In Sardegna scoperto il più antico vitigno del Mediterraneo occidentale

L’équipe archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità (CCB) dell’Università di Cagliari ha pubblicato su Vegetation History and Archaeobotany, una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali del settore, i risultati delle ricerche sulle origini della viticultura in Sardegna.
Sino ad oggi, i dati archeobotanici e storici attribuivano ai Fenici e successivamente ai Romani il merito di aver introdotto la vite domestica nel Mediterraneo occidentale, ma la scoperta di un vitigno coltivato dalla civiltà nuragica riscrive, non solo la storia della viticultura in Sardegna, ma dell’intero Mediterraneo occidentale.

Il luogo del ritrovamento. Foto: Repubblica
Grazie alla collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano e al ritrovamento di oltre 15mila semi di vite nel sito nuragico di Sa Osa (Cabras), datati al C14 come risalenti a circa 3000 anni fa, periodo di massimo splendore della civiltà nuragica, è stato possibile scoprire che la viticultura come la conosciamo noi oggi era già nota ai nostri antenati.
L’incredibile scoperta è il frutto di oltre 10 anni di lavoro condotto sulla caratterizzazione dei vitigni autoctoni della Sardegna e sui semi archeologici provenienti dagli scavi diretti dagli archeologi della Soprintendenza e dall’Università di Cagliari. I risultati sono giunti anche grazie all’innovativa tecnica di analisi d’immagine computerizzata messa a punto dai ricercatori del CCB in collaborazione con la Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia.
L’analisi sfrutta particolari funzioni matematiche che analizzano le forme e le dimensioni dei vinaccioli (semi di vite), mettendo a confronto i dati morfometrici dei semi archeologici con le attuali cultivar e le popolazioni selvatiche della Sardegna, ciò ha permesso di scoprire che questi antichissimi semi erano appartenuti alle varietà coltivate, ma non solo, i semi archeologici hanno mostrato una relazione parentale anche con la vite selvatica che cresce spontanea nell’Isola.
L’antico vitigno scoperto in Sardegna sembra appartenere alle cultivar a bacca bianca in particolare mostra delle relazioni con le varietà di vernacce e malvasia coltivate proprio nelle aree della Sardegna centro-occidentale. Attualmente il gruppo di ricerca sta proseguendo le indagini e approfondendo le ricerche anche su materiali ritrovati in altri siti archeologici e relativi ad altre specie coltivate sin dall’epoca nuragica.

Fonte notizia: Università di Cagliari

Fiano di Avellino: riconoscimenti alla cieca e dibattiti territoriali

Nove bottiglie, tutte rigorosamente stagnolate da quel birbaccione di Alessio Pietrobattista, e poche ma insolenti domande: alla cieca, ovvero senza sapere nulla dei vini in degustazione, possiamo trovare un fil rouge tra i vari Fiano di Avellino proposti? 
Esiste realmente una descrizione territoriale del vino che prescinda dalle metodologie di vinificazione? L'enologo è in grado di imprimere davvero il suo marchio di fabbrica in maniera imprescindibile?

Per rispondere a questi quesiti, e a molto altro ancora, sono state magistralmente predisposte tre batterie da tre vini ciascuna della quali, ovviamente, aveva una (presunta) logicità tutta da verificare con i nostri sensi.

Come è stato fatto durante il test, vi dirò i nomi dei nove Fiano di Avellino solo alla fine del post.  Vietato sbirciare in fondo eh!!
PRIMA BATTERIA

Campione 1: impatto aromatico molto sussurrato dove si intercettano, se si è bravi, sensazioni di erbe e fiori gialli corredati da una cornice sapida che ritroviamo anche al sorso che è molto diretto e senza pretese. Chiude lievemente ammandorlato. 

Campione 2: naso inizialmente molto incentrato su sensazioni "dolciastre" che dalla caramella viravano verso una frutta a polpa gialla molto zuccherina e suadente. Col tempo, fortunatamente, escono note di bergamotto e ginestra che leggermente riequilibrano la componente aromatica. Al sorso è deciso e sapido e vanta un finale leggermente iodato. 

Campione 3: e come fai a dire che non è Montefredane quando, in sequenza, riconosci la castagna, le foglie autunnali, la mandorla tostata e quella conturbante sensazione di affumicato? Col tempo si apre, mette la marcia, soprattutto al sorso dove è il sale e l'acidità la fanno da padrone assieme alla persistenza già oggi spavalda ed armonica allo stesso tempo. 

Cosa lega questi vini? Ex post Alessio svela che i primi due sono a fermentazione spontanea mentre il terzo produttore usa lieviti selezionati. Non basta. Secondo e terzo vino sono dello stesso territorio, le vigne sono vicinissime. 
Senza l'aiutino a casa sul mio Moleskine ho scritto che c'era un qualcosa, invece, che legava i primi due a livello aromatico mentre il terzo, come già anticipato, era indiscutibilmente Montefredane. In questo caso si può dire che la fermentazione spontanea, con i suoi indiscutibili pregi, ha come controindicazione quella, a volte, di standardizzare il concetto di territorio che è più definibile se si usano i lieviti selezionati?

Apro i pop corn mentre arriva la seconda batteria...

SECONDA BATTERIA

Campione 4: chiuso, ermetico, pare che qualcuno durante la degustazione mi abbia visto trasformarmi in Michelangelo ed esclamare a viva voce"Perchè non parli?" percuotendo il bicchieri con il tappo della bottiglia. La cosa, sembra, abbia avuto successo visto che poco a poco, in punta di piedi, è uscito un Fiano dal respiro minerale, granitico, il cui sorso è sapidissimo e sicuramente in divenire. Da aspettare.

Campione 5: naso guascone o, come si direbbe a Roma, "coatto" negli aromi che sembrano esplodere ed amplificarsi nel bicchiere tanto da farlo sembrare inizialmente un vino da vitigno aromatico. Tanta frutta gialla e tanta luce per un Fiano che solo dopo una mezzora si placa virando aromaticamente verso sensazioni di erbe mediterranee e fiori di campo. In bocca non è arrogante come credevo, entra compatto ma a centro bocca un po' si perde.

Campione 6: prendi tutto ciò di buono del campione 4 e del campione 5, aggiungici classe e fine equilibrio ed avrai creato questo grande Fiano di Avellino che è completo anche nel finale salino che difficilmente riesce ad abbandonare i tuoi sensi. 

Cosa lega questi vini? Sul mio Moleskine non ho scritto quasi nulla, sembrano apparentemente tre Fiano di Avellino con tre diverse personalità. Alessio, però, tira fuori dalla manica il jolly: pare che, in un modo o nell'altro, abbiano in comune la mano dell'enologo.  Quindi il "winemaler" se vuole può rispettare il territorio? E' questo che volete dirmi?????


Foto: Winesurf

TERZA BATTERIA

Campione 7: un Fiano didattico, preciso nel corredo aromatico di mela annurca, erbe aromatiche con intrigante vena minerale.Energico al gusto per freschezza e sapidità e per una chiusura tostata da manuale. 

Campione 8: TAPPOOOOOOOOOOOOO ma l'anima di.....

Campione 9: un Fiano che ha tanta roba, sopratutto aromaticamente sembra un fiume in piena dove ritrovi la mineralità, il finocchio selvatico, l'agrume e le spezie bianche. Sorso piacevole e complesso e dal finale succoso e dai forti richiami di frutta. 

Peccato il tappo numero 8 perchè, a sentire il Sor Pietrobattista, tra 7 e 8 ci sono forti legami territoriali avendo entrambe le aziende vigne vicinissime mentre tra 8 e 9 vi è l'enologo in comune. Dovrò risentirlo sto Fiano di Avellino tappato, che dite?

Ok, è ora di scoprire le carte e di fare, ognuno per sè, le proprie considerazioni:

Campione 1Cantina del Barone - Campania Fiano Particella 928 2012



Campione 2: Villa Diamante, Fiano La Congregazione Igp 2012 (Ciao Antoine!)



Campione 3: Pietracupa - Fiano di Avellino 2012


Campione 4: PicarielloFiano di Avellino 2012


Campione 5: Di Prisco -  Fiano di Avellino 2012


Campione 6: Rocca del Principe -  Fiano di Avellino 2012



Campione 7: Contrada -  Fiano di Avellino "Selvecorte" 2012



Campione 9: I Favati -  Fiano di Avellino "Etichetta Bianca" 2012




Ah, gli enologi sono Carmine Valentino ( ex Picariello, Di Prisco e Rocca del Principe) e  Vincenzo Mercurio (Tenuta Sarno e I Favati).

Il Boca di Silvia Barbaglia

Come al solito arrivo a scrivere sul blog con notevole ritardo rispetto al giorno in cui con EnoRoma ho organizzato l'interessante verticale del Boca di Silvia Barbaglia che ho intercettato durante uno dei suoi wine tour in giro per l'Italia.

Silvia e suo marito
Dopo aver scritto abbondantemente su Le Piane mi sembrava giusto dar spazio ai vini di questa piccola realtà dell'Alto Piemonte fondata nel 1946 da Mario Barbaglia che, prima con la bicicletta e poi grazie ai primi camion, porta a conoscere i suoi vini da Cavallirio alla Valsesia, dai vicini laghi fino alla periferia di Milano con l'intento di valorizzare la cultura e le tradizioni della propria terra di origine.

Attualmente l'azienda si estende per circa 3 ettari di vigneto composto da nebbiolo, vespolina, croatina, uva rara ed erbaluce greco novarese le cui radici affondano all'interno di un terreno minerale formato da porfido rosa.

Il terreno del Boca
Prima di passare alle note di degustazione dei vini presentati da Silvia durante la serata, ricordo che il Boca, secondo disciplinare, viene prodotto attraverso l'assemblaggio di nebbiolo (70% al 90%) assieme a vespolina e uva rara (da sole o congiuntamente dal 10% fino al 30%).

I vini portati in degustazione son stati i seguenti:

Boca 2007: l'annata sostanzialmente calda regala un vino inizialmente con qualche sbuffo alcolico di troppo che, col tempo e la giusta areazione, lascia spazio ad un corredo olfattivo di grande fascino e territorialità dove la spinta minerale, rossa come il pordido, è netta anche se smussata da una nota floreale di grande eleganza. Al gusto il vino si caratterizza per due autostrade, una sapida e l'altra acida, che asfaltano la bocca lasciando nel finale la sensazione che quel porfido, chissà come, è ormai parte di te.


Boca 2008: il colore tradisce una maggiore concentrazione polifenolica che, dai racconti di Silvia, deriva da una importante grandinata la quale avuto l'effetto (non troppo voluto) di aver abbassato le rese di produzione in maniera vertiginosa. Nonostante tutto, la giovane produttrice ci conferma che la 2008 è stata un'annata equilibrata e non tardiamo a crederle dopo aver messo il naso nel bicchiere che regala un ventaglio aromatico più complesso della 2007 grazie ad una maggiore presenta di sentori di frutta rossa ed evidenze vegetali. Il sorso è succoso, tonico, senza eccessi strutturali e dotato di persistenza sapida di grande fascino. Un Boca che, a mio parere, ha un grande potenziale ancora inespresso.

Boca 2009: la gioventù avanza ma, a dispetto di ciò, questo vino sembra essere quello più introverso e, per certi versi, ha un approccio talmente aristocratico che alla cieca farebbe spostare il focus gustativo dalle colline novaresi alla Langa più blasonata. All'olfattiva si dota di un corredo aromatico dove frutta scura, fiori rossi, sedimentazioni speziate e fervida mineralità la fanno da padrone. Sorso di fulgida espressione dove la struttura si colora di fitti tannini e vigore sapido che, in armonia tra loro, delineano una persistenza di grande piacevolezza. Postilla: a partire da questa annata la famiglia Barbaglia ha modificato il blend del Boca che ora è composto da 80% nebbiolo e 20% vespolina.


Boca 2010: già dal colore, un rubino trasparente brillante come una mattina estiva, mi sono innamorato di questo vino che, sul filo di un equilibrio sofisticatissimo, emette pulsazioni luminose di rara eleganza e territorialità. E' ancora giovanissimo ma, se il buongiorno lo si vede dal mattino, sono sicuro che in futuro sentiremo ancora parlare di questo Boca che, senza dubbio, diventerà uno dei fari di tutta la denominazione. Un 19/20 de L'Espresso che ci sta tutto!


L'annuncio di vendita del vino più bello del mondo!!

E' comparso poco tempo fa su Subito.it questo annuncio circa la vendita di sei bottiglie di Barbaresco. Non ci sarebbe nulla di male se..


CASSE DA 6 BOTTIGLIE DI BARBARESCO

Barbaresco serraboella Cigliuti
Cassetta di legno contenente 6 bottiglie 1999
Cassetta di legno contenente 6 bottiglie 2000
Cassetta di legno contenente 6 bottiglie 2001


Metto qualche indicazione per chiarire di cosa si tratti, ma non esagero,altrimenti potrebbe sembrare che voglio vendere il vino, invece voglio che voi siate convinti di comprarlo, e mi convinbciate forzxosamente a vendederlo

Pensate ed immaginate: 
la luna, il cielo stellato, un bel panorama ( dovunque) con il cielo stellato, la luna, aria frizzante ma calda, una cena corposa 
chiacchiere, carne rossa magari fritta con aglio 
cose c'è di meglio di un vino rosso come Dio comanda? 
Si dice che Dio beva vino,ma anche Bacco, Dionisio greco, furono bevitori deici, e perche noi, uomini non deici, ma mortali, non possiamo appararci agli dei, coln il nettare di uva 

CIGLIUTI: CONTADINO E VIGNAIOLO DI LANGA 

La vendita può avvenire a corpo o a singola cassa, i prezzi sono diversi tra l'acquisto singolo e quello accorpato, le casse non si aprono, sono visibili dall'esterno 

Le casse sono di legno, il legno non è quantificabile, ma si prevede sia derivato da albero cresciuto nel terreno e poi abbattuto, stagionato e poi segato e creato le casse. 

Per il vino è diverso la marca, il tipo, il DOCG la famiglia produttrice, la zona, è tutto un buon gusto 

IL vino viene venduto nelle casse, non è prevista la vendita della casse senza le bottiglie di vino contenute 

Si garantisce che il vino è nuovo, non è stato mai bevuto dopo l'imbottigliamento, è un vino di seconda mano ma nuovo 

Per vedere, trattare ed acquistare telefonare, non rispondo a numeri anonimi o nascosti, 
No spedizione, data la delicatezza del materiale in oggetto di vendita, solo ritiro a mano [o in macchina, o in bicicletta( difficile portare le casse se non predisposti di cestello)]

TUTTO QUESTO NON E' FANTASTICO!!!!
IO TELEFONO!!

Sangiovese Purosangue 2015: piccoli appunti di degustazione

L'edizione 2015 di Sangiovese Purosangue a Roma, apertasi con una piccola polemica sulle modalità di accreditamento dei giornalisti (a cui non darei seguito vista la sterilità della questione), è stata a mio giudizio una della più interessanti poichè, rispetto al passato, ha posto molta attenzione ai produttori meno noti e comunicati delle varie denominazioni presenti grazie all'instancabile lavoro di ricerca e selezione di Davide Bonucci e Marco Cum. Questo, ovviamente, non significa che i grandi nomi del Sangiovese non fossero presenti ma vuoi mettere la bellezza, almeno per un curioso del vino come me, di trovarti davanti al banco di degustazione un'azienda semisconosciuta come Monterotondo che ti chiede di voler degustare il loro Chianti Classico? L'azienda agrituristica, in regime biologico dal 2003, si trova a Gaiole in Chianti e presentava due Chianti Classico decisamente territoriali come il Vaggiolata (annate 2011 e 2012) e il Seretina Riserva 2011 che, per motivi diversi, ho apprezzato moltissimo grazie al loro carattere chiantigiano esaltato dalla "mano leggera" del loro papà che prendo il nome di Saverio Basagni. 


Accanto a Monterotondo, poi, non una novità ma una piacevole conferma come il Chianti Classico 2012 di Angela Fronti (Istine) che conferma anno dopo anno di essere una vignaiola decisamente brava che in futuro farà concorrenza al suo più noto zio (sapete chi è??)


Sempre in tema Chianti Classico ho apprezzato molto il 2012 de La Porta di Vertine che, complice l'annata molto particolare e calda, hadeciso di non imbottigliare una Riserva facendo un taglio unico caratterizzando il vino in struttura e concentrazione.


Sul Chianti Rufina e sulla interesssante degustazione guidata da Armando Castagno credo sia obbligatorio scrive post a parte. 

Rimanendo ancora in Toscana, zona Montalcino, tutti i presenti hanno potuto valutare in anteprima le potenzialità dell'annata 2010 del Brunello che, complice l'andamento climatico decisamente favorevole per tutta la denominazione, ha dato vita a vini dalla grandissima personalità e potenzialità che, a dirla tutta, sbagliare sarebbe stato veramente difficile anche per gli industriali di professione. 
Fattoria dei Barbi, Fattoi, Le Chiuse, Podere San Lorenzo e, novità per me, Il Ventolaio hanno dimostrato di avere, ognuno con le sue caratteristiche, vini dalla materia prima sopraffina e dal fulgidissimo futuro anche se, attualmente, non propriamente estroversi. 


Fattoi e Fattoria dei Barbi

Piccola postilla: il Brunello di Montalcino de Le Chiuse e de Le Ragnaie annata 2009 sono davvero buoni per cui non sottovaluterei questa annata che rischia, complice la grande 2010, di passare un pò troppo sotto traccia.

Sul Sangiovese di Romagna ci sono state (fortunatamente) alcune conferme e qualche bella novità. 
La prima conferma riguarda Costa Archi: Gabriele Succi ogni anno cerca di migliorare se stesso e il suo vino che all'interno della manifestazione era rappresentato da Monte Brullo 2010 e dall'Assiolo 2012. Beh, caro Succi, tra i due forse quello più in forma era il secondo che ho trovato di una bevibilità davvero eccezionale grazie al suo corpo filiforme ed etereo.


L'altra conferma prende le forme del Poggio Tura 2010 di Vigne dei Boschi che mi piace da impazzire per la sua freschezza e la dotazione di aromi floreali (grazie a vigne piantate a circa 500 metri di altezza) che mi fanno ricordare tanto, con le dovute cautele, il Chianti Classico di Lamole.


La sorpresa, firmata Romagna, arriva da un altro produttore del banco dei Bioviticulturi ovvero da quel Paolo Francesconi che ho sempre seguito ma che fino ad ora non mi aveva convinto al 100% col suo vino prodotto da agricoltura biologica e biodinamica. 
Il Limbecca 2012 è succoso, ruspante, leggero e beverino. Potrebbe diventare il mio vino da tavola soprattutto in estate se leggermente freddo. Costa poco e fa godere tanto.



Altri consigli per l'acquisto? Contucci e Le Casalte per quanto riguarda il Nobile di Montepulciano (vabbè questa era facilissima), Palazzo Piero per quanto riguarda il sangiovese di Sarteano e, ultimi ma solo perchè ne avevo già scritto tanto in passatotutti vini di Tenuta Casteani che col suo Sangiovese di Maremma crea gran belle cose!!

Alla prossima

Omaggio ad Antoine Gaita e al suo grande Fiano di Avellino

Ero passato a trovare Antoine Gaita circa 3 anni fa durante il mio giro in Irpinia. Ci ha accolti a casa sua come se ci conoscessimo già da tanto tempo. Ricordo ancora i suoi discorsi sulla chimica del vino, le sue risate e le sue speranze per il Fiano di Avellino. Ci mancherà davvero Antoine. Di seguito quello che avevo scritto subito dopo la mia visita in cantina.

Montefredane, provincia di Avellino, Antoine e sua moglie Diamante posso vantare un terroir d’eccezione per il loro vigneto di Fiano, circa tre ettari a conduzione biologica, le cui radici si incuneano tra strati di argilla e roccia, definita in zona “sassara”, che affiora nella vigna vecchia e che si interpone col suolo argilloso

In cantina non si filtra, non si chiarifica, si usano lieviti selezionati, si affina quasi esclusivamente in acciaio e lunghe permanenze sul feccino di fermentazione. Il vino deriva dall’uva che si è vendemmiata per cui questo deve avere pregi ed eventuali difetti dell’annata e del lavoro del vignaiolo.

Antoine Gaita - Foto: Luciano Pignataro

Il Fiano di Avellino “Vigna delle Congregazione” è il simbolo di Villa Diamante, un vino derivante da un leggero appassimento in vigna dell’uva la cui prima annata, la 1997, mi dicono essere ancora in splendida forma. Con Antoine abbiamo degustato tre annate: 

Vigna della Congregazione 2009 Fiano di Avellino Docg: praticamente un pupetto in fasce che però rivela fin da subito il suo carattere dotato di forte mineralità fusa a nota più “dolci” di camomilla, paglia, erbe officinali e frutta gialla. Bocca caratteristica, sapida, fresca, tesa, dotata insomma di tutti gli attributi per sostenere un bel finale lungo e fragrante. 

Vigna della Congregazione 2007 Fiano di Avellino Docg: l’annata calda ci svela un fiano “tondeggiante”, una bella signora mediterranea che ha fianchi pronunciati ed accoglienti. Miele, zenzero, cotognata sono le prime sensazioni olfattive che escon fuori accanto alla meno marcata ma immancabile mineralità. Bocca fresca, per nulla molle, che accompagna una bevuta più di pancia che di testa.

Vigna della Congregazione 2005 Fiano di Avellino Docg: sei anni cominciano appena a sentirsi, le essenze aromatiche si fanno più complesse, voluminose, c’è la mela renetta, il mallo di noce, la speziatura del curry, il rosmarino e l’immancabile tocco di roccia. Al sorso la struttura del vino è ben retta dalla trama acido-sapida che, anche stavolta, sovrintendono in finale pieno e persistente su percezioni di frutta, fiori, erbe e mineralità fumè.

Sangiovese Purosangue 2015 - 17/18 gennaio 2015. Radisson Blu Hotel, Roma

L’Associazione EnoClub Siena rinnova l’appuntamento con il Sangiovese a Roma. Da diversi anni stiamo lavorando per portare a compimento il progetto di valorizzazione del vitigno, affrontando la conoscenza delle molte zone italiane in cui si coltiva. Partendo dal nucleo del Sangiovese toscano (sempre dettagliato per zone, con ulteriori approfondimenti) ma indagando e confrontando anche le altre zone italiane: Romagna in primis, ma anche Umbria, Lazio, dettagliando sottozone e cru. Attraverso i banchi di assaggio e i seminari potremo valutare la diversa declinazione territoriali (in purezza o con l’apporto di altri autoctoni). Il nome SANGIOVESE PUROSANGUE, usato in più occasioni per dare un senso di appartenenza e unità all’ampio gruppo di produttori toscani aderenti alle iniziative scorse, diventa un marchio identificativo attorno al quale cercare di scoprire e valorizzare la qualità in quei produttori italiani che hanno deciso, per vocazione e tradizione, di puntare sul Sangiovese.


  
PROGRAMMA

Sabato 17 gennaio 2015
ore 14.00 - Apertura banchi di assaggio
ore 21.00 - Chiusura banchi di assaggio

Domenica 18 gennaio 2015
ore 11.00 - Apertura banchi di assaggio
ore 14.00 - Seminario-degustazione sugli Invisibili del Sangiovese: piccoli produttori sconosciuti e misconosciuti. Relatore Davide Bonucci, Enoclub Siena
ore 16.00 - Seminario-degustazione sul territorio e le declinazioni della Rufina. Relatore Armando Castagno, Docente AIS
ore 18.00 - Seminario-degustazione sul Sangiovese di Montepulciano. Relatore Francesco Falcone, Redattore Enogea e Guida Vini d'Italia L'Espresso
ore 19.00 - Chiusura banchi di assaggio


LA SELEZIONE DELLE AZIENDE (elenco provvisorio)

TOSCANA
Sangiovese di BOLGHERI
Michele Satta

Sangiovese della RUFINA
Colognole
Frascole
I Veroni
Selvapiana

Sangiovese della VAL DI GREVE
Villa Calcinaia

Sangiovese di PANZANO
Il Palagio

Sangiovese di RADDA IN CHIANTI
Castello di Radda
Istine

Sangiovese di CASTELLINA IN CHIANTI
Bibbiano

Sangiovese di GAIOLE IN CHIANTI ALTA
Fietri
Monterotondo

Sangiovese della BERARDENGA/GAIOLE IN CHIANTI ALTA
Porta di Vertine

Sangiovese DI CASTELNUOVO BERARDENGA
Felsina

Sangiovese del CASENTINO
Ornina

Sangiovese di MONTALCINO
Baricci
Fattoi
Fattoria dei Barbi
Le Chiuse
Piombaia
Sanlorenzo
Ventolaio

Sangiovese di MONTEPULCIANO
Contucci
Gracciano della Seta
Il Conventino
Le Casalte

Sangiovese di SARTEANO
Palazzo di Piero

Sangiovese di CHIUSI
Colle Santa Mustiola

Sangiovese di GAVORRANO
Tenuta Casteani


ROMAGNA
Sangiovese di IMOLA
Giovannini

Sangiovese di MARZENO
Ca' di Sopra
Francesconi Paolo (BIOVITICULTORI)

Sangiovese di ORIOLO
Ancarani
Cantina San Biagio Vecchio

Sangiovese di BERTINORO
Tenuta La Viola

Sangiovese di BRISIGHELLA
Bragagni Andrea (BIOVITICULTORI)
La Berta
Vigne dei Boschi (BIOVITICULTORI)
Vigne di San Lorenzo (BIOVITICULTORI)

Sangiovese di MODIGLIANA
Il Pratello (BIOVITICULTORI)
La Casetta dei Frati

Sangiovese di PREDAPPIO ALTA
Nicolucci - Fattoria Casetto dei Mandorli


BANCO SELEZIONE ENOCLUB SIENA

TOSCANA

Sangiovese di CARMIGNANO
Fattoria Ambra

Sangiovese di SAN MINIATO
Pietro Beconcini

Sangiovese di SAN CASCIANO VAL DI PESA
Cigliano

Sangiovese della VAL D'ELSA
Castello di Monsanto
Ormanni

Sangiovese di LAMOLE E CASTELLINUZZA
I Fabbri
Fattoria di Lamole
Podere Castellinuzza

Sangiovese di RADDA IN CHIANTI
Barlettaio
L'Erta di Radda
Montevertine

Sangiovese di CASTELLINA IN CHIANTI
Castello La Leccia
Pomona

Sangiovese di MONTI IN CHIANTI
Badia a Coltibuono
Podere il Palazzino

Sangiovese di VAGLIAGLI
Selvole

Sangiovese DI CASTELNUOVO BERARDENGA
Losi Querciavalle
Podere Scheggiolla

Sangiovese di CASTELNUOVO BERARDENGA/MONTERIGGIONI
Bindi Sergardi

Sangiovese di MONTALCINO
Il Marroneto
Le Potazzine
Le Ragnaie
Pietroso
Tenuta di Sesta
Tiezzi
Tornesi

Sangiovese dell'AMIATA
Castello di Potentino

Sangiovese di PITIGLIANO
Poggio Concezione

ROMAGNA
Sangiovese di IMOLA
Terre di Macerato

Sangiovese de LA SERRA
Costa Archi

Sangiovese di CASTROCARO
Marta Valpiani

Sangiovese di BRISIGHELLA
Gallegati
Il Teatro

LAZIO
Sangiovese di ALTA TUSCIA VALLE TEVERINA
Trappolini

Sangiovese di SERRONE
Giovanni Terenzi


GASTRONOMIA:
Antica Norcineria Lattanzi (Montecompatri)
Casa Porciatti (Radda in Chianti - Siena)
Fratelli Lostia (Ollolai - Nuoro)
Forno di Ravacciano (Siena)
Il Cipressino (Montalcino)
Pasticceria Bar Lazio (Serrone - Frosinone)
Torta Pistocchi (Firenze)

PARTNERS:
Andrea Moretti Fotografo Firenze
Divinarte Mentana
Enoservizi Siena
Enoteca La Loggia Orvieto
Mixology Academy
Ristorante La Maielletta Roma
Tonda Roma
Wine Town Firenze

MEDIA PARTNERS:
Foovel.it
I Grandi Vini
La Finestra di Stefania
Percorsi di Vino
Roma Capitale
Sidewine
Wine Station
Wine Surf


Il nucleo centrale della manifestazione sono sempre i seminari, autorevoli per relatori, temi e presenze. Saranno tre e si svolgeranno tutti domenica 18 pomeriggio, nella sala Sette Conference del Radisson Blu Hotel.
Alle ore 14 Gli invisibili del Sangiovese, a cura di Davide Bonucci, insieme il passato e il futuro del Sangiovese. Il racconto e la scoperta/riscoperta di personaggi sconosciuti che hanno fatto grande un vitigno e suoi vini di riferimento, in epoche in cui l'immagine, l'etichetta, il marketing non contavano. E un impulso verso un futuro di tutela dei piccoli e piccolissimi. Appunto, gli Invisibili, almeno finora. Gli assaggi saranno coerenti con gli argomenti svolti, sia vecchie annate di produttori noti che annate in corso di produttori comunicativamente trascurati, con la loro significativa presenza fisica.
Alle ore 16, il prestigioso seminario di Armando Castagno (importante relatore AIS) sull'area della Rufina, una panoramica con 10 produttori, con un bel corredo iconografico, la presenza di importanti produttori dell'area: Selvapiana, Colognole, I Veroni, Frascole. Assaggi di 10 vini, Chianti Rufina Riserva 2009 e 2010. Il tutto con l'impeccabile esposizione di Castagno, la sua capacità affabulatoria, ricca di aneddoti, aderenza tecnica alla materia, brio.
Alle ore 18, altro importante seminario dove Francesco Falcone (redattore Enogea e Guida dei Vini d'Italia L'Espresso), relatore di assoluta autorevolezza, affronterà in maniera organica e con il consueto puntiglio critico, il Nobile di Montepulciano: zone, declinazioni, vini, con la presenza dei produttori. L'ottima annata 2010 rappresentata da 10 produttori e 3 vecchie annate a palesare le capacità di invecchiamento del Prugnolo Gentile. Un seminario che darà la possibilità di dilungarsi molto in argomentazioni tecniche e ampelografiche non banali, quello che ci si aspetta da un grande approfonditore di areali quale è Francesco Falcone.

UN PO' DI STORIA

Siamo arrivati al quinto evento romano in quattro anni. Per fare un po’ di storia, ricordiamo brevemente le date e i temi dei precedenti incontri: Rosso di Montalcino del 27-28 gennaio 2012 a Villa Aldobrandeschi; Brunello di Montalcino al Boscolo Hotel; 4-5 novembre 2012; Sangiovese Toscano all’Exed Luxury Event il 26-27 gennaio 2013; Sangiovese d’Italia al Radisson Blu Hotel il 2-3 novembre 2013 e 25-26 gennaio 2014. Inoltre, la recente parentesi milanese il 16 novembre 2014 all’Osteria del Treno. Avvenimenti che hanno sempre richiamato un pubblico numeroso e selezionato: i più importanti operatori, giornalisti, blogger e appassionati.

Come per le precedenti occasioni, ci siamo avvalsi della preziosa collaborazione dell’Agenzia Riserva Grande, operante su Roma e provincia nell’organizzazione di eventi, degustazioni, corsi di ingresso al vino e master tematici su singole aree produttive.


Il Brut 130 di Casa Valduga ovvero lo spumante brasiliano col cuore italiano!

Durante i recenti mondiali di calcio ho rotto così tanto le scatole per poter degustare un vino brasiliano di qualità che alla fine il mio amico Gianluca Zucco, wine consultant residente  a San Paolo, per soddisfare la mia curiosità mi ha portato lo scorso Natale l'agognato regalo: uno spumante metodo classico made in Brazil!!!

Gianluca mi avverte subito, non devo aspettarmi grandi cose soprattutto se il target di riferimento è lo Champagne, il Franciacorta o il Trentodoc anche se in Brasile, è chiaro in questo, la qualità media dei prodotti si sta alzando notevolmente e questo metodo classico ne è un chiaro esempio.

Casa Valduga, l'azienda non mi è nuova e il nome fa trapelare chiaramente le origini italiane dei fondatori che, leggo sul sito internet, sono partiti da Rovereto (Trentino Alto Adige) arrivando in Brasile nel 1875 dove hanno coltivato i primi vigneti all'interno dello Stato del Rio Grande do Sul.

Casa Valduga, oggi, è gestita dai fratelli Erielso, Juarez e João Valduga ed è diventata nel tempo sempre più importante tanto che rappresenta la più grande cantina di vino spumante in America Latina col merito, indiscusso, di aver dato vita al primo progetto enoturistico in Brasile grazie ad investimenti strutturali molto importanti nella Valle dei Vigneti (Vale dos Vinhedos Region) che si trova a circa 120 km da Porto Alegre ad una altezza di oltre 600 metri s.l.m.

Erielso, Juarez e João Valduga
Il Brut 130, prodotto a partire da uve chardonnay e pinot nero, è un metodo classico in tutto e per tutto ed affina sui lieviti per almeno 30 mesi prima del processo di dégorgement che, nel caso della mia bottiglia, è avvenuto nel 2014.

Foto: alicevarajao.wordpress.com

La veste cromatica del vino, come si vede (spero) anche dalla foto, è rappresentata da un giallo dorato abbastanza carico che suggerisce immediatamente fragranze di pesca gialla e frutta esotica assieme a sensazioni di glicine, mimosa ed echi tostati.


Al sorso non tradisce le aspettative giocando più sulla morbidezza che sulle durezze che, in tal caso, sono caratterizzate più dalla freschezza acida che dalla mineralità abbastanza latente. Persistenza non certo da record.

Considerazioni finali: aveva ragione Gianluca, non siamo certo ai livelli dei migliori spumanti europei, ma il Brut 130 mi è comunque piaciuto soprattutto per il suo non prendersi troppo sul serio e per la sua bevibilità che rimane il suo più grande pregio grazie anche ad una gradazione alcolica limitata (12%). Casa Valduga, inoltre, nonostante le dimensioni non certo artigianali, ha dalla sua una qualità media, non solo per gli spumanti, davvero invidiabile ed è una delle aziende brasiliane da tenere sott'occhio nel prossimo futuro.

Gianluca, tutto questo per dire che la prossima volta che rientri in Italia può portare dell'altro :)))


Il Fiano di Avellino Rocca del Principe alla prova del tempo: verticale storica 2007-2013

Chi ama il Fiano di Avellino, come me, non può non adorare un grande vignaiolo come Ercole Zarrella di Rocca del Principe che da anni, in punta di piedi, sta dando vita a vini dalla grande personalità territoriale.

Lo ero andato a trovare due anni fa e, da quel giorno, mi ero ripromesso di portarlo a Roma per una verticale del suo Fiano di Avellino. E' vero, sono passati circa due anni, ma alla fine ce l'ho fatta ed Ercole e sua moglie Aurelia li ho portati finalmente a Roma per la verticale storica del loro Fiano di Avellino che è stato degustato nelle annate 2007-2013 (anteprima).

Foto: Campaniastories.com

Fiano di Avellino Rocca del Principe 2007: l'annata non è stata certamente facile visto il caldo intenso che ha trasformato la vendemmia, anticipata di 15 giorni, in un lavoro di selezione certosino. All'olfattiva il vino si presenta con una vesta aromatica da grande Fiano invecchiato grazie ad una dotazione idrocarburica, da fare invidia ai riesling della Mosella, accompagnata da tanta frutta gialla matura, fieno e tocchi di mineralità. Alla gustativa si fa gradire per struttura, rotondità e, soprattutto, per una progressione di ottima fattura grazie ad una dotazione acida, ancora, di tutto rispetto. Piccola ma importante informazione: è la prima annata con l'enologo Carmine Valentino.

Foto: Luciano Pignataro
Fiano di Avellino Rocca del Principe 2008: sono innamorato dei Fiano di Avellino di questa annata che trovo, alla pari della 2010, davvero incantevole per qualità media dei vini prodotti. Il Fiano di Ercole è stato il vero "Coup de coeur" della serata non tanto per la sua veste aromatica, giocata su toni di frutta secca, roccia, agrumi canditi e un pò di miele, ma quanto per il suo sorso che, rispetto alla 2007, è ancora più verticale e sapido chiudendo con una nota quasi salmastra di grande fascino. 

Fiano di Avellino Rocca del Principe 2009: due anni fa scrissi che il vino si apre su toni di muschio, foglie secche, farine di castagne. Oggi la situazione non è cambiata moltissimo visto che, a queste fragranze, aggiungerei un aroma idrocarburico che fa somigliare questo millesimo alla 2007. Al sorso si conferma di buon equilibrio e sapidità anche se, a mio parere, è un gradino sotto, per personalità, dei precedenti assaggi.

Fiano di Avellino Rocca del Principe 2010: non è affatto facile descrivere questo vino. Per niente. Potrei dire che oggi ha tutte le caratteristiche per essere un grande Fiano di Avellino perchè ha una complessità olfattiva davvero impressionante visto che, odorandolo, possiamo individuare la grande mineralità che lo caratterizza assieme a sentori di agrumi, melone bianco, ginestra, zagara,nocciola, spezie orientali, ghiaia e legna combusta. Il sorso è lungo, tridimensionale, di freschezza inondante e generosa sapidità. Perchè, allora, è difficile descrivere questo vino? Semplice, perchè è davvero arduo capire come sarà la sua parabola futura visto che la mia razionalità mi dice che l'eccellenza non può essere migliorata. Staremo a vedere...

Foto: larcante.com

Fiano di Avellino Rocca del Principe 2011: tempo di novità in casa Zarrella! Cambia la bottiglia, che da bordolese diventa borgognotta, cambia l'etichetta che diventa bianca e più "aristocratica" e, soprattutto, cambia il tempo di uscita del vino che viene immesso sul mercato con un anno di ritardo privilegiando un maggior affinamento in cantina. Il risultato di questa nuova "filosofia" è un vino dalla grande eleganza, agrumato, compatto nella sua granitica mineralità che fa ricordare la roccia bianca fredda dei fiumi. Bocca tesa, freschissima, per certi versi ancora "cruda" e insicura. E' un Fiano che ha bisogno ancora di tanta bottiglia per esprimersi al meglio. Ili consiglio è di tenerlo ben conservato in cantina e riaprirlo tra almeno due anni.

Fiano di Avellino Rocca del Principe 2012: Ercole metti in piedi un altro cambiamento nella vinificazione che ora è caratterizzata da macerazione con le bucce per 6 ore per il 50% della massa. Il risultato è un vino dall'impronta setosa, femminile nelle sua nuance floreale che riportano al sambuco, al biancospino, al lime, alla pera verde e a sbuffi mentolati e di bianca mineralità. Il sorso conferma che anche questo sarà un grande Fiano grazie ad una persistenza lunga, sapida, agrumata che richiama il terroir di Lapio in maniera ancestrale. E' un best buy da comprare finchè ce ne è!

Fiano di Avellino Rocca del Principe 2013 (campione di botte): Ercole non si fa mancare nulla e anche per questo millesimo ha posto in essere due cambiamenti produttivi che riguardano il solo uso di mosto fiore in vinificazione e la totale eliminazione della vigna a Contrada Campore (esposizione sud), impiantata ora ad aglianico. Il risultato, anche in questo caso, è un vino nettamente verticale, quasi nordico per spina acida e sgargiante mineralità. E' troppo presto per dare un giudizio ma, se tanto mi da tanto, anche questa versione promette un luminoso futuro.

Foto: Campaniastories.com