Quando un vino si può dire "alla francese"?

Giuro che non mi va di parlare male dei miei "colleghi" blogger, però leggendo l'ultimo post uscito su Avvinando (wine blog del TG COM) mi è scappato più di un sorriso. 
Il titolo dell'articolo era abbastanza stuzzicante: Tenuta Rapitalà Casalj: il grande bianco siciliano “alla francese”.

Ah però, penso, fammi vedere fino a che punto si spinge il paragone tra un vino siciliano e uno francese?

Nell'articolo si parla del Casalj, vino bianco della grande e nota azienda siciliana che, leggo, dal 2011 viene prodotto solo con Catarratto. Il perchè della scelta è spiegato nell'articolo di Sergio Bolzoni che ha riportato le seguenti affermazioni di Laurent Bernard de la Gattinais, titolare di Rapitalà insieme al Gruppo italiano vini:“Volevo andare verso un vino che si caratterizzasse per l’eleganza e quindi abbiamo deciso di fare a meno dello Chardonnay”.


Caspita, un francese figlio di un conte francese che rinnega lo chardonnay battezzandolo come simbolo di non eleganza? Boh, vabbè, proseguo la lettura cercando a sto punto di capire sempre di più perchè il Casalj è un grande bianco siciliano "alla francese". 

L'articolo va avanti presentando una piccola verticale di tre annate del vino in questione, dal 2010 al 2012. Dando una scorsa alla descrizione dell'annata 2011 si può leggere quanto segue: vira sulla mineralità, sulla sapidità e su una certa asciuttezza e compostezza il 2011 che si rivela con grande sorpresa uno dei bianchi con la maggiore persistenza assaggiati negli ultimi mesi (dove per persistenza si intende quanti secondi il sapore di un vino resta intatto nel palato prima di sparire o degenerare). Diremmo quasi alla francese..

Ecco, siamo forse arrivati al punto. Forse ho capito male io ma, secondo l'autore, un vino può definirsi "quasi francese" solo quando questo ha questi tre caratteristiche: mineralità, sapidità e persistenza. Tutti gli altri, per esclusione, saranno "quasi qualcosaltro".

O forse il "quasi" è dovuto alla NON presenza di chardonnay....

O forse il "quasi" è dovuto al fatto che il vino è,  a prescindere da tutto, prodotto in Italia....

Ma il titolo non diceva che il Casalj era un grande bianco alla francese senza il quasi??

Intanto, per esercizio, comincio a buttar giù una lista delle caratteristiche di un vino "quasi italiano". Idee a tal proposito? Magari se qualche amico francese mi risponde.....


4 commenti:

Marilena ha detto...

Non ci credo che Laurent abbia detto "e quindi", lasciando sottintendere che se ci fosse stato lo chardonnay il Casalij si sarebbe espresso in maniera meno elegante... è un viticultore molto serio e preparato, con una grande esperienza. E ama i suoi vini, e fa un ottimo Chardonnay, fra le altre cose...

Per il resto, fare un vino “alla francese”, o “alla portoghese”, o “alla australiana”… penso che questo modo di lavorare, ammesso che ancora esista, sia abbondantemente sorpassato. Sono finiti (o dovrebbero esserlo) i tempi in cui si ricercava uno specifico stile in vinificazione, cercando di imitare questa o quell’altra scuola enologica, e per fortuna, direi. Forse dobbiamo solo trovare un vocabolario più adeguato a raccontare il vino con parole nuove.

M.

Andrea Petrini ha detto...

Su quello che ha detto Laurent mi devo basare su ciò che riporta l'articolo. Sulla seconda parte del tuo intervento condivido al 100%

Angelo D. ha detto...

Il Casalj ha sempre sofferto un imprecisa collocazione. Personalmente però ritengo il Gra Cru di Rapitala', il loro chardonnay in purezza, uno de migliori in assoluto tra quelli siciliani in circolazione...

Per quanto l'articolo sia praticamente incomprensibile viene spontaneo, per gli addetti ai lavori, sorridere su come vengono trattati con superficialità certi argomenti. Ben ha fatto Andrea a sottolinearli...

Anna ha detto...

Si in effetti dall'articolo non era semplice capire alla fine le caratteristiche di un vino francese...forse Laurent non si è spiegato molto bene!
Concordo anche io che sarebbe meglio trovare nuove parola per descrivere i nostri vini.