Federico Graziani - Etna Doc "Profumo di Vulcano" 2022


di Luciano Pignataro

Se i miei calcoli sono giusti, Federico Graziani festeggia il mezzo secolo di vita quest’anno, ma dovremmo moltiplicare la sua età per tutte le vite che ha vissuto da quando lo vidi per la prima volta, giovanissimo, vincere il titolo di Sommelier dell’anno a Sorrento nel 1998. Ha lavorato nei media, poi ha studiato da sommelier anche a livello internazionale, è diventato sommelier praticante in numerosi ristoranti di grido a Milano, infine è stato fulminato dall’Etna, dove ha acquistato una piccola proprietà da un macellaio di Passopisciaro in Contrada Feudo di Mezzo, finendo per diventare un produttore di successo mondiale grazie anche all’incontro con l’incredibile Salvo Foti, il Mago Merlino dei vini siciliani.


Quale occasione migliore per portare il suo Profumo di Vulcano 2022 se non a un pranzo da Nu Trattoria Italiana, ad Acuto in Ciociaria, per abbinarlo ai piatti straordinari di Salvatore Tassa, grande cuoco italiano, o meglio “cuciniere” come ama definirsi lui, stellato da trent’anni? La compagnia lo merita, dei piatti non parliamone nemmeno: fra orto che regala bietole, scarole, cavolfiori e misticanza biodinamica, pasta fresca fatta a mano al momento con grani del territorio, maiale nero dei Monti Lepini allevato allo stato brado… e così via.


L’abbinamento, per essere centrato, deve essere soprattutto ideologico prima ancora che gustativo: deve appartenere alla stessa visione del mondo di chi produce vino e di chi cucina. Sono vite e racconti che si incrociano in un ritorno all’autenticità come unica via di uscita possibile dalla opprimente omologazione plastificata e sotto vuoto. E così, fra un piatto e un bicchiere, si consuma il patto fra la generazione boomer e quella Zeta: memoria ricostruita ma ormai un po’ fatalista da un lato, ribellione energica allo tsunami comunicativo industriale dall’altro.


Tassa cucina pensando al nonno ma con tecniche contemporanee; Federico Graziani guarda al suo piccolo appezzamento vulcanico a 600 metri, da cui nasce il suo vino a base di nerello mascalese, nerello cappuccio, alicante e francisi, partendo dal sapere magico di Foti e arrivando alla sua personale idea di cosa e come comunicare per sfondare. Direi, in ogni caso, unicità e autenticità: gli storytelling lasciamoli ai polli di batteria degli uffici marketing e alle loro improbabili invenzioni.


Prima annata 2009, Profumo di Vulcano punta alla fermentazione spontanea senza controllo della temperatura, con successivi affinamenti in tonneaux di primo e secondo passaggio per una ventina di mesi, prima di altri quattro in bottiglia. In sintesi: due anni, e il 2022 è sicuramente da considerare giovane. Cosa ci stupisce di questo vino? Anzitutto la leggerezza assoluta del naso e del sorso, poi quell’energia misteriosa che non possiamo ridurre al semplice termine “freschezza”: una beva tumultuosa, cangiante. La suggestione del vulcano e del nome stesso del vino ci fa immaginare la lava che vediamo in tv o il pennacchio che si scorge dall’aereo quando voliamo da vulcano a vulcano, dal Vesuvio all’Etna. La nota fumé è indiscutibile, così come l’alternanza fra una lieve sensazione amaricante e una frutta rossa croccante che conduce a un finale lungo, lunghissimo, che resta per molto tempo e invita subito a un nuovo sorso appagante.


Un vino di carattere, insomma, che non si dimentica. Proprio come i piatti del cuciniere che si diverte con il forno a legna e con la brace. Una bellissima esperienza congiunta, che ci lascia ottimisti in un’Italia che annaspa in cerca di soluzioni: soluzioni che ognuno di noi, in realtà, ha davanti al portone di casa.

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