Villa Bucci Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva 2004

Il Verdicchio dei Castelli di Jesi Villa Bucci per noi appassionati è da sempre una certezza anche se, come qualcuno sostiene, il meglio di sè lo regala solo dopo almeno due lustri.

Proprio per questo, con un gruppetto di amici, abbiamo stappato ultimamente la Riserva 2004 di Ampelio Bucci, milanese trapiantato nelle Marche che durante gli anni '70, seguendo la tradizione di famiglia, decise di piantare verdicchio nell'areale dei Castelli di Jesi affidandosi a all'enologo trentino Giorgio Grai che lo stesso Bucci definisce grande genio dell'assemblaggio.

Ampelio Bucci. Foto: Corriere.it

Attualmente l'azienda gestisce circa 400 ettari, dei quali sono 26 a vigne ed olivi, mentre il resto è dedicato a grano duro e tenero, mais, bietole da zucchero, piselli, colture da seme e girasoli.

L'azienda possiede attualmente 6 vigne di Verdicchio in posizione diversa come altitudine ed esposizione (DOC Verdicchio Classico Superiore dei Castelli di Jesi) :

Vigna Comune Età Esp. Alt. Mt
Vigna Villa Bucci Montecarotto 40 est 340-360
Vigna Belluccio Montecarotto 35 sud-est 320-340
Vigna Montefiore Serra de’ Conti 45 sud-ovest 200-220
Vigna Baldo Serra de’ Conti 15 sud 160-170
Vigna Saturno Barbara 40 sud-est 180-220
Vigna S. Sebastiano Serra de’ Conti 5 sud 250-280

Vigneti Bucci. Foto: Corriere.it
La Riserva non proviene da una specifica vigna ma, come spesso spiega lo stesso Bucci, è  una cuvée, creata grazie al prezioso aiuto di Grai, da uve provenienti dai vigneti più vecchi che, come per tutta la produzione aziendale, sono coltivati secondo metodi biologici. Una scelta, pertanto, effettuata degustando il vino di tutte le grandi botti di Slavonia, alcune vecchie anche 75 anni, che contengono il verdicchio in affinamento per circa due anni prima di passare in bottiglia per altri 12 mesi.

Foto: Corriere.it

La Riserva 2004 si presenta inizialmente contratta al naso, ritrosa come un bambino che non vuole cedere il suo giocattolo migliore. Poi col tempo si apre rimanendo su toni inizialmente giocati sulla nocciola tostata, la mandorla, il miele millefiori, per poi virare su sensazioni più giovanili e "bianche" che via via prendevano la forma dei fiori bianchi, delle erbe aromatiche e della mineralità bianca.

E', invece, al sorso che questo verdicchio sembra avere una marcia in più visto che, assaggio dopo assaggio, ti rendi conto che questo vino è un piccolo capolavoro di eleganza sartoriale dove il gusto viene puntellato da una verve acida precisissima che amplifica gli aromi minerali e sapidi del vino che, alla cieca, potrebbe battersela con un ottimo Borgogna bianco. Ampio l'epilogo, difficile da dimenticare.

Un grande vino italiano, non solo marchigiano, che ancora è in fase evolutiva e promette per il futuro ancora grandi sorprese per chi lo vorrà aspettare.

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