Ma voi ce lo vedete il Brunello di Montalcino nella fiaschetta? No? Eppure sembra che...

E’ stato per decenni il contenitore più caratteristico per presentare il vino, in molti paesi esteri è l’emblema del vino italiano e toscano in particolare, ha una storia millenaria alle sue spalle; stiamo parlando del fiasco toscano che recentemente vede le sue sorti risollevarsi in quanto apprezzato da sempre più numerosi imbottigliatori. E’ di questi giorni la notizia che anche nelle terre del Brunello di Montalcino alcuni importanti produttori, tra i quali Banfi e Barbi, hanno presentato una proposta di modifica del disciplinare che prevede l’imbottigliamento del famoso vino in fiaschi da due litri di vetro chiaro per evidenziare le sfumature color rubino caratteristiche del Sangiovese, fiaschi rigorosamente “vestiti” con paglia di grano esclusivamente raccolto in Val d’Orcia.

La proposta sarà in discussione nella prossima assemblea del Consorzio, prevista per la fine di Maggio, nella quale si nomineranno tra l’altro i membri del nuovo consiglio direttivo del Consorzio stesso. Imbottigliare il Brunello nei fiaschi da due litri appare una vera rivoluzione per questa Docg in quanto fin dagli inizi della commercializzazione di questo vino si è preferita la bottiglia bordolese, tanto che Montalcino è stata la zona vitivinicola che di fatto ha lanciato in Italia questo contenitore di origine francese fin dai primi del ‘900.

La scelta del fiasco, oltre che rispondere alle nuove richieste dei mercati internazionali in uscita dalla crisi, si ispira ad una maggior aderenza alla tradizione italiana e al rigetto di tutte quelle mode filostraniere che hanno imperato fin troppo a lungo nel nostro paese. C’è da rilevare infine che contro questa proposta sono insorti alcuni produttori progressisti, capitanati da Donatella Cinelli Colombini (la quale è famosa per aver eliminato dalle sue aziende qualsiasi accenno ai contenitori tradizionali quali damigiane e, appunto, fiaschi) che ha dichiarato di volersi opporre con tutte le risorse disponibili a questa eventualità, chiamando a raccolta i produttori più esclusivi di questo vino.

Fonte: www.bereilvino.it

2 commenti:

Rinaldo ha detto...

..ma la bottiglia chiara per un vino da invecchiamento può andare?..e poi come fai a tenerla coricata questa?..boh!
mi sembra velleitaria l'iniziativa.
anche se, sotto, sotto, ordinare al ristorante una magnum di Brunello impagliato, sarebbe proprio divertente!

Fabio Colombo ha detto...

Ci risiamo... a parte l'invecchiamento del vino che potrebbe trovare riposo in una pupitre o qualcosa del genere... perché riprendere in mano il fiasco del Chianti?Alcuni feed or sono abbiamo parlato di package e veste grafica e del sospirato ritorno al fiasco del Chianti... simbolo dell'italianità nel mondo. Appunto del CHIANTI. Possibile che i toscani, tanto legati alle origini della loro terra e competitivi e campanilisti (il Nobile da una parte, il Brunello da un'altra, Chianti e Sassicaia da tutt'altra) rispolverino la paglia raccolta in Val d'Orcia per richiamare un'immagine legata al Chianti? Una provocazione forse per rilanciare il vituperato Brunello, che negli ultimi anni si è visto tacciato di insubordinazione al disciplinare, che va ricordato peraltro che NON è SINONIMO DI QUALITA' DI UN VINO! Il sassicaia era un VDT, il carmenero è tuttora un VDT e al sud fanno proseliti gli IGT... Sicilia e Puglia docet... eppure sono vini eccezionali. Perfino il buon Mario Soldati nel suo viaggio enoico Vino al Vino, un titolo pirandelliano che richiama ben più di una banale metafora, nel 1968 parlava della bontà di prodotto italiana che faticava a trovare spazio. Perché? Al vino va restituita la dignità di prodotto (leggasi PRODOTTO) derivante da un frutto (leggasi UVA) legato al terroir, a tecniche, a pratiche di vigna, a condizioni pedoclimatiche, al clima e al territorio. Per ultimo a valle viene l'enologo che, se tutto ciò che sta a monte funziona, ha l'obbligo di concludere un processo naturale (la fermentazione alcolica e se necessaria malolattica ndr) decidendo l'assemblaggio delle uve, le pratiche di cantina via via migliori e l'affinamento.
E il territorio? Possibile che nessuno pensa a promuovere la regione, l'appezzamento, la vigna, il comune, la provincia, la storia? Eppure nella Champagne si producevano vini di dubbio gusto e qualità, ma oggi appassionati e non calcano quelle terre alla ricerca di pezzi pregiati... e molto lasciatemelo dire, discende dall'influenza di una pubblicità ben condotto a 360°. Non ditemi che tutti gli champagne sono di gran classe... poi arriviamo noi italiano con proposte similari? Speriamo che qualcuno riscopra Vino al Vino e capisca come promuovere un Bel Paese come il nostro senza bisogno di iniziative commerciale di dubbio gusto, dubbia qualità e cattiva imitazione.