Vinnatur e il concetto di Terroir di Claude Bourguignon




Mentre sono d'accordo che il concetto di Terroir debba riferirsi necessariamente ad arie vocate, non trovo giusto alla fine ricondurlo ad un concetto "naturale" dove solo chi produce senza pesticidi e senza tecnicismi di cantina sia un figo. Ci sono molti vini di Terroir che vengono prodotti da vignaioli che oggi non rientrano tra i naturali puri. Chi? A Montalcino c'è ne è uno chiamato Biondi Santi.

15 commenti:

luigi fracchia ha detto...

Carissimo Andrea,
L'approcio laico che proponi e' condivisibile ma cio che dicono da anni i Bourguignon in francia e Giovannetti in itslia e' che il terroir, le specifiche caratteristiche organolettiche date dal territorio, sono fornite dal consorzio microbico presente nel terreno.
Questo consorzio patisce moltissimo e si riduce in quantita e qualita con le tecniche agronomiche chimiche.
Ergo se i terreni sono stati coltivati da decenni con tecniche invasive le specificita del territorio sono sicuramente affievolite.

Mike Tommasi ha detto...

@luigi - SI e NO - non credo proprio che "le specifiche caratteristiche organolettiche date dal territorio, sono fornite dal consorzio microbico presente nel terreno", ma hai ragione che "se i terreni sono stati coltivati da decenni con tecniche invasive le specificita del territorio sono sicuramente affievolite".
Diciamo che se uno coltiva o vinifica con una mano troppo pesante, allora cancellerà l'espressione del terroir, che comunque si riconduce alla natura del suolo profondo e non dell'humus superficiale. Clima, potatura, lavoro del suolo in superficie, rese, tecniche di cantina ecc. contribuiscono a creare le condizioni per una buona espressione di terroir.

luigi fracchia ha detto...

Carissimo Mike,
io non credo che il consorzio microbico etc...
Lo lascio dire a Giusto Giovannetti e Claude Bourguingnon che hanno molti più titoli di me.
Per cui leggiamo i loro libri e capiamo bene cosa sembrerebbe apportare alla pianta un terreno equilibrato e ricco di attività microbica.
Giovannetti ci dice che le specificità dei cru e dei terroir sono imputabili alla composizione qualitativa del consorzio microbico sessile.
Quindi non per sentito dire ma in base a ciò che dicono i microbiologi, mi sento di affermare che se si depauperano i terreni in maniera significativa, si perdono anche le caratteristiche di unicità che li caratterizzano.
Poi che cosa faccia Biondi Santi per mantenere le sue unicità non lo so, bisognerebbe chiedere a loro: che tecniche agronomiche utilizzano e cosa fanno per mantenere vivo e vitale il terreno.

Mike Tommasi ha detto...

OK, ma se così fosse, qualsiasi vigneto (per dire, anche un terreno bello e fertile in pianura), purchè coltivato in maniera tale da mantenere una ricca microflora e microfauna in superficie, sarebbe vocato a terroir.
Se una zona ha potenziale di terroir, la chiave per esprimerlo è lasciare che le radici si sviluppino in profondità, tagliando le radici superficiali e magari lasciando un inerbimento sufficiente per creare competizione in superficie. Tuttavia il suolo in superficie deve rimanere vivo e sano per evitare la formazione di croste dure che fragilizzano il terreno e lo rendono impermeabile.

luigi fracchia ha detto...

Carissimo Mike,
è ovvio che un territorio è vocato se ha una serie di caratteristiche e il peso che bisogna attibuire alla microbiologia più che alla geologia che bisogna rivalutare.
Giovannetti dice che le differenze anche sostanziali fra cru posti in condizioni geologico meteorologiche uguali è data da una parte minima di microbi che sono stanziali e che non si spostano (sessili) perchè non sporigeni, i quali entrano nella determinazione delle caratteristiche organolettiche dell'uva modificando il dna "spazzatura" delle piante generando così dei fenotipi diversi da cru a cru.
Perdonate alcune inevitabili inesattezze.
il consorzio ripeto è molto delicato e in caduta libera sia in viticultura sia nelle altre produzioni agricole.

Andrea Petrini ha detto...

da ignorante della materia biologica sia chiaro, vorrei saperne di più e per questo ogni contributo qua e su Percorsi di Vino è ben accetto. Riguardo Biondi Santi penso che sia quello che più di tutti e prima di tutti abbia saputo interpretare al meglio un vitigno, il sangiovese, all'interno del suo Terroir di eccellenza, Montalcino. Poi come faccia non lo so ma escludo che sia un bioterrorista :)

Mike Tommasi ha detto...

Andrea, ma davvero trovi Biondi Santi così buono? Non lo bevo ogni giorno quindi mi sarò perso qualche perla, ma le poche volte che mi passa davanti un BS ne rimango abbastanza deluso frankly speaking. Da questo non vorrei concludere che la cosa sia da imputare ai microbi :-)

Andrea Petrini ha detto...

Mike, le Riserve di Biondi Santi a mio giudizio sono esemplari nell'interpretazione del sangiovese di una certa annata.

Tornado al Terroir, volevo capire cosa sia la zona vocata perchè anche in Borgogna, a distanza di un metro, le viti possono dare risultati molto ma molto differenti.

luigi fracchia ha detto...

La Borgogna ci dà conferme alle analisi microbiologiche di Giovannetti e di Bourguignon. Un grande territorio dal punto di vista pedoclimatico che ha sviluppato molti consorzi microbici coevoluti con i vegetali.
Queste eccellenze hanno creato un mosaico complesso di fenotipi irripetibili, unici.
Però molti produttori che avevano intrapreso la via chimica hanno avuto in seguito dei problemi dovuti alla caduta di qualità e ottundimento delle differenze Romanèe Conti insegna.

Luca Ferraro ha detto...

Io tenderei a concordare, ocio però, ricordiamoci sempre che il rame è fitotossico e alla lunga crea dei casini enormi nei terreni, io direi che ci sta il ragionamento del naturale ma non è una regola fissa. Bisogna sempre e comunque fare attenzione a come si lavora e dove si lavora. Terreni vocati hanno bisogno di un minor numero di trattamenti quindi un minor utilizzo di rame e zolfo.
Vorrei porre una domanda a questo punto: vini prodotti in terreni non vocati possiamo definirli"non naturali" ?

Alessandro Maule ha detto...

Luca vedi che alla fine sto video non era poi così banale, ma anzi ha scatenato un pò di sano dibattito :)
Noi sappiamo benissimo che il rame, così come lo zolfo, sono sostanze fitotissiche (i danni che fanno possono essere equiparati ai pesticidi quando vengono usati in dosi massicce) ed è anche per questo che stiamo tentando di sostituirle con altri prodotti, purchè di origine naturale. Al momento siamo riusciti a ridurre drasticamente le dosi di zolfo ed in alcuni casi ad eliminare già il rame.
I vini possono essere "naturali" da qualunque luogo derivino; purchè siano prodotti in un determinato modo. Se nascono da terreni meno vocati saranno meno complessi, meno "da terroir" ...

luigi fracchia ha detto...

Sono molto interessanti i lavori di Giovannetti sui consorzi microbici chelanti per terreni con calcare attivo (clorosi ferrica), consorzi di pseudomonias che dovrebbero attivare difese immunitarie a certe fitopatologie e trattamenti fogliari per occupare con funghi antagonisti le nicchie ecologiche di oidio e peronospera.
Rame e zolfo free.

Alessandro Maule ha detto...

Noi grazie alla collaborazione con Ruggero Mazzilli di Panzano in Chianti, siamo a conoscenza dei lavori di Giovannetti. Proprio la settimana prima delle feste ci siamo incontrati anche con lui! è veramente un ricercatore come ce ne sono pochi e sicuramente il suo metodo al discorso "rame e zolfo free" è uno tra i più validi. Anche in un buon compost vegetale dovrebbe già esserci un giusto equilibrio tra microorganismi (compresi micorizze e pseudomonas).
Quello che vogliamo fare noi è di indurre la pianta ad autodifendersi, e ad avere gradualmente nel corso degli anni, sempre meno bisogno di interventi dall'esterno. è un percorso complesso ma molto intrigante, soprattutto per noi agricoltori.Non bisogna mai stancarsi di migliorare, un passo alla volta!

Andrea Petrini ha detto...

Possibile sapere dove trovare questi documenti?

maurizio gily ha detto...

Non vi sono dati chiari sull'apporto dei consorzi microbiologici alle caratteristiche di un terroir però è ragionevole supporre che questo apporto ci sia, così come è ragionevole supporre che queste caratteristiche si impoveriscano in un suolo impoverito biologicamente. Giovannetti, che è un amico con cui collaboro da anni, da microbiologo tende ad enfatizzare questo aspetto forse un po' più del giusto,ma solo nel senso che i caratteri di un terroir sono frutto di molte variabili e la microbiologia del suolo è una delle molte. Il discorso di Bourguignon per quello che conosco è un po' diverso, lui punta soprattutto sul concetto che bisogna assicurare al suolo una vita microbica ricca, come numero di specie e di individui, più che sottolineare le differenze di microflora tra un terroir e un altro. Una cosa importante da approfondire è anche il ruolo della microflora endofita (cioè quella che vive all'interno della pianta). Ne tratteremo sul prossimo numero di Millevigne.