Dal Vesuvio arriva Ereo, il rosato di Cantine Olivella


Tempo di rosati, aumentano le aziende campane che iniziano a crederci con passione e determinazione. Parliamo di Cantine Olivella che completa il suo progetto agricolo di recupero delle uve tipiche del Vesuvio proprio con questo rosato per il primo anno in commercio. Infatti, oltre al Piedirosso, questo blend vede la presenza di Guarnaccia e Sciascinoso, vitigni presenti in vario modo in regione ma decisamente poco valorizzati sul piano commerciale.

Sono uve che regalano in genere vini di buona bevibilità e assoluta gradevolezza, usati soprattutto per tagliare le durezze dell’Aglianico oppure per vini frizzantini come il Gragnano e il Lettere. In questo caso la scelta dell’enologo Fortunato Sebastiano è quella di usarli per produrre il primo rosato aziendale. Decisamente fresco, al palato sapido e con un finale amarognolo tipico del vino da suolo vulcanico. 
Si tratta dell’ultimo nato della cantina di Sant’Anastasia nata nel 2005 su un progetto al tempo stesso semplice e ambizioso: riprendere i vigneti sul Vesuvio con un progetto coerente alla sua incredibile storia ampelografica.


Siamo alle spalle della “montagna”, come la chiamano i Napoletani, quella meno conosciuta rispetto al versante bagnato dal Golfo di Napoli ricco di gioielli archeologici e di citta importanti proiettate sul commercio e sul mare, prologo della Penisola Sorrentina. Qui c’è un’anima più contadina che ha le sue radici nella piana che un tempo si chiamava Terra di Lavoro e che comprende le terre nere irrorate nei millenni dal Vesuvio che vanno dalla provincia di Salerno sino a quella di Caserta passando per i grandi centri agricoli a Nord di Napoli. Esattamente quindici anni fa Ciro Giordano, Domenico Ceriello e Andrea Cozzolino partirono con il loro progetto aziendale che oggi comprende dodici ettari sparsi sulla montagna in conversione certificata biologica con la stragrande maggioranza delle vigne ancora piede franco.




Rossi da Piedirosso, bianchi solo da Caprettone e Catalanesca, mentre Aglianico e Falanghina, i due vitigni autoctoni principi della Campania, non rientrano nei piani produttivi. Insomma, si potrebbe dire una nicchia nella nicchia. Ma è proprio questa scelta rigorosa e coerentemente territoriale a conferire grande valore al progetto di Cantina Olivella. Ogni sorso è assolutamente tipico e inimitabile, improntato alla bevibilità immediata anche se non manca qualche esperimento che punta a giocare su tempi più lunghi.
I vigneti sono sparsi sul territorio di Sant’Anastasia, un grande centro vesuviano meta di migliaia di pellegrini ogni anni che visitano il Santuario della Madonna dell’Arco. Si tratta di agricoltura eroica, curata direttamente da Andrea Cozzolino, decisamente faticosa perché non si tratta di un corpo unico e il vigneto più alto arriva a 600 metri di altezza. Dunque parliamo di una viticultura di precisione motivata soprattutto dalla passione e rifinita da una intelligente politica commerciale che, viste le piccole dimensioni dell’azienda che non supera mai le 90mila bottiglie, non cede a compromessi praticati purtroppo da tante piccole aziende della vicina Irpina che non rinunciano a una gamma troppo ampie di prodotti comprando uve fuori provincia.
La specializzazione invece è sicuramente la strada più lunga e faticosa, ma finisce per pagare e fidelizzare meglio esperti ed appassionati.
Chiudiamo dicendo che l’energia di Cantine Olivella si fonde ormai con quella di numerose altre aziende del Vesuvio grazie a nuove generazioni che hanno studiato Enologia e hanno viaggiato in Italia e nel Mondo accumulando esperienza soprattutto aprendo la mente. Un passo in avanti enorme per un territorio che sino agli anni ’90 vedeva soprattutto grandi vinificatori che ancora compravano uve in tutto il Sud per soddisfare la sete della vicina Napoli, unico mercato di riferimento.
Una rivoluzione colturale e culturale insomma, che rende sempre più interessante il territorio vesuviano. E di cui il rosato Ereo è solo l’ultima squillo di tromba.

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