Scrivere di Gianfranco Soldera e del suo vino è sempre complicato, troppo facile cadere nel banale e descrivere un’emozione già provata da molti. Ma chi è quest’uomo e perché è diventato un mito tra gli appassionati?
Gianfranco Soldera, trevigiano di nascita ma milanese di adozione, ha da sempre una personale idea di come debba essere un grande vino, un concetto, un obiettivo ed una passione che lo spingono nei primi anni ’70 a cercare i terreni più adatti in Veneto, Piemonte, fino ad arrivare in Toscana dove rimane folgorato da 23 ettari di terreno incolto completamente abbandonati dai mezzadri che, tuttavia, si incastonava in un paesaggio di grandissima bellezza.
E’ il 1972, la genesi di Case Basse, un luogo che grazie a Soldera e sua moglie riprende vita, partendo dal recupero dell'architettura originaria dei casali toscani e salvando i muri a secco dove trovano rifugio e sito riproduttivo uccelli, micromammiferi, insetti, ecc. Allo stesso scopo posiziona nidi artificiali, per attirare animali che diventino stanziali, e impianta arnie. Si salvano gli antichissimi ulivi abbandonati, si piantano decine di varietà alberi da frutto, si programma la sistemazione di un bosco botanico, si costruisce uno stagno e un laghetto artificiale, il tutto controllato ogni anno da un ecologo di nome Sergio Abram..
Case Basse, un vero e proprio microcosmo dove il lavoro è improntato principalmente sul vigneto, con tecniche culturali molto vicine alla biodinamica, nel totale rispetto delle piante e del terreno, in modo da ottenere uve perfettamente sane.
In cantina niente acciaio inox ma vinificazione nei classici tini di legno da 120 quintali costruite da Garbellotto, fermentazioni senza controlli elettronici della temperatura che può durare anche 36 giorni e varia da tino a tino, macerazioni molto lunghe sulle bucce e solo lieviti indigeni che si sono formati negli anni attraverso una selezione naturale. Niente filtrature né chiarifiche, tanto tempo nelle botti (la Riserva 1983 c'è rimasta per 66 mesi), tanto affinamento in bottiglia. Alla fine, ogni anno , vengono prodotte circa 15.000 bottiglie di Brunello che Soldera giura stia di incanto anche con il pesce….
Questa volta, però, non voglio parlare del suo Sangiovese più blasonato ma del suo “fratellino minore”, quell’Intistieti, che ho degustato nel millesimo 1992 che, essendo un’annata difficilissima, Gianfranco Soldera ha declassato ad IGT producendo un second vin sia dalla vigna Case Basse, sia dalla vigna Intistieti.
Nel mio bicchiere il vino si presenta di un colore granato molto vivo, segno di una materia ancora viva con un naso che, olfazione dopo olfazione, conferma una dinamicità davvero interessante. Viste le (brutte) precedenti esperienze di altri amici “santi bevitori di Sangiovese” mi aspettavo un vino quasi dentro la bara.
Invece no, all'olfattiva il vino, pur con la sua grande terziarizzazione, si conferma interessante, inizialmente un po’ brodoso, carnoso, però cangiante di aromi e sensazioni che col passare del tempo si esprimono al meglio su note di fiori rossi secchi, frutta rossa disidratata e un tocco di terrosità e di minerale che fanno di questo sangiovese, tutto sommato, un vino che vuole essere scoperto.
I primi segni di cedimento dell’Intistieti si notano forse in bocca dove, nonostante l'acidità sia ancora vibrante, tagliente, questa ormai risulta scissa tutta la struttura del vino che sembra traballare come un castello di carta e che, solo nel finale, ha un inaspettato colpo di coda su toni di profonda mineralità.
Un vino certamente quasi giunto al termine della sua parabola discendente che, causa la pessima annata, non ha certamente tutta la longevità del tipico sangiovese di Soldera però, nonostante tutto, rimane un’ottima lettura dell’annata e un vino che può fornire certamente emozioni a chi coglierà la sua anima toscana che prende in tutto e per tutto le sembianze di quel grande artigiano che è Gianfranco Soldera.
Gianfranco Soldera, trevigiano di nascita ma milanese di adozione, ha da sempre una personale idea di come debba essere un grande vino, un concetto, un obiettivo ed una passione che lo spingono nei primi anni ’70 a cercare i terreni più adatti in Veneto, Piemonte, fino ad arrivare in Toscana dove rimane folgorato da 23 ettari di terreno incolto completamente abbandonati dai mezzadri che, tuttavia, si incastonava in un paesaggio di grandissima bellezza.
E’ il 1972, la genesi di Case Basse, un luogo che grazie a Soldera e sua moglie riprende vita, partendo dal recupero dell'architettura originaria dei casali toscani e salvando i muri a secco dove trovano rifugio e sito riproduttivo uccelli, micromammiferi, insetti, ecc. Allo stesso scopo posiziona nidi artificiali, per attirare animali che diventino stanziali, e impianta arnie. Si salvano gli antichissimi ulivi abbandonati, si piantano decine di varietà alberi da frutto, si programma la sistemazione di un bosco botanico, si costruisce uno stagno e un laghetto artificiale, il tutto controllato ogni anno da un ecologo di nome Sergio Abram..
Case Basse, un vero e proprio microcosmo dove il lavoro è improntato principalmente sul vigneto, con tecniche culturali molto vicine alla biodinamica, nel totale rispetto delle piante e del terreno, in modo da ottenere uve perfettamente sane.
In cantina niente acciaio inox ma vinificazione nei classici tini di legno da 120 quintali costruite da Garbellotto, fermentazioni senza controlli elettronici della temperatura che può durare anche 36 giorni e varia da tino a tino, macerazioni molto lunghe sulle bucce e solo lieviti indigeni che si sono formati negli anni attraverso una selezione naturale. Niente filtrature né chiarifiche, tanto tempo nelle botti (la Riserva 1983 c'è rimasta per 66 mesi), tanto affinamento in bottiglia. Alla fine, ogni anno , vengono prodotte circa 15.000 bottiglie di Brunello che Soldera giura stia di incanto anche con il pesce….
Questa volta, però, non voglio parlare del suo Sangiovese più blasonato ma del suo “fratellino minore”, quell’Intistieti, che ho degustato nel millesimo 1992 che, essendo un’annata difficilissima, Gianfranco Soldera ha declassato ad IGT producendo un second vin sia dalla vigna Case Basse, sia dalla vigna Intistieti.
Nel mio bicchiere il vino si presenta di un colore granato molto vivo, segno di una materia ancora viva con un naso che, olfazione dopo olfazione, conferma una dinamicità davvero interessante. Viste le (brutte) precedenti esperienze di altri amici “santi bevitori di Sangiovese” mi aspettavo un vino quasi dentro la bara.
Invece no, all'olfattiva il vino, pur con la sua grande terziarizzazione, si conferma interessante, inizialmente un po’ brodoso, carnoso, però cangiante di aromi e sensazioni che col passare del tempo si esprimono al meglio su note di fiori rossi secchi, frutta rossa disidratata e un tocco di terrosità e di minerale che fanno di questo sangiovese, tutto sommato, un vino che vuole essere scoperto.
I primi segni di cedimento dell’Intistieti si notano forse in bocca dove, nonostante l'acidità sia ancora vibrante, tagliente, questa ormai risulta scissa tutta la struttura del vino che sembra traballare come un castello di carta e che, solo nel finale, ha un inaspettato colpo di coda su toni di profonda mineralità.
Un vino certamente quasi giunto al termine della sua parabola discendente che, causa la pessima annata, non ha certamente tutta la longevità del tipico sangiovese di Soldera però, nonostante tutto, rimane un’ottima lettura dell’annata e un vino che può fornire certamente emozioni a chi coglierà la sua anima toscana che prende in tutto e per tutto le sembianze di quel grande artigiano che è Gianfranco Soldera.