Ultimamente, in maniera casuale, nel mio "percorso di vino" ho incrociato alcune storiche cooperative sociali italiane come Dolianova, Colonnara e Cavit, una realtà, quest'ultima, da oltre 60 milioni di bottiglie, cifre che solo a pensarci fanno girare la testa e, a chi come me è amante del piccolo ed artigianale, pone le basi a più di un pregiudizio e qualche domanda. Questo post, simile ad una pagina di diario di una sera, vuole essere testimone di un cambiamento nel mio modo di vedere certe realtà perchè, alla fine, i numeri, i grandi numeri, non sono il male del vino italiano soprattutto se alla base ci sono persone che percepiscono la qualità come mezzo per rispettare territorio e consumatori.
Roma - Vinofòrum - ore 20.30
Sono entrato da pochi minuti e già vorrei andare via da questa manifestazione che non aggiunge nulla alla cultura del vino. Anzi.
In lontananza scorgo lo stand della Cavit, c'è molta gente in fila per un bicchiere di quelle che, a distanza, sembrano bollicine. Malcelando una certa ritrosia mi son detto:"Ok, andiamo a testare, male che vada un Altemasi Trentodoc mi rinfrescherà in questa giornata di caldo romano".
Roma - Vinofòrum - ore 20.45
Col bicchiere in mano cerco qualcuno che mi spieghi il vino. Il sommelier è troppo occupato con le persone che gridano:"damme un bianco e un rosso!".
Si avvicina amichevolmente Domenico Jacobone, uno dei responsabili dell'azienda presenti a Roma. Iniziamo a parlare, mi spiega la filosofia di Cavit, il rapporto stretto e diretto con gli oltre 4.500 viticoltori associati a 11 cantine che rappresentanto il 60% della produzione vinicola trentina (circa 5.500 ha). Nelle sue parole non c'è volontà di vendermi bugie, non sono un grande cliente e non sa che sono blogger (per quello che conta). Cavit, nonostante le apparenze, è una famiglia allargata dove tutto sta cambiando o, forse, non è cambiato mai.
Roma - Vinofòrum - ore 21.15
Chiaccherando con Domenico, a cui si aggiunge dopo Stefano Pallaver (wine ambassador) emerge chiaramente la voglia di Cavit di andare oltre le produzioni di massa agganciate alla grande distribuzione che spesso e volentieri, numeri alla mano, servono a scardinare i mercati esteri sempre più competitivi. Oggi, i consorzi di "nuova generazione" come Cavit devono guardare anche oltre cercando di "orientare" una buona percentuale di produzione verso quei concetti di artigianalità e sostenibilità che fino a poco tempo fa erano ritenuti impossibili per queste realtà.
Cavit, infatti, aderisce da oltre venti anni al “Protocollo per una produzione viticola di qualità in Trentino” e sta investendo molto nel fotovoltaico e nel risparmio idrico ma, a prescindere da tutto, sta cercando di dare valore alla produzione enologica di qualità attraverso i suoi spumanti metodo classico linea Altemasi e, soprattutto, attraverso la progetto Masi Trentini in collaborazione con l'Istituto Enologico di S. Michele all'Adige.
Maso Toresella - Fonte:blog.enotourtrento.it |
Roma - Vinofòrum - ore 22.00
Sono abbastanza confortato dalle parole di Domenico e Stefano ma, come San Tommaso, se non vedo (degusto) non credo. Inizia la batteria degli spumanti metodo classico.
Buon inizio con l'Altemasi Brut (100% chardonnay) che, con i suoi 15 mesi di affinamento sui lieviti ed un prezzo assolutamente concorrenziale, rappresenta un buon approccio al metodo classico italiano.
Ovviamente, l'Altemasi Brut Millesimato 2008 (100% chardonnay) è di un altro livello, la maggiore complessità fornita dalla permanenza sui lieviti per 36-48 mesi, fa di questo Trentodoc uno spumante fragrante di crosta di pane con tocchi di cera d'api e soffi minerali. In bocca è beverino, sapido, intenso e per nulla banale. In enoteca costa 11 euro, molto meno rispetto a certi Charmat. Tanto per dire.
L'Altemasi Riserva Graal 2004 (70% chardonnay e 30% pinot nero) non lo scopro certo io, è la perla enologica Cavit premiata dalle migliori guide. Eì un metodo classico che non ha nulla da invidiare a marche e territori più blasonati, è un piccolo capolavoro di artigianale pazienza (per questa annata è rimasto sui lieviti 72 mesi) che mostra un profilo olfattivo che va dalla mela gialla alla susina per poi passare al miele, allo zenzero, all'agrume candito fino ad arrivare ad un minerale di rara eleganza. Bocca complessa, sapida, di grande freschezza e persistenza. Per 30 euro circa in enoteca è una bottiglia dall'ottimo rapporto q/p.
Ovviamente, l'Altemasi Brut Millesimato 2008 (100% chardonnay) è di un altro livello, la maggiore complessità fornita dalla permanenza sui lieviti per 36-48 mesi, fa di questo Trentodoc uno spumante fragrante di crosta di pane con tocchi di cera d'api e soffi minerali. In bocca è beverino, sapido, intenso e per nulla banale. In enoteca costa 11 euro, molto meno rispetto a certi Charmat. Tanto per dire.
L'Altemasi Riserva Graal 2004 (70% chardonnay e 30% pinot nero) non lo scopro certo io, è la perla enologica Cavit premiata dalle migliori guide. Eì un metodo classico che non ha nulla da invidiare a marche e territori più blasonati, è un piccolo capolavoro di artigianale pazienza (per questa annata è rimasto sui lieviti 72 mesi) che mostra un profilo olfattivo che va dalla mela gialla alla susina per poi passare al miele, allo zenzero, all'agrume candito fino ad arrivare ad un minerale di rara eleganza. Bocca complessa, sapida, di grande freschezza e persistenza. Per 30 euro circa in enoteca è una bottiglia dall'ottimo rapporto q/p.
Appagato ma non sazio chiedo di degustare qualche vino della linea "I Masi Trentini" che, nelle parole dell'azienda, rappresentano veri e propri "cru" legati ad un territorio ben definito e particolarmente vocato alla produzione di specifici vitigni. Ecco la vera realtà di nicchia dell'azienda, poche migliaia di bottiglie che, nelle aspettative di tutti, dovrebbero rappresentare il meglio della produzione enologica Cavit.
Ho provato, in questo ambito, due vini particolarmente significativi: il Maso Toresella Cuvée e il Maso Cervara Teroldego Rotaliano.
Il primo vino è un assemblaggio di uve sauvignon blanc, chardonnay, gewürztraminer e riesling provenienti da Maso Toresella, lago di Toblino, sede dell'azienda e del vigneto sperimentale. Naso molto sensuale di frutta, fiori e spezie dove, col tempo, è possibile capire nitidamente l'apporto che ciascun vitigno offre alla complessità del vino che, al sorso, risulta decisamente più "maschio" e sapido con bella persistenza nel finale.
Il primo vino è un assemblaggio di uve sauvignon blanc, chardonnay, gewürztraminer e riesling provenienti da Maso Toresella, lago di Toblino, sede dell'azienda e del vigneto sperimentale. Naso molto sensuale di frutta, fiori e spezie dove, col tempo, è possibile capire nitidamente l'apporto che ciascun vitigno offre alla complessità del vino che, al sorso, risulta decisamente più "maschio" e sapido con bella persistenza nel finale.
Il Maso Cervara Teroldego Rotaliano rappresenta invece la massima espressione che il Teroldego può avere in Cavit, c'è molta polpa e sostanza in questo vino che non ha nulla da invidiare ad espressioni di altri celebrei vignaioli territoriali. Alla cieca farebbe la sua porca figura, credetemi.
Roma - Vinofòrum - ore 23.15
Esco da Vinofòrum diverso da quello che ero tre ore fa. Le dimensioni non mi fanno più paura, non devono...