumatori, dove ciò che non si conosce deve essere per forza di serie B.

Di seguito, per ogni produttore, il migliore assaggio con qualche eccezione:

Hisa Joannes Protner - Renski Rizling: qusto piccolo produttore sloveno ha portato a Roma tre annate del suo riesling. La 2011 era giovane, dura e chiusa come un cancello del 1800. Il 2009 già meglio con una nota fruttata appenna accennata mentre la 2007 mi è davvero piaciuta visto che tutti i classici profumi del grande riesling erano svolti e al palato il vino giocava su intensità, freschezza e persistenza. Prezzi al pubblico davvero ottimi.


Steyer Mark - Cuvee 2010: questo produttore che ha vigneti nella zona di Maribor mi ha conquistato con questo blend di uve bianche che creano una miscela vinosa di grande impatto dove le durezze sono ben bilanciate dall'aromaticità e dalla morbidezza del gewurztraminer. 


Pullus - Sauvignon 2011: questa grande cantina con oltre 40 vini in listino era rappresentata da un omone grande e grosso che ho ridefinito il Bonci della Slovenia. La linea presentata non era di grande fascino, sono vini abbastanza basilari e, tra un pinot grigio, una cuvee e un sauvignon, ho scelto quest'ultimo per essere abbastanza didattico e lineare. Niente di più.

Ecco, ve lo dicevo che era grosso!

Marjan Simčič - Ribolla Opoka 2008: da uno dei più bravi vignaioli sloveni nasce una ribolla davvero ottima, per nulla scontata con suo corredo aromatico minerale e agrumato. Bocca piena, progressiva, persistente. Ce ne fossero.

Marjan Simčič - Teodor Bianco Selekcija 2008: la prima eccezione alla scelta di un vino per produttore riguarda questo blend (ribolla 60%, sauvignonasse 20%, pinot grigio 20%) che per il produttore rappresenta uno dei vini più famosi. Buona struttura, eleganza e bilanciamento sono le caratteristiche di questo vino che non smetteresti mai di bere. Da tutti i giorni? Magari!

Marjan Simčič

Edi Simčič - Malvazija 2009: da un Simčič all'altro! Questa volta ci troviamo nel Collio Sloveno e questo importante produttore ci offre una bellissima malvasia che si contraddistingue per il suo carattere aromatico di erbe, tra lel quale spicca il timo, e la sua anima freddamente minerale. Bocca importante, acida, viva, persistente.


Miha Batič - Sauvignon 2009: questo giovane vignaiolo della Valle di Vipava è sicuramente quello che, tra i vari, mi ha colpito di più. Ottimo il suo sauvignon, per niente scontato e giocato su toni quasi francesi, ma quello che vorrei sottolineare stavolta è l'anima di questo ragazzo che per molto tempo, con entusiasmo, mi ha parlato di cicli naturali, biodiversità e tradizioni famigliari. 

Miha Batič - Zaria 2009: prendi un mucchio di uve sconosciute a molti umani (55% di Pinela, 20% di Zelen, 10% di Rebula, 8% di Vitovska, 4% di Klarnica, 2% di Chardonnay, 1% di Rumeni Muškat), mischia tutto, agita bene e fai uscire un grande vino. Solo un alchimista naturale come Miha ci poteva riuscire. 

Miha Batič
 

Rodica - Malvazija 2010: questa piccola cantina biologica come unico bianco aveva questa malvasia istriana dal corredo aromatico maturo di frutta gialla (nespola, pera, mela), fiori di acacia e camomilla. Bocca ricca, fresca, fruttata. Mancava forse lo slancio finale per essere un vino da ricordare.


Movia Lunar 2008: già il nome di questo vino, che fa riferimento alle fasi lunari che si seguono durante la vinificazione, la dice lunga sull'approccio di questo importante produttore sloveno. E' un "classico" bianco macerato sulle bucce (otto mesi) che a me piace molto per il suo essere leggiadro pur con i piedi di piombo. Mi ricorda la figura di un astronauta sulla Luna...appunto. Come dice lo stesso produttore è un vino dal carattere forte che avrà tanto tempo davanti a sè. A  me, però, piace ora!

Movia Veliko Rosso 2004: nasce da un blend di merlot, pinot nero e cabernet sauvignon e, seppure non sia il rosso della mia vita per qualche note "rustica" di troppo, devo dire che l'ho bevuto con grande piacevolezza alla fine del tour tra i banchi di assaggio. Tra un saluto e l'altro il vino si è smaterializzato dal bicchiere in un attimo. Tutto ciò vorrà dire qualcosa?

I vini di Cantina Vintinove

Disclaimer

I vino degustati sono campioni omaggio forniti dall'azienda

Tradizione e modernità. Due parole apparentemente contrapposte ma che ben identificano questa azienda veneta di proprietà di Francesco e Sandro Bravin che oltre ad impegnarsi a fondo nella salvaguardia e nella coltivazione dei terreni di famiglia, hanno capito più di altri le potenzialità del web. L'invio dei campioni dei loro vini a più wine blog ne è la testimonianza diretta.

Francesco e Sandro Bravin

29, un marchio ma anche un vocabolo che si può scomporre in VIN TINO VE, ad indicare il “VIN de TINO de VEnexia", un omaggio al dialetto territoriale ma, soprattutto, alla figura di Ernesto (Tino), padre degli attuali proprietari, cui spetta il merito di aver assemblato negli anni i terreni che oggi costituiscono il patrimonio della cantina.

Tre i vini inviati per la degustazione, uno chardonnay, un pinot grigio e l'Arcumbè, il rosso di punta dell'azienda.

Lo Chardonnay Doc 2011, vinificato in acciao, mi ha stupito positivamente in quanto non è il vitigno è stato trattato con sensibilità senza dare al prodotto finale lo stile tropical-bananoso che spesso ritrovo in altri vini. Fresco, sapido, franco, lo chardonnay Cantina 29 è un vino quotidiano di sicuro interesse, per circa 6 euro ci si può stare ampiamente.


Il pinot grigio Doc 2011, vinificato in acciaio, ha naso di frutta a polpa bianca, fiori e gesso. Sapido e nervoso ha un finale minerale e fruttato. Anche in questo caso un gradevole vino da tutti i giorni con un ottimo rapporto q/p.


L'Arcumbè 2010 (Merlot 60%, Carmenère 30%, Refosco dal Peduncolo Rosso 10%) è sicuramente il più interessante del lotto che mi è arrivato. Ha un naso abbastanza complesso ch richiama la frutta a bacca nera, liquirizia, china. In bocca, nonostante la morbidezza del merlot, è duro come piace a me, con un tannino graffiante e un'acidità sferzante. Manca ancora un pò di profondità e personalità ma, ancora una volta, per circa 6 euro è un buon compagno di merenda. Affinamento: sei mesi in botte grande.


Vintinove è una cantina da seguire, hanno ancora ampi margini di migliorante e se la passione non cederà col tempo ne sentiremo parlare ancora.

Vignaioli di Langa e Piemonte: piccoli appunti di degustazione

Non è più una novità, nè l'ottima organizzazione di Tiziana Gallo, nè la qualità  media elevatissima dei produttori presenti a Vignaioli di Langa e Piemonte, evento tenutosi lo scorso week end a Roma.
Difficile dire che mi è piaciuto di più, sul mio Moleskine nero sbiadito ho sottolineato più volte i seguenti vini:

Cieck - Calliope Brut (100% erbaluce): ottimo metodo classico di questa azienda che punta molto su questo vitigno da troppi sottovalutato. Naso dove si interseca la frutta bianco con una vena minerale, a tratti marina, di grande fascino. Bocca piena, fresca, persistente. Bella sorpresa.


Trediberri - Langhe Sauvignon 2011 (100% sauvignon blanc): solo un pazzo pianterebbe sauvignon in Piemonte all'interno di quel terroir meraviglioso per il nebbiolo che prende il nome di Rocche dell'Annunziata. Beh, quel visionario ha dato vita ad un bianco di stile francese, altro che pipì di gatto, qua c'è mineralità e tensione a go go. Ottimo rapporto q/p. Bravi.


La Colombera - Il Montino 2010 (100% timorasso): corpo ed eleganza per questo grande timorasso dei . Elisa Semino è brava e non è lontano il momento in cui supererà il Maestro Massa. Anche il Derthona, il suo "base" è davvero sorprendente per la vena minerale.


Castello di Verduno - Barbaresco Rabaja 2009 (100% nebbiolo): naso fine, floreale, poi timo, violetta, tabacco, liquirizia. Bocca potente e decisa, tannino corroborante e grande persistenza. Piaciuto un fracco!

Giacomo Fenocchio - Barolo Bussia 2008 (100% nebbiolo): tra Cannubi, Villero e Bussia non sapevo veramente quale premiare, la gamma presentata da Claudio Fenocchio è davvero da lacrimuccia. Ho preferito il Bussia perchè a mio giudizio è un Barolo che unisce potenza ed eleganza allo stesso tempo. Dello stesso Cru ho provato anche la versione con macerazione sulle bucce per 90 giorni circa. Vino per ora introvabile (circa 500 bottiglie prodotte) che, se può, aggiunge profondità e polpa ad un campione assoluto. La Riserva 2006 è ancora giovanissima ma promette grandi cose.



Giuseppe Rinaldi - Barbera d'Alba 2011 (100% barbera): Marta non porta mai il Barolo di famiglia ma questo Barbera non fa rimpiangere le assenze. Succoso e fresco, ha una bevibilità mostruosa.


Brezza - Barolo Sarmassa 2008? (100% nebbiolo): grande fascino per un Barolo che sa di erbe officinali, spezie e frutta rossa. Tannini fitti, eleganti, ben inseriti nella struttura di ottimo vigore e sostanza. Persistenza imponente.

Teobaldo Rivella - Barbaresco Montestefano 2008 (100% nebbiolo): tre righe non offrono giustizia a Baldo e Maria Rivella, due persone umili quanto grandi. Con una gentilezza di altri tempi mi hanno offerto il loro Barbaresco Montestefano, un vino straordinario che nasce da un territorio unico. E' un nebbiolo granato intenso con un naso articolato di sentori balsamici, legni preziosi, rosa, alloro, una sequenza coinvolgente. Il tannino è in gioventù ma l'eleganza, la compattezza e la persistenza di questo vino sono fulgidi come l'aurora. 

Giuseppe Cortese - Barbaresco Rabajà Riserva (100% nebbiolo): mi rendo conto, da quanto scritto, che questo giro sono stato folgorato dai Barbaresco d'autore. E come non esserlo, soprattutto quando nel bicchiere hai il Rabajà Riserva di Cortese, non ancora in commercio, che ti fulmina per l'austerità delle essenze iodate che si fondono con la terra umida, gli aghi di pino e la fragola macerata.  Fresco, di altri tempi, è ancora in fasce vista l'indomabilità attuale della sua trama tannica. Chiude sapido, infinitamente persistente.


Le Piane - Boca 2007 (nebbiolo, vespolina e bonarda): amo il nord Piemonte e amo Christoph Künzli, il gigante buono del Boca che, complice l'annata straordinaria, regala ancora una volta un Boca esemplare per eleganza e cristallinità. Bocca fiera, minerale, equilibrata quanto basta per berlo a secchi. Vino di splendida aderenza territoriale, figlio dei porfidi da cui nasce. 

Castello Conti - Boca 1998 (70% di nebbiolo,  25% vespolina e 5% di uva rara): quando il mago Silvan l'ha tirato fuori dal cilindro magico tutta la platea, dopo averlo bevuto, ha esclamato:"Ma questo vino non invecchia mai?". Parole sante!

Tenute Sella - Bramaterra 2008 (nebbiolo 70%, croatina 20%, vespolina 10%): gran vino dove freschezza, balsamicità e mineralità fanno la parte del padrone. Bocca intensa, piena, agile. Grande bevibilità.

Ezio Cerruti - Moscato Passito 2007 (100% moscato): fare un moscato passito è difficile, soprattutto perchè si potrebbe sconfinare nel banale. Cerruti, invece, riesce in questo piccolo miracolo producendo uno dei migliori vini dolci italiani.


Infine, due segnalazioni: se le incontrerete sulla vostra strada non fatevi scappare l'intera gamma dei vini di Cascina delle Rose e dell'azienda biodinamica La Raia. Di quest'ultima non ho fatto in tempo a degustare nulla ma me ne parlano molto bene.

La ricetta di Franco Maria Ricci e Bibenda contro la crisi economica

Non sono mai stato per l'austerità, la crisi si combatte anche esorcizzando certi problemi ma, dalle parti della sede di Bibenda, c'è qualcuno che è andato oltre e non si è regolato. Come sempre. 

Franco Maria Ricci, patron di Bibenda e direttore dell'AIS Roma ha organizzato un evento natalizio anti crisi per il 20 Dicembre al quale tutti gli associati, come minimo, dovrebbero aderire. Di che si tratta? Se clicchiamo qua leggiamo che per combattere questo momento di recessione "al centro della Sala Belle Arti verrà allestito un grande contenitore, colmo di ghiaccio, nel quale verranno sistemate oltre 150 bottiglie di Champagne. Per l’abbinamento con lo Champagne proporremo una degustazione di caviale, crudi di pesce, frittini, prosciutto crudo, spaghetti cacio e pepe… e panettone.

Ciascun partecipante potrà bere la propria bottiglia di Champagne ed eventualmente assaggiarne un’altra…

La musica che farà da colonna sonora all’evento è quella della famosa BAND BIBENDA (Luciano Mallozzi, Paolo Lauciani, Massimo Billetto e…).  

Le barzellette invece saranno quelle di Ubaldo e le vostre.

Inoltre tra tutti i partecipanti sarà sorteggiata una cantina di 60 bottiglie di vino italiano.
Per chi lo desidera poi, se non vorrà tornare a casa, sarà a disposizione una camera nell’Hotel.
Il costo dell’evento è di € 250 a persona o € 500 camera inclusa. 


Perchè questa buffonata? Se è vero che è giusto festeggiare anche in questo duro periodo, è altrettando vero che spendere 250 euro per una bottiglia di champagne (chissà quale poi..) e qualche finger food di lusso è il massimo della frivolezza e una presa per il culo per chi con quei soldi ci deve "campare" un mese tra mille difficoltà.

Caz..., fai l'evento fighetto, nessuno te lo nega, ma almeno tieni fuori la parola crisi che mi sa, caro Ricci, non sai nemmeno cosa significhi e, di certo, non si combatte dandoti i nostri soldi che ci SUDIAMO ogni giorno.

Ma nessun che lavori con lui che gli dica nulla?

VERGOGNA!!

Fonte: iltuolaboratorio.blogspot.com

Il Chiaror sul Masso di Cascina I Carpini

Eccomi qua, dopo quasi due anni, ad occuparmi ancora del Chiaror sul Masso, lo spumante metodo Martinotti da uve timorasso che, con grande coraggio, Paolo Ghislandi di Cascina I Carpini sta producendo da qualche anno con grande successo.
L'ultima versione di questo spumante l'ho bevuta qualche giorno fa in occasione di una importante cena sul pesce povero tenuta a Roma presso il ristorante Inopia e, nonostante il vino fosse stato imbottigliato tre giorni prima, mi ha fatto un'ottima impressione soprattutto esaminando le sue potenzialità in divenire.


Il naso, ovviamente, è ancora sferzante su note di lievito e crosta di pane anche se, sotto sotto, c'è tutto un caledoscopio di profumi ancora assopiti che, dritti come lame, puntano la rotta aromatica verso due delle caratteristiche più importanti di questo Metodo Martinotti: sapidità e mineralità. 
Queste due componenti, per ora timide e sottodimensionate dalla gioventù olfattiva, tendono a definirsi ulteriormente in bocca rendendo il palato fresco, fragrante, brioso e, nel complesso, ben bilanciato. Finale di buona persistenza e nitidezza che invita al riassaggio.
Sono curioso di sentirlo tra qualche mese per vedere se quel delizioso baco da seta si sarà trasformato nella farfalla che mi aspetto.

Vignaioli di Langa e Piemonte a Roma. Io vado e voi?

Dopo nemmeno due mesi dall’ultimo evento organizzato, Vignaioli dell’Etna, Tiziana Gallo presenta al pubblico romano la terza edizione di una manifestazione ormai nota e molto attesa, Vignaioli di Langa. Quest’anno però, con una novità: oltre ai produttori del territorio piemontese più conosciuto al mondo per la produzione vitivinicola, il 17 e il 18 novembre saranno presenti anche molte aziende provenienti dal resto della regione, in modo da completare un panorama affascinante e non a tutti familiare.

Vignaioli di Langa e Piemonte è il nome di questa nuova edizione, perché la Langa non è che il cuore pulsante di un territorio geneticamente vocato a produrre vini straordinari. Sarà un’opportunità unica, per il consumatore e per gli operatori del settore, di conoscere l’uva Nebbiolo nelle sue diverse declinazioni: partendo dai due grandi pilastri dell’enologia italiana, il Barolo e il Barbaresco, si potrà scoprire un panorama arricchito da vini come il Gattinara del vercellese, il Roero delle assolate colline rivolte al Tanaro e il prestigioso Lessona dell’alto Piemonte che, assieme al Boca, racconta di una viticoltura estrema e coraggiosa. Ma sarà anche l’occasione per addentrarsi fra i vitigni autoctoni più e meno noti, ad iniziare dal brillante Erbaluce, per scendere verso l’astigiano con Barbera e Moscato, fino ad assaporare realtà uniche come l’antico Timorasso, in modo da cogliere le differenti sfaccettature e le incredibili potenzialità ampelografiche dell’intero Piemonte.


Ci saranno ben trentatré produttori a rappresentare una delle realtà più ricche e variegate del sistema enologico italiano e lo faranno proponendo sui banchi d’assaggio le particolari interpretazioni dei vitigni che caratterizzano i differenti territori della regione. Ad accompagnare la degustazione dei vini, saranno inoltre presenti le specialità gastronomiche di Valsana e del Corriere Marchigiano.
L’appuntamento è nelle eleganti sale dell’Hotel Victoria, in via Campania 41, di fronte a Villa Borghese e a cento metri da Via Veneto, e gli orari previsti sono sabato 17 novembre dalle 14 alle 20 e domenica 18 novembre dalle 12 alle 20.
È la prima volta che a Roma si possono assaggiare, tutti insieme, così tanti vini provenienti dalle Langhe e dalle altre zone del Piemonte ed è un’occasione a cui gli esperti, gli appassionati e i semplici curiosi non possono proprio mancare!

I Produttori partecipanti

La gastronomia



Verdicchio 2006: una panoramica con il gruppo EnoRoma

La prima uscita ufficiale del gruppo EnoRoma, appena creato su Facebook, è stata suggellata da un'interessante panoramica sull'annata 2006 del Verdicchio, Matelica e Castelli di Jesi, che sta riservando emozioni crescenti perchè, lo diciamo subito, il millesimo è davvero promettente.

Grazie ad Alessio Pietrobattista, che ha procurato le bottiglie, abbiamo giocato creando vari round di degustazione, con tre eccezioni, dove solo un verdicchio poteva avere la meglio. Ecco come è andata.

Brut Metodo Classico riserva Verdicchio 2005 "Ubaldo Rosi" 2006 - Colonnara: questa ottima cooperativa sociale di Cupramontana "sforna" in questo millesimo uno spumante metodo classico emozionante. E' ancora in fasce, arroccato su se stesso su sensazioni minerali che stentano a cedere altro sia al naso che al palato dove la progressione salina è netta. Grande futuro, basta solo aspettare.

Foto: Andrea Federici

Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup. "San Michele" 2006 - Vallerosa Bonci: dopo averlo bevuto mi è venuta in mente la famosa pubblicità della Pirelli che aveva come slogan il seguente: la potenza non è nulla senza controllo.

Iniziamo i veri e propri round di degustazione

Fonte: justnapoli.it

Verdicchio dei Castelli di Jesi "Santa Maria d'Arco" 2006 - Ceci: davvero una sorpresa per questo verdicchio poco conosciuto che invece, complice l'annata, si propone di grande equilibrio, quasi didattico con un bagaglio aromatico ben definito tra agrumi e mineralità. Bocca sapida, fresca, equilibratissima. Grande beva.

Verdicchio di Matelica "Collestefano" 2006 - Collestefano: il solito grande verdicchio. Questo millesimo fornisce al vino un vigore acido molto pronunciato, rispetto al precedente verdicchio questo sembra giocare una partita per conto suo, tutte le sensazioni sono quasi estremizzati su una scala gusto-olfattiva superiore di almeno tre toni. Il suo equilibrio è davvero una scomessa riuscita-

 Vittoria ai punti per il Collestefano, uno dei migliori rapporti q/p italiani.

Foto: Andrea Federici

Altro round, questa volta a quattro.

Verdicchio dei Castelli di Jesi "Pietrone" 2006 - Vallerosa Bonci: rispetto al San Michele sembra più domato nonostante sia un vino da uve surmature. E' pieno, rotondo, cremoso, ma non riesce ad emozionarmi come dovrebbe.

Verdicchio dei Castelli di Jesi "Podium" 2006 - Garofoli: inizialmente parte sottotono, alla cieca non riesco a riconoscerlo. Poi, col tempo, comincia la sua progressione ed esce la sua classe innata col solito mix tra sensazioni fruttate, vegetali e minerali. Chisura lunghissima, amaricante, sapida.

Verdicchio di Matelica "Mirum" Ris. 2006 - Fattoria La Monacesca: siamo di fronte ad un grandissimo Verdicchio senza se e senza ma. Vino tridimensionale dove potenza, classe ed ampiezza brillano sotto lo stesso cielo. Le sue sensazioni di polline, biancospino, anice, pesca gialla, accompagnati dalla preziosa mineralità si intersecano con una struttura di avvolgente personalità. Beva compulsiva. Non manca nulla a questo vino.

Verdicchio dei Castelli di Jesi "Misco" Ris. 2006 - Tenuta di Tavignano: vino molto simile al precedente per struttura ma, rispetto al Mirum, a mio giudizio, manca un pò di profondità e personalità. Attenzione, è un grandissimo verdicchio, magari ad avercene, ma nella batteria arriva terzo anche dietro il Podium.

Vittoria per il Mirum

Foto: Andrea Federici

Altro round!!

Verdicchio dei Castelli di Jesi "Le Giuncare" Ris. 2006 - Monteschiavo: molto fruttato, tratti tripicali, di cedro, sambuco. Bocca molto morbida, fresca, sapida. Da una riserva mi aspetto di più, anche in questo caso non sono impazzito per il vino.

Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. "Serra Fiorese" Ris. 2006 - Garofoli: c'è chi lo ama per la sua morbidezza, chi lo odia per alcuni eccessi burrosi, chi lo contrappone al Podium, chi ne berrebbe a secchi come me perchè ogni volta si stupisce di come un verdicchio possa andare d'accordo con il legno che, in questi casi, non copre ma offre complessità ed esalta gli aromi iodati e vegetali (erbe di campo) del vino. Godurioso.

Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. "Villa Bucci" Ris. 2006 - Bucci: purtroppo la bottiglia non era a posto, una nota grafitica copriva troppo il quadro aromatico del vino che tutti sappiamo essere di grande complessità e vivacità. In bocca si può solo capire il potenziale del vino.

Verdicchio dei Castelli di Jesi "Selezione Gioacchino Garofoli" Ris. 2006 - Garofoli: telegraficamente trattasi di uno dei migliori Verdicchio degli ultimi anni e, quasi probabilmente, uno dei migliori vini bianchi italiani usciti. STOP.

Vittoria, per manifesta superiorità, per la Selezione Gioacchino Garofoli

Fonte: il sole 24 ore

Chiudiamo la serata con un ottimo Verdicchio dei Castelli di Jesi "Brumato" di Garofoli, un passito da verdicchio morbido ed avvolgente che conferma come questo vitigno sia poliedrico e comunque interessante.

Il ringraziamento finale va ad Andrea Dolciotti, chef di Inopia, che ci ha accolto nel suo ristorante preparandoci una cena degna del valore dei vini abbinati. Il menù prevedeva una zuppa di fagioli con polpo piastrato e alloro, la Carbonara, un succulento filetto di maiale alle erbe e un dolce di zucca e caffè che fa molto Novembre.

Grazie a tutti!