Zidarich: come nasce il vino di un grande vignaiolo del Carso


Il Carso, terra aspra, di confine, che si estende nel nord-est dell’Italia e, attraverso la Slovenia occidentale e l’Istria settentrionale, prosegue fino al massiccio delle Alpi Bebie (Croazia), è ragione di vita e lavoro di Benjamin Zidarich, vignaiolo di Prepotto, località a qualche chilometro in linea d’aria dalla bellissima Trieste.

Benjamin Zidarich

Sono andato a trovarlo una mattina di estate ed entrare nella sua piccola azienda agricola, che è anche una apprezzata Osmiza, fa comprendere al visitatore quanto è duro lavorare in un territorio plasmato da tre elementi naturali: mare, vento e, soprattutto, roccia. D’altronde Carso deriva da “kar” o “karra”, parola di origine paleoindoeuropea che significa proprio roccia, pietra, che in questa regione è ricca di calcare e gesso, assolutamente permeabile, tanto che l’acqua filtra facilmente, arricchendosi di anidride carbonica, tanto da scavare nel sottosuolo grotte e gallerie dando origine al fenomeno che, guarda un po’, è noto come carsismo.

Benjamin mi aspetta tra le sue vigne, con affaccio sul golfo triestino, le cui radici affondano su qualche centimetro di terra arida, rossa, per poi abbracciare profondamente il calcare. Attualmente la sua azienda si estende per circa 10 ettari divisi in 30 parcelle (alcune situate anche oltre confine) dove, ad una altezza di circa 250 metri s.l.m., troviamo prevalentemente piante di vitovska (70% del totale), malvasia istriana, sauvignon blanc, terrano e merlot. Tutti i vigneti sono ad alta densità di impianto, dagli 8.000 ai 10.000 ceppi per ettaro, allevati prevalentemente ad alberello e le rese, come facile immaginare, sono molto basse (circa 35 q\ha). 


Tutto questo – spiega Zidarich – ci garantisce un grande equilibrio, fondamentale per la mia filosofia produttiva, visto che tutti i miei vini prevedono una macerazione per cui l’uva deve essere il più possibile sana e a giusto livello di maturazione. Io sono fortunato, vivo nel Carso, il vento che spira costantemente tra le vigne mi evita di effettuare qualsiasi trattamento chimico se con quelli necessari usando solo ed esclusivamente rame e zolfo”. 


Attenzione, però, a parlare di biologico con Benjamin perché la sua risposta potrebbe essere la seguente: “Siamo in regime bio da oltre venti anni ma, purtroppo, questa cosa non la pubblicizziamo perché quando vedi in giro bottiglie di Prosecco, prodotte da grandi aziende, con in etichetta la fogliolina verde della certificazione allora c’è qualcosa che non mi convince…...”.

Scasso e visione della roccia sotto le vigne

Ciò che rende imperdibile la visita da Zidarich è sicuramente la sua cantina, una vera e propria cattedrale del vino scavata nella roccia, a 20 metri di profondità, che rappresenta un vero e proprio viaggio al centro della terra del Carso e della sua matrice geologica. 


Un luogo suggestivo, opera del progettista ed architetto Paolo Meng, inaugurata nel 2009, ancora oggi in fase di ampliamento, che si sviluppa per circa 1.200 metri quadri suddivisi in quattro piani che ospitano tutto l’intero processo produttivo che culmina con la sala di degustazione, posta al livello più alto, dove una grande vetrata si affaccia su parte delle vigne aziendali.


Percorrere la cantina, ricca di pilastri, capitelli e volte in pietra carsica scolpita, è davvero suggestivo, la filosofia naturale di Zidarich, la sua essenzialità, si può toccare con mano perché in questo luogo manca quasi del tutto l’energia elettrica così come assenti, perché davvero non servono, sono i condizionatori d’aria perché si è prevista l’esistenza di feritoie naturali nella roccia che possono essere chiuse o aperte manualmente. 


Io lavoro enologicamente come si faceva una volta, ma senza esagerazioni, perché nel mio vino amo “sentire” la semplicità e il frutto. Questo risultato - spiega Zidarich mentre mi fa degustare qualche campione da botte - lo ottengo attraverso macerazioni al massimo due settimane, se fermento in legno, oppure di circa un mese se la vinificazione si svolge in tini di pietra carsica. Con questo materiale i tempi di fermentazione si allungano naturalmente. Per quanto riguarda l’affinamento, si usano solo botti medie e grandi di rovere di Slavonia dove i vini bianchi riposano per almeno due anni mentre i rossi hanno bisogno di più tempo. Il mio Ruje, ad esempio, è una riserva che affina per circa 5 anni”. 


E’ tempo di ritornare in superficie e di degustare i vini di Benjamin, costituiti prettamente da bianchi, che sono suddivisi in 4 linee: Green, Classica, Kamen e Collezione. 

Zidarich – Vitovska 2017: l’interpretazione di classica e didattica di questo vitigno è assolutamente convincente grazie ad un naso con ricordi fioriture estive, mela golden e carismatici sbuffi minerali. Sorso sapido, scorrevole, la beva piacevole e di buona lunghezza. 


Zidarich – Malvasia 2017: sono innamorato della malvasia istriana e del suo modo di interpretare il territorio senza eccessive concessioni aromatiche. Il bouquet floreale presenta sentori di ginestra, pompelmo rosa, erbe officinali in un finale di calcare. Sorso intenso, di impeccabile equilibrio, scosso da sapidità e freschezza agrumata. Il Carso dissetante che mi piace assai! 


Zidarich – Prulke 2017 (60% Sauvignon, 20% Vitovska 20%, Malvasia 20%): questo blend a base sauvignon blanc è una sorta di sintesi territoriale dove spiccano di ginestra, melone giallo, erbe aromatiche, buccia di mela e camomilla setacciata. Al gusto dimostra succosità, verticalità ed una avvolgente o, meglio, travolgente trama sapida che accompagna il finale quasi salmastro.


Zidarich – Kamen 2017 (100% vitovska): Benjamin è stato il primo nel Carso a vinificare in tini di pietra (Kante, prima di lui, faceva solo affinamento) che rappresentano una sorta di valida alternativa al rovere. I tini di Zidarich, tutti in pietra locale e realizzati dai maestri Marko e Kristjan Zidaric, sono formati da 5 pezzi di marmo impilati ed assemblati. Come detto in precedenza, la vitovska, una volta diraspata, viene macerata sulle bucce per circa un mese per poi affinare 22 mesi in botte di rovere. Il risultato di tutto questo è una vitovska diversa dalla precedente, in questo caso c’è profondità, struttura e un grande respiro sapido. Sorso di classe e armonica potenza che sfociano in un allungo freschissimo e dissetante. Grande vino! 



Zidarich – Teran 2017 (100% terrano): bella e tipica espressione di terrano dal frutto denso, dove ritrovo il frutti di bosco e la ciliegia matura a cui seguono echi di timo, erbe della macchia carsica, rabarbaro, ginepro e ferro liquido. Tipica impronta acida, ben equilibrata, accarezzata da un tannino ben ordinato e di rara precisione. Un vino affatto potente che ha come punti di forza la sua beva irresistibile e la sua grande versatilità negli abbinamenti gastronomici. Io, ad esempio, l’ho bevuto assieme al salame artigianale prodotto da Zidarich e sono andato in estasi…


Zidarich – Ruje 2013 (85% merlot, 15% terrano): un blend di assoluto impatto che sprigiona intensi profumi di fiori scuri macerati, marasca, bastoncino di liquirizia, felci, sottobosco e sbuffi di macchia mediterranea e grafite. Rotondo al sorso, di vellutata trama tannica e lunga persistenza sapida. Allungo deciso, austero, che termina su richiami di frutta rossa matura e mineralità scura. 



Nessun commento: