La Turchia e il vino. Prima parte: la storia

Questa è una guida molto utile per chi vuole approcciare il vino in Turchia. Io che ci sto in vacanza testerò a breve la bontà del vino locale.

Secondo gli archeo-botanici, la vite fu scoperta per la prima volta nell’Anatolia Orientale durante il Periodo Neolitico. La Vitis Vinifera cresce comunque in un territorio molto vasto, un’area  di circa 6.000 km tra il Medio Oriente ed il Portogallo e 1.300 km tra la Crimea e l’Africa Occidentale. La Turchia si trova tra il 30° ed il 50° parallelo ed è quindi il vero cuore del Grande Terroir.

Le prime tracce di coltivazione della vite e di produzione del vino in Anatolia risalgono a 7.000 anni fa. Il vino aveva un ruolo indispensabile nella vita sociale delle più antiche civiltà anatoliche,  gli  Hatti  e  gli  Ittiti.  Era  la  principale  offerta  agli  dei  durante  i  rituali  a  cui partecipavano  la  famiglia  reale  e  gli  alti  dignitari.  Le  disposizioni  per  proteggere  la viticoltura  nella  legge  Ittita  e  l’abitudine  di  celebrare  ogni  vendemmia  con  una  festa evidenziano quanto il vino fosse  importante nell’antichità sia per  l’economia che  per le pratiche culturali.

Per i Frigi, che vissero in Anatolia dopo gli Ittiti, il vino era una parte essenziale della vita quotidiana ed un importante elemento della dieta insieme all’olio d’oliva, al pesce e al pane. I Frigi introdussero il vino presso i coloni Greci che si erano stabiliti sulla costa occidentale della Penisola  Anatolica e nel VI secolo a.C. il vino era già stato esportato in Francia e in Italia dai centri di produzione di Tabae (Tavas, vicino all’odierna Pamukkale) e Klazomenai (vicino Urla) nella Regione  Egea meridionale e di Ainos (Enez) nella parte settentrionale. Knidos (l’attuale Datça), sulla costa mediterranea sud-occidentale, e l’isola di Rodi erano altri due centri importanti per il mercato del vino. Una di queste prime uve anatoliche, il Misket, divenne nota con il nome di Moscato in Europa. Un’altra varietà di Smirne (l’attuale Izmir) fu usata nella produzione del famoso vino di Pramnios, che viene citato nell’Iliade di Omero.

Per quanto riguarda il Periodo Ellenistico, possiamo ricordare alcune famose citazioni. Su Izmir “Pramnios, prodotto nell’area di Izmir, era un vino secco e corposo con un alto tasso di tannino e di alcol” (Omero); su Gallipoli “La colonia fenicia di Lampsakos (Lapseki) era conosciuta per i suoi vini” (Strabone); sull’Anatolia Centrale “Lo Scybelites prodotto in Galazia mantiene sempre la sua freschezza così come il vino Halyntium della Sicilia” (Gaio Plinio Secondo).


Più tardi ancora, le popolazioni turche giunsero in Anatolia dall’Asia Centrale e anche loro bevevano il vino. La produzione del vino continuò anche dopo l’arrivo dell’Islam e un giusto equilibrio si sviluppò tra i residenti Cristiani e quelli Musulmani: i Cristiani producevano il vino  in   gran  parte;  entrambi  lo  consumavano.  Durante  il  lungo  periodo  dell’Impero Ottomano   (1299-1923),   la   produzione   ed   il   commercio   del   vino   venivano   gestiti esclusivamente dalle minoranze non Musulmane (Greci, Armeni, Siriani e altri). Quelle che al giorno d’oggi chiameremmo enoteche, situate normalmente nei quartieri Cristiani, erano comunque frequentate abitualmente anche dai Musulmani.

Durante l’Impero Ottomano, la generale atmosfera di tolleranza fu interrotta di tanto in tanto da divieti ufficiali nell’uso e nella vendita di alcolici. Le enoteche erano costrette a chiudere e pesanti sanzioni, in qualche caso anche la pena di morte, erano applicate per coloro che non obbedivano alle nuove regole. I divieti erano sempre di breve durata, ogni volta venivano in un primo momento allentati e poi definitivamente rimossi. Questo regolare capovolgimento della politica aveva una chiara ragione economica: le tasse ricavate con la vendita del vino erano una risorsa importante  per le entrare del tesoro Ottomano, quindi ogni divieto di vendere alcolici a lungo termine era in  contraddizione con l’interesse dello Stato. Anche durante i periodi di proibizione le vigne non venivano sradicate: la produzione dell’uva era semplicemente deviata verso altri tipi di consumo. Una scorta pronta di uva permetteva alla produzione di vino di recuperare velocemente dopo ogni interruzione.

Durante la seconda metà del XIX secolo, la produzione di vino raggiunse livelli record e i divieti  sugli  alcolici  cessarono,  in  una  atmosfera  di  tolleranza  e  libertà  giunta  con  il movimento di  modernizzazione Ottomano. Nello stesso momento le vigne europee erano devastate da un’epidemia di filossera, riducendo così drasticamente la produzione del vino. Per  andare  incontro   al  conseguente  aumento  di  domanda  da  parte  dell’Europa,  le esportazioni di vino  dell’Impero  Ottomano incrementarono notevolmente raggiungendo i 340 milioni di litri nel 1904.

Ci fu una considerevole produzione di vino prima della Prima Guerra Mondiale e della Guerra di Indipendenza della Turchia. Ma le guerre toccarono negativamente la produzione, specialmente in Tracia e nelle Regioni Egee.

La produzione delle bevande alcoliche passò sotto controllo del monopolio governativo nel1927, con l’eccezione del vino per il quale continuava ad essere permessa la produzione privata e lo sviluppo delle vigne. Questo fu esplicitamente fatto per sviluppare e proteggere la produzione del  vino. L’unica restrizione, che in termini attuali potrebbe essere definita “denominazione di origine regionale controllata”, era che i permessi per la produzione del vino venivano concessi solo nelle  regioni dove veniva prodotta l’uva stessa. Nel 1928 il governo cominciò a sostenere i produttori  di vino tramite la diffusione delle conoscenze tecniche  e  un  supporto  di  tipo  semi-finanziario.  Vi  era  inoltre  l’esenzione  delle  tasse d’esportazione e un supporto sul costo/kg.

Emile  Bouffart  fu uno dei  primi  pionieristici  consulenti  che  esaminò  i vini e  le  regioni vinicole  della Turchia, segnalando le aree dove era necessario lo sviluppo delle aziende vinicole.

Nel 1946 in tutta la Turchia c’erano 28 aziende vinicole di piccola dimensione, che sotto il controllo del Monopolio Governativo esploravano le potenziali qualità della produzione di vino con differenti varietà e terreni. Anche Marcel Biron fu uno dei consulenti e lavorò per il Monopolio Governativo  identificando le differenti regioni vinicole e i vini della Turchia (1937-1947).

Negli anni Cinquanta, il governo cominciò a provare varietà di uva francese in Tracia e nelle Regioni   Egee.  Semillon,  Clairette,  Sylvaner,  Gamay,  Cinsaut,  Pinot  Noir  e  Cabernet Sauvignon sono alcune delle varietà di uva testate in quegli anni.

Il seguente calo della qualità cominciò con la non applicazione della regola “denominazione di origine regionale controllata” e con i cambiamenti politici degli anni Sessanta. I produttori privati   restarono  nel  mercato  durante  tutto  questo  periodo,  ma  rimasero  di  piccola dimensione.

Alla fine degli anni Ottanta, non appena l’economia turca cominciò ad integrarsi con le altre economie  internazionali  e  la  deregolamentazione  si  fece  più  incisiva,  il  settore  turistico cominciò a svilupparsi dando una sostanziale spinta alla vendita del vino. Questo fece sì che le  aziende   vinicole  cominciarono  ad  investire  in  moderne  tecnologie  e  macchinari,  a sviluppare le loro  strutture, ad investire nelle vigne e a piantare varietà di uva locale ed estera per raggiungere gli standard di qualità internazionali.

Fonte: Turchia.it

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