Approfondimento sui vini della Val Venosta


di Stefano Tesi

Quando frequenti un posto per pochi giorni all’anno, ma per molti anni (supponiamo cinquanta), è inevitabile subire l’effetto di quella che si potrebbe chiamare la familiarità cadenzata. Ossia la sensazione di confortante intimità che tuttavia non ti impedisce di notare, di volta in volta, i cambiamenti dettati nei luoghi e nelle persone dal fatale trascorrere del tempo. Un po’ come succede osservando trasformarsi in uomo il nipotino incontrato per decenni solo alle feste comandate.
Ho avuto esattamente quest’impressione quando, giorni fa, ho celebrato il mio giubileo d’oro (1973-2023!) con Castelbello, magnifico fortilizio con comunità, meleti e ovviamente vigneti annessi, nel mezzo alla Val Venosta.


L’occasione me l’ha offerta l’instancabile Sonja Egger-Trafoier, amica di antica data nonché celebre donna del vino e sommelier del prospiciente Kuppelrain, il gran ristorante stellato che la famiglia Trafojer, organizzando e invitandomi alla Vinschgauer Wienpresentation, ossia alla presentazione di venti piccoli vignaioli di eccellenza valligiani ospitata proprio nelle sale del castello già appartenuto ai conti Von Hendl.


L’esperienza è stata illuminante per riavvolgere il film di mezzo secolo di paesaggi, architetture, economie e, naturalmente, vini. La bassa Val Venosta, trentacinque km da Pacines a Silandro, è punteggiata di vigneti distribuiti tra i 500 e i 1000 metri di quota e beneficiati da un clima asciutto, con forti escursioni termiche. Vi si coltivano principalmente Riesling, Pinot bianco, Pinot nero, Schiava e Gewürztraminer, ma il ventaglio come è ovvio è molto più ampio, piwi compresi. Assaio ristretta, per ragioni fisiche ed economiche, è invece la maglia fondiaria, con una forte parcellizzazione equamente divisa tra vigne e meleti. Questi ultimi un po’ in ribasso a dire il vero, dopo che sono finite le vacche grasse dei redditi: un ettaro dei secondi costa comunque ancora 80mila euro circa, a fronte dei 50mila richiesti per i primi.



E la disponibilità è zero o quasi, anche perché, se la tradizione viticola venostana è antica, lo è meno la scelta di imbottigliare i vini, che in tempi più recenti ha assecondato la rinascita della vocazione turistico-qualitativa della valle, orientata all’ospitalità di eccellenza e alle produzioni di nicchia.


Districarsi tra i novantatré campioni in degustazione ai banchi non era facile e fare delle scelte è stato necessario, senza contare le copiose distrazioni offerte dagli spettacolari affacci del castello. L’impressione generale, anche rispetto a degustazioni del passato prossimo, è stata comunque di una netta crescita qualitativa media, senza cadute o quasi, e anche di una accresciuta personalità, che senza penalizzare la piacevolezza o la freschezza della beva tende a evidenziare meglio lo stile e la filosofia di ogni singolo produttore.
Ecco, dunque, una selezione ragionata dei nostri migliori assaggi tra gli oltre 60 compiuti.

Kerner 2022 Alto Adige IGT, Weingut Engelberg, Sluderno: piacevolezza e complessità, naso screziato e denso, bocca ampia e composta.


Riesling 2021 Alto Adige Val Venosta DOC, Oberschlossbauer, Juval: pietra focaia potente e quasi pungente, bel sorso sapido, verticale, vivo.

Pinot bianco “Ria” 2022, Alto Adige Val Venosta DOC, Ansits Mairhof, Parcines: naso fragrante e nervoso, in bocca è piacevole anche grazie a un finale amarognolo.

Muller Thurgau 2022, Alto Adige Val Venosta DOC Hanns Sinkmoser zu Jufal, Weingut & Hofbrennerei Castel Juval Onterortl: la grande finezza all’olfatto non tradisce la varietalità e si trasforma in eleganza al sorso.

Pinot bianco 2020, Alto Adige Val Venosta DOC Hanns Sinkmoser zu Jufal, Weingut & Hofbrennerei Castel Juval Onterortl: al naso è preciso e gentile, con netto sentore di nocciola, mentre in bocca è sapido, lungo, asciutto.

Riesling Weingarten Windbichel 2018, Alto Adige Val Venosta DOC Hanns Sinkmoser zu Jufal, Weingut & Hofbrennerei Castel Juval Onterortl: cru elegantissimo che al naso sa di pietra assolata e in bocca è di intensa complessità.

Riesling Weingarten Windbichel 2021, Alto Adige Val Venosta DOC Hanns Sinkmoser zu Jufal, Weingut & Hofbrennerei Castel Juval Onterortl: un vino profondo, la cui varietalità screziata di accenni piccanti rimbalza dal naso alla bocca.

Riesling 2021, Alto Adige Val Venosta DOC, Lehengut, Gailsaun: le esplicite note varietali non turbano ed anzi esaltano le sottili note di flora selvatica. Bio.

Chardonnay 2021, Alto Adige IGT, Josmoar, Castelbello: il passaggio in legno dona al vino delicate note di toffees e una bocca ricca e corposa, ma non invadente.

Marmor Weiss Eschkolot 2021 Magnum, Hof Castelatsch, Tschengls: Solaris, Muscaris, Souvignier gris coltivati su vigneti cosparsi di polvere di marmo: composito, fuori dagli schemi, denso e screziato, da assaggiare.

Pinot nero “Loma” 2020, Alto Adige Val Venosta DOC, Moarhof, Castelbello: bell’equilibrio di croccantezza ed eleganza, ha un naso gentile e una bocca diretta, pulita.

Pinot Nero 2020 Riserva, Alto Adige Doc, Josmoar, Castelbello: le vigne ventannali e un parziale affinamento in legno danno al vino un’eleganza rotonda, a tratti compatta, che in bocca si rilascia piano ma poi dura a lungo.


Pinot nero “Eustachius” 2015 Riserva Magnum, Alto Adige DOC, Schlossweingut Stachlburg, Parcines: vecchie vigne a bassa resa e un equilibrato passaggio in legno danno a questo vino una solennità e un’eleganza che non lo privano di agilità, finezza, godibilità.

Debbo sempre a Sonya il privilegio di aver goduto della versione magnum dei due vini già assaggiati in formato normale. 

Et de hoc, satis!

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