Il Rosso di Montalcino di Podere San Lorenzo: chi ha vinto la fotorecension


Un quadro di Botero, la grinta di Mourinho, la primavera di Botticelli, un bacio in bianco e nero, foto di equilibristi e la Monna Lisa di Leonardo, tutto questo ha rappresentato nella mia immaginazione la verticale di Podere San Lorenzo.


Il 2003, come facile immaginare, è sicuramente un'annata calda, cicciuta, ma il Rosso di Luciano ha ugualmente mantenuto una struttura e una dimensione notevole, una piccola opera d'arte da salvare per far capire come anche il "brutto" può essere bello e gradevole.

Il 2004, come si vede dalla foto di Mou, è un'annata grintosa, per molti vincente, che sa regalare molte emozioni.

Il 2005, come è facile pensare, è un'annata più delicata, femmina, e il Rosso di San Lorenzo mantiene un aspetto floreale ed etereo.

Il bacio in bianco e nero dell'annata 2006 ha rappresentato i caratteri di un sangiovese che si esprime al naso e all'olfattiva con sentori a volte più scuri, a volte più "chiari" di frutta e fiori. Bella complessità per un millesimo di grande aspettativa per me.

Il Rosso di Montalcino 2007, come facilmente si poteva desumere dalla foto, oggi è un vino di grandissimo equlibrio dove tutto, e dico tutto, è ben bilanciato. Grandissimo sarà il Brunello 2007 di San Lorenzo. Aspettate un anno e vedrete.

L'annata 2008 è il vero capolavoro di Podere San Lorenzo per quando riguarda il Rosso di Montalcino, un vino godibilissimo e "quasi" perfetto come la Monna Lisa.

Alla luce di tutto questo chi ha vinto la fotorecensione? Ma quel vecchio volpone di Paolo Carlo Ghislandi che, più di altri, è andato vicino alla mia immaginazione.

Cosa ha scritto? 

2003 - Rotondo, pieno, con ancora intatta una bella freschezza, Naso maturo, alla bocca avvolgente.

2004 – Trionfale, maestoso, con sensazioni decise, forti, al naso evidente, in bocca acceso, intenso.

2005 – Complesso ed elegante, al naso fruttato, in bocca franco, fine

2006 – Intrigante per la ricerca degli equilibri, al naso speziato, in bocca fresco

2007 – Campione di equilibrio e forza, al naso complesso, in bocca persistente

2008 – Enigmatico, in cerca della sua identità classica, al naso fiore e frutto, in bocca fresco 

Complimenti anche agli altri che, bene o male, ci sono andati molto vicino. Forse la discriminante è stata la 2003 che molti hanno pensato come "annata grassa" mentre per me non lo era. 

Alla prossima fotorecensione!

Aruba va a fuoco e la Rete va giù!


Molti siti ospitati dall’hosting Aruba sono irraggiungibili, dalle 4 di questa mattina, da tutti gli utenti del World Wide Web. Secondo quanto è stato diffuso su Internet, la motivazione è un principio d’incendio che ha coinvolto la web farm della società, situata nella ridente cittadina toscana di Arezzo. Secondo gli esperti nel settore dell’Information Technology, questo sarebbe il più importante down che la rete Internet italiana abbia mai registrato. Chiaramente gli utenti trovano forti difficoltà anche a comunicare con il servizio clienti.


Tutti i servizi offerti dalla società di hosting italiana, come web space, redirect o posta elettronica, sono inutilizzabili al momento. Su blog e social network è possibile leggere le proteste degli utenti, ma l’azienda è attualmente impegnata al ripristino dei servizi, al quale seguirà una comunicazione ufficiale per tutti i suoi utenti.

Attraverso il proprio profilo Twitter, l’azienda ha spiegato che i server, e quindi i dati in essi contenuti, non hanno subito alcun danno:
A seguito del principio di incendio sulle batterie degli UPS, confermiamo che le macchine server e le sale dati non hanno subito alcun danno.
a questo è seguito un secondo messaggio per tranquillizzare gli utenti:
si sta procedendo con la rimozione della polvere prodotta dalla combustione. A seguire verranno effettuati gli interventi di ripristino.
E’ necessario attendere le relative verifiche, poiché un’accensione dei server e delle altre unità senza un preventivo controllo, potrebbe causare nuovi incendi. Naturalmente l’azienda italiana per la registrazione domini si scusa per l’inconveniente.

Fonte: http://www.trackback.it

William e Kate oggi sposi brindano col vino "cheap"!


Portabandiera del vino quotidiano dall'ottimo rapporto q/p oppure semplici tirchioni che, non essendo amanti del buon bere, tirano la cinghia sul vino di qualità.
Leggendo l'articolo su Leggo, che riporto integralmente, si apprende che ci sarù solo vino 'Made in Britain' al ricevimento nuziale. 


Un bianco di Chapel Down, un'azienda del Kent, verrà servito al pranzo o alla cena di Buckingham Palace. Secondo quanto riferisce il Daily Mail, il palazzo ha infatti ricevuto una consegna massiccia del vino che costa dalle 8.50 alle 14 sterline alla bottiglia, e che confermerebbe la volontà di William e Kate di mostrare il «meglio della Gran Bretagna» in tutti gli aspetti delle nozze. 

Francese sarà però il brindisi della cena. I 300 ospiti del ricevimento serale brinderanno infatti con uno Champagne Pol Roger non vintage da 30 sterline alla bottiglia. Non il migliore degli Champagne, certamente economico, ma a quanto pare molto amato dai critici. Ma a parte questo, chissà da dove arriveranno gli altri vini. Sebbene fino a poco tempo fa sarebbe stato impensabile, i vini inglesi, soprattutto le bollicine in stile Champagne, stanno avendo sempre più successo. 


Un vino di Ridgeview Estate, un'azienda dell'East Sussex, era stato scelto nel 2006 per brindare all'80esimo compleanno della regina Elisabetta e da allora pare che il vino inglese sia sempre più presente sulla tavola dei Windsor, soprattutto alla luce dell'impegno ambientalista del principe Carlo, che predilige il più possibile i prodotti locali e stagionali. I riconoscimenti internazionali ormai non si fanno mancare. Lo scorso anno sempre Ridgeview Estate ha vinto la medaglia d'oro per migliore vino frizzante, battendo altri 700 produttori di tutto il mondo, Champagne incluso, con un blanc de blancs del 2006. Complice il surriscaldamento globale ed un terreno molto simile a quello dello Champagne, del Sancerre e dello Chablis, sempre più persone stanno piantando vigneti nel sud dell'Inghilterra, in contee come il Kent, il Sussex, l'Hampshire e il Dorset, persino alcuni in Dorset e nella ventosa Cornovaglia. 
I numeri non mentono: se nel 1990 l'Inghilterra aveva soltanto 56 ettari di vigneti per lo più piantati con chardonnay, pinot nero e pinot meunier (guarda caso proprio le tre uve che vanno a finire nello Champagne), nel 2007 gli ettari erano diventati 267 e nel 2010 ben 550.


Un mare di INUTILI denominazioni di origine


Troppe, inutili, sovrapposte e sempre più spesso legate a patti politici. Di cosa parliamo? Ovvio, delle denominazioni di origine controllata italiane. 
Doc e Docg, che teoricamente dovrebbero tutelare maggiormente il consumatore  finale circa la qualità del vino, oggi stanno vivendo una nuova fase di sviluppo come se tutte quelle create fino ad ora, circa 340, non bastassero a creare confusione e disordine mentale.
In questi ultimi c'è stato lavoro frenetico del Comitato Nazionale Vini a Denominazione d’Origine, che ha ampliato la mappa delle Doc e Docg  di Lazio, Toscana, Campania e Sicilia.


Sulla mia Regione ho già detto quello che pensavo sulla nuova Doc Roma ed il ruolo della Romanella anche se, bisogna aggiungere, i Castelli Romani stanno vivendo una nuova stagione di rilancio con la creazione delle Docg Frascati Superiore e Frascati Cannellino.
Sulla reale ed attuale qualità di questi due vini non mi esprimo ma le mie perplessità sono anche quelle di altri appassionati.


Anche in Toscana, ovviamente, non si fanno mancare nulla per cui via libera per il riconoscimento della Docg "Montecucco Sangiovese", prodotta in provincia di Grosseto, gia' riconosciuta quale tipologia della DOC "Montecucco"  E' stata conseguentemente modificata la DOC "Montecucco", dal cui disciplinare e' stata estrapolata la tipologia "Sangiovese" nonche' inserite le tipologie tradizionali "Vin Santo" ed apportate variazioni in merito alla base ampelografica di talune tipologie produttive gia' in essere. E' stata valutata, inoltre, positivamente l'istanza di riconoscimento della Doc "Maremma Toscana" le cui attuali tipologie sono prodotte come IGT. 
A breve chiederò ai principali produttori maremmani cosa ne pensano di tutto questo...


In Campania, invece, ad un mese dall'approvazione della Docg Aglianico del Taburno lo scenario produttivo sannita si completa con la creazione dellae denominazioni Sannio Doc e Falanghina del Sannio Doc
I bene informati scrivono che i due nuovi disciplinari di produzione dovranno semplificare il panorama vitivinicolo dei vini di qualità della provincia di Benevento che vedrà solo due Doc.  
La ‘Sannio’, con sei categorie di vini (tranquillo, frizzante, spumante, spumante di qualità, spumante di qualità metodo classico, passito), quattro sottozone che rappresentano le aree delle attuali Doc. 
La seconda Doc-Dop è rappresentata dalla ‘Falanghina del Sannio’, incentrata esclusivamente sull’omonimo vitigno, e che prevede sei categorie (tranquillo, spumante, spumante di qualità, spumante di qualità metodo classico, passito e vendemmia tardiva) con le medesime sottozone (esclusa la Solopaca Classico). 


WineNews, invece, riporta che la Doc Sicilia ha ricevuto il parere favorevole del Comitato Nazionale Vini superando, con la classica deroga all'italiana, il problema del c.d. "ambito aziendale", tanto ostacolato dalle cantine sociali, che obbliga il produttore a rispettare determinate percentuali di produzione di vino da vitigni autoctoni per poter utilizzare il marchio Doc Sicilia.

Scommettiamo che questo teatrino non finisce qua?

Vodka Eyeball, mai visto nulla di così idiota!


Guardate questo video 


L'ultima moda alcolica si chiama Vodka Eyeball e consiste nel versarsi vodka, o in generale distillati, negli occhi.
Praticamente sta stronzata, lanciata all'interno dei circoli studenteschi americani ed inglese, consiste nel far aderire l'imboccatura della bottiglia all'occhio versandosi alcol direttamente nel bulbo oculare.
L'effetto è immediato perchè l'alcol passa facilmente attraverso le mucose ed entra nel flusso sanguigno direttamente nelle vene sulla parte posteriore dell'occhio. 

Ovviamente, moltissime sono le controindicazioni: si può partire da un "banale" bruciore ed arrossamento degli occhi fino ad arrivare a lacerazioni che, nei casi più gravi, possono rendere necessario il trapianto di cornea.


Le prime informazioni sul vodka eyeballing in America sono giunte grazie alla CBS con questo articolo. Purtroppo la moda è arrivata anche in Italia, soprattutto a Roma dove i farmacisti di Campo de' Fiori denunciano un grande incremento della vendita di colliri nei fine settimana.
La cosa più sconcertante? I circa 800 video che sono caricati su Youtube. Quando si parla di cattivi maestri...


A Pasqua con i marziani del vino?


Cosa hanno in comune queste due foto?



Apparentemente tutto visto che la prima foto sembra la capsula spaziale con la quale è giunto sulla Terra il nostro simpatico marziano.

Oppure, visto che stiamo a Pasqua, è un simpatico uovo gigante al cioccolato bianco?



Nulla di tutto questo, il misterioso uovo gigante non è altro che una delle botti  di cemento ovali utilizzate da Tenuta La Ghiaia per affinare il loro vino.



Evidentemente la botte Ovum ha fatto proseliti.

Visto che siamo in tema... Buona Pasqua a tutti!


La birra è come il Viagra? Chiedetelo al principe William!


Tanto tempo fa leggevo su Mondo Birra un articolo legato agli effetti afrodisiaci legati al consumo della bevanda.
In pratica un medico di Praga, il Dottor Pavel Zemek, sostiene che bere birra ogni giorno migliora le capacità sessuali del maschio.  

"Una vita sessuale sana ed attiva è anche importante per invecchiare bene", ha dichiarato il gerontologo praghese, "bevendo due birre al giorno gli uomini eviterebbero la maggior parte dei problemi di impotenza". 
Il dottor Zemek ha compiuto approfondite ricerche che dimostrerebbero come la birra abbia un potente effetto sulle arterie e ne rallenti la sclerosi, una delle principali cause dell'impotenza.
In un'intervista concessa al quotidiano Narodna Obroda, Zemek ha però avvertito che l'effetto positivo non è proporzionale alla quantità di birra consumata. Anzi, l'uso smodato porterebbe a risultati opposti a quelli desiderati. La ricetta del dottore è quella di due birre al giorno, ma non specifica se prima, dopo o durante i pasti.


Alla tesi del gerontolo ceco sembra credere moltissimo la Brew Dog, giovane microbirreria scozzese che ha predisposto un regalo molto particolare per il principe William e la sua futura sposa Kate Middleton: la Royal Virility Performance .

Fonte: Tgcom
La birra in questione è una India Pale Ale da 7,5 gradi che oltre al Viagra (promettono i produttori), contiene cioccolata ed epimedio (una pianta dalle note proprietà afrodisiache) e, sempre alle parole dei produttori “una buona dose di sarcasmo".
Sull’etichetta della birra si legge “In grado di potenziare il Principe Willy: una birra per dare una scossa alle parti basse dei novelli sposi reali, in grado di evoca dall’oltretomba gli spiriti delle passate principesse e curare ogni esitazione nei re balbuzienti. Mettiamo un sorriso sui loro volti reali.” 
E una piccola avvertenza : “Si richiede di prestare la massima attenzione e di riuscire a tenersi in piedi nel momento in cui si ascolta l’inno nazionale.” 

Fonte: Tgcom
L’iniziativa, chiaramente pubblicitaria, ha comunque una finalità nobile: il 20% dei proventi dalla vendita della Royal virility performance andranno devoluti all’associazione di carità Centrepoint, lo stesso ente supportato dal principe William. La birra, inoltre, sarà in vendita sul sito web della birreria a 10 sterline.

Il futuro sposo accetterà il regalo?


Fonti: 121doc.it, Tgcom, Mondo Birra

Il Rosso di Montalcino di Podere San Lorenzo. E voi lo volete cambiare?


Luciano Ciolfi di Podere San Lorenzo è un giovane produttore che sto seguendo da anni per cui sono particolarmente contento che quest’anno, col suo Brunello 2006, finalmente stia raccogliendo i meritati riconoscimenti mediatici. 
In gergo baudesco posso con orgoglio dire che Podere San Lorenzo l’ho inventato io!! 


Scherzi a parte, con Luciano, ospite graditissimo anche durante il Percorsi di Vino Wine Fest, abbiamo ultimamente affrontato il tema del cambio di disciplinare del Rosso di Montalcino e lui, da sangiovesista convinto, mi ha detto:”Te lo porto io il mio Rosso, facciamo una verticale e vediamo se davvero questo è “vinello” mediocre che non si vende”.

Detto, fatto. Davanti a noi abbiamo tutta la batteria del suo Rosso di Montalcino, dall’annata 2003 fino alla 2008. Il risultato ve lo offre la mia prima fotorecensione.

Rosso di Montalcino 2003


Rosso Montalcino 2004


Rosso Montalcino 2005

 
Rosso Montalcino 2006


Rosso Montalcino 2007


Rosso Montalcino 2008

 
  Ah, a chi indovina le descrizioni un regalo a sorpresa!

Colfóndo e il tasting panel di Bele Casel


Il recente Vinitaly mi ha permesso anche di ritrovare il prosecco di Bele Casel che, per quest’anno, aveva riservato una sorpresa a blogger ed appassionati: il tasting panel Colfóndo!

Fonte: madeinbrescia.org
In cosa consiste? In pratica Luca Ferraro mi ha fornito di una bella confezione contenente quattro bottiglie, due col tappo a fungo classico, una col tappo a corona rosso e una col tappo a corona color acciaio. In sostanza si tratta di degustare e valutare due diversi imbottigliamenti con due (anzi tre) diversi sistemi di tappatura.

Il prosecco Colfóndo con la “vecchia” etichetta con la rocca di Asolo è stato proposto con due versioni di tappatura: tappo a fungo e tappo a corona (rosso).
La bottiglia avente la prima tipologia di tappo, che Luca mi spiega essere sempre andato bene, presenta nel bicchiere un prosecco inizialmente caratterizzato da note sulfuree a cui, col tempo e l’ossigenazione, seguono cenni di crosta di pane, banana e pera. In bocca è un mix di frutta a polpa bianca e sensazioni minerali, è di discreta ampiezza anche se, nel finale, percepisco un leggera nota ammandorlata che non un po’ mi disturba.

Vecchia etichetta
Il prosecco col tappo a corona rossa, spiega Luca, dopo circa quattro mesi dall’imbottigliamento era caduto in riduzione spinta dove la sensazione di aglio la faceva da padrone fino a qualche mese fa quando, fortunatamente, i lieviti hanno deciso di riassorbire tutti gli odori sgradevoli del vino. Aprendo questa bottiglia ho potuto constatare che ciò era vero parzialmente perché il Colfóndo mi è risultato sempre un po’ chiuso, meno espressivo e con l’aglio ancora a fare leggermente da eco. Col tempo le cose un po’ sono migliorate ma il prosecco è rimasto sempre statico e, cosa strana, mi è sembrato che, rispetto al precedente, abbia perso quasi subito la sua frizzantezza. Poco convincente di certo.


Il Colfóndo con la nuova etichetta è stato proposto sia col tappo a fungo sia col tappo a corona che, in questo caso, era dotato di una guarnizione traspirante che lascia passere piccole quantità di ossigeno all’interno della bottiglia.
Tra le due tappature del “nuovo” Colfóndo non ho trovato grandissime differenze mentre uno stacco evidente l’ho notato tra le due etichette.
Il nuovo imbottigliamento mi è sembrato più maturo e conscio del fatto che bisognava cominciare a trovare una quadratura del cerchio soprattutto alla gustativa.
Al naso il nuovo prosecco mi sembra giochi più su evidenze di frutta a polpa bianca, pera williams soprattutto. Poi esce la nota di mela, pompelmo, lievito e solo in fondo risento il tratto minerale del prosecco. Al gusto mi sembra abbia più equilibrio del suo predecessore, con evidenti note di pera e banana al palato e una chiusura più lineare dove non ritrovo, fortunatamente, l’amaro finale del prosecco vecchia etichetta.

Nuova etichetta


Il vino è questione di etichetta?


Sul Corriere della Sera qualche giorno fa è uscito un articolo a firma di Eva Perasso che riprendeva i risultati finali di un test scozzesse sul presunto condizionamento dei degustatori davanti ad etichette di (presunto) pregio. 


L'articolo, che riprendo integralmente, spiega che il test si è svolto nei giorni scorsi a Edimburgo, nel corso del Festival internazionale della scienza che si chiuderà il prossimo 22 aprile. 
I ricercatori in psicologia dell'università dell'Hertfordshire hanno messo davanti a due bicchieri circa 600 volontari. Nel primo un rosso o un bianco o bollicine da supermercato, nel secondo lo stesso vino, questa volta di etichetta datata e prelibata. 
I prezzi andavano da circa 5 euro per le bottiglie economiche a un range compreso tra i 12 e i 40 euro per quelle più preziose. I vini provati variavano da un Pinot grigio a un Sauvignon, da un Merlot a uno Shiraz e l'esperimento è stato condotto anche su due champagne, il primo da circa 20 euro e il secondo di una marca con prezzi di mercato da quasi 40.

LE REAZIONI – Risultato del test: con la probabilità di indovinare del 50 per cento, ovvero rispondendo questa è la bottiglia vintage, questo è il vino da pochi euro, la metà degli interpellati ha clamorosamente sbagliato. Il che significa che i bevitori, senza sapere cosa stavano gustando, non avevano mezzi e cultura o papille abbastanza educate da capire il livello del nettare d'uva servito nei loro bicchieri. A dimostrare che la percezione di quel che essi bevono è data soprattutto dal condizionamento psicologico nel vedere l'etichetta, leggere il nome del vino, conoscerne il prezzo. 

Come conferma anche lo psicologo professor Richard Wiseman, che ha guidato la ricerca: «I risultati sono eclatanti. Le persone non sono state in grado di riconoscere un vino caro da uno economico e in questi tempi di ristrettezze economiche il messaggio è chiaro: i vini meno facoltosi che abbiamo provato, avevano per loro lo stesso sapore di quelli preziosi». 
Quel che i ricercatori non hanno detto è che se dalla Scozia, terra più nota per ottimi whisky e birre, il test fosse riproposto in Italia o in Francia, magari i risultati cambierebbero.


La romanella sarà lo spumante della Doc Roma. Incubo.


Al Vinitaly avevo sentito qualcosa ma pensavo fosse la solita fuffa politica. Poi, leggendo qualche sito e qualche blog, ho capito che forse l'incubo era diventato realtà.
Erder Mazzocchi, commissario straordinario dell'Arsial, vuole (ri)lanciare nientepopodimeno che la romanella!!!!!!!!!!!

Per chi non è di Roma segnalo che la romanella non è altro che un vino frizzantino non meglio identificato che solitamente viene consumato nelle fraschette dei Castelli Romani tanto per mandar giù porchetta e coppiette.
Come sia fatto questo vino nessuno lo sa, dovrebbe esser un vino rifermentato in bottiglia ma, vista la qualità e, soprattutto chi lo vende, nulla mi vieta di pensare che sia fatto anche con bustine varie....

Foto tratta da Bevilo.com
La cosa che mi fornisce i brividi maggiore è l'intervista fatta a Mazzocchi che spiega come sia "particolarmente rilevante il consenso ottenuto sulla nuova tipologia spumante della Roma Doc, la Romanella, che recupera la grande tradizione dell’enologia castellana caduta in disgrazia in questi ultimi anni, e che noi, insieme ai produttori, abbiamo voluto recuperare dall’anonimato, restituendogli una dignità in termini legislativi, per riportare questo nobile spumante ai fasti di una volta
Uno spumante che saprà coniugare territorialità con i vitigni autoctoni, eccellenza qualitativa con basse rese per ettaro, ma anche un ottimo rapporto qualità/prezzo, proponendosi come variante spumante per una larga base di produzione enologica provinciale”.


Mazzocchi, parla con me. La romanella non è uno spumante e, soprattutto, quando mai è stato importante?
Ma ca@@o, questo sarebbe marketing territoriale innovativo? 

E' un suicidio collettivo!

Il Riesling in 700 battute? Missione impossibile anche per Bibenda7


Quando me l’hanno detto non ci volevo credere per cui, curioso come una scimmia, sono andato a vedere se Bibenda 7 n° 3 del primo aprile contenesse davvero quell’articolo.


La faccia di Valeria Rossi è simile a quella della Clerici che, in versione sommelier, cerca di spiegare in 700 battute cos’è il Riesling. Un pò come spiegare in mezza paginetta l’origine dell’universo....

Scorro l’articolo e noto come questo vitigno venga localizzato in Italia SOLO in Trentino Alto Adige ed in Friuli tralasciando le varie espressioni piemontesi, sicuramente le migliori in Italia e, per completezza, quelle lombarde (oltrepò pavese) e toscane.
Se poi mi scrivi che il Riesling di San Michele Appiano è un il punto di riferimento del nostro Paese allora comincio a tremare…

Fonte: Grappolorosso.blogspot.com
Vado avanti nella lettura e leggo, nella parte storica, che “l’origine più probabile del Riesling Renano è quella della vallata del Reno, in particolare la Mosella”.
Deglutisco e ripenso alla mia severa insegnante di geografia che avrebbe “infartato” ad una espressione del genere perché, cara Valeria, c’è la valle del Reno e quella della Mosella, due fiumi diversi tra loro….

La Mosella
Tiro avanti e leggo che…bla bla bla…è in Austria che il Riesling renano occupa un posto di massimo livello tra i vitigni in campo internazionale…bla bla bla..i suoi sentori da giovane sono questi mentre quelli da “vecchio” sono quest’altri.

FINE

Fine???? E la Mosella? Mi dici che il Riesling è originario della zona e non scrivi due, dico due righe sulla grandezza di questi vini in Germania? Metti l’Austria e non il paese di elezione di questo vitigno?

Capisco le 700 battute, l’essere sintetici con un argomento da tesi di laurea ma….in Redazione non c’è nessuno che controlla?


P.S.: la Rossi si è cimentata questa settimana col Pinot Nero. Altra missione impossibile, per le 700 battute, ma il risultato è gradevole. Brava.

Qualche produttore di Cesanese del Piglio sarà contento......


Giacomo Dente de Il Messaggero ha pubblicato un articolo col quale esalta, tra i vari vini del Lazio presenti al Vinitaly, anche il Cesanese del Piglio che viene definito come "un vino di grandissima personalità come il Cesanese del Piglio, che secondo molti degustatori possiede caratteristiche di profumi e di eleganza che tirano verso la Bourgogne".

Le cose sono due: qualcuno non ha mai degustato un pinot nero francese oppure, sempre quel qualcuno, vuole avere molti santi in paradiso.

Davvero, e mi rivolgo a voi produttori, siete d'accordo con quello che è scritto sul giornale? Su, per cortesia, siate onesti con voi stessi.

Andrea Scanzi, in un recente articolo, ha paragonato il Cesanese del Piglio ad un Rodano. Decisamente una lettura migliore.

Ma tanto io sono il cattivo che parla male del Cesanese. Sarà che sono onesto e non adulatore?


Ah, l'articolo contiene anche questo passo: "Non per caso l’ultima edizione di Slow Food di Carlin Petrini ha elevato il Lazio a territorio di assoluto spessore enologico...". 

Se il Cesanese è enttrato in guida è anche merito mio. Sappiattelo.


Il mio Vinitaly 2011 in dieci punti


Punto primo: Dio salvi l’anima della persona che ha deciso che il prossimo anno il Vinitaly si terrà dalla domenica al mercoledì. Forse, ma non ci metto la mano sul fuoco, eviteremo le solite scene di persone che pensano che la Fiera sia una sorta di festa open bar dove tutto è lecito, soprattutto vomitare sulla scarpe altrui per il troppo alcol ingerito.


Punto secondo: non fatevi mai un programma o, meglio, fatelo molto flessibile perché quello che io ho postato qualche giorno fa l’ho rispettato pochissimo. Eventi soprannaturali ed eccessi di ospitalità mi hanno fatto perdere tempo, troppo tempo. Mi scuso fin da ora con quelli ai quali avevo promesso una visita ma non sono riuscito. Magari non gliene frega nulla ma tanto dovevo.

Punto terzo: Armin Kobler fa dei vini intriganti e taglienti come la lama della spada di Uma Thurman in Kill Bill. L’Ogeaner 2009, chardonnay da vecchie viti di 50 anni di media, è teso, nervoso e fresco quanta basta da voler chiedere ad Armin di riuscire a farsi dare una sorta di monopolio sul vitigno. Ottimo anche il suo Feld, gewürztraminer agli antipodi da alcuni mangia e bevi che trovo troppo spesso in giro..

Armin Kobler
Punto quarto: il Fiano di Avellino 2009 di Ciro Picariello è un altro grande bianco italiano. Un vino, come dice Pignataro, già pronto che si caratterizza per un elegante equilibrio giocato tra la “morbidezze” fornite dalla complessità fruttata e floreale e la durezze del peculiare carattere fumè. Un Fiano di grande personalità che in bocca è largo, sapido e persistente. Un vero portento della Natura. 


Punto quinto: il Greco Musc' 2007 di Contrade di Taurasi è un cavallo pazzo di grandissimo fascino che ti riporta in pochi secondi al carattere primitivo e underground dell’areale di Taurasi. E’ un bianco che riporta il naso alla pietra focaia, al caffè, alle erbe aromatiche, alle sterpaglie di campo, alla frutta solare. Bocca freschissima, cazzuta, minerale. Grande annata!

Punto sesto: Podere Il Saliceto è diventato realtà e, dopo esserci rincorsi per giorni su internet (ricordatevi il contest), finalmente la stretta di mano di Gian Paolo e Marcello è diventata realtà. I terribili ragazzi emiliani mi hanno fatto provare due anteprime interessanti: Falistra e Malbo
Il primo è un Lambrusco di Sorbara rifermentato in bottiglia che, anche dal colore, sa molto di estate e di fresche e corroboranti bevute. Attenzione: è tutt’altro che banale. 
Il Malbo (100% Malbo Gentile) è una vera bomba racchiusa nel bicchiere, non so come possa evolvere ma, se tanto mi da tanto, anche Gian Paolo vuole buttarsi nell’hard rock più spinto. Succi docet!

Il Falistra
Punto settimo: l’ES 2009 di Gianfranco Fino è la quadratura del cerchio in fatto di vini del Sud. E’ materico, solare, ponderato, raffinato e, dopo averlo bevuto, totalmente indimenticabile. Gianfranco e Simona Fino sono delle belle persone e i loro vini rispecchiano la loro personalità.

Simona Fino
Punto ottavo: le temperature africane dei padiglioni, soprattutto nel pomeriggio, non mi hanno impedito di provare le interpretazioni del Vulture di Elena Fucci e Sara Carbone. Elena ormai è una grande conferma e l’annata 2007 del suo Titolo, dal carattere sempre più speziato e balsamico, rappresenta ad oggi il capolavoro supremo di una piccola grande donna di Barile. 
Sara Carbone, conosciuta per la prima volta a Verona, mi ha presentato uno Stupor Mondi 2007 dal carattere quasi gotico, scuro e profondo negli aromi di china e frutta di rovo, primordiale e lavico quando, con l’ossigeno, arriva al naso e in bocca tutta la cenere vulcanica da cui trae origine. 

Vini Carbone
Punto nono: basta pseudo “Ruby” all’interno della Fiera che pensano che presenziare ad uno stand Franciacorta equivalga a passare una notte ad Arcore.

Punto diecimo: cari organizzatori quando metterete il Wi Fi gratis all’interno? E quando capirete che i blogger sono una categoria da tutelare? Domande a cui credo non ci sarà risposta, almeno per quest’anno…