di Carlo Macchi
Voglio raccontarvi una bella storia. Circa 20 anni fa il giovane Andrea decide di produrre il suo primo vino. Le vigne ci sono ma vuole staccarsi un po’ dalla tradizione paterna e così, aiutato dall’ancor più giovane Anna che poi diventerà sua moglie, fa nascere un vero e proprio vin de garage, perché fatto nel garage di casa. Poche barrique, pochissime bottiglie (meno di mille) di un merlot in purezza vendute in qualche locale tra Bergamo e Brescia. L’annata era la 2001 e, vedi i casi della vita, una di quelle bottiglie capita sul tavolo di una grande persona e immenso giornalista, Gianni Mura. Lui l’assaggia, gli piace, si fa dare il numero di telefono di questo ragazzo dal ristoratore che gli ha proposto il vino e gli telefona per chiedergli se potesse andare a Milano per un’intervista.
Quel ragazzo, che di nome fa Andrea e di cognome Arici, prima rimane stupito ma subito dopo dice naturalmente di si. Pensate, la prima intervista con il primo vino fatto e per di più con un giornalista bravo e famoso come Gianni Mura. Andrea, che oggi è uno dei migliori produttori di Franciacorta, sarebbe andato a Milano anche a piedi, ma assieme ad Anna preferiscono prendere l’auto e così vanno, vengono intervistati ed esce, sull’Espresso, il primo articolo scritto su di lui. Andrea è quindi particolarmente attaccato a quel Merlot del 2001, di cui sono rimaste pochissime bottiglie, però ha voluto portarne una per la cena che abbiamo fatto assieme a lui e al gruppo di lettori di Winesurf che avevo “traghettato” in Franciacorta.
Arici con moglie e Carlo Macchi |
Lui mette le mani avanti “Stappala ma credo non sarà buona!” La stappo, annuso il tappo che è vecchio ma ancora vivo e lascio la bottiglia così, senza nemmeno assaggiarla anche perché sarebbe stata l’ultima ad essere servita, arrivando dopo una lunga e buonissima serie dei suoi Franciacorta. Alla fine, assaggia di qui, assaggia di là, stavamo quasi per scordarci di berla, in primis Andrea che era quasi pentito di averla portata.
Considerate che era un vino fatto per essere bevuto giovane, messo in barrique (vecchia) perché era il contenitore più economico della misura giusta. Era anche, ripeto, il primo vino di Andrea.
Lo verso nel bicchiere e intanto guardo il colore: un rubino con i giusti anni sulle spalle che però mostra ancora segnali di giovinezza. Il naso è didattico: da una parte qualche sentore vegetale, specie paglia, dall’altro note di tabacco e di erbe officinali. Di ossidazione non c’è traccia, c’è invece una complessità matura che tanti merlot di vaglia vorrebbero avere dopo 22 anni. In bocca non è certo esplosivo ma il tannino è dolce, l’acidità rende il tutto fresco e l’alcol basso mette insieme un’armonia invidiabile. Una notevole bottiglia e stiamo parlando di un Merlot del Sebino del 2001!
Insomma, un risultato ottimo e insperato da Andrea, che confessa le sue paure iniziali dicendo che le due-tre bottiglie aperte in precedenza erano tutte con problemi. Però questa era perfetta e sono convinto che Gianni, ovunque sia, un sorriso sghembo e un po’ ruvido l’ha fatto.
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