di Stefano Tesi
In vernacolo toscano dicesi “arrivato tra capo e collo” ciò che ti giunge addosso all’improvviso, inaspettato, qualcosa che insomma ti becca colpendoti con una certa violenza, fisica o emotiva, come uno schiaffo secco dato sotto la nuca. Le cose che arrivano tra capo e collo possono ovviamente essere positive o negative.
Questa di cui sto per raccontarvi è positiva.
Premettiamo tre cose. La prima è che non accetto mai in assaggio campioni di vino o altro che non siano stati precedentemente autorizzati dal sottoscritto (cosa che non avviene sempre, anzi…). La seconda è che tantomeno li accetto se sono accompagnati da richieste di recensioni. La terza è che respingo in modo anche brusco le richieste sono petulanti. Poi qualche settimana fa mi arriva un’e-mail che, con modi invece assai carini e niente affatto insistenti, mi chiede proprio la disponibilità ad assaggiare il nuovo dolce di un antico laboratorio di pasticceria del Valdarno che conosco solo di nome: Bonci di Montevarchi (AR), azienda artigianale antica (quest’anno compiono 70 anni) e di ottima reputazione.
Io traccheggio: in generale non amo i dolci e me ne sono sempre occupato poco. Quello in parola dovrei farmelo pure recapitare da un corriere, categoria con la quale come noto ho un rapporto, diciamo così, piuttosto conflittuale. L’ultima volta che mi hanno consegnato qualcosa di edule era una crostata alla frutta, ridotta in poltiglia dopo essere stata sottoposta a prove di schiacciamento meccanico degne della pubblicità degli orologi Timex degli anni ’70.
Alla fine, comunque, mi lascio convincere e dopo qualche traversia il pacco arriva: in ritardo, ma intatto.
Io, sempre un po’ perplesso, lo lascio un paio di giorni a candire sul tavolo di cucina. Si chiama Mandanero, nome di cui ignoravo il significato perché, onde evitare di farmi influenzare, volutamente non ho letto né comunicati, né la brochure inserita nella confezione: una bella scatola di cartone, istoriata, di colore marrone e arancione. Anzi, color mandarino, che ovviamente non è un caso. Apro. Il prodotto è confezionato con cura in un sacco di nylon trasparente. L’aspetto non è particolarmente invitante: un blocco abbastanza squadrato, piuttosto tozzo, di color cioccolata, dalla sommità del quale affiorano grossi canditi.
La cosa che però mi colpisce, prima ancora di aver aperto l’involucro, è la morbidezza del contenuto: preso in mano, il Mandanero è soffice come mai si potrebbe immaginare al solo sguardo. Una morbidezza che tradisce un’ampia alveolatura interna e una sapiente lievitazione, ciò che da un lato ti induce – ovviamente senza ragione – a maneggiarlo con grande attenzione come se si potesse rischiare di romperlo, dall’altro ne mette in rilievo, per contrasto, un peso che non ti aspetti. Aperta la busta, si scopre il primo arcano. Vengo investito da una suadente fragranza di mandarino, anzi di liquore al mandarino, penetrante ed etereo. Un altro punto a favore, penso tra me e me: viste certe mie infelici precedenti esperienze con le cose a base di agrumi, se, anziché fastidio, questo profumo mi dà piacere, la sorpresa è doppia.
Lo tocco e scopro che, al contrario di ciò che pensavo, la superficie non è affatto asciutta: il prodotto è imbevuto, anzi completamente impregnato in uno sciroppo che trasuda riccamente dalla superficie, come un babà, dando una sensazione di stuzzicante freschezza. Sempre più convinto, lo porto alle narici e assieme al profumo del frutto distinguo nettamente quello della cioccolata. Bene, penso sempre più incuriosito. Ormai sono pronto all’assaggio. Il coltello affonda facilmente nel Mandanero, anche se a causa dell’estrema sofficità del preparato occorre fare attenzione a non schiacciarlo.
Appena tagliato il primo spicchio, dall’interno si sprigionano sempre più distinti i sentori di una ricca bagna a base di sciroppo alcolico. L’aspetto è quello atteso: un impasto morbido, alveolatissimo, cedevole, da cui affiorano pezzi di mandarino candito e di cioccolata fondente cremosa. Come un velo, la bagna lo avvolge e lo impregna completamente, senza lasciare asciutta una sola briciola. Ottimo segno.
È il momento del morso, a cui l’aroma di agrumi fa da viatico: il gusto è deciso, ma ammorbidito dalla scioglievolezza prodotta dal cioccolato e dallo sciroppo. Nessuna nota stucchevole, nessuna sensazione appiccicosa. Il candito si sposa perfettamente al cacao e la consistenza dell’alveolatura crea una sorta di architettura interna che consente al boccone di tenersi su, cedendo con dolcezza solo alla pressione delle mandibole.
Il dado è tratto, il ghiaccio è rotto: mezzo chilo di Mandanero sparisce in pochi minuti e il vostro degustatore si fa sorprendere a grattare col coltello lo strato di impasto e di liquore rimasti attaccati alla base di carta.
In sintesi: è buonissimo.
Vinte le diffidenze, posso passare all’esegesi. Scopro così, leggendo la presentazione, che si tratta un lievitato artigianale lavorato a mano e realizzato con materie prime di qualità, partendo dal lievito madre conservato e rigenerato da oltre 60 anni. La lievitazione naturale dura 36 ore, totale assenza di additivi e conservanti. Scopro anche che la Pasticceria Bonci nasce nel 1953 con un piccolo negozio di Montevarchi e con la seconda generazione diventa una delle pasticcerie artigianali più importanti in Italia, con esportazioni in tutto il mondo. Scopro infine che tutti i prodotti Bonci (ne fanno tanti, compresi panforti, torte, cantucci e ovviamente dolci impregnati al liquore, specialità della casa) possono essere acquistati online sul sito aziendale o presso 1200 rivenditori in tutta Italia.
Io, però, il prossimo Mandanero lo comprerò nel negozio aziendale: mi hanno detto che i titolari sono sempre lì, in laboratorio, e mi è parso un buon segno.
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