Carema ed Erbaluce di Caluso, due vini del Canavese da scoprire e valorizzare

Il Canavese, è un vasto territorio che si estende tra laghi, castelli e piccolo borghi dal grande fascino, nella provincia di Torino, area Nord e nord-Est, fino alla Valle D’Aosta, comprendendo anche una piccola parte delle provincie di Biella e di Vercelli. Da un punto di vista geologico questo territorio è dominato dall’Anfiteatro morenico di Ivrea, lungo circa 25 km, che può essere immaginato come una enorme impronta lasciata dal grande ghiacciaio Balteo che in tempi remoti si ritirò lasciando dietro di sé una grandissima quantità di sabbia, ciottoli e pietre frutto dell’erosione praticata dal ghiacciaio sulle rocce che incontrava durante il suo cammino a ritroso. Questi terreni morenici, mediamene molto acidi, si sono rivelati nel tempo adattissimi, già al tempo dei Romani, alla crescita della vite che oggi è parte integrante di questi splendidi paesaggi all’interno dei quali i vitigni più diffusi sono rappresentati dall’erbaluce e dal nebbiolo.


Su Vinix Digest ho scritto un articolo, spero per voi interessante, dove faccio alcune riflessioni soprattutto sull'Erbaluce di Caluso fermo, un grande vino bianco italiano che ha bisogno di essere sempre più valorizzato così come il suo compagno Carema che, almeno, vanta un disciplinare migliore.

Tenuta del Conte - Cirò DOC Riserva 2012 "Dalla Terra"

Grazie a Tiziana Gallo per la bella edizione di Vignaioli Naturali a Roma. Tra tanti ottimi vini degustati vorrei scegliere quello in foto, prodotto a Cirò da Mariangela Parrilla di Tenut del Conte. Mariangela alle spalle ha una storia per nulla facile, quando sono passato a trovarla in cantina qualche anno fa era immersa in tanti libri di enologia, stava studiando, partendo da zero, per non far chiudere l'azienda di famiglia nonostante un destino crudele. 


Sabato la ritrovo a Roma con questo Cirò davvero buono visto che è riuscita a domare l'irruenza del gaglioppo dando al vino un tocco di femminilità che solo una brava vignaiola sa dare. Io mi sono emozionato per lei. P.s.: Francesco Maria De Franco grazie, e sai perchè!

Klet - Goriška Brda Rebula "Quercus" 2012 è il vino della settimana di Garantito IGP

Di Angelo Peretti

Com’è piccolo il mondo, già. Così piccolo che mi trovo a scrivere in Italia di un vino della Slovenia bevuto in un ristorante in Svezia. Una Rebula, una Ribolla insomma. 


Cedro, pompelmo, un accenno di fiori bianchi, sale e freschezza, buona struttura senza cedimenti alla pesantezza, una beva piacevole.

VIGNAIOLI NATURALI A ROMA 2017 - DECIMA EDIZIONE

Di seguite trovare le parole di Tiziana Gallo che ci invita sabato e domenica a Roma. Chi viene?


E si, sono 10!

Questo è un traguardo che mi rende fiera per aver contribuito, in tutti questi anni, mediante ricerche, selezioni, conoscenze ed esperienze personali, a divulgare nella mia città, la cultura enologica e del “vino naturale”. Sono stati anni in cui il mondo del vino sì è evoluto, sviluppato e cresciuto, dove le persone sono diventate sempre più curiose, attente e soprattutto sensibili nel capire che il vino naturale non è una moda, ma un modo di vivere, una filosofia di vita che viene trasmessa attraverso la passione ed il lavoro, da chi ha deciso di sposare un’agricoltura sostenibile, senza compromessi e senza chimica, nel rispetto della natura e della salute dell’uomo.

Sono perciò orgogliosa di continuare a fare da tramite tra questi piccoli artigiani e le persone, che siano appassionati intenditori o semplici bevitori, così da permettere un pieno confronto ed un contatto diretto e poter ascoltare ciò che un bicchiere di vino racconta, secondo la sua interpretazione, la sua storia ed il territorio dal quale proviene”.

Queste le parole di Tiziana Gallo organizzatrice della Decima Edizione dei Vignaioli Naturali a Roma che nelle giornate dell’11 e 12 novembre 2017, presso la prestigiosa location del The Westin Excelsior Rome - Via Veneto 125  ospiterà, dalle 12.00 alle 19.00, oltre 90 artigiani del vino provenienti da tutta Italia e non solo, lasciando spazio alle immancabili birre artigianali e a qualche sorpresa in serbo per i più curiosi.
L’evento romano, il più atteso della capitale, contribuirà inoltre ad un’iniziativa decisamente “colorata” per sostenere le donne e i bambini della Costa d’Avorio, della Repubblica Democratica del Congo e della Tanzania.

Assolutamente da non perdere quindi questa Decima Edizione dei Vignaioli Naturali a Roma alla quale nessun appassionato di “vino secondo natura” potrà rinunciare!

Per informazioni:
Tiziana Gallo – 338/8549619
info@vininaturaliaroma.com

Barolo 2013: le giovani IGP esprimono perplessità!

Seconda giornata IGP dedicata ai Barolo: il racconto di Marina e Maria Grazia (alias Luciano Pignataro e Angelo Peretti)

I giovani IGP oggi cedono il passo alle "deux dames" Marina Betto e Maria Grazia Melegari per il racconto della seconda giornata di assaggi dedicata al Barolo.

Dove sono le viole, la felce, il sottobosco, l'arancia? Il tabacco, i funghi, il pot-pourri floreale: non ci sono! Note ematiche, ferrose e medicinali, il mallo di noce e la gomma, in compenso,  ci sono spesso.
Dei 60 assaggi di Barolo 2013  sono stati pochi quelli che ci hanno convinto.
Anche oggi  è stata evidente in diversi casi una certa disarmonia tra  naso e bocca, con profumi dolci e caldi di frutta matura - talvolta anche di confettura - e sorsi dai tannini molto duri e scontrosi, con alcune note verdi.


È noto che noi donne degustatrici siamo molto più severe nei giudizi: cerchiamo le sfumature, le nuances più delicate e seducenti, ma non prive di carattere e personalità.
Pur non essendo state anche in quest'occasione molto generose nei giudizi, ci siamo trovate concordi con i nostri cavalieri dell'IGP nell'individuare sei  Barolo che meritano il massimo riconoscimento della commissione.

Barolo 2013 - Negretti
Barolo Bricco  Ambrogio 2013 - Negretti
Barolo 2013 - Alberto Voerzio
Barolo Brea Vigna ca' mia 2013 - Brovia
Barolo 2013 - Cascina Fontana
Barolo La Serra 2013 - Bosco Agostino

Alla scoperta dello smørrebrød, in Danimarca - Garantito IGP

di Angelo Peretti

Non ci provo neppure a pronunciarlo. Troppo difficile. Mi basta scriverlo, ed è difficile anche semplicemente scriverlo. Si scrive così: smørrebrød, con quelle tipiche o barrate danesi che si pronunciano come delle o dette a bocca stretta, grosso modo. È una parola danese, appunto. No, meglio, è un simbolo della gastronomia della Danimarca. Viene da “smor og brod”, che significa “burro e pane”. Ma il burro e il pane – che è rigorosamente di segale, acido, marrone scuro, compatto e si serve affettato – sono solo gli ingredienti base. Perché sopra alla fetta imburrata ci può andare di tutto. L’aringa in primis, in tante varianti diverse e poi unita a senape, capperi, cipolla, rafano, uovo, maionese, cetrioli in agrodolce e chissà che altro, a seconda dello stile della famiglia o del ristorante. Ma poi c’è lo smørrebrød al fegato di maiale, quello al salmone, quello al roast beef, alla tartata di manzo e altri ancora.


Per i turisti, viene fatta una semplificazione espositiva dicendo che è una specie di “open faced sandwich”, un panino aperto, ma è riduttivo. È molto di meglio, è molto di più. In tavola arriva il pane con sopra già i vari ingredienti, oppure arrivano gli ingredienti e bisogna metterli sopra al pane nell’ordine preferito, dopo averlo imburrato. Poi lo smørrebrød va tagliato a quadratini col coltello e si mangia così, a piccoli bocconi, con la forchetta. Insieme ci si può bere la birra, e in Danimarca se ne trova di buonissima, ma il massimo è accompagnarci bicchierini di snaps, un distillato, un’acquavite aromatizzata, e ogni snaps ha il suo accostamento ideale. Un rito, insomma, che induce alla lentezza, alla chiacchiera, alla convivialità. Poi ci si domanda perché le statistiche affermino che la Danimarca è il paese più felice al mondo. Se vi capita di essere da quelle parti, entrate in un locale che faccia smørrebrød di qualità e capirete.


La scoperta la devo a un eccellente wine writer danese, Ole Udsen. Trovandomi a Copenhagen gli ho chiesto consigli. “La cosa la più importante che devi sapere – mi ha detto – è che l’unica cucina davvero e unicamente danese è quella del smørrebrød. Su pane, normalmente di segale, acido e molto-molto denso e succoso, posiamo tante cose, vegetali, di pesce o di carne, con grande fantasia. È una cucina di pranzo, non di cena, e molto buona. Ci sono tantissimi ristoranti che lo fanno, e sicuramente non tutti lo fanno bene, ma quelli che fanno bene lo fanno con ingredienti freschi, scelti e cucinati a casa”.
Ne ho provati due, ad entrambi ho attribuito un applauso virtuale. Fantastici.


Il primo è stato l’Aamanns Deli & Take Away. Posto piccolino, informale, con due salette e due diversi ingressi. Ole l’ha definito “il re del smørrebrød nuovo”. A colpirmi sono state la pulizia dei sapori e la perfetta definizione delle materie prime. Ma anche la competenza del personale. E poi le snaps, aromatizzate da loro, e in particolare quella al rafano e limone vorrei avercela sempre nella mia dispensa, perché accidenti che buona che era, e come puliva perfettamente il palato tra un boccone e l’altro. Indimenticabili lo smørrebrød con aringhe marinate all’antica con formaggio, prugne in salamoia, rafano e segale, quello con pâté di fegato caldo con funghi, pancetta croccante, rape rosse in salamoia ed erbette fresche, quello con la mousse di avocado, cipolla in agrodolce, crema di limone, cavolo e chips di pane di segale e quello con il controfiletto grigliato con maionese affumicata, cipolle rosse in agrodolce e nocciole. Impossibile fare una graduatoria, semplicemente splendidi tutti.


Il secondo locale è stato il Restaurant Palægade. A pranzo fa soprattutto smørrebrød, la sera cucina. Ampio, elegante, leggermente formale, caldo, accogliente. Grande gentilezza. Una scelta notevole di snaps e una bella lista vini. Io sono andato sulle snaps e tra quelle bevute ne ho trovata un’altra che vorrei avere in casa, quella al pepe lungo indonesiano fatta dalla Copenhagen Distillery, di una classe cristallina. Ho voluto provare la degustazione di quattro smørrebrød all’aringa. O meglio, si trattava di quattro varianti dell’aringa (fritta, in salamoia, al curry, agrodolce) servite in quattro ciotoline, con altre ciotoline di ingredienti da accompagnarci (capperi, frutti di cappero, cipolla, senape, uovo in camicia, lardo con le noci) e, a parte, il pane di segale affettato e il burro. Roba da divertirsi un mondo a far prove di accostamento di sapori. Con la consulenza, tuttavia, dei camerieri, che sanno consigliare il neofita. Poi, notevole anche anche il classico smørrebrød al roast beef con la cipolla fritta. Posto fantastico.

Dettaglio non irrilevante in termini di comodità: entrambi i locali permettono la prenotazione on line tramite il loro sito, scegliendo l’ora della visita. In genere, lasciano il tavolo a disposizione dell’ospite per tre quarti d’ora circa. Però è fondamentale rispettare l’orario prenotato, altrimenti il posto viene, giustamente, riassegnato.

Altra cosa: grazie, Ole, grazie mille. Ricambierò.

Aamanns Deli & Take Away, Øster Farimagsgade 10, Copenhagen, internet aamanns.dk
Restaurant Palægade, Palægade 8, Copenhagen, internet palaegade.dk


La lista dei Barolo 2012 e 2013 preferita dai giornalisti di Garantito IGP

Di Roberto Giuliani

Secondo giorno in Langa per I Giovani Promettenti più il solito “infiltrato” Pasquale Porcelli, con la presenza straordinaria di Marina Betto, che sostituisce Luciano Pignataro, assente giustificato.

Bene, oggi abbiamo degustato 46 Barolo 2013 e 10 Barolo 2012, ma ci aspettano altre due mattinate per avere un quadro completo della situazione. Intanto possiamo dire sull’annata più giovane che abbiamo trovato delle espressioni non sempre convincenti sul piano olfattivo, in un buon numero di casi abbiamo riscontrato profumi già piuttosto maturi, mentre al palato i tannini apparivano un po’ verdi, non proprio di grana finissima. Nel complesso però la 2013 si è rivelata un’annata qualitativamente interessante, tant’è che sui primi 46 campioni abbiamo selezionato ben 8 Barolo più che meritevoli.

Per quanto riguarda l’annata 2012, composta per ora di soli 10 vini, ci è sembrato che il livello sia davvero molto buono: equilibrio, complessità e finezza, in particolare nei 3 campioni che abbiamo selezionato. Dato che il Macchi, nell’articolo di ieri sui Barbaresco non lo ha specificato, ci tengo a precisare che i vini vengono degustati rigorosamente alla cieca.


Ecco i Barolo della prima giornata da noi preferiti:

Barolo Ornato 2013 – Palladino
Barolo San Giovanni 2013 – Gianfranco Alessandria
Barolo Perno 2013 – Cascina del Monastero
Barolo 2013 – Rocche Costamagna
Barolo Rocche dell’Annunziata 2013 – Rocche Costamagna
Barolo Gabutti 2013 – Sordo
Barolo Vigna Castellero 2013 – Francesco Borgogno
Barolo Cannubi 2013 – Fratelli Serio & Battista Borgogno
Barolo Cannubi 2012 – Borgogno
Barolo Liste 2012 – Borgogno
Barolo Bussia Vigna Campo dei Buoi 2012 – Costa di Bussia

Dieci grandi Barbaresco 2014 da comprare al volo - Garantito IGP

Di Carlo Macchi

Come sempre il primo giorno de I Giovani Promettenti in Langa è dedicato al Barbaresco, e quest’anno era la volta del 2014 (anche se avevamo anche qualche 2013 e 2012).
Annata da tregenda con pioggia, freddo e tutto quanto riesce a rendere difficile fare dei buoni vini. Durante Nebbiolo Prima ad aprile ecco cosa avevo scritto
“Anche se sembra che nella zona del Barbaresco sia piovuto meno che nel Barolo, la vendemmia 2014 non potrà certo essere definita di alto livello. Generalmente siamo di fronte a vini non molto concentrati, strutturalmente esili, spesso con acidità alte e tannini tendenzialmente verdi: anche con le dovute eccezioni qualitative che per fortuna ci sono (soprattutto nelle vigne storicamente più vocate) la degustazione non ci ha riservato grandi soddisfazioni. Crediamo che qualche mese di bottiglia in più possa, mai come in questo caso, essere un’arma importante per l’equilibrio dei vini.”
E qualche mese in più è servito, eccome! Ci siamo trovati di fronte a vini equilibrati, con tannini in qualche caso giustamente accennati, che usando una frase di moda potremmo definire “giocati in sottrazione”.
I nasi spesso  non andavano a ricercare profondità introvabili ma si presentavano con gamme aromatiche fini e piuttosto complesse, dove, sia spezie che frutta giocavano un ruolo equilibrato e definito. Il fruttato spesso puntava verso note piacevolmente agrumate, mentre tra le spezie la menta e il timo erano spesso in prima fila.
Per fortuna i legni o erano stati usati con parsimonia o hanno avuto tempo per fondersi sia al naso che in bocca, dove ad una impossibile potenza si è sostituita una generale finezza e sobrietà tannica.
In definitiva vini da poter bere tranquillamente e piacevolmente sin da subito e con possibilità di invecchiamento mediamente attorno ai 4-7 anni da adesso.
Qua sotto troverete i 10 vini che ci sono più piaciuti, considerando che la regola era la seguente: almeno 4 dei 6 degustatori dovevano aver dato un voto molto alto.
Voglio precisare che questi voti non coincideranno con quelli della degustazione di Winesurf che verranno pubblicati tra qualche tempo.
Barbaresco 2014 Nervo, Pertinace
Barbaresco 2014, Ricossa
Barbaresco 2013 Rocche Massalupo, Lano Gianluigi
Barbaresco 2014 Rabajà, Giuseppe Cortese
Barbaresco 2014 Fratelli Serio e Battista Borgogno
Barbaresco 2014 Fontanabianca
Barbaresco 2014, Nervo, Rizzi
Barbaresco 2014 Gallina, Ugo Lequio
Barbaresco 2014 Roncaglie, Poderi Colla
Barbaresco 2014 Castellizzano, Pertinace

Corino - Barolo “Vigneto Rocche” 1991 è il Vino della settimana di Garantito IGP

L’annata 1991 è d’annoverarsi tra quelle minori per il Barolo; classificata a 2/3 stelle (su cinque) non se ne ipotizzava un futuro di longevità.



Ebbene, l’assaggio di questo “Vigneto Rocche” ci conferma che: “quante cantonate si prendono nel prevedere il futuro d’un vino”. Tre soli superlativi per descriverlo: equilibratissimo, armonicissimo, elegantissimo.



Nino Negri compie 120 anni e noi lo festeggiamo con una verticale del suo Sfursat 5 Stelle - Garantito IGP

Di Lorenzo Colombo

Se vi dicessimo che lo “Sfursat 5 Stelle” della Nino Negri è lo Sforzato che preferiamo in assoluto vi mentiremmo.

Sia chiaro, non che questo vino non ci piaccia. Anzi, ci piace molto, ma il nostro gusto è più improntato verso vini meno impegnativi e questo vino lo è “impegnativo”.
Strutturato, potente, alcolico, esplosivo, a volte un poco “eccessivo”, con note dolci date dal legno spesso percepibile quando è giovane (il lungo affinamento avviene in barrique), a volte persino un poco “amaroneggiante”.

Un vino di rara pulizia, superpremiato, che ha fatto storia dalla sua prima messa in commercio nel lontano 1983, e che ha molto aiutato nel far conoscere al mondo la Valtellina ed i suoi vini.
Dicevamo di preferire vini meno impegnativi, più territoriali (passateci il termine), ad esempio, rimanendo in tema Sforzato ed in casa Nino Negri, andiamo a preferire spesso nelle varie degustazioni (in blind tasting) lo “Sfursat Carlo Negri”, affinato quest’ultimo in botti di grandi dimensioni e, perlomeno secondo noi, più rispettoso delle tradizioni valtellinesi. Ebbene, la degustazione verticale alla quale abbiamo partecipato lo scorso 10 ottobre, in occasione dei festeggiamenti per i 120 anni dell’azienda (nata nel 1897) ci ha fatto ricredere in merito e ci ha chiarito i motivi per cui non ritenevamo il 5 Stelle il prototipo assoluto dello Sforzato.


Il perché in verità è molto semplice: nelle nostre degustazioni di questo vino (ripetiamo, a bottiglie coperte, in occasione degli assaggi per le guide od altro) abbiamo sempre assaggiato un vino troppo giovane, a volte addirittura ancora embrionale. Non avevamo mai effettuato una verticale di questo Sforzato, soprattutto andando indietro nel tempo di quasi trent’anni. Durante la degustazione condotta a due voci da Luciano Ferraro e da Casimiro Maule (enologo storico dell’azienda), quest’ultimo ha detto che il periodo migliore per apprezzare al massimo questo vino va collocato tra i suoi  otto ed i quindici anni d’età.
Noi ci spingiamo oltre, raramente abbiamo infatti assaggiato (l’abbiamo bevuto per la verità) un vino così elegante, armonico, equilibrato, vivo, come il 1997, un vino di vent’anni.

Ferraro e Maule

Ma veniamo dunque alla degustazione, che prevedeva sei annate, dalla 2013 alla 1989, passando per le 2009, 2001,1999 e appunto la 1997. Eccovi quindi le nostre impressioni, precedute da una sintetica descrizione dell’annata:


2013: Inverno freddo, nevoso e piovoso, pioggia che ha continuato sino a giugno, a seguire un periodo caldo e siccitoso con ritorno di piogge a fine luglio. In settembre ed ottobre si sono alternati periodi soleggiati e piovosi. Ottimale il periodo durante l’appassimento.
Il colore del vino è granato luminoso, l’unghia presenta una sfumatura aranciata.Intenso al naso, pulito, alcolico, emergono netti i sentori di confettura di frutta rossa, prugna in primis, note balsamiche e leggeri accenni di vaniglia vanno ad identificare i contenitori d’affinamento. Strutturato, alcolico, asciutto, fresco, con tannini decisi e note piccanti, chiude con lunga persistenza su note di liquirizia forte. Nel complesso un vino che promette molto bene, anche se assai giovane al momento. Occorrerà aspettare per poter goderselo al meglio.

2009: abbondanti le nevicate dal mese di gennaio, primavera variabile, caldo da maggio a metà agosto, dopo qualche pioggia ritorno di bel tempo per settembre ed ottobre. Annata tra le più importanti, secondo l’azienda. Color granato-aranciato, luminoso. Balsamico al naso, con sentori di confettura e frutta rossa macerata, spezie dolci e note di legno dolce. Dotato di buona struttura, con tannini decisi ma vellutati, alcolico, speziato ( quasi pepato), con bella vena acida e lunga persistenza.Un vino molto elegante, pronto a bersi, il migliore (secondo noi), subito dopo lo strepitoso 1997.


2001: inverno piovoso e nevoso, con primavera calda ma piovosa, estate calda, piogge settembrine. Un’annata definita “storica” dall’azienda. Il colore è granato-mattonato. Intenso al naso, un poco austero, s’apre su note di sottobosco, fiori secchi, confettura di prugne e spezie dolci, buona la sua eleganza. Morbido al palato, alcolico, di buona struttura, elegante, bella la trama tannica, accenni piccanti, buona la persistenza su sentori di liquirizia dolce.Un grande vino, anche se non all’altezza del 2009 (ovviamente sempre secondo noi).

1999: inverno asciutto, primavera equilibrata, caldo insolito tra fine maggio inizio giugno, estate calda ma con temporali serali, da metà agosto basse temperature che proseguono sino alla metà di settembre, caldo asciutto nella seconda metà di settembre. Il colore è mattonato (ci avviciniamo ai vent’anni d’età). Evoluto al naso, mediamente intenso, con sentori terziari che rimandano alla radice di genziana.Morbido al palato, evoluto, caffè, legno ancora percepibile, bella vena acida e lunga persistenza. Il meno interessante (a parte il 1989) tra quelli degustati, un vino un poco stanco, meglio alla bocca che non al naso.

1997: nessuna precipitazione sino al 20 aprile con una gelata alla metà del mese, vendemmia anticipata con alta gradazione zuccherina, appassimento ottimale. Grande annata (sempre secondo l’azienda). Il colore è granato-aranciato. Austero al naso, un poco chiuso all’inizio, s’apre poi su note balsamiche di grande eleganza, un vino delicato che presenta ancora sentori di confettura. Morbido ed al contempo verticale, fresco, con note dolci, equilibrato, armonico, elegantissimo. Un vino notevole, come scritto in precedenza il migliore della batteria.

1989: primavera alterna, buon apporto idrico durante l’estate, la vendemmia si è effettuata nelle condizioni ottimali.Annata storica, secondo l’azienda. Più si va indietro nel tempo e maggiormente si accentuano le differenze tra una bottiglia ed un’altra. In questo caso poi, a detta dello stesso Maule, alcune bottiglie non provengono direttamente dall’azienda (ne avevano troppo poche), ma sono state reperite sul mercato apposta per questa degustazione. Quella toccata a noi aveva dei problemi di vecchiaia (o di conservazione) tantoché non ce la sentiamo di valutarla e descriverla. Comunque si presentava con un color mattonato-aranciato ed al naso, seppur intenso, trasparivano sentori di verdure. Alla bocca, con tannini asciutti, l’evoluzione era piuttosto spinta. Peccato.



Torna a Siena l'evento sul vino più atteso dell'anno: Sangiovese Purosangue

Sangiovese Purosangue 2017

Dal 2 al 5 novembre a Siena torna la manifestazione interamente dedicata
a uno dei vitigni italiani di riferimento. Degustazioni, seminari e verticali di vecchie annate.

Torna una nuova edizione di Sangiovese Purosangue, ideato e organizzato dall’Associazione EnoClub Siena, con un evento che ormai si ripete da 6 anni attraverso una formula itinerante che ha toccato città come Roma e Milano. Per il secondo anno consecutivo la kermesse si svolgerà nella Fortezza Medicea di Siena e vedrà come suoi luoghi fulcro gli ambienti interni dei bastioni San Francesco e San Filippo della Fortezza Medicea, dove si alterneranno incontri, dibattiti e degustazioni alla presenza dei vignaioli, di fronte a un pubblico non solo di operatori e comunicatori nazionali e internazionali ma anche di appassionati.


Saranno circa 80 le aziende partecipanti con le loro etichette di Sangiovese in purezza, per più di 350 vini in assaggio. I banchi di assaggio si svolgeranno nelle giornate di sabato e di domenica  e saranno un importante momento per confrontare vini a base di Sangiovese di territori diversi. Le degustazioni guidate un prezioso approfondimento su tematiche attuali e sulle aziende che hanno fatto la storia di questo vitigno.

Sangiovese Purosangue, da diversi anni, si sta impegnando per portare a compimento un progetto di valorizzazione del vitigno partendo dal nucleo del Sangiovese toscano tramite indagini e confronti con le altre zone vinicole italiane: Romagna, Umbria e Lazio, con le rispettive sottozone e cru.

Vista l’importanza e la quantità degli approfondimenti e delle etichette, l’impegno divulgativo sarà distribuito su quattro giornate.

Il programma completo:

GIOVEDI' 2 NOVEMBRE 
• Ore 10-17.30 Salone eventi della Società Romolo e Remo, Contrada della Lupa, Via di Fontenuova 1 (Pian d’Ovile).
Giornata di conferenza tecnica e degustazione sul Chianti Classico. Corrispondenza suoli-vini, con interventi di agronomi, enologi, geologi e assaggi per zone, con servizio sommelier.  Costo della degustazione per il pubblico + pranzo, euro 50.


VENERDI' 3 NOVEMBRE 

Degustazione tecnica dei Sangiovese in catalogo su invito per operatori e giornalisti, presso presso la Fortezza Medicea.


SABATO 4 NOVEMBRE

• ore 9.30-13.30 – Complesso di San Niccolò a Porta Romana.
Conferenza scientifica sulla “Sostenibilità in viticoltura” nell'aula magna dell'Università degli Studi di Siena. Ingresso libero.


• ore 15.30 - 20.00 – Fortezza Medicea, spazi dell’Enoteca Italiana, Sala Esposizione.
Banchi di assaggio vini con 80 produttori di Sangiovese
Ingresso euro 15. Cauzione bicchiere euro 5

• ore 16.00-18.00 – Fortezza Medicea, Bastione San Filippo
Verticale Castello di Monsanto Sangiovese Fabrizio Bianchi, 9 annate: 1974-2012
1974-1975-1988-1995-1999-2006-2009-2010-2012.

Condotta da Carlo Macchi, Winesurf con Laura Bianchi. Degustazione euro 60 soci Enoclub, euro 75 non soci


• ore 18.00-19.30 – Fortezza Medicea, Bastione San Filippo
Seminario con degustazione: “I difetti e le virtù. La percezione positiva del brett e della volatile, la sua valutazione estetica”.
Con Giacomo Buscioni, Matteo Gallello, Giacomo Lippi, Davide Bonucci. Ingresso gratuito, riservato agli utenti della manifestazione.

• ore 20.30 – Compagnia dei Vinattieri, Via delle Terme, 79. 
Cena incontro con i produttori del Sangiovese
Con vecchie e nuove annate in assaggio. Cena e vini: Euro 35.00

DOMENICA 5 NOVEMBRE



•  ore 11.00 – 11.40 Fortezza Medicea, Bastione San Filippo

Presentazione del libro Falsi di Gusto di Vincenzo Coli e Gianluca Biscalchin, Nuova Immagine Editrice. Ingresso libero


• 12.00 – 13.30  Fortezza Medicea, Bastione San Filippo
Degustazione guidata: “Declinazione del Sangiovese in Romagna e in Toscana. Il territorio di Brisighella, un parallelismo con Montalcino”.
Seminario condotto da Francesco Falcone e Davide Bonucci. Ingresso gratuito, riservato agli utenti della manifestazione.

• 15.00 - 19.00 - Fortezza Medicea – Spazi dell’Enoteca Italiana, Sala Esposizione
Banchi di assaggio vini con 80 produttori di Sangiovese.
Ingresso euro 15. Cauzione bicchiere euro 5

• 15.30- 17.30 – Fortezza Medicea, Bastione San Filippo
Verticale Chianti Classico Riserva Badia a Coltibuono. 8 annate: 2000-2006-2007-2008-2009-2010-2011-2012.
Con Roberto Stucchi Prinetti. Degustazione euro 45 soci Enoclub, euro 55 non soci

• 18.00- 20.00 – Fortezza Medicea, Bastione San Filippo
Verticale Chianti Rufina Riserva Selvapiana Bucerchiale. 10 annate:
1958 – 1965 – 1973 – 1979 – 1980 – 1983 – 1993 - 2000 – 2009 – 2013.
Con Federico Giuntini. Degustazione euro 45 soci Enoclub, euro 55 non soci


Banchi di assaggio Fortezza Medicea, Bastione San Filippo - Piazza Libertà 1, Siena
Sabato 4 novembre ore 15.30 - 20.00
Domenica 5 novembre  ore 15.00 - 19.00
Ingresso euro 15. Cauzione bicchiere euro 5

Per maggiori info: Davide Bonucci - 3285436775 - enoclubsiena@gmail.com
Ufficio stampa: Garage Wine – marina@garagewine.it

Podere Alberese - Chianti DOCG "A Vento e Sole" 2014 è il Vino della settimana di Garantito IGP

Di Stefano Tesi


Nessuno è profeta in patria: né il sottoscritto, a cui questo piacevolissimo, generoso e profumato Chianti (Sangiovese 90% e Foglia Tonda 10%), affinato solo in acciaio, viene fatto da anni praticamente sotto il naso, né i produttori, che non a caso sono di Monza e dal 2003 sono nelle Crete Senesi a fare gli agricoltori.

Podere Alberese
Loc. Casabianca
53041 Asciano (SI)
T.: +39-0577-705089, +39-0577-704572
F.: +39-0577-704572

Alla scoperta della Fattoria Le Caprine - Garantito IGP

Di Stefano Tesi
 
Il mai abbastanza compianto Kyle Phillips mi diceva sempre, scherzando ma non troppo, che dovevo essere fissato coi formaggi. E aveva ragione.
E’ stato infatti un mese fa, in occasione della consegna, a Certaldo Alto, del premio dedicato dall’Aset alla sua memoria (e destinato al giornalista enogastronomico under 35 più anticonformista dell’anno, andato per il 2017 a Indra Galbo del Gambero Rosso) che ho avuto l’opportunità di incontrare tre giovani “pastori”, anzi allevatori di capre, che dai paesi natii in Lombardia e Piemonte sono finiti a lavorare nientepopodimento che a Gambassi, nella profonda campagna fiorentina. Dove fanno formaggi superlativi.
Già il posto mi era simpatico, perché la famiglia di mia madre ci andò sfollata durante l’ultima guerra e la mia memoria è piena del ricordo di aneddoti di pagliai, bombardamenti e di un’Italia rurale che non c’è più.


Ma ancor più simpatici mi sono subito rimasti i tre casari e, massime, i loro caprini. Dei quali in particolare uno, quello stagionato al finocchietto, mi aveva letteralmente conquistato: perfetto rapporto tra pasta e buccia, piacevole anche al tatto, una fragranza prolungata con corrispondenza oronasale che si espande in bocca e ti accompagna senza mai risultare invadente, un gusto deciso come si conviene ma anche gentile, netto, armonico e ricco.
Allora ho deciso di andare a fondo e ho scoperto una storia che meritava di essere raccontata.


I giovani pastori sono innanzitutto del genere 2.0, cioè laureati in agraria, con specifica esperienza appunto nell’allevamento delle capre. Si chiamano Michela Bisanzio, Matteo D’Agostino e Raffaele D’Agostino. Cercavano il classico posto giusto per avviare un’attività del settore del formaggio di qualità e il caso li ha aiutati: solita ricerca, trafila di annunci su internet, esplorazioni qua e là fino all’incontro fatale con una vecchia fattoria in Valdelsa con un po’ di bosco, una decina di ettari di seminativo, 200 olivi e un ettaro di vigna di Chianti vecchia di ottant’anni. I romantici direbbero che lì è scattato il colpo di fulmine, i cinici che sono scattate le rate del mutuo. Il cronista, verificate le fonti, dice che sono scattati tutti e due e, giusto un anno fa, l’avventura è cominciata. Nome prescelto (poteva essere altrimenti?): “Fattoria Le Caprine”.


Attualmente abbiamo 40 capre, tutte Camosciate delle Alpi in purezza, e una ventina di agnelli, ma l’idea è di incrociarle in futuro con razze più mediterranee, per assecondare i cambiamenti climatici a cui stiamo andando incontro", spiega Michela. "Da poco abbiamo preso anche una decina di pecore massesi. Alleviamo il bestiame col metodo del pascolo razionale, cioè realizzando piccolissimi recinti mobili elettrificati dove gli animali stazionano non più di qualche ora al giorno. In questo modo, grazie alle deiezioni, contiamo, piano piano, di arricchire il terreno impoverito dalle monocolture dei cereali”.
Nel caseificio ricorrono a due tipi di lavorazione. Quella all’italiana, da cui ricavano un ottimo cacio a crosta rossa, tipo taleggio, e la cosiddetta lavorazione lattica, di stile francese, che rispetta di più l’acidità del latte e dà prodotti più delicati.
E qui casca l’asino. O meglio, la capra.


Perché, oltre a quello al finocchietto già menzionato, i nostri amici fanno anche il formaggio alle cipolline, alle bacche di sambuco e alla scorza di arancia. Davvero notevoli, tutti. Produzioni limitatissime, da intenditori. Per assaggiare le quali loro stessi, vista la per ora scarsa reperibilità del prodotto, raccomandano la cosa più semplice: andare in fattoria, visitare il caseificio, accarezzare le caprette e poi passare alla degustazione: “Proprio in questi giorni otterremo la licenza agrituristica e, oltre agli assaggi del formaggio, potremo offrire ai visitatori pranzi caserecci, il nostro olio e il vino della nostra vecchia vigna”, conclude Michela.

Siccome dire a un pastore in bocca al lupo rischia di passare, visti i tempi che corrono, per menagramo, allora diremo loro “in bocca alla capra”.


Fattoria Le Caprine
Via Varna 123, Gambassi Terme (FI)
Tel. 349 1896171 o 331 4199690
fattorialecaprine@gmail.com