I cinque Muscadet scelti da Angelo Peretti per Garantito IGP

Non so se abbiate la mia stessa impressione, ma, lemme lemme, flemmaticamente, di sottecchi (ah, se mi piace utilizzare queste desuete espressioni lessicali!), c’è un vino bianco francese che si sta facendo largo anche qui da noi Italia. Nelle proposte a bicchiere dei locali di tendenza, nelle liste dei ristoranti, sugli scaffali dei supermercati, perfino degli hard discount. Sarà per via della crisi, ché quando i margini si contraggono occorre guardarsi intorno e trovare qualcosa di buono che abbia prezzi umani e nel contempo stupisca almeno un po’. Questo qui è un vino che in genere il prezzo ce l’ha umanissimo. In più, sa stupire, e funziona per l’aperitivo disimpegnato, ma anche per la cucina leggera, estiva, e soprattutto per il crudo di pesce, di crostacei, da molluschi. Ecco, è un vino da ostriche.

Ora, so che l’ho tirata lunga, ma dovevo cercare di dargli dignità al Muscadet della Loira. Vino a lungo reietto, e in effetti ce n’è innumerevole produzione che ancora oggi si può classificare nel novero delle inconsistenze enoiche. Tuttavia, da quei vigneti di sabbie salse che si protendono verso l’oceano stanno arrivando anche cose buone, e talvolta buonissime, e qualche volta da spellarsi le mani per gli applausi. Etichette che pian piano si fanno strada anche qui da noi. E te le ritrovi, queste bottiglie, dove meno te l’aspetti, dal banco dell’ipermercato alle fiere dei cosiddetti vini naturali, perbacco.

In particolare, credo vada prestata attenzione ad alcuni vini dell’enorme appellation Muscadet de Sèvre et Maine (450 mila ettolitri, mica scherzi), soprattutto quando son fatti sur lie, con prolungata permanenza sui lieviti. In quel caso, i bicchieri migliori sono entusiasmanti, credetemi. Ma anche tra le produzioni meno orientate all’eccellenza enoica capita di rintracciare buone cose. A prezzi leggeri, sovente.
Dunque, voi che fate Fiano e Soave, Verdicchio e Gavi, sappiatelo e cominciate a farci i conti, col questo Muscadet che fa finta di niente, e intanto prende spazio.
Qui di seguito ne fornisco quattro esempi, del Muscadet. Quattro vini di differente pretesa, ma comunque di piacevole e qualche volta strepitosa beva.
Ah, a proposito: solo un’altra annotazione. L’uva con cui si fa il Muscadet si chiama melon de Bourgogne. Forse veniva, come dice il nome, dalla Borgogna, ma là adesso coltivano chardonnay, o al massimo aligoté. Il melon ora lo si alleva nella Loira, per farci, appunto, il Muscadet: lì ce n’è qualcosa come 13 mila ettari.
Adesso i vini.

Muscadet Sèvre et Maine Sur Lie 2012 Château La Perrière
Muscadet Sèvre et Maine Sur Lie 2012 Château La Perrière
Muscadet Sèvre et Maine Sur Lie 2012 Château La Perrière

Scattante, pietroso e salino. Grintoso. Lo bevo e lo ribevo, sempre con soddisfazione. È un 2012, e il Muscadet, quand’è ben fatto, ci guadagna a essere bevuto a qualche anno dalla vendemmia. Per me, vale 90 punti su 100, ché quand’è buono, anche un vino “piccolino” può esser “grande”. Del resto, fu tre stelle e coup de coeur (il massimo dei massimi) sulla guida Hachette 2014 dei vini francesi. Da quelle parti costa – tenetevi forte – meno di 5 euro.

Muscadet Sèvre et Maine Selection Le Houx Sur Lie 2011 Jo Landron
Muscadet Sèvre et Maine Selection Le Houx Sur Lie 2011 Jo Landron
Muscadet Sèvre et Maine Selection Le Houx Sur Lie 2011 Jo Landron
Questo invece è un Muscadet importato in Italia, e dunque è abbastanza facile da trovare. Ce l’ha in catalogo Proposta Vini, che lo vende (ai ristoratori) intorno agli 8 euro più iva. Insomma, un po’ più costoso. Ma, attenti, quello che ho bevuto io era un 2011 e sono rimasto a bocc’aperta da quant’era giovane: altro che vinello, il Muscadet. Freschissimo e sapido, salato, marino, iodato. Poi sa di fiori e agrumi, di cedro, di mandarino tardivo. Altro 90.

Muscadet Sèvre et Maine Sur Lie 2012 Château de La Botinière
Muscadet Sèvre et Maine Sur Lie 2012 Château de La Botinière
Muscadet Sèvre et Maine Sur Lie 2012 Château de La Botinière

A volte mi domando come facciano certi vini ad arrivare nei punti vendita della grande distribuzione. Questo, per esempio, l’ho trovato in mezzo a un Vermentino di Gallura e un Etna Bianco al supermercato dell’Iper Orvea, ad Affi, vicino all’uscita della Brennero-Modena. Salato, marino, agrumato, lunghissimo, felicemente persistente. Un calice tira l’altro. Per me vale almeno 88 punti. Ce n’erano sei bottiglie, a 5,90 euro. Peccato non averle prese tutte.

Muscadet Côtes de Grandlieu Fief Guerin 2013 Domaine des Herbauges
Muscadet Côtes de Grandlieu Fief Guerin 2013 Domaine des Herbauges
Muscadet Côtes de Grandlieu Fief Guerin 2013 Domaine des Herbauges

Questo l’ho comprato – udite udite! – alla Lidl. Sì, in un negozio della catena degli hard discount tedeschi, dalle mie parti, sul lago di Garda. È un vino di non grande impegno, magari anche un po’ semplice, ma ha retto incredibilmente bene a bottiglia aperta: il giorno dopo non faceva una piega. Tanto limone, qualche frutto bianco croccantino, un fondo gradevolmente affumicato. Non posso dargli un votone (diciamo 82 punti?), ma costa 3,99 euro.

Garantito IGP passa da 5 a 7 autori

Dall’11/6 la rete di giornalisti e blogger del vino “IGP” (I Giovani Promettenti) si allarga ad Angelo Peretti eAndrea Petrini, che vanno ad affiancare gli storici Carlo Macchi, Luciano Pignataro, Roberto Giuliani, Stefano Tesi e Lorenzo Colombo. E alla rubrica del giovedì il giorno seguente se ne aggiunge un’altra: ilVINerdì IGP.
Sono Angelo Peretti di Internetgourmet.it e Andrea Petrini di Percorsidivino.com le new entries che portano a 7 il numero dei membri del gruppo IGP, il network di testate web e di blog dedicati all’informazione enogastronomica che già da anni riuniva Carlo Macchi (Winesurf.it), Luciano Pignataro(Lucianopignataro.it), Roberto Giuliani (Lavinium.com), Stefano Tesi (Alta-fedelta.info) e Lorenzo Colombo (Vinealia.com).


La storica decisione, assunta al termine di un sobrio convivio al “Magazzino” fiorentino di Luca Cai, mira ad ampliare la portata di un progetto finora rivelatosi vincente nel settore della critica indipendente: una formula a più voci in cui ognuno mantiene la propria identità, ma periodicamente ospita un articolo degli altri, nel quadro di una filosofia condivisa.
La nuova formazione a 7 si apre giovedì 11/6 con il pezzo d’esordio di Angelo Peretti, cui il 18/6 seguirà quello di Andrea Petrini.

Ma ci sono anche altre novità.

La prima è che, da venerdì 12/6, il gruppo IGP parte anche con una nuova rubrica: il VINerdì IGP, minirecensione vinicola che in pratica elegge il “vino della settimana” dell’autore del “Garantito IGP” del giorno precedente. “Un vino in un distico”, ha sancito il fondatore/ideatore Carlo Macchi.
Per il resto c’è tempo, ma le promesse dei promettenti vanno prese sul serio. Ad esempio quella di cooptare presto una giovane promettente…

Château L'Angélus 2005

Pur appartenente alla famiglia Boüard de Laforest da quattro generazioni, è solo nel 1976, con Hubert de Boüard de Laforest, che Château L'Angélus, oggi chiamato semplicemente Angélus, conosce una decisa e netta escalation qualitativa grazie all’adozione di pratiche colturali molto restrittive in vigna e a notevoli investimenti, non solo tecnologici, in cantina. 

Foto: Wine Searcher
L'azienda, il cui nome fa riferimento al suono delle tre campane di Saint-Emilion udibili chiaramente in vigna durante le lavorazioni, grazie ai continui sforzi in termini di qualità, nel 1996 viene promossa da Grand Cru Classé a Premier Grand Cru Classé (B) mentre nel 2012 c'è stato il definitivo e meritato passaggio a Premier Grand Cru Classé (A).

Foto: Idealwine.net

Château Angelus 2005, bevuto recentemente, è un blend composto da Merlot (60%) e Cabernet Franc (40%) e si presenta nel bicchiere con un colore rubino intenso che fa presagire, già alla vista, una elevata estrazione polifenolica. Mettendo il naso nel bicchiere si capisce subito che ci troviamo davanti ad una girandola olfattiva di grande finezza ed eleganza. Inizialmente percepiamo i piccoli frutti di bosco, poi ciliegia, prugna, cioccolato fondente, sottobosco, caffè tostato, vaniglia, spezie, eucalipto, china, brezze mentolate e una vena minerale che fa venire in mente la selce, la grafite, il ferro.

Foto: Cellartracker
Quando bevo il vino mi rendo conto di averlo fatto troppo presto per poterlo apprezzare come meriterebbe. La cosa che lascia sbalorditi, comunque, nonostante sia giovanissimo, è la finezza dei tannini la cui tessitura è pura seta in bocca, un tappeto rosso che scivola suadente e che rimane nella memoria grazie anche ad una persistenza davvero notevole. 

Prezzo? 300 euro di puro piacere edonistico!


Il Montepulciano d'Abruzzo è Edoardo Valentini ed Edoardo Valentini è il Montepulciano d'Abruzzo

Descrivere i vini di Edoardo Valentini è sempre difficilissimo, almeno per me, perchè ho sempre il timore di cadere in una certa retorica o in un probabile déjà vu visto che della sua figura, del territorio di Loreto Aprutino e del suo vino hanno già scritto i migliori wine writer del mondo.
Da piccolo wine writer di periferia posso aggiungere solo che Valentini è stato una sorta di visionario perchè, in tempi non sospetti, ha creduto in vitigni "minori" come il montepulciano d'abruzzo e il trebbiano quando tutto attorno a lui era deserto. 

Per rendere omaggio a questo grande vignaiolo italiano, la cui eredità è stata egregiamente raccolta dal figlio Francesco, tanto tempo fa, parliamo del 2012, è stata organizzata una verticale storica del suo Montepulciano d'Abruzzo nelle seguenti annate: 2001, 1997, 1985, 1970 e 1968. Pure emozioni che, con colpevole ritardo, speriamo io possa riuscire a trasmettervi con le mie parole.

FOTO: ANDREA FEDERICI

Montepulciano d'Abruzzo 2001 Edoardo Valentini: l'annata è calda e il vino, inizialmente, si apre su toni di pomodoro secco, patè di olive, erbe aromatiche. Simpaticamente l'ho ribattezzato il vino "bruschetta". Col tempo, però, cambia volto e diventa infinitamente più elegante ed equilibrato con un naso luminoso di ciliegia nera, viola, sottobosco, pepe, legno, bastoncino di liquirizia, grafite.  Al sorso ha una acidità quasi agrumata ed è dotato di un tannino leggiadro e di un alcol, siamo a 14%, perfettamente integrato nella struttura. Nota mentolata nel finale. Ottimo esordio.

Montepulciano d'Abruzzo 1997 Edoardo Valentini: dopo oltre 15  anni il vino ha una giovinezza cromatica davvero invidiabile. Inizialmente carnoso e polposo grazie alla massiccia presenza aromatica di frutta rossa matura, il Montepulciano, col tempo e la giusta ossigenazione, diventa quasi austero rilasciando con slancio ricordi di cenere, sandalo, incenso, giaggiolo, rosa appassita e un tocco vegetale finale, quasi impercettibile, che ricorda le piante officinali. Al palato il vino è rotondo, cremoso, lo slancio giovanile fatto di freschezza ed impalcatura tannica si capisce che, pian piano, si sta placando lasciando un sorso ben bilanciato, sapido e dalla chiusura balsamica. Da bere oggi con grande gioia.


Montepulciano d'Abruzzo 1985 Edoardo Valentini: rispetto agli altri vini in batteria il colore di questo è meno concentrato. Al naso è serrato, integro, di superba concretezza: caffè, ruggine, nocciola, orzo, tabacco, asfalto, menta, olive, note cosmetiche sono i primi descrittori che segno sul mio Moleskine. Un delirio di complessità e profumi. Berlo significa entrare in una sorta di trance mentale dove l'aggettivo più cattivo che posso usare è....vibrante. Oggi questo '85 è di un equilibrio perfetto e invade la bocca con forza minerale e sapida davvero stupefacente. Chiude setoso, lunghissimo. Un grande senza se e senza ma.


Montepulciano d'Abruzzo 1970 Edoardo Valentini: l'annata non sarà stata delle migliori ma, nonostante questo, questo vino ha raggiunto la sua veneranda età in grande forma. E' terziarizzato, certo, ma non ossidato. Avete presente un bel vecchietto che fa ancora la maratona di New York? Proprio così, ha i capelli bianchi ma riesce ancora a sprintare meglio di certi giovanotti. Roteando il bicchiere si percepiscono profumi di the nero, ebanisteria, liquirizia, noce, frutta secca, catrame, ferro, tamarindo e una copiosa ventata balsamica. Al palato, dopo 42 anni, è ancora elegante dato che le sue durezze e morbidezze sono perfettamente fuse dando vita ad un nettare sinuoso ed esile allo stesso tempo. Finale iodato, ferroso. Ah, ce ne fossero....


Montepulciano d'Abruzzo 1968 Edoardo Valentini: il mio amico Davide Bonucci si innamorerebbe a prima vista di questo Montepulciano d'Abruzzo che vanta una terziarizzazione da manuale, didattica, visto che si rincorrono nel bicchiere odori di ferro e sangue che, con l'ossigenazione, virano verso la frutta nera disidratata, il concentrato di pomodoro, i legni aromatici, fino ad arrivare al tartufo di Langa, all'inchiostro e al rabarbaro. Bevendolo, magari alla cieca, ti stupiresti della sua perfetta integrità. Anzi, rispetto al 1970, ha un tannino ancora graffiante che emerge fiero e rustico all'interno di una struttura ancora ben salda e coesa. Chiude saporito con ricordi di erbe aromatiche e prugne secche. Un Montepulciano di grande nostalgia e fierezza contadina.


Vino e social: a che punto sono le nostre grandi aziende?

Le cantine italiane devono fare sempre più i conti con il grado di digitalizzazione del mercato enologico e dei consumatori. Presidiati il mobile e i social network più collaudati; restano aperte grandi opportunità legate al search marketing, alla strategia social e all’e-commerce gestito direttamente dai siti web delle aziende (solo 2 su 25).
Questi in sintesi i risultati della seconda edizione della ricerca condotta da FleishmanHillard, società di consulenza strategica con oltre 80 offici nel mondo e parte del Gruppo Omnicom, che ha analizzato nel mese di aprile 2015 la presenza e le attività online delle prime 25 aziende vinicole italiane per fatturato secondo l’ultima indagine Mediobanca di marzo 2015.

L’analisi ha preso in considerazione parametri sia qualitativi che quantitativi delle principali società del settore del vino Made in Italy - comparto che, secondo i più recenti dati rilasciati da Coldiretti, genera un fatturato superiore ai 10 miliardi di euro (8% dell’industria alimentare nazionale) e un export di 5,1 miliardi (+1,4% sul 2013).
Rispetto al 2014, resta al top della classifica Compagnia De’ Frescobaldi; al secondo posto, guadagnando posizioni rispetto allo scorso anno, si posiziona Casa Vinicola Zonin, seguita da Masi Agricola, che perde una posizione rispetto al 2014,  da Gruppo Banfi, in risalita di 7 posizioni, e da P. Antinori, stabile in quinta posizione.


Tra i principali aspetti emersi dall’analisi:

1. A livello di siti web, l’e-commerce “diretto” è ancora appannaggio di pochissimi.

o   Resta quasi del tutto non presidiata, con 2 sole aziende sulle 25 analizzate, la disponibilità sul sito corporate di un servizio di e-commerce “diretto”. La difficoltà di adeguare l’intera struttura aziendale e logistica è ancora percepita come ostacolo, mentre online shop di prodotti eno-gastronomici e aggregatori sono in costante crescita. Secondo l’ultimo Osservatorio eCommerce BtoC promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano (2014), l’e-commerce in Italia ha raggiunto un valore complessivo di 13,3 miliardi di euro, +17% rispetto al 2013 in relazione alle vendite da siti italiani (verso consumatori italiani e stranieri). I device mobili, in particolare, sono sempre più protagonisti dell’e-commerce italiano: l’incidenza delle vendite da questi dispositivi (smartphone e tablet) ha raggiunto il 20% del totale e-commerce del nostro Paese.

o   Quasi tutte le aziende hanno compreso la necessità di presidiare il mobile. La partita della digitalizzazione e dell’export si gioca soprattutto su questo aspetto, per entrare in contatto con generazioni sempre più abituate a navigare da smartphone e tablet: secondi i più recenti dati rilasciati da Audiweb, il tempo totale speso online è generato per ben il 62,4% dalla fruizione di internet da device mobili.

o   E’ tutt’oggi solo parzialmente sviluppata l’ottimizzazione dei siti esaminati, sia in termini di creazione di contenuti ottimizzati che di link autorevoli che rimandano al sito, fattori che favoriscono la presenza del sito stesso nelle primissime pagine dei motori di ricerca.

2. A livello di canali social, in termini di presenza delle aziende, YouTube ha raggiunto Facebook, a dimostrazione, a distanza di un anno, della maggiore consapevolezza acquisita circa il potere dei contenuti video.

o   Le aziende analizzate mostrano in generale, come presenza, un buon presidio dei principali social network: conducono la classifica a pari merito Facebook e YouTube, utilizzati da 17 aziende su 25, seguiti da Twitter con 12 aziende.

o   Instagram e Pinterest, due social network più giovani ma dalle grandi potenzialità per il settore enologico, vedono entrambi la presenza di 6 sole aziende delle 25 prese in esame.

o   Osservando il presidio dei social network dal punto di vista qualitativo, l’analisi della frequenza di aggiornamento ha evidenziato ritmi un po’ altalenanti, pur non mancando casi di eccellenza. Buona la situazione per Facebook dove, tra le 17 aziende con un account, 13 hanno pubblicato un post sulla propria pagina negli ultimi 7 giorni presi in esami, alcuni con cadenza quasi giornaliera; per YouTube, solo 3 delle 17 aziende con un canale hanno pubblicato un video nell’ultimo mese, mentre 8 solo nell’arco degli scorsi 6 mesi. Piuttosto positivo l’aggiornamento in Twitter, considerando che 8 aziende tra le 12 con un account twittano notizie con una frequenza pressoché quotidiana.

“La seconda edizione di questa ricerca, pubblicata a un anno di distanza dalla prima, conferma la volontà d’innovazione del settore vinicolo italiano, ma mette in luce un processo di digitalizzazione del business ancora in consolidamento”, ha commentato Alessandra Fremondi, Senior Consultant e responsabile dell’area Food&Beverage di FleishmanHillard Italia. “Tra i segnali positivi sicuramente emerge il presidio del mobile e dei principali social Facebook e YouTube, quest’ultimo in crescita rispetto allo scorso anno del 13%. Le principali opportunità sono legate soprattutto all’ottimizzazione dei siti, alla consapevolezza del valore a medio-lungo termine di una piattaforma ecommerce proprietaria e alla possibilità di esplorare social network nei mercati locali: tutti aspetti che possono diventare un mezzo per moltiplicare il business e creare dialogo con i consumatori nei Paesi di riferimento”.

3.       In particolare, tra le opportunità:

o   Sito web: il web design e il racconto del prodotto, con un approccio editoriale curato e mirato, rivestono un ruolo fondamentale nel coinvolgimento dell’utente e nel rendere unica la sua esperienza di navigazione, valorizzando al meglio l’immagine del prodotto e del brand.  Un sito web che risponde alle necessità dell’utente di reperire online informazioni e di fruire di contenuti in multicanalità rappresenta il primo step verso una presenza online strategica del brand.

o   Ottimizzazione dei contenuti: in termini di search marketing, l’opportunità principale per le aziende vinicole è legata alla creazione di contenuti ottimizzati e di link autorevoli che rimandano al proprio sito, favorendone la visibilità nelle primissime pagine dei motori di ricerca. Inoltre, attraverso una strategia più avanzata di ottimizzazione per motori di ricerca locali, ad esempio Yandex nel mercato russo o Baidu in quello cinese, la visibilità del proprio sito può creare nuove opportunità in Paesi strategici da presidiare.

o   Strategia social mirata: diventa sempre più rilevante affinare la strategia di presenza sui canali social dal punto di vista qualitativo proponendo, secondo tempistiche di aggiornamento ideali per ogni singolo social network, contenuti rilevanti in grado di creare dialogo, informare, educare e coinvolgere l’utente. Questo approccio riguarda in primis i principali social network già presidiati come presenza dalla maggior parte delle aziende analizzate, quindi Facebook, YouTube e Twitter; rientra in una strategia social più ampia anche l’opportunità di presidiare canali come Instagram e Pinterest o strumenti locali in mercati strategici, ad esempio QZone o Weibo in Cina o V Kontakte in Russia.

o   E-commerce: l’Osservatorio eCommerce BtoC promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano ha messo in luce nel 2014 il contributo rilevante di alcuni comparti, poco significativi in passato ma con un potenziale online notevole, tra cui il Food&Wine ‘gastronomico’, che nel 2014 ha raggiunto in Italia in termini di e-commerce un valore di oltre 200 milioni di euro, in crescita del 30%. Accanto a questo dato significativo, l’Osservatorio ha però evidenziato la quasi totale assenza di aziende eno-gastronomiche italiane che utilizzano l’e-commerce in ottica export. Questo dato viene confermato dalla ricerca FleishmanHillard e apre il dibattito sulle interessanti potenzialità a medio-lungo termine di una piattaforma e-commerce “diretta” in ottica di sviluppo del business, soprattutto in un anno strategico come quello dell’Expo a Milano.


Il Gambellara è una felice scoperta

In questi giorni non si fa che parlare di vini del vulcano e, nel momento in cui sto scrivendo, mi è arrivato il gradito invito per partecipare alla nuova tappa di Volcanic Wines che si terrà ad Orvieto e che poi proseguirà  in giro per l'Italia in base al format prestabilito.

Tra i territori vulcanici italiani, uno dei più suggestivi è sicuramente quello di Gambellara che, in posizione panoramica sulla pianura veneta, si estende tra le province di Verona e Vicenza attraverso le sue morbide e antichissime colline, mai al di sopra dei 500 metri s.l.m., che recenti studi hanno fatto risalire al primo periodo del Terziario come riflesso agli imponenti movimenti e scorrimenti degli strati geologici e ai corrugamenti che hanno dato origine alla cerchia Alpina. 


I vigneti di Gambellara e la Chiesa di S. Marco

La caratteristica principale di Gambellara riguarda sicuramente il suo suolo formato in gran parte da basalti e tufi terrosi basaltici di origine vulcanica che, nella zona di monte San Marco, sono stati talmente consistenti che in passato si è aperta una cava per estrarli ed usarli per le massicciate ferroviarie o come materiale per costruzioni locali. 
Di quel giacimento naturale, purtroppo, non è rimasto quasi nulla se non un parco, che ha sostituito la vecchia cava, e qualche roccia basaltica a testimoniare antichi splendori perduti.


I basalti di Gambellara prima....
...e dopo

Parlando di viticoltura, a Gambellara la regina delle uve è la Garganega che sembra essere presente in questo territorio fin da tempi antichissimi visto che lo stesso Pier de Crescenzi, nel suo trattato "De Agricoltura" menziona questo vitigno osservando acutamente alcune caratteristiche distinguendola tra una sottovarietà Femina, molto fruttifera, ed una Mascula, praticamente sterile. In particolare la Garganega, allevata storicamente a pergola veronese, in questo territorio trova le sue zone di elezione tra i comuni di Gambellara, Montorso Vicentino, Montebello Vicentino e Zermeghedo dove, grazie a circa ottocento ettari di vigneto, sono prodotte due Denominazioni: il “Gambellara DOC”, nelle tipologie “Gambellara” (anche Spumante), “Gambellara Classico” e “Gambellara Vin Santo” e il “Recioto di Gambellara DOCG” nelle tipologie “Spumante” e “Classico”.


Ospite del dinamico Consorzio Tutela Vini Gambellara, istituito nel 1972 e oggi presieduto da Giuseppe Zonin, ho partecipato ad un press tour dove, oltre a calpestare di persona le bellissime vigne di Garganega piantate su suoli di natura basaltico/tufaceo, ho potuto degustare nelle splendide sale delle le Barchesse del Vino di Gambellara (Palazzo Cera) alcune delle migliori espressioni del Gambellara DOC e del Recioto DOCG in modo da farmi una idea su una denominazione e un territorio che, a mio avviso, è ancora troppo sottovalutato e per certi versi ancora all'ombra dei vini della vicina Soave i cui vini hanno gli stessi meriti di quelli prodotti a Gambellara e dintorni.

Durante la due giorni veneta, grazie anche all'organizzazione in contemporanea di "Garganica, alla scoperta dei vini vulcanici del Gambellara Doc" ho potuto degustare molti ottimi vini che ora vado a descrivervi.



Non avevo molta fiducia sugli spumanti a base garganega visti i deludenti assaggi di qualche tempo fa ma questo metodo charmat di Roberto Zonin mi ha fatto un po' ricredere grazie al suo ottimo perlage e alla sua vigoria minerale. E' un vino semplice e diretto ma rappresenta un ottimo approccio alla territorialità di Gambellara.



Il Gambellara Classico 2014 di Sordato Lino rappresenta, a mio modo di vedere, tutto ciò che dovrebbe avere un Gambellara fermo vinificato in maniera semplice e pulita. Didattico il naso dove spiccano gli aromi di biancospino, pesca bianca, agrumi e fredda mineralità. Impianto gustativo agile, fruttato ma non banale dove la scia sapida finale rappresenta una degna chiusura per un vino che non fai fatica a finire in un attimo.



Natalina Grandi è una piccola grande realtà che siamo andati a trovare di persona in cantina e, tra i vari vini fermi, il Gambellara "Solo Lei" 2013 è sicuramente quello dalla maggiore personalità. Più complesso rispetto al precedente ha nel sorso fresco e nella affilata sapidità le sue armi di seduzione che vengono amplificate grazie anche ad un ad finale proporzionato e sfizioso. 



Virgilio Vignato è un piccolo vignaiolo che dovrebbe avere maggiore spazio tra i vari wine blog perchè produce vini davvero interessanti tra cui questo Gambellara Classico "Capitel Vicenzi" 2013 che pur nella annata non facile riesce a trasmettere una sobria eleganza che ha per sfondo l'odore del basalto e per contorno una macedonia di frutta bianca e mazzi di fiori bianchi di campo. L'approccio al sorso è fruttato ma decisamente fresco e minerale. Chiude gradevole con un evidente eco floreale.



L'ultimo vino, il Gambellara Classico "Creari" 2010 di Cavazza l'ho scelto per due motivi: era l'unico un po' vecchiotto e, cosa ancora più particolare, era l'unica garganega in purezza le cui vigne sono piantate su un terreno anomalo per la vulcanica Gambellara visto che la sottozona Creari ha composizione prevalentemente calcarea. Rispetto agli altri è questo Gambellara DOC è sicuramente il più eterogeneo ma anche il più rotondo e generoso caratterizzandosi per un incipit olfattivo dove la frutta gialla matura e i sentori di mimosa sembrano ben integrarsi con un impianto gustativo suadente e dalle sfumature quasi salmastre.

Chiudo questo post ringraziando il Consorzio per il gentile invito con la speranza che i vini di Gambellara siano sempre più valorizzati e comunicati perchè, se fatti con Amore, non sono mai secondi a nessuno.

Alla prossima!

Beyoncè versa nella vasca idromassaggio uno Champagne Armand de Brignac da 20 mila euro. E' davvero uno spreco?

Si sono incazzati e pure tanto i fan della cantante Beyoncè rea di aver versato un costosissimo Champagne Armand de Brignac nella vasca idromassaggio durante le riprese del video di Feeling Myself", realizzato in coppia con Nicki Minaj.


Dalla foto non è dato sapere se anche le altre due bottiglie di Champagne sono state usate (valore commerciale di 60 mila euro) ma, come detto, più di un fan si è risentito per questo schiaffo alla miseria tanto che su Twitter sono apparsi "cinguettii" di fuoco.

"Quando vedo Beyoncé farlo, è come se prendessi uno schiaffo in faccia, sono scioccato. Poteva dare quei soldi ai bambini che muoiono di fame. Ma lei deve avere altre priorità"

"Beyoncé spreca 20 mila dollari di champagne e io sopravvivo con un 20 dollari alla settimana"


"Fa una cosa del genere come se niente fosse"


"Se qualcuno mi dovesse chiedere cosa voglio fare da grande, mostrerò loro la scena in cui Beyoncé versa una bottiglia da 20 mila dollari di champagne in una vasca idromassaggio", 


A prescindere dalla polemiche che alla fine non hanno fatto altro che pubblicizzare ancora di più il video, siamo sicuri che buttare via una tamarrisima bottiglia di Armand de Brignac sia davvero uno spreco? Io lo considero un favore all'umanità.

'A Vita di Francesco De Franco

Era il 3 Dicembre 2008 quando, sulla piattaforma Vinix, Francesco De Franco, che aveva appena presentato on line la sua azienda, mi manda questa mail di risposta alla mia richiesta di ulteriori informazioni:

Gentile Andrea Petrini,

La ringrazio per l'attenzione dedicata alla ns. azienda. Conforta sapere che ci sono persone curiose ed interessate a prodotti poco conosciuti.

Come avrà letto su vinix, riportato anche su www.vignadefranco.blogspot.com, la ns. è una piccola realtà che mette il lavoro in vigna al primo posto. Sinora ci siamo rivolti ad un mercato locale con prodotti dell'annata che per ns fortuna sono stati completamente consumati dai clienti abituali. Dalla vendemmia 2008 ci stiamo organizzando per affrontare il mercato extraregionale: abbiamo destinato un maggior quantitativo di uve alle ns. vinificazioni e operato una rigorosa scelta delle uve in modo da avere prodotti non solo da consumarsi nell'anno ma che possano tranquillamente affrontare un affinamento medio-lungo. Alcuni vini saranno pronti da maggio-giugno 2009 mentre i prodotti su cui puntiamo di più non prima dei 18-24 mesi dalla vendemmia.

Mi dispiace non poter esaudire la Sua gentile richiesta ma sarà sicuramente tra i primi a ricevere campione della ns. prossima produzione, convinti che una sana critica può aiutarci a crescere.

Non mancherò di seguirla sul suo blog.

Cordiali saluti

Dopo quasi circa un anno mi arriva questa mail

Gentile Andrea Petrini,
è una curiosa coincidenza ma Le scrivo esattamente un'anno dopo la sua richiesta di un campione del nostro vino. Ebbene ora ci siamo, siamo appena usciti con il Rosso Classico Superiore 2008 di cui sono ben lieto di inviarLe il campione. Dovrei passare da Roma il 9 Dicembre, c'è modo di lasciarLe personalmente il campione?

Un saluto, a presto

Francesco Maria De Franco

Passa poco tempo da quest'ultima comunicazione che Francesco me lo ritrovo sotto l'ufficio, zona Eur, tutto trafelato che sta andando di corsa, su e giù per l'Italia, per promuovere e far degustare il suo Gaglioppo in purezza. 

E' il 2009, l'inizio di una splendida avventura che ha portato il nostro vignaiolo calabrese tra l'elite dei produttori di vino nazionale ed internazionale. E' di circa un anno fa un articolo su 'A Vita pubblicato sul New York Times...

Quando finalmente lo vado a trovare,  Francesco è sicuramente un vignaiolo affermato e sicuramente più sicuro di come lo avevo conosciuto otto anni fa. Oggi, nel territorio del Cirò Doc, è senza dubbio un punto di riferimento che ha trainato tanti altri vignaioli, come Sergio Arcuri o Calabretta, ad uscire dal loro guscio e far scoprire al mondo intero la territorialità del gaglioggo che fino a pochi anni fa era un po' troppo "ostaggio" di produzioni troppo di massa.

Con Francesco iniziamo il piccolo tour delle sue vigne, otto ettari coltivati tra Cirò e Cirò Marina ad altitudini che vanno dai 70 metri ai 250 metri s.l.m.

Il primo appezzamento si trova in zona Sant'Anastasia, un valle molto bella dove la maggior parte delle vigne, non solo quelle di 'A Vita, sono coltivate ad alberello ad altitudini di oltre 200 metri. 
In questa piccola parcella viene allevato a cordone speronato un vigneto di circa 2 ettari, esposizione sud, reimpiantato nel 2004 totalmente a gaglioppo. Il terreno, come possiamo vedere dalle foto sottostanti, è argilloso e molto povero e Francesco mi confessa che difficilmente da queste parti le uve, particolarmente ricche di zucchero, forniscono vini con titolo alcolometrico inferiore ai 14.5°.



Terreno
Riprendiamo la macchina e, mentre percorriamo stradine di campagna bordate da fiori dai mille colori, ci dirigiamo verso la seconda parcella di proprietà che si trova in zona Fego, a circa 200 metri dal mare. Ovviamente, come mi fa notare Francesco, qua il terroir è totalmente diverse dall'appezzamento precedente, il mare in zona Fego fa la sua parte e anche il terreno, sempre argilloso ma molto più scuro, è più ricco e fertile.

 "Da questa vigna di appena oltre un ettaro - mi spiega De Franco - faccio uscire il rosato andando a vendemmiare le uve della fila superiore che sono meno ricche di zucchero. In passato, poi, con questi grappoli ho prodotto anche il Cirò Rosso F36-p27 nelle annate 2008 e 2009 il cui nome fa riferimento alla particella da cui nasce ed al foglio catastale. Andrea da queste parti trovi, oltre al gaglioppo, trovi anche qualche pianta di magliocco!".


Si sale di nuovo in macchina per visitare probabilmente la più vigna "vecchia" da cui Francesco fa uscire la sua Riserva. Ci troviamo in località Muzzunetto, stessa valle della vigna di Sant'Anastasia ma diverso versante, siamo dalla parte opposta dove, con esposizione nord/ovest, sono allevati ad alberello 4 ettari di gaglioppo di età media di circa 50 anni. Il terreno è sempre argilloso ma è più ricco di pietre che affiorano fino in superficie. 





Prachetto è posto unico da cui non andresti mai via ma è ora di andare in cantina e il tempo, come al solito, è sempre tiranno. La struttura, fortunatamente, è situata a pochi minuti di strada e, tra una chiacchera e l'altra, riusciamo anche a passare di fianco alla quarta vigna di 'A Vita, in località Frassà, dove viene coltivato in un fazzoletto di terreno un po' di Greco Bianco.

Arrivati! La piccola cantina di Francesco è di recente costruzione ed, entrando, non possiamo non notare i colori dei disegni creati da una scuola media cirotana, in collaborazione con l'associazione Jumara, e dedicati al vino Cirò.


La sala vinificazione è dotata di pochissimi fermentatori in acciaio da dove cominciamo il nostro giro di degustazione che parte, ovviamente, dall'annata 2014.



A prescindere dalle varie tipologie di Cirò degustato da vasca, con Francesco siamo d'accordo che il 2014 sia un millesimo già pronto grazie ad un vino molto fresco e già abbastanza equilibrato. Non so quanto potrà andare avanti nel futuro ma il presente sarà ricco di soddisfazioni per chi ha lavorato bene in vigna nonostante l'annata difficile.

Il 2013, invece, rappresenta un millesimo molto particolare e gli assaggi in vasca ci hanno confermato che siamo di fronte ad un Cirò più caldo ma, cosa più importante, sicuramente più indietro rispetto alla 2014. Infatti, ad oggi, è ancora un vino duro, scontroso, per certi versi aggressivo, per cui il prossimo affinamento in bottiglia sarà sicuramente fondamentale per fornirgli un primo essenziale equilibrio che, sono sicuro, troverà appieno tra non meno di cinque anni. 


Ci  mettiamo attorno ad un tavolo per degustare le annate precedenti iniziando dal Cirò Classico Superiore 2011 che si presenta in veste aristocratica e associa ai "classici" aromi di mora di rovo ed amarena anche eleganti sensazioni di bacce di ginepro, resina, tamarindo, alloro e vibrante mineralità rossa. Sorso perfettamente orchestrato dove le mordidezze alcoliche sono perfettamente equilibrate da un intervento tannico e da una sapidità davvero preziose per lo sviluppo gustativo che regala un finale generoso e lunghissimo.



Il Rosato 2012, le cui uve, come già detto, provengono dal vigneto Fego situato vicino al mare, rappresenta un po' un vino a cui sono molto affezionato visto che, anno dopo anno, rappresenta una delle miei vini estivi per eccellenza grazie alla sua estrema bevibilità che, stavolta, non fa rima non banalità. Già, il Rosato di De Franco non sa di Big Babol ma di ferro e sale per cui chiedo agli amanti dell'ovvio di non comprarlo e di starne alla larga il più possibile!



L'ultimo vino in ordine temporale è il Cirò Rosso Classico Superiore Riserva 2010, prodotto da uve gaglioppo coltivate nel vecchio vigneto di Muzzunetto che, grazie ad un affinamento di circa 24 mesi suddiviso temporalmente tra botte grande da 20 HL e bottiglia, riesce a fornire una complessità abbastanza inedita per un vino calabrese di questo territorio. Il colore oggi tende al granato ma se, intelligentemente, si va oltre la veste cromatica per giudicare questa Riserva, potremmo scoprire un vino davvero superlativo dove ritrovare al tempo stesso terra e sole, macchia mediterranea e fiori secchi, radici e frutta nera di rovo. Al sorso è viscerale, palpitante, sapido e intenso come la sua persistenza che non cede nulla per minuti e ti regala un sorso di Calabria senza compromessi. Francesco, probabilmente, con questo vino  è giunto ad una prima quadratura del cerchio anche se, ne sono sicuro, ancora ci sorprenderà col suo lavoro. 
Basterà aspettare senza fretta, vero?