Ok, giuro che questo è l'ultimo post sui vini di Santorini ma ad oggi il richiamo dell'estate è ancora molto forte così come la voglia di evadere da questa Italia sempre più piccola.
Ok, non ci facciamo cogliere dalla tristezze anche perchè, se ripenso a questa cantina, non riesco a non avere un senso di leggerezza visto che, tra le tante girate nella mia vita, questa avevo un senso hippy molto accentuato.
Entrata |
Colorata e posizionata direttamente sulla spiaggia di Santorini, la struttura, una ex fabbrica di pomodoro completamente ristrutturata, è gestita in maniera molto informale da due ragazze greche che accolgono gli appassionati facendoli sedere su delle panche quasi in riva al mare (siamo ad una decina di metri dal bagnasciuga) dove il senso di libertà ha il profumo del mosto proveniente dalla cantina limitrofa.
La struttura. Foto: |
Gaia Wines è un progetto di Yiannis Paraskevopoulos e Leon Karatsalos che nel 1994 fondarono due cantine nelle zone vitivinicole più interessanti della Grecia e cioè Santorini e Nemea (Peloponneso) con l'obiettivo dichiarato di voler far conoscere a tutti i wine lovers del mondo le potenzialità dei vitigni autoctoni greci.
Yiannis Paraskevopoulos e Leon Karatsalos |
Con l'odore dello iodio che ci circonda e con i piedi quasi nella sabbia, iniziamo la degustazione andando subito a scoprire come Gaia Wines interpreta il vitigno bianco principe dell'isola ovvero l'Assyrtiko. Il vino che la ragazza ci propone si chiama Thalassitis, anno 2013, il cui nome fa riferimento al "Thalassitis Oenos" cioè alla bevanda che in antichità si produceva mescolando l'acqua del mare ("Thalassa" in greco) col vino. Questa versione, ovviamente, moderna, deriva da uve provienenienti esclusivamente dai vecchi vigneti vigneti di 80 anni situati nelle zone di Episkopi, Akrotiri e Pyrgos.
Il vino mi piace molto, è diretto, verticale, salato, di grande persistenza. Col caldo che faceva quel giorno a Santorini me ne sarei bevuto un secchio. Piaciuto molto.
Il secondo vino versato nel bicchiere è sempre un Assyrtiko solo che, a differenza del precedente, non fa acciaio ma legno. Il Thalassitis Oak Fermentend 2013 è fermentato in botti di rovere di Nevere e, in seguito, vine affinato in botti di acacia del sud della Francia. Degustandolo il mio giudizio non è molto diverso da tutti gli altri vini bianchi di Santorini "passati" in barrique: troppo invadente, a mio giudizio, la sensazione di vaniglia che stravolge il carattere dell'uva che, se vinificata a dovere, legge benissimo il terroir vulcanico dell'isola.
Il terzo vino che degustiamo è un rosso non di Santorini ma della zona di Nemea dove l'azienda ha la sua seconda base produttiva. Si chiama, in maniera molto formale, GAIA ESTATE, annata 2010, ed è prodotto da uve Agiorgitiko coltivate a Koutsi (Nemea) in un vigneto di 7 ettari ad un'altitudine di circa 600 metri. Il vino matura per almeno 12 mesi in barriques nuove francesi (225lt) e viene imbottigliato senza alcun trattamento quale refrigerazione o filtrazione. All'olfattiva presenta aromi molti piacevoli di fruttini rossi di bosco e sensazioni di resina mentre al sorso è fresco e godibile e, per certi versi, mi ricorda le sensazioni di alcuni pinot neri altoatesini
L'ultimo vino non poteva non essere il Vinsanto 2004 firmato Gaia prodotto a partire da uva Assyrtiko con piccole percentuali di Athiri e Aidani. Una parte delle uve sono essiccate al sole di Santorini mentre un'altra porzione è essiccata all'ombra per mantenere una maggiore acidità. Il mosto viene poi messo in vecchie botti di fermentazione per almeno 10 anni e, una volta pronto, il Vinsanto viene imbottigliato senza chiarificazioni o filtrazioni.
Il vino è squisito e se lo proverete, così come ho fatto io, guardando il tramonto dalla riva del mare, potrete capire perchè certi prodotti vengono definiti da meditazione.
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Infine, per gli amanti del genere, è opportuno sottolineare, vista la grande qualità del prodotto, che Gaia Wine dal 2004 produce anche un ottimo aceto da uva Assyrtiko. In pratica, il mosto non selezionato per il Thakassitis viene diviso in due: una prima parte diventa vino secco che viene poi viene ossidato in botti di rovere 500 litri e, successivamente, affinato in vecchie barrique per 4 anni. La seconda parte del mosto, invece, viene bollita a fuoco lento in paioli di rame e ridotta fino a che non si riduce di un quarto rispetto al volume iniziale. Dopo 4 anni si unisce tutto e l'aceto, così risultante, matura ulteriormente per 1 anno in vecchie botti di rovere da 500 litri. Ok, non sarà l'aceto balsamico tradizionale di Modena ma, nella vasta gamma di aceti infimi che potrete trovare in giro per il mondo, questo prodotto vale sicuramente il tempo perso per ricercarlo sul mercato.
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