Il Soave "Contrada Salvarenza" di Gini

Sandro Gini da Monforte d'Alpone l'ho conosciuto la stessa sera in cui alcuni illuminati produttori della DOC Orvieto avevano organizzato un'interessante wine tasting presso la Rimessa Roscioli.
Era l'ospite più silenzioso della serata e, da persona modesta e schiva qual'è, ha lasciato che il suo Soave fosse degustato per ultimo, tanto per non interferire col tema principale della serata.

Sandro Gini e suo fratello, ultimi discendenti di una famiglia di vignaioli presenti nel territorio fin dal 1600, iniziano ad occuparsi personalmente dell'azienda di famiglia attorno agli anni '80 e oggi gestiscono circa 25 ettari di vigneto, con piante anche centenarie, piantato su terreni sia a matrice vulcanica sia a matrice calcarea.


Foto: http://www.online-wine.it/

I Gini potrebbero definirsi vignaioli naturali, più di altri, prima di altri, ma non lo fanno perchè certe scelte, semplici quanto sincere, non vanno di certo sbandierate anche se oggi il consumatore attento sarebbe molto contento di sapere che nei loro vigneti non si usa chimica così come non si usa anidride solforosa in vinificazione dove, tra l'altro, vengono utilizzati sono lieviti propri della cantina.

L'azienda produce due Cru di Soave: il Froscà e il Salvarenza. Entrambe appartengono allo stesso versante collinare (per un’estensione totale di circa 12 ettari), nel cuore della zona classica di Monteforte: nonostante l’uno sia il naturale prolungamento dell’altro, generando oltretutto due distinte etichette, esistono tra le due parti sensibili variazioni pedo-climatiche. La Froscà occupa infatti la parte più alta della collinetta (sommità più versante), a un’altitudine di circa 150 metri, con pendenza del 20/30%, esposizione sud/sud-est, impianto a pergola veronese e terreno formato prevalentemente da tufo vulcanico. 
Il Salvarenza, invece, si estende nella parte più bassa del vigneto, verso il piede del versante, dove il terreno è più calcareo, la temperatura più fresca (correnti di aria fredda attraversano tutto l’appezzamento, proteggendolo dagli eventuali stress climatici dell’estate e favorendo la formazione di profumi spiccati) e le viti decisamente più vecchie, alcune delle quali addirittura franche di piede e dunque quasi centenarie (l’età media si situa invece tra i 50 e gli 80 anni). 

La famiglia Gini. Foto: http://www.soavecru.it

Il Contrada Salvarenza - il cui nome pare debba imputarsi alla leggenda della giovane Renza che fu tratta in salvo da una banda di briganti grazie all’intervento di un nobile cavaliere - effettua invece fermentazione ed elevazione in legno: nove mesi in pièces da 228 litri a contatto con i propri lieviti naturali.

Durante la serata abbiamo degustato:

Gini - Soave "Contrada Salvarenza" 2010: nonostante quattro anni di età il vino si presenta con un corredo aromatico giovanissimo visto che il calice sprigiona aromi di erbe aromatiche e vivida mineralità tufacea. Col tempo, aprendosi, il ventaglio odoroso si arricchisce di note di biancospino, pompelmo, pesca bianca, pera kaieser. Al sorso è tutto un gioco di sapidità e freschezza abilmente regolate in modo tale che il Soave possa "martellare" per un tempo quasi infinito regalando equilibrio e finezza davvero sorprendenti.


Gini - Soave "Contrada Salvarenza" 2006 : il naso nel bicchiere, gli occhi chiusi, e la netta sensazione che accanto a te ci sia un mercato dove più venditori ambulanti offrono ai bambini torroncino, cioccolato bianco, croccante di nocciole, marroni, frutta secca. Un Soave godurioso con tratti autunnali a cui non  mancano le importanti e fervide sensazioni calcaree. Al sorso è ancora vivo e vegeto, sapido, a tratti salmastro, e con una progressione prorompente che termina con note quasi fumè. Soave di grande personalità!

Gini - SoaveSoave "Contrada Salvarenza" 2004 : rispetto alle precedenti annate il vino vira decisamente verso note fumè che mi fanno ricordare alcuni vecchi Silex di Dagueneau. Non solo. La lieve ossidazione del vino sprigiona ricordi di spezie orientali, foglie secche, mou, mela cotogna. Bocca vibrantissima, tridimensionali, ritornano le eleganti note affumicate assieme ad una spinta acida prorompente che rappresenta il vero timbro di fabbrica di questo Soave. Chiusura lunga, finissima, leggiadra, un cavallo bianco che corre.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

A mio parere tra i più grandi bianchi italiani già da un po'. Assaggiati pochi mesi fa 1996, 1997 e 1999 da Magnum, strepitosi, 99 e 96 con ampi margini di crescita davanti. Claudio e Sandro sono tanto bravi quanto modesti, bravi.

Anonimo ha detto...

assaggiato recentemente il 2009: una goduria....uno dei miei bianchi preferiti...