La Denominazione Comunale e il Vino Nero di Scansano

La Denominazione Comunale (De.Co) rappresenta uno dei sogni di Luigi Veronelli (l’altro è quello del prezzo sorgente) un uomo geniale che per tutta la sua vita ha cercato di cambiare le spinte alla globalizzazione introducendo concetti “puri”, legati alla semplicità delle produzioni della “terra-madre”, come appunto le Denominazioni Comunali.
Ma di che si tratta? Le De.Co. rappresenta un'identificazione che attesta l'origine del prodotto enogastronomico o artigianale a livello comunale, di cui si certifica la territorialità e quindi l’unicità stabilita da una serie di fattori non trasportabili o riproducibili in altri luoghi dettati dall’universo socioculturale ed economico di quella specifica area, in cui tradizione e storia legittimano l’intera filiera produttiva.
Attraverso una semplice delibera comunale il Sindaco certifica la provenienza di ogni prodotto della sua terra” così Luigi Veronelli spiegava la De.Co. e in tale modo ha proceduto la Giunta comunale di Scansano che, su mandato del Consiglio comunale, ha deliberato l'adozione della Denominazione Comunale salvaguardando e valorizzando in tale ambito le attività agricole ed artigianali tradizionali tra le quali, ovviamente, c’è la promozione e la produzione del vino rosso, vanto da sempre della tradizione agricola scansanese.

Sinteticamente, l’allegato B della delibera, all’articolo 2, prevede e disciplina la definizione del Vino Nero di Scansano De.Co. (non si parla più quindi de l “semplice” morellino di scansano) stabilendo che tale vino dovrà essere prodotto da uve a bacca nera che abbiano i requisiti previsti dal disciplinare di produzione che è dettagliato successivamente.

L’articolo 3, infatti, prevede che il Vino Nero di Scansano De.Co. viene ottenuto dalle uve provenienti esclusivamente dai vigneti composti nell’ambito aziendale esclusivamente dei vitigni Sangiovese, Alicante, Aleatico, Ciliegiolo, Canaiolo nero, Caprugnone, Mammolo, Nero francese e Colorino. Il Sangiovese dovrà essere presente con un rapporto tra il 65% e l’85% mentre gli altri vitigni in proporzione residuale e variabile in base al comma 2 dello stesso articolo. La zona di produzione delle uve, di elaborazione, invecchiamento ed imbottigliamento comprende il territorio amministrativo del Comune di Scansano, in provincia di Grosseto.
Scorrendo velocemente la delibera, inoltre, si nota che:
  • Il disciplinare di produzione prevede una vinificazione con maturazione sulle bucce di almeno 10 giorni;
  • Le bottiglie da 0.75 devono pesare al massimo 450 grammi;
  • È ammesso solo il tappo a sughero;
  • Sono giudicati idonei alla coltivazione solo i vigneti acclivi;
  • Il foglio mappale e la particella devono essere riportati sulla bottiglia;
  • Il sesto di impianto deve prevedere al massimo 5000 viti per ettaro per una resa non superiore ai 75 quintali per ettaro.

Tutto perfetto? Ovviamente no perché, come ha scritto Gianpaolo Paglia su Vinix, qualche passaggio non è ben comprensibile come il fatto che la bottiglia debba pesare 450 grammi (cosa c’entra questa cosa con la qualità del vino non si sa) e come la regola del sesto di impianto a 5000 ceppi/ha che, sempre secondo il produttore, risulta inusuale rispetto agli impianti di nuova generazione che prevedono un minimo di 5680 piante/ha. Io aggiungo anche questo: come mai non si parla e non si disciplina rigorosamente l’uso di pesticidi nei campi? La cosa verrà presa in considerazione solo successivamente?

Come al solito chi vivrà vedrà...

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